Senza pace, senza giustizia, senza pietà, senza misericordia

di Giovanni Lazzaretti

MARTELLI

I rapporti tra don Camillo e Peppone sono spesso conflittuali, a volte anche violenti, ma non si percepisce mai una violenza diabolica.

Fin dal primo racconto don Camillo prende una legnata sulla schiena da un misterioso uomo intabarrato. Ma quando va dal Cristo a chiedere «Cosa debbo fare?» si sente rispondere «Spennellati la schiena con un po’ d’olio sbattuto nell’acqua e statti zitto. Bisogna perdonare chi ci offende. Questa è la regola.»

Anzi, aggiunge il Cristo, «detto fra noi, una pestatina ti sta bene, così impari a fare della politica in casa mia». La violenza si ferma al primo passaggio.

Se la memoria non mi tradisce, c’è un solo racconto dove la violenza cambia di livello. Il racconto si intitola “Martelli”.

Un Peppone infuriato per vicende politiche va alla canonica, ma poi sente smartellare dentro la chiesa, si affaccia a un finestrino, discute e insulta don Camillo, che resiste per un po’ ma poi crolla.

Il martello che ha in mano parte con mira terribilmente esatta verso la finestrina. Oscilla un lampadario per il vento, il martello frantuma la lampada, devia la traiettoria, e spegne la sua furia omicida contro il muro invece che sulla faccia di Peppone.

Dopo una lunga fase di sgomento, don Camillo ce la fa ad andare all’officina di Peppone a chiedere perdono. Ma il perdono non c’è. Dalla finestra dove sta affacciato don Camillo riparte la discussione, cresce la tensione, e stavolta è Peppone che crolla. Il suo martello da fabbro parte con diabolica precisione, ma incoccia una sottile sbarra dell’inferriata. La sbarra si deforma, e il martello cade sul pavimento.

«Gesù, siamo pari: un martello a uno.» «Una stoltezza più una stoltezza fanno due stoltezze» risponde il Cristo.

Poi Peppone e don Camillo fanno il loro percorso di sofferenza e redenzione. E alla fine don Camillo recupera le forze e la speranza.

«Gesù vi ringrazio d’avermi aiutato.»

«Ringrazia Sant’Antonio Abate. È lui che protegge le bestie.»

«Gesù, così mi giudicate adesso?»

«No, don Camillo, adesso non ti giudico così. Ma chi ha lanciato il martello non sei stato tu, è stata la bestia irragionevole. Ed è la bestia che Sant’Antonio ha protetto.»

«Però non sono stato soltanto io a lanciare martelli… Anche lui…»

«Non ha importanza, don Camillo: un cavallo più un cavallo fa due cavalli.»

Questa l’essenza di un bel racconto dove, per una volta, anche il diavolo entra tra i personaggi.

La bestia irragionevole è partita per l’ennesima volta in Palestina e, come sempre, vanno in coppia. Non c’è Sant’Antonio Abate a tenerli a bada. E non tirano martelli.

 

IL FRAME, LA CORNICE ALLA QUALE NULLA SFUGGE

L’ho già scritto altre volte, ma è bene ribadirlo.

Quando c’è un evento importante

  • che coinvolge grandi movimenti di guerra, di potere, di denaro
  • che ha fonti di notizie fisicamente lontane (e quindi gestite solo da rilanci di agenzia)
  • oppure ha fonti inaccessibili per il popolo normale (e quindi gestite solo dagli “esperti”)

i grandi media cartacei e televisivi hanno qualche giorno di assestamento e poi confezionano il “frame”, la cornice dalla quale nessuno può sfuggire.

Questa cornice condizionerà ogni informazione e ogni dibattito, fino a generare quelle che Gianandrea Gaiani definisce “narrazioni fanciullesche”.

Ricordiamo la narrazione fanciullesca d’Ucraina, tanto per fare un esempio fresco fresco.

  • C’era una volta la terra d’Ucraina, tranquilla e democratica.
  • A un certo punto parte l’embolo al dittatore Putin, e la Russia invade l’Ucraina.
  • Il popolo ucraino fieramente resiste.
  • Tutte le nazioni democratiche devono sostenere l’Ucraina, perché Putin potrebbe invadere l’intera Europa.

Una narrazione per bambini, che non tiene conto né della geografia, né della storia, né della logica.

