I falsi ragionamenti che convincono le folle: LE FALLACIE SILLOGISTICHE

Il grande Aristotele ha spiegato come si sviluppano dei ragionamenti corretti, illustrando cosa sia un SILLOGISMO.

Ed ha anche spiegato in quale modo vengano sviluppati il “falsi ragionamenti”, spesso utilizzati da chi vuole convincere gli ascoltatori su qualche cosa che in realtà non è logico. In questi casi si parla di FALSI SILLOGISMI o FALLACIE LOGICHE.

Accade anche che delle persone ragionino in questo modo, partendo da situazioni particolari ed arrivando per deduzione a delle conclusioni generali sbagliate.

Questi fondamentali errori di logica sono oggi molto diffusi, soprattutto nelle questioni di politica economica.

 

IL SILLOGISMO

Il sillogismo è un tipo di inferenza mediata, ossia tale che, dato un enunciato, permette di derivarne un altro mediante un terzo enunciato.

Aristotele lo definisce che così: «Il sillogismo [sylloghismon], è un ragionamento nel quale, poste alcune premesse, ne consegue necessariamente alcunché di diverso dalle premesse, per il fatto che queste sono quel che sono […] Chiamo sillogismo perfetto quello che oltre a quanto è stato assunto non ha bisogno di null’altro affinché si riveli la necessità della deduzione» (Analitici primi, I, I, 24b).

Un sillogismo è perfetto quando le sue premesse sono vere: in questo caso, come dice Aristotele, l’inferenza è necessaria e siamo quindi in presenza di una dimostrazione.

Ogni inferenza sillogistica è che costituita da tre enunciati:

  1. la premessa maggiore, che collega un termine detto estremo maggiore ad un altro detto medio;
  2. la premessa minore, che collega un termine detto estremo minore al medio;
  3. la conclusione, che unisce i due estremi, nell’ordine il minore e il maggiore.

Definendo con M il termine medio, con P l’estremo maggiore e con S l’estremo minore, possiamo considerare un esempio di sillogismo come il seguente:

premessa maggiore (MP)          Tutti gli uomini [M] sono mortali   [P]

premessa minore (SM)              Tutti gli ateniesi [S] sono uomini   [M]

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conclusione (SP)                        Quindi tutti gli ateniesi [S] sono mortali [P]

Come si vede il termine medio non compare nella conclusione, ma consente di collegare la premessa maggiore alla premessa minore al fine di ottenere la conclusione.

A seconda della posizione del termine medio nelle due premesse abbiamo diverse figure (schèmata) di sillogismi. La teoria sillogistica ha inoltre formulato otto regole fondamentali che debbono essere rispettate nella che costruzione dei sillogismo. Schemi e regole sono riportati nell’Allegato.

Ciò che qui conta sottolineare è che questo tipo di inferenza mediata è un altro esempio di dimostrazione. Se le premesse sono vere e il ragionamento rispetta le regole sillogismo, la conclusione è necessaria e l’inferenza è dimostrativa.

 

 

FALLACIE SILLOGISTICHE

Le fallacie sillogistiche derivano da un errore nell’applicazione delle regole del sillogismo.

  1. Quaternio Terminorum

Secondo la 1a regola del sillogismo (Ci devono essere solo tre termini, maggiore, minore e medio) non si può inserire un quarto termine, o addirittura un quinto, un sesto, ecc., altrimenti si cade nella fallacia della quaternio terminorum (“Ogni pesce nuota”, “Qualche costellazione è pesce”, allora “Qualche costellazione nuota” – il termine ‘pesce’ è stato usato in due sensi diversi e quindi non abbiamo tre termini distinti, ma quattro).

  1. Trattamento illecito del termine (minore o maggiore)

Secondo la 2a regola del sillogismo, il termine minore e il termine maggiore devono essere distribuiti in modo uguale nelle premesse e nella conclusione. Se così non fosse, il termine presente nelle premesse sarebbe inteso in senso diverso dal termine presente nella conclusione e si cadrebbe o nella fallacia del trattamento illecito del termine maggiore o nella fallacia del trattamento illecito del termine minore. Si possono comunque inserire tali due fallacie all’interno della fallacia del quaternio terminorum in quanto il termine delle premesse e il termine della conclusione non sarebbe più il medesimo e quindi avremmo quattro termini (esempio a. “Tutti gli uomini sono animali”, “Nessun cavallo è un uomo”, allora “Nessun cavallo è un animale” – nella premessa maggiore il termine ‘animale’ non è distribuito mentre lo è nella conclusione; esempio b. “Tutti i nichilisti sono pericolosi”, “Tutti i nichilisti sono critici”, allora “Tutti i critici sono pericolosi” – nella premessa minore il termine ‘critico’ non è distribuito mentre nella conclusione lo è).

