Vogliono sostituire il cristianesimo con una nuova religione: l’ecologismo

di Guido Vignelli eMartina Pastorelli

C’era una volta l’ecologia, la cura dell’ambiente naturale in quanto dimora (oikos in greco significa “casa”) di esseri umani che vivono in una relazione ordinata ed equilibrata con ciò che li circonda. Oggi non c’è più: è stata rimpiazzata dall’ecologismo, ideologia che non mira a preservare la natura dalle prevaricazioni dell’uomo ma a sovvertire la società per instaurare un presunto mondo primitivo originario nel quale l’uomo non è più “padrone” della natura bensì torna a esserne servo.

L’ecologismo, in nome del quale ormai subiamo quotidiane vessazioni, altro non è se non la riproposizione del fallito – ma sempiterno – progetto rivoluzionario, che sostituisce la vecchia idolatria dell’uomo con la nuova idolatria della natura. Presentandosi quale nuova religione secolare, esso agisce mediante falsi predicatori (tipo gli ubiqui tele-climatologi), profeti di sventure (à la Greta), martiri (come le “vittime” di Nuova Generazione) e perfino inquisitori (vedasi politici e intellettuali che parlano di reato di negazionismo climatico).

Figlio del progressismo, in realtà prepara per l’umanità una regressione: laddove, infatti, il Cristianesimo aveva insegnato all’uomo a non avere paura della natura ma a rispettare Dio, oggi gli si insegna ad avere paura della natura ma a non rispettare Dio.

Ruota intorno a questi ragionamenti “Da Dio al Bio” (ed. Maniero del Mirto), l’ultimo libro di Guido Vignelli, studioso cattolico e saggista, che svela “l’altra storia” dietro il progetto ambientalista, spiegandone caratteristiche e rischi. Un’analisi lucida che trova conferma negli eventi più recenti e che approfondiamo con l’autore in questa intervista.

Dopo quella sanitaria e bellica (peraltro non archiviate), siamo alla “emergenza climatica”, che cronologicamente è la “madre di tutte le emergenze”: quando nasce, perché e come si arriva all’attuale religione ecologista, financo all’umanesimo ambientale e animale?

L’ecologismo nasce nel 1800 in ambiti specifici, come il darwinismo sociale, ma viene rilanciato con la crisi della sinistra classica, quella di matrice sovietica: è nel ‘68 che si sviluppa sia come ramo eretico del marxismo che come ramo anarchico, quello che poi è arrivato fino a noi. I primi a parlare di nuova rivoluzione ecologica sono proprio autori della sinistra, marxisti delusi come André Gorz o scienziati politicanti come Gregory Bateson, maestro della biologa Lynn Margulis che per prima parlò di “ipotesi Gaia” poi rilanciata da James Lovelock nel suo famoso libro. L’ecologismo è il frutto di una rivoluzione “post-moderna”, che della modernità in chiave marxista riconosce il fallimento e si ricicla in una nuova veste. Dietro ci sono sicuramente interessi economici – come si evince dal tentativo di imporre nuove forme di alimentazione e di approvvigionamento energetico – ma le radici del fenomeno sono ideologiche: prima ancora della eco-economia e della transizione ecologica c’è una “eco-sofia” cioè una nuova sapienza ecologica finto-religiosa che vede la natura non più come un fattore materiale ma come una sorta di idolo. Diversi studiosi parlano della dea madre di tutti i viventi che chiamano “Gaia” o “Gea” e che abita nel Dio Oikos. Gli aspetti sempre più mitici con cui si sviluppano questi concetti sono evidenti. Il grande Lucien Febvre aveva previsto uno sviluppo mitologico dell’ideologia della sinistra: da scienza economico sociale a ideologia mitologica volta a creare una nuova fede che coinvolga tutti gli esseri viventi: uomini, animali, vegetali

Questo implica mettere da parte il Cristianesimo e la sua visione dell’uomo nel mondo?

Auguste Comte usava ripetere che “niente viene soppresso se non viene anche sostituito” e sosteneva che per sopprimere definitivamente il Cristianesimo si sarebbe dovuto sostituirlo con una religione alternativa per soddisfare il bisogno di una fede – ma in questo caso direi di un idolo – della popolazione. È quanto sta accadendo con l’ecologicamente corretto, variante del politicamente corretto, i cui propagandisti che ieri attaccavano la concezione cristiana del creato in quanto a loro dire impediva lo sfruttamento della natura, oggi accusano la medesima visione poiché avrebbe messo l’uomo al centro, giustificando così la corruzione del creato. Le stesse persone sono passate da una accusa a quella opposta, entrambe false visto che l’antropocentrismo cristiano implica dei doveri di custodia e di miglioria del creato. Ma tutto fa brodo pur di attaccare la religione cristiana

Questa incoerenza è rincorrente su vari temi. Sul clima gli “esperti” ci dicono tutto e il suo contrario: dal pericolo di glaciazione, in pochi anni si è passati al pericolo di desertificazione. È il funerale della scienza?