Alla narrazione complessa ho dedicato innumerevoli articoli, e qui ribadisco solo i punti cardine, ossia la smentita dei “pensieri semplici”.

  • L’Ucraina non è una terra democratica, avendo avuto il colpo di Stato di Euromaidan del 2014, nonché la “rivoluzione arancione” del 2004.
  • L’Ucraina non è una terra tranquilla, visto che dal 2014 per 8 anni ha bombardato i propri cittadini nel Donbass.
  • A Putin non è partito nessun embolo, ma è stato “tirato a cimento” da 20 anni di provocazioni e di accerchiamento occidentale gestito dalla NATO.
  • Le terre invase da Putin sono terre abitate da russi / russofoni / russofili che votavano massicciamente per i candidati filorussi e contro i candidati filoccidentali. Terre espulse dal vivere civile dopo il colpo di Stato di Euromaidan.
  • Il popolo ucraino occidentale resiste grazie a una guerra per procura pro USA, finanziata dagli USA e dagli europei. Quello ucraino orientale sta, in massima parte, dalla parte russa.
  • La densità di popolazione e la percentuale di spese militari della Russia rendono impossibile qualunque movimento militare che vada al di là delle guerre di confine e del sostegno a qualche alleato.

Per tutti i dettagli rimando ai miei articoli che potete trovare in questo blog sull’argomento.

***

Come è costruita la cornice odierna sulla Palestina?

LA CORNICE DI OGGI

7 ottobre 2023: Hamas avvia l’operazione denominata “Alluvione Al-Aqsa”. Operazione terroristica secondo tutti noi, operazione di guerra secondo loro.

Sull’ennesima vicenda di violenza in Palestina ho volutamente ascoltato spezzoni di TV non per informarmi, cosa impossibile con i media ordinari, ma per percepire le parole chiave della cornice che si è formata sulla vicenda.

La vicenda è di quelle grosse, non ci sono dubbi. Ed è tremendamente pericolosa, proprio ascoltando la cornice costruita.

Questi i punti.

  • I cattivi sono solo Hamas e Hezbollah: l’ha detto esplicitamente Paolo Mieli.
  • La vicenda del 7 ottobre costituisce l’11 settembre di Israele.
  • Variante: la vicenda del 7 ottobre è una via di mezzo tra l’11 settembre e Pearl Harbor.
  • L’esercito israeliano e il Mossad sono stati colti impreparati.
  • Israele è l’unico baluardo democratico del medio oriente.
  • Chi è attaccato ha il diritto a difendersi.
  • Dietro un attacco di questa portata non può che esserci l’Iran.

Questa narrazione, essendo nata in immediato, la sera stessa del 7 ottobre, non può che essere narrazione fanciullesca.

Non posso proporre una narrazione alternativa, le narrazioni complesse richiedono infatti ricerca, studio e tempo. Ma ci sono tre cose da smontare subito. E qualcosa da intuire.

 

TRE COSE DA SMONTARE SUBITO

Ci sono tre cose da smontare subito.

[1] Innanzitutto esercito e Mossad “impreparati”: non lo credo neanche se lo vedo. Addirittura secondo la BBC l’indagine interna è già iniziata, ma andrà avanti per anni. Strana previsione.

Impreparati davanti a deltaplani, parapendii, ruspe, motociclette, motoscafi, addirittura una golf car? Ci rendiamo conto che siamo nel tempo (5 ottobre scorso) in cui un solo drone a Homs in Siria fa 91 morti e 277 feriti?(a) Devi essere preparato contro i droni e non sei preparato contro i deltaplani?

In uno Stato militarizzato e blindato come Israele non esiste l’evento di esercito e Mossad “impreparati”. Bisogna quindi dedurre che hanno “scelto di essere impreparati”. Chi l’ha scelto? Perché l’ha scelto? Leggerezza? O altro? Argomento di paziente studio.

Un raduno di 3.000 persone a Re’im, a 4 km dalla striscia di Gaza, senza alcuna protezione militare e in concomitanza con una festa religiosa. Giudicate voi il livello di leggerezza(b). È come fare un concerto di Ligabue all’arena di Reggio Emilia avendo i terroristi a Massenzatico.

[2] Israele è un baluardo democratico per modo di dire: ci dimentichiamo spesso che la democrazia non è mettere una scheda in un’urna, ma dovrebbe essere fondata sul diritto naturale.

