Le bufale economiche sugli anni 80

di Paride Lupo

La narrazione mainstream ci presenta gli anni ’80 come l’epoca in cui gli italiani hanno “vissuto al di sopra delle loro possibilità” a causa – dicono – di spese pazze, ruberie e sprechi.

In questo articolo smonteremo queste emerite “chiacchere da bar”, tramite un rapida analisi con dati alla mano, provenienti da fonti autorevoli e verificabili.

LE SPESE PAZZE DEI PRIVATI

“Stiamo pagando i debiti della Milano da bere” tuonano gli imbecilli. Il modo in cui staremmo pagano gli aperitivi di 30-40 fa è un mistero.

Se vuoi fare l’aperitivo ai navigli, al duomo (o dove ti pare) te lo paghi da solo, difficilmente il bar aspetterà che il conto lo paghino i tuoi nipoti.

Battute a parte, negli anni 80 gli italiani spendevano semplicemente perché potevano permetterlo. E dopo aver speso tutto quello che dovevano spendere, risparmiavano mediamente il 20% del loro reddito.

Ogni sei mesi l’OCSE pubblica il suo “Economic Outlook”, in esso sono presenti numerose tabelle che comparano molti indicatori fra le principali nazioni del mondo.

Fra queste tabelle è presente la comparazione del risparmio medio (in percentuale) sul reddito delle famiglie. Vediamo i valori del risparmio negli anni 80 fra i paesi del G7.

ANNO ITA UK FRA GER JPN USA CAN
1980 23,0 13,4 17,6 12,8 17,9 8,1 13,6
1981 21,8 12,6 18,0 13,6 18,4 9,1 15,4
1982 20,4 11,3 17,3 12,7 16,7 8,9 18,2
1983 22,3 9,7 15,9 10,9 16,1 6,9 14,8
1984 20,6 11,1 14,5 11,4 15,8 8,3 15,0
1985 18,9 10,7 14,0 11,4 15,6 6,6 13,3
1986 18,2 8,7 12,9 12,3 16,1 4,5 10,7
1987 17,8 7,1 10,8 12,6 14,7 4,5 9,2
1988 16,9 5,7 11,0 12,8 14,3 4,1 9,7
1989 16,7 7,2 11,7 12,4 14,6 4,3 10,4
FONTE: OCSE – Economic Outlook 1995 vol 1 (PAG 167)

Come potete vedere l’Italia era il paese del G7 che risparmiava più di tutti, quindi la realtà è ben diversa dalla narrazione autorazzista che ci propinano i media.

 

PENSIONI E PENSIONATI BABY

Un altro luogo comune vuole che abbiamo speso “troppi soldi” per via del fenomeno dei prepensionamenti (o baby pensionati) e che questo avrebbe dissestato le finanze pubbliche.

Bene allora prendiamo, dal rapporto annuale 1989 della Banca d’Italia, il bilancio degli enti di previdenza.

FONTE: Banca d’Italia – appendice al rapporto annuale 1989 (pag 134)

Prendiamo i saldi, la differenza fra entrate e uscite, di ogni anno (in miliardi di lire)

ANNO ENTRATE USCITE SALDO
1980 60.370 61.681 -1.311
1981 66.999 68.828 -1.829
1982 91.348 88.939 2.409
1983 108.412 105.172 3.240
1984 117.980 118.045 -65
1985 137.345 136.331 1.014
1986 151.408 151.783 -375
1987 163.197 161.935 1.262
1988 178.562 179.014 -452
1989 206.385 204.267 2.118
TOTALE 1.282.006 1.275.995 6.011

Metà degli anni in attivo, l’altra metà in passivo. Ma complessivamente il saldo che otteniamo, sommando i 10 valori annui, è un largo attivo di oltre 6.000 miliardi di lire.

Chi glielo spiega questo a quelli che danno la colpa ai “vecchi” Anche qui la realtà è l’esatto opposto dei luoghi comuni.

Ma l’obiettivo è quello, evidente, di voler alimentare una guerra generazionale e/o fra poveri.