Questo è un grosso guaio: screditata, giustamente, la classe intellettuale, quella politica e pure quella medica dopo il Covid, la gente non trova più riferimenti nella scienza e nella tecnica; il lato positivo è che toglie quell’aura mitica all’esperto e alla tecnocrazia, che ultimamente stava tentando di sostituirsi alle classi citate. È un fenomeno a doppia valenza, che può far pulizia di alcuni falsi miti, sperando però di recuperare le verità e i valori che possono salvarci

Quali sono le conseguenze politiche dell’ambientalismo?

L’ecologismo non è più quel fenomeno di pochi idealisti, misantropi e fantasiosi come ai tempi degli hippies. Da tempo ha sviluppato un progetto politico, sociale ed economico molto preciso, con elementi militanti – come il WWF – che puntano a diffondere l’ecologismo nella cultura e perfino frange estremiste che programmano una graduale estinzione dell’uomo in quanto cancro della natura, colpevole di causare al pianeta una febbre, che poi coinciderebbe con l’aumento delle temperature. C’è alla base un progetto di società fondata sull’etica ecologica, che viene portato avanti da movimenti appoggiati dai grandi organismi internazionali – l’Onu e i suoi satelliti: Unesco, Fao, Oms – e da molti governi, come quello canadese e tedesco. Basti pensare che la stessa Unesco -oggi grande propagandista culturale delle Nazioni Unite – fu fondata dopo la Seconda guerra mondiale da un team che già parlava di ecologia e di transumanesimo. Rientra in questa propaganda l’organizzazione di una serie di convegni internazionali, il più famoso dei quali si tenne a Rio de Janeiro nel 2000 e promulgò la “Carta della Terra”, una dichiarazione di principi etici che sostituiva la vecchia Carta dei Diritti dell’uomo integrando le specie animali e vegetali

Una rivoluzione egalitaria insomma?

Certo, coadiuvata dalla lotta al cosiddetto “specismo”, ovvero al concetto che l’uomo possa rivendicare dei privilegi rispetto alle altre specie viventi poiché questo sarebbe discriminazione e razzismo. Ma egualitarismo di tutte le specie significa conflittualità tra di esse, e infatti vediamo in atto una serie di misure che penalizzano l’uomo e non di rado lo mettono all’ultimo posto: non più signore e “padrone” della natura ma servo suo e di tutte le specie viventi. I progetti di “città ecologiche” in cui l’uomo è integrato nella natura, e non viceversa, vanno in questa direzione; il problema è che sono costosissime e dunque inaccessibili per la maggioranza delle persone, che rimarrebbero confinate alle periferie vivendo una vita semi selvaggia. Questo modello ci viene sfacciatamente proposto e spiega perché molti super miliardari odierni siano ecologisti: non ci perdono nulla e anzi guadagnano da terreni e cibi ecologici

Una proposta che misteriosamente la gente sembra accettare, nonostante la promessa di “miseria felice” che viene prospettata: come mai?

Il recente prevalere dell’ecologicamente corretto svela il potere delle ideologie sulla gente e quella ecologista ha la caratteristica di essere molto seducente e di funzionare come “soluzione” alla fallita ideologia del progresso: quello che ieri era una conquista oggi deve diventare una rinuncia. Questo ribaltamento viene fatto digerire in nome di un bene maggiore, ovvero la salute del pianeta e la sopravvivenza delle generazioni future. È ideologia anche questa ma funziona con l’uomo comune, che davanti alle promesse smentite dai fatti e alla perdita delle conquiste civili di carattere economico-politico, pensa di dover aderire a questo nuovo stile di vita. Seduce chi è stufo del consumismo e fa presa sui giovani ma è al contempo molto preoccupante: il famoso motto “non avrai nulla e sarai felice” del WEF significa in realtà “non avrai nulla e non sarai nulla.” Dalla transizione ecologica la gente, insomma, ha tutto da perdere e bisogna faglielo capire.

Tratto da “La Verità”, 07.09.2023

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