Una storia già vista: una banca sta per fallire a causa di prestiti caduti in sofferenza e lo Stato è costretto a salvarla.

di Stefano Orelli

Il salvataggio della Banca Popolare di Bari da parte del governo Italiano ripropone un tema già visto più volte.
Una banca sta per fallire a causa di prestiti concessi caduti in sofferenza e lo Stato è costretto a salvarla, versando 900 milioni di Euro per ricapitalizzarla.
Allo stesso tempo, lo Stato non ha i soldi per comprare la carta igienica per i bagni delle scuole.
E anche: lo Stato non salva aziende in altri rami che stanno per fallire.
Le banche sono trattate in modo totalmente diverso dalle altre aziende, e riescono a costringere lo Stato a versare cifre spaventose per tenerle a galla.
Daltro canto, quando le banche guadagnano utili, li tengono per sè: privatizzano gli utili e socializzano le perdite. E questo è in aperta contraddizione con i principi del liberalismo, per cui un’individuo è responsabile delle proprie azioni.

Per quale ragione le banche riescono a tenere in ostaggio lo Stato? Un’eventuale fallimento della Banca Popolare di Bari avrebbe avuto ‘rilevanti ricadute’ su economia e risparmio locale, per non parlare di un possibile ‘effetto contagio’ a causa di una crisi di fiducia in altre piccole banche del territorio.
La Banca conta poco meno di 600’000 clienti, tra cui oltre 100’000 aziende; a queste ultime è riferibile circa il 60% degli impieghi (intorno a 6 miliardi di euro).
I depositi da clientela ammontano a 8 miliardi di euro, di cui 4.5 miliardi di ammontare unitario inferiore a 100’000 euro e come tali protetti dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD). Tale fondo protegge i depositi fino a 100’000 euro a testa per titolare di conto corrente.
Tuttavia la dotazione finanziaria del fondo a dicembre 2019 ammonta a 1,7 miliardi. “Ciò implicherebbe l’esigenza di attivare integralmente il finanziamento per 2,75 miliardi sottoscritto nell’agosto 2019 dal FITD con un pool di banche. Per la restituzione del finanziamento potrebbe essere necessario il ricorso a contribuzioni straordinarie a carico del sistema bancario, che determinerebbero perdite significative”.

Insomma, se la Banca fallisce, le aziende che vi detengono conti correnti e la clientela con depositi superiori a 100’000 euro perdono i loro averi, e questo impatta gravemente sulla loro attività.
Ma perchè questo succede?
Uno potrebbe pensare che, pur essendo depositati presso la Banca, questi soldi non appartengono alla Banca, ma alle aziende ed ai privati che detengono il conto corrente; sono dei clienti, non della Banca! Perchè mai, dunque, il fallimento della Banca dovrebbe comportare la perdita di questi soldi?

Se la liquidità dei clienti venisse segregata da quella della Banca, come daltronde avviene per tanti intermediari finanziari non bancari, in caso di fallimento della Banca la liquidità custodita nei conti segregati verrebbe restituita ai clienti, anziché essere trattenuta sotto forma di attivi recuperabili dai creditori generali della Banca. In altre parole, in caso di insolvenza i fondi dei clienti sarebbero protetti, poiché custoditi in conti segregati e, in ragione di ciò, sarebbero separati dai capitali societari della Banca.
Cosa aspettano le forze di governo o chi per essi ad introdurre questa norma? Se non lo fanno, rimarranno sempre ostaggio di un manipolo di finanzieri irresponsabili. Perchè il cittadino comune deve pagare per i loro comportamenti disgraziati?

In secondo luogo, se i soldi dei clienti rimanessero di loro proprietà, e non costituissero un prestito alla banca, non esisterebbe il rischio di effetto contagio: i clienti delle altre piccole banche del territorio non dovrebbero correre a prelevare i loro soldi, perchè – appunto – i soldi resterebbero loro e dunque intatti da un fallimento della banca.

Per quello che concerne invece i sottoscrittori di prestiti subordinati o azioni della Banca Popolare di Bari, la situazione è diversa: essi hanno sottoscritto un capitale a rischio ed è giusto che partecipino delle perdite: non si può, in un sistema ‘fair’, pretendere di beneficiare dei guadagni e, nel caso di perdite, pretendere di scaricarle sul pubblico. È altresì evidente che se i prestiti subordinati o le azioni sono state vendute con dolo o inganno ad anziani privi di una minima preparazione finanziaria, questo costituisce reato e i colpevoli devono indennizzare le vittime.

Un ultima cosa: il fatto di segregare i soldi della clientela e scriverli fuori bilancio non permetterebbe più alle banche di praticare il fractional reserve banking?
Ottimo!
Finalmente, dopo 200 e passa anni, questa pratica fraudolenta verrebbe finalmente messa fuori gioco.
A questo proposito, amo le parole di Huerta de Soto [Huerta de Soto, Jesus, Money, Bank Credit and Economic Cycles, 3th ed., Auburn, Mises Institute, 2012]:

“Sono stati fatti grandi sforzi per giustificare ciò che appare completamente ingiustificabile: che sia legittimo, dal punto di vista di generali principi giuridici, sottrarre la proprietà di fondi depositati per essere mantenuti al sicuro ed emettere ricevute di deposito per più denaro di quanto ne sia attualmente depositato. […] I passati tentativi di giustificare il sistema bancario a riserva frazionaria con il rispetto della domanda di depositi sono falliti. Questo spiega l’ambiguità costantemente presente nelle dottrine su questo tipo di pratica bancaria, gli sforzi disperati di evitare chiarezza e trasparenza nella sua esposizione, la mancanza generalizzata di responsabilità e, in definitiva (dato che il sistema bancario a riserva frazionaria non può economicamente sopravvivere da solo), il fatto che è stato istituiti con il supporto di una banca centrale che stabilisce i regolamenti ed alimenta in ogni momento la liquidità necessaria ad impeedire il collasso dell’intero sistema.” (pag. 117)

“Come logico, i banchieri hanno sempre commesso le loro violazioni dei principi giuridici generali e le loro appropriazioni indebite di denaro sul deposito su richiesta in modo segreto e vergognoso. In realtà sono sempre stati pienamente consapevoli della natura illecita delle loro azioni e, inoltre, hanno sempre saputo che se i loro clienti avessero scoperto le loro attività, avrebbero immediatamente perso la fiducia nella banca e li avrebbero sicuramente portati al fallimento.
Ciò spiega l’eccessiva segretezza tradizionalmente presente nel settore bancario. Insieme alla natura confusa e astratta delle transazioni finanziarie, questa mancanza di trasparenza protegge con efficacia anche oggi i banchieri dalle loro responsabilità verso la società. E tiene anche la maggior parte della gente all’oscuro di ciò che riguarda la vera natura delle banche. Di solito sono presentate come dei veri e propri intermediari finanziari, mentre sarebbe più corretto vedere le banche come semplici creatori di prestiti e depositi che escono dal nulla e hanno un effetto espansivo sull’economia.” (pag. 69)

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