Israele non è fondato sul diritto naturale, che dovrebbe comprendere tra l’altro il diritto alla libertà religiosa, il diritto a non essere discriminati per motivi di razza e religione, il diritto delle minoranze ad esistere e a preservare e sviluppare la propria cultura.

[3] Israele ha certamente il diritto di difendersi. Normalmente però le sue difese hanno un piglio un po’ sopra le righe. Basta guardare la proporzione dei morti e dei feriti nelle varie azioni che troverete descritte qualche pagina più avanti.

Ma, soprattutto, cosa vuol dire “difendersi”?

Innanzitutto la difesa deve essere proporzionata, e poi occorre difendersi solo dagli aggressori. Difendersi non significa che, poiché mi hanno ammazzato dei civili, vado anch’io ad ammazzare dei civili. No, non funziona così. Chi ammazza civili, che lo faccia per primo o per secondo, commette un atto criminale. I crimini non si compensano a vicenda.

Hamas che ammazza civili e Israele che ammazza civili fanno due entità che ammazzano civili. Chi toglie acqua, luce, gas, cibo ai civili commette un atto criminale.

Spero sia ovvio. Ti definisci “buono”? I buoni non ammazzano i civili.

 

E QUALCOSA DA INTUIRE

E poi, purtroppo, c’è anche qualcosa da intuire.

7 ottobre e 11 settembre sono due date particolari: sconfitta mussulmana a Lepanto 1571, sconfitta mussulmana sotto le mura di Vienna 1683. A qualcuno piacciono molto le date-simbolo.

Dire che il 7 ottobre costituisce l’11 settembre di Israele (o, peggio ancora, una via di mezzo tra 11 settembre e Pearl Harbor) significa fare un annuncio: il “dopo 7 ottobre” sarà come il “dopo 11 settembre”.

Naturalmente c’è già pronto anche un nuovo Osama Bin Laden. È Mohammed Deif, il “fantasma di Gaza” (fantasma sia per gli israeliani che per i palestinesi), considerato “imprendibile” e che avrebbe dato il via all’operazione Alluvione Al-Aqsa con un messaggio registrato e inviato via telefono.

Il “dopo Pearl Harbor” fu l’attacco al Giappone che si concluse con le due atomiche.

Il “dopo 11 settembre” fu la guerra ventennale in Afghanistan.

Il “dopo 7 ottobre” sarà costituito innanzitutto dagli ordinari stermini di civili e miliziani a Gaza. Occhio per occhio, dente per dente; sempre con un buon moltiplicatore. Nell’operazione “Piombo fuso” del 2008-2009 a fronte di 13 israeliani morti ci furono 1.400 morti palestinesi. Cento per uno.

Se ci sono stati 1.000 morti in Israele con l’Alluvione Al-Aqsa, non è insensato prevedere l’imminenza di 100.000 morti nella Striscia di Gaza. Del resto l’occidente ha saputo fare 1.000.000 di morti in Iraq: non abbiamo certamente il senso della misura.

Ma, oltre ai morti “ovvi” nella Striscia di Gaza, si può mettere in conto per il futuro anche un attacco all’Iran, del quale si dirà che è dietro l’operazione di Hamas, e che semmai nasconde Mohammed Deif, come l’Afghanistan nascondeva Osama in una caverna.

 

STO SCHERZANDO, NATURALMENTE

Sto scherzando, naturalmente.

Nessuno vuole attaccare l’Iran. L’Iran è vasto come la Libia ed ha 85 milioni di abitanti. Attraverso il Mar Caspio confina con la Russia.

C’è però il fatto inquietante della lista di Stati che gli USA volevano sistemare fin dagli anni ’90 del secolo scorso: Afghanistan, Iran, Iraq, Libia, Siria. Resta solo l’Iran come “incompiuto”.

Afghanistan e Iraq vennero trattati con la formula «vi distruggo, poi vi ricostruisco in forme democratiche». Gli esiti li conosciamo: piani d’intervento stupidi, costosissimi e fallimentari.

Per Libia e Siria l’occidente semplificò le cose: è sufficiente distruggere, l’importante è che gli Stati fastidiosi vengano tolti di mezzo.

Sull’Iran sto quindi scherzando, ma non troppo.