IL DEBITO PUBBLICO

« Il debito pubblico ha assunto dimensioni catastrofiche: 900 mila miliardi di lire. E ora è pressocchè uguale al prodotto nazionale lordo, cioè alla ricchezza prodotta in un anno dall’Italia. Entro 21 anni questo rapporto si raddoppierà ed entro 32 si triplicherà. Ma è possibile che lo Stato possa indebitarsi senza limite? »

Questo articolo di Repubblica “rapporto sull’emergenza debito” è datato 11 settembre 1989, ma siamo ancora vivi e vegeti. A distanza di 30 anni i mantra non sono cambiati.

C’è chi dice che la colpa è delle ruberie di Craxi o della spesa clientelare della Democrazia Cristiana, ma chi conosce la macroeconomia sa che le attività illecite e/o immorali non tolgono nulla alle tasche dei cittadini.

I motivi che abbiamo visto prima sono tutti falsi, dati alla mano. Mentre il reale motivo è la crescita esagerata della spesa per interessi sul debito pubblico, segue il grafico

FONTE: Banca d’Italia – Relazione Annuale sul 1996 (pag 151)

Soprattutto dopo il divorzio tra Banca d’Italia e ministero del Tesoro (1981), si è avuto un grande aumento della spesa per interessi.

Adesso vediamo anche qualche dato più preciso: nel 1983 la spesa complessiva valeva il 50,5% del PIL, di cui il 7,6% di interessi. Nel 1992 la spesa complessiva era il 55,9% del PIL, di cui l’11% di interessi.

FONTE: Banca d’Italia – Rapporto annuale sul 1992 (pag 131)

Morale: a un aumento di spesa del 5,4% ben il 3,9% riguarda i soli interessi, la crescita di tutte le altre spese messe insieme valgono l’1,4%.

ANNO SPESA TOTALE INTERESSI SPESA PRIMARIA
1983 50,5 7,6 42,9
1984 50,3 8,2 42,1
1985 51,2 8,2 43
1986 51,0 8,6 42,4
1987 50,9 8,1 42,8
1988 51,0 8,3 42,7
1989 52,1 9,0 43,1
1990 53,3 9,7 43,6
1991 54,0 10,3 43,7
1992 55,9 11,5 44,4

Tutti interessi non dovuti pagati a quel mondo parassitario che è la finanza speculativa. Mentre la spesa primaria (tutte le spese ad eccezione di quella per gli interessi) rimane bene o male stabile al 43%, fino alla fine degli anni 80.

LO SPREAD ANNI 80

“Campioni del mondo di spread”, così titola un articolo del sole 24 ore, pubblicato il 18 giugno 2018 che afferma:

« In quell’incredibile 1982 l’Italia però conquistò un altro primato, assai meno magico, passato mestamente sotto silenzio: quello dello spread. Quell’anno la forbice tra i rendimenti dei nostri BTp decennali e i Bund federali tedeschi osò innalzarsi su altitudini stratosferiche: 1175 punti base. »

Verifichiamo quanti BTP decennali emettevamo nel 1982, attraverso l’archivio del dipartimento del Tesoro

Nella riga evidenziata l’anno 1982: gli unici BTP emessi erano i biennali. Mentre la colonna dei BTP decennali risulta vuota per tutti gli anni ’80.

Corretto invece il dato sul 1992, in quanto i BTP decennali esistevano, per un valore di 31.500 miliardi di lire.

CONSIDERAZIONI SULLA DISINFORMAZIONE IN ECONOMIA

Complimenti a chi ha riempito di scemenze la testa degli italiani, a cui bastava una veloce verifica per smentirle.

Mi rendo anche conto che in pochi controllano i rapporti dell’OCSE o della Banca d’Italia, nonostante siano tutti pubblicamente a disposizione.

Un’ultima considerazione: l’ascesa del neoliberismo comincia proprio negli anni 80, che ha trovato terreno tertile nell’ignoranza macroeconomica delle persone.

Ignoranti semplicemente perché questi temi non vengono spiegati sui grandi media, ma che invece ripetono a reti unificate i dogmi della “religione” neoliberista.

Abbiamo ancora un lungo lavoro di informazione da fare, visto che si tratta di un processo iniziato almeno 40 anni fa.


Tratto da:
https://canalesovranista.altervista.org/le-bufale-economiche-sugli-anni-80/

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