  1. Medio incluso

Secondo la 3a regola del sillogismo, il termine medio non deve mai essere presente nella conclusione. In caso contrario, si cadrebbe nella fallacia del medio incluso (“Tutti gli ateniesi sono greci”, “Alcuni ateniesi sono filosofi”, allora “Alcuni filosofi sono ateniesi” – la conclusione corretta sarebbe: “Alcuni filosofi sono greci”).

  1. Medio non distribuito

Secondo la 4a regola del sillogismo, il termine medio deve essere distribuito in almeno una delle due premesse. Se così non fosse, si cadrebbe nella fallacia del medio non distribuito poiché il medio non collegherebbe più i due termini ed essi potrebbero essere connessi a sottoclassi diverse della classe designata dal termine medio (“Tutti gli elefanti sono mammiferi”, “Tutti i topi sono mammiferi”, allora “Tutti i topi sono elefanti” – la classe degli elefanti e la classe dei topi sono sottoclassi disgiunte della classe dei mammiferi e quindi il termine medio, ovvero ‘mammifero’, non svolge la sua funzione di correlazione fra il termine maggiore, ovvero ‘elefante’, e il termine minore, ovvero ‘topo’). Anche in questo caso si può parlare della fallacia della quaternio terminorum in quanto ‘mammiferi’ è usato in due modi diversi e quindi vi sono due termini ‘mammifero’. Un esempio valido è il seguente: “Tutti gli elefanti sono mammiferi”, “Nessun rettile è un mammifero”, allora “Nessun rettile è un elefante”. In questo caso il medio ‘mammifero’ è distribuito nella premessa minore e quindi il sillogismo è valido.

  1. Premesse negative

Secondo la 5a regola del sillogismo, da due premesse negative non segue alcuna conclusione. Il fatto che due cose siano diverse da una terza non comporta necessariamente che abbiano a che fare fra di loro. Cade nella fallacia delle premesse negative chi non soddisfa questa regola (“Nessun pesce è un mammifero”, “Nessun rettile è un pesce”, allora “Nessun rettile è un mammifero”).

  1. Premesse affermative e conclusione negativa

Secondo la 6a regola del sillogismo, da due premesse affermative segue una conclusione affermativa. Visto che se due cose sono connesse positivamente allo stesso medio, devono anche essere connesse positivamente fra di loro nella conclusione. Cade nella fallacia delle premesse affermative e conclusione negativa chi non soddisfa questa regola (“Tutti gli animali differiscono dagli angeli”, “Tutti gli uomini sono animali”, allora “Nessun uomo è un angelo”).

  1. Premesse particolari

Secondo la 7a regola del sillogismo, da due premesse particolari non segue alcuna conclusione. Cade nella fallacia delle premesse particolari chi non segue questa regola (“Qualche mammifero vive nell’acqua”, “Qualche volatile è un mammifero”, allora “Qualche volatile vive nell’acqua”).

  1. Fallacia del peggiorativo

Secondo la 8a regola del sillogismo, la conclusione contiene sempre la parte peggiorativa delle premesse. Ossia se una premessa è negativa, la conclusione deve essere negativa; se una premessa è particolare la conclusione deve essere particolare. Cade nella fallacia del peggiorativo chi non soddisfa questa regola (“Tutti i cani abbaiano”, “Qualche cane è un animale domestico”, allora “Tutti gli animali domestici abbaiano”).

Si noti che in alcuni esempi di sillogismi fallaci, la conclusione è vera. Infatti, è possibile ottenere una conclusione vera per mezzo di un ragionamento errato.

 

 

FALLACIE PRAGMATICHE

Le fallacie pragmatiche nascono, fondamentalmente, dalla forzatura che si opera nel collegare  l’argomento proposto con il soggetto che lo sostiene, o lo confuta. In altri termini si eccede nel collegare detto e atto, eludendo la giustificazione razionale che dovrebbe essere data, o impedendo che essa si manifesti appieno.

  1. Argumentum ad baculum

Con questa fallacia (del “bastone”) l’interlocutore viene informato che seguiranno spiacevoli conseguenze se non sarà d’accordo con quanto proposto. Si sostituisce cioè una minaccia all’argomento.

Esempio
La teoria tolemaica è la migliore: ti conviene sostenerlo altrimenti corri il rischio di venir considerato eretico e quindi bruciato.

Critica
Si identifichi la minaccia, enfatizzandone la completa irrilevanza relativamente alla verità o falsità dell’enunciato che si vuole sostenere.

2. Argumentum ad verecundiam

A volte può essere appropriato citare un’autorità per sostenere una posizione (vedi l’argomento pragmatico di “autorità”), ma spesso non è così, specie se l’autorità non è tale.

Esempi

“E’ vero: l’ha sostenuto Aristotele”

“Una fonte governativa ha affermato che la nuova legge sugli stranieri verrà presto ritirata”

“L’altro giorno un mio amico ha sentito dire che il politico XY è un ladro”.