Perché, se lo scopo fosse quello di “battere” l’Iran nessuno si butterebbe nell’impresa, ricordando la devastante e inutile guerra per procura Iran-Iraq 1980-1988.

Ma, se lo scopo è solo “distruggere”, le cose cambiano.

Si può distruggere anche un paese con 85 milioni di abitanti, basta andare giù con mano pesante.

E, per andarci giù con mano pesante, una Pearl Harbor o un 11 settembre diventano necessari. Il necessario innesco per mobilitare le menti con la propaganda.

 

TOGLIAMOCI DALLA MENTE CHE ISRAELE SIANO “I BUONI”

Togliamoci dalla mente che Israele siano “i buoni”.

In Palestina si fronteggiano due entità politico-religiose, ognuna delle quali non riconosce dignità umana all’avversario. Entrambi uccidono serenamente i civili. E dico “serenamente” perché periodicamente la faccenda si ripete, sempre tragicamente uguale.

Non c’è pace in Palestina, e questo non c’è bisogno di dirlo.

Non c’è giustizia in Palestina. Nessuno di noi vorrebbe vivere nella Striscia di Gaza, con acqua luce gas carburante cibo tutto controllato dal tuo nemico e assediante.

Non c’è pietà da parte di Hamas, e questo lo sappiamo tutti.

Non c’è pietà da parte di Israele, se le forze israeliane riescono a uccidere 127 palestinesi nel 2022, bambini inclusi(c): essendo in una situazione di “non guerra”, essendo i morti persone disarmate e insediate loro terra, si può tranquillamente parlare di “terrorismo di Stato”.

Misericordia? È una parola che nemmeno esiste per i due contendenti.

L’8 ottobre 2023 era Domenica e c’era una lettura del profeta Isaia.

La vigna del Signore degli eserciti è la casa d’Israele; gli abitanti di Giuda sono la sua piantagione preferita. Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi.

Siamo sempre fermi lì.

Le grida degli oppressi giustificano le azioni di Hamas? No, non le giustificano. Ma le grida degli oppressi ci devono far capire che Israele non è fatto di buoni.

“Non c’è pace senza giustizia. Non c’è giustizia senza perdono”. Questo il titolo del messaggio per la Giornata della Pace del 1 gennaio 2002, a pochi mesi dall’11 settembre. San Giovanni Paolo II descriveva le cose giuste: o qualcuno si pone nell’ottica di interrompere la spirale della violenza, o non ne usciremo mai.

Concetti che aveva già sintetizzato nel finale della preghiera per la pace durante la Guerra del Golfo 1991.

In comunione con Maria, la Madre di Gesù, ancora ti supplichiamo:

parla ai cuori dei responsabili delle sorti dei popoli,

ferma la logica della ritorsione e della vendetta,

suggerisci con il tuo Spirito soluzioni nuove,

gesti generosi ed onorevoli, spazi di dialogo e di paziente attesa

più fecondi delle affrettate scadenze della guerra.

Concedi al nostro tempo giorni di pace.

Mai più la guerra. Amen.

 

ISRAELE, RICORDATI…

Il 3 ottobre 2004 dovevamo andare a una conferenza della defunta Cecilia Gatto Trocchi in piazza a Sassuolo. Conferenza annullata all’ultimo momento, passammo il pomeriggio domenicale a una bella fiera del libro a Reggio Emilia.

Lì ebbi l’incontro visivo con un libro usato: Vladimiro Giabotinschi “La legione ebraica nella guerra mondiale” editrice L’Idea Sionistica, Milano 1935-XIII. Italianizzato il nome, ma è Vladimir “Ze’ev” Zabotinskij(d), sionista della fase pre-Israele (muore nel 1940, non vede la nascita dello Stato ebraico).

Prezzo spaventoso: 180 euro, 360.000 lire. Ritorno alcune volte, sempre aprendo le pagine a caso. «Le interessa?» «Mi interesserebbe molto, se non fosse per i 180 euro.» «Ma non deve guardare quello che c’è scritto, deve parlare con me.»

Parlo con lui, e il libraio mi sfila 90 euro, 180.000 lire, sempre pauroso.

Ma è stato un investimento del quale non mi sono mai pentito: avere tra le mani il pensiero dettagliato di un vero sionista, pubblicato in Italia, pubblicato prima dell’Olocausto che ha confuso le idee a molti, è stