Aprirsi al mondo è un progetto di felicità

* Laura Leone, coaching umanistico

Fate qualcosa che non fareste mai, ma non sia troppo lontano da voi perché l’essenza dell’apertura mentale – che porta a eccellere in quello che si fa e a vivere meglio – è un mix di conoscenza ed esperienza

Il segnale più forte della propria apertura mentale è non essere certi di essere veramente aperti al diverso. Esserlo, infatti, vuol dire concedersi il dubbio, vedersi e vedere il mondo da un punto di vista di cui ignoravamo l’esistenza.

Perché dovremmo fare questo sforzo? La risposta è: per vivere meglio, eccellere in quello che facciamo e scoprire nuovi orizzonti. Caratteristiche imprescindibili per chi di mestiere progetta. Ma come si fa ad aprirsi al nuovo?

L’apertura come un passaggio

Se si cerca una definizione di apertura, si trova facilmente questa: aperto è un luogo che consente il passaggio, l’ingresso, la comunicazione, o anche solo semplicemente la vista di uno spazio ulteriore. Aperto significa accessibile.

Il luogo di una mente aperta è allora un luogo in cui i pensieri, le emozioni, le idee, i sentimenti, possono circolare liberamente, vedere ciò che è e comunicare tra loro. Questa definizione ricorda molto un concetto chiave della neuropsicologia: quello di integrazione cerebrale. L’integrazione cerebrale è una caratteristica di una mente che gode di buona salute perché ogni sistema che la compone, oltre a essere specializzato o differenziato, è connesso con gli altri. L’integrazione è l’armonia nell’orchestra.

Fantasia + creatività vs logica + rigore

L’apertura mentale è anche ciò che consente di mettere in connessione i due emisferi cerebrali, le due nature dell’essere umano che sono state sempre viste e trattate come contrapposte: quella della logica, del rigore e della precisione (attribuiti all’emisfero sinistro) e quella della fantasia, dell’immaginazione e della creatività (emisfero destro). Siamo stati erroneamente abituati a pensare a questo mondo duale. Ma chi conosce grandi artisti, ingegneri, sportivi, leader politici e aziendali sa che ciò che li rende personaggi di rilievo è la capacità di mescolare queste due nature. La capacità di progettare, programmare e valutare deve poter parlare con quella di avere visione, autonomia del pensiero oltre che con una buona dose di empatia (non dimentichiamoci del cuore!)

Apertura mentale: emisfero destro ed emisfero sinistro si parlano come un duo di pianoforte e violino, come le due mani quando creano.

Una casa con porte e finestre

Usciamo ora dalla mente e facciamo un giro nello spazio delle nostre case, delle nostre città, attraversiamo i Paesi. Qui l’apertura mentale è utile per comprendere quanto il mondo del proprio vissuto interiore e quello delle relazioni si parlino, possano proteggersi vicendevolmente o al contrario danneggiarsi. Per attraversare lo spazio del mondo esterno e delle relazioni tra le diversità ci torna ancora una volta utile la definizione semplice, chiara, e per certi versi rassicurante, di aperto: un luogo aperto è quello che consente, innanzitutto, di vedere. Di osare per conoscere, riempiendosi di dubbi e lavorando per superarli. Sapendo che non si arriverà mai a farlo del tutto, ma che ne vale comunque la pena.

Creare confini per darsi il tempo di conoscere il diverso

Se l’apertura mentale fosse una professione sarebbe quella del ricercatore. Un buon ricercatore, fissati dei confini epistemologici, viaggia in territori sconosciuti cercando di trovare prova dell’erroneità della propria ipotesi.

Il confine aiuta, anzi: è fondamentale. Nella storia degli uomini, i confini hanno permesso di evitare guerre e conflitti. Laddove la sua presenza sia decisa da entrambe le parti coinvolte, un confine è quindi una grande prova di apertura mentale. Non conosco l’altro, non lo capisco, non lo tollero: stabilisco quindi uno spazio (e un tempo) all’interno del quale possiamo essere entrambi liberi e aspettando il momento in cui la conoscenza reciproca ci permetta di valutare la qualità della nostra relazione. La distanza fisica non è separazione sociale. Talvolta ci si deve e ci si può amare solo se distanti.

Essere aperti vuol dire abbracciare necessariamente il nuovo?

Le riflessioni sull’apertura mentale portano inevitabilmente verso l’antica diatriba tra vecchio e nuovo, restaurazione e innovazione.

Nella filosofia orientale futuro e passato esistono solo se riusciamo a vedere il presente in tutta la sua profondità, se siamo nel hic et nunc: così l’apertura mentale non va solo a favore degli innovatori, come sarebbe semplice pensare, ma torna a essere quel luogo di incontro, lo spazio di mezzo in cui il viaggio può andare in entrambe le direzioni. Ovviamente dopo aver conosciuto nel miglior modo possibile quello che ci sta intorno. Capire ciò che è stato e ciò che vogliamo che sia è fondamentale per creare il nuovo. Il vero innovatore è infatti colui (o colei) che ha fatto un viaggio così lungo e profondo nel passato, esplorato così a fondo i propri desideri, da poter generare un punto di vista informato ma rinnovato, e unico. Lo psicologo Mihály Csíkszentmihályi direbbe che ci vogliono quelle famose diecimila ore di esercizio per partorire un moto effettivamente nuovo.

L’apertura mentale nelle relazioni: come generare un presente grandioso

Anche lo psicoanalista Massimo Recalcati parlando delle relazioni amorose, afferma: il nuovo ha spesso la faccia del vecchio. Recalcati si riferisce a quell’imbattersi, quando si inizia una nuova relazione, in situazioni già note quando il passato non è stato prima sufficientemente esplorato e capito. Passato e futuro, esperienza e immaginazione devono quindi incontrarsi per farci aprire a quanto è diverso da noi e generare un presente grandioso.

Come si allena allora l’apertura mentale, che – ora è più che mai chiaro – è un ingrediente così essenziale della nostra felicità? Un consiglio viene da un libro, Italia spensierata, in cui Francesco Piccolo esorta a fare una cosa che non si farebbe mai ma che non sia troppo distante da quello che siamo. La ragione è semplice. Andando troppo in là si rischia di chiudersi perché occorre una lente per intravedere il luogo verso cui ci si è spinti. Trovare l’ampiezza giusta per fare il salto (cioè conoscere e analizzare in modo obiettivo passato e desideri personali e collettivi), invece, è una garanzia per arrivare ancora più in alto.

Gli scatti che illustrano l’articolo fanno parte del progetto fotografico Like Sunshinedella giornalista comasca Silvia Molteni, realizzato a Londra durante il lockdown. Protagonisti i londinesi che, complice un prolungato e inusuale clima mite e assolato, prendono il sole in spazi abitativi solitamente ignorati: scale d’ingresso, davanzali, bow window e addirittura tetti.

http://www.lauraleone.it/

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