Critica

In particolare, un appello all’autorità è inappropriato se la persona non è qualificata ad avere un’opinione esperta sull’argomento.
O se non esiste un’autorità riconosciuta, perché gli esperti in un determinato campo non sono d’accordo sull’argomento.
Oppure perché l’autorità citata, quando si è espressa sulla verità di quel dato enunciato, non era nel pieno delle sue facoltà.
Oppure se stava semplicemente scherzando, se l’autorità non è identificata correttamente, se si tratta di una diceria.
Comunque, mai un enunciato è vero o falso solo perché qualcuno (l’autorità) dice che è vero o falso, né perché qualcuno si rifà a qualcun altro (l’autorità) che afferma che è vero o falso.

3. Argumentum ad misericordiam

L’interlocutore viene spinto ad accettare un enunciato in considerazione di un qualche stato compassionevole.

Esempio

Speriamo che accetterai il nostro progetto: abbiamo passato gli ultimi tre mesi lavorando come pazzi per riuscire a presentarlo oggi.

Critica

Si identifichi l’enunciato e l’appello alla compassione e si argomenti che lo stato compassionevole non ha nulla a che fare con la veridicità dell’enunciato.

4. Argumentum ad judicium

Si argomenta intorno alla verità o falsità di un enunciato facendo appello al fatto che esso è giudicato tale da un gruppo estremamente vasto di persone, o da settori particolarmente influenti della popolazione.

Esempio

I sondaggi suggeriscono che il partito X vincerà le elezioni, quindi faresti meglio a votarlo.

Critica

Si mostri che la verità di un enunciato non dipende da chi, e da quanti, lo giudicano tale. A questo proposito è un buon antidoto a questa fallacia il proverbio africano che dice: “Il male non diventa bene se lo fanno tutti, e il bene non diventa male se nessuno lo fa”.

5. Argumentum ad populum

Si argomenta intorno alla verità o falsità di un enunciato facendo appello al sentimento popolare. E’ una variante più specifica della fallacia di argumentum ad judicium.

Esempio

Siamo tutti Italiani, e quindi dobbiamo tifare per la nostra nazionale.

Critica

Si mostri che i sentimenti che si hanno verso un certo evento, oggetto o persona, non comportano la verità o la falsità degli enunciati che parlano intorno a quell’evento, oggetto o persona.

6. Argumentum ad personam

Invece di valutare l’argomento, si critica la persona che lo espone. Ciò può avvenire in modi diversi.

  • ad personam 1 (abusivo): invece di ribattere un’asserzione, l’argomento attacca la persona che l’ha fatta.

Esempio

Tu puoi anche dimostrare che Dio non esiste, ma io so che è solo una tua fisima.

  • ad personam2 (circostanziale): invece di attaccare un’affermazione, ci si sofferma sul rapporto tra il suo proponente e le circostanze in cui questi si trova.

Esempio

Si può non dar credito a ciò che dice il Ministro delle Finanze sulle imposte, perché egli non sarà danneggiato dall’aumento. Si possono ignorare gli argomenti del Sig. Rossi perché sono basati su dati forniti dalla sua stessa azienda.

  • ad personam3 (tu quoque): questa forma di attacco al proponente sottolinea come egli stesso non metta in pratica ciò che sostiene.

Esempio

Dici che non posso bere, ma tu non sei mai stato sobrio più di un giorno.

Critica

Si mostri che attaccare la persona che enuncia una tesi riferendosi non a ciò che dice, ma a ciò che è o ai rapporti che ha, non porta argomenti, ma confonde la discussione, producendo un errore argomentativo.

7. Ridicolo

Il ridicolo è uno strumento persuasivo, più che una vera argomentazione: mostra l’effetto comico che nasce, talvolta, dall’incoerenza tra detti e fatti. In generale, se usato contro l’interlocutore, indebolisce la sua tesi. L’argomento del ridicolo costituisce in ambito dialettico, in qualche modo, l’analogo del procedimento inferenziale di riduzione all’assurdo, utilizzato nell’ambito della logica classica: ovviamente, non ha il carattere di necessità di una dimostrazione.

Esempio

Hai ragione, nonostante tanti secoli di guerre, è sbagliato concludere che gli uomini siano aggressivi: basta non metter loro in mano un’arma.

Critica

La palese contraddizione della conclusione (l’aggressività non esiste, purché l’uomo sia inerme) produce un effetto di ridicolo, che può essere usato per argomentare la tesi (l’aggressività esiste).

Analogamente al ridicolo, anche l’ironia è uno strumento persuasivo, quando si fa intendere il contrario di quanto si dice: nei dialoghi platonici vediamo Socrate che ricorre spesso allo strumento dell’ironia per erodere la falsa sapienza dei suoi interlocutori.

 

Tratto dal sito:

http://www.argomentare.it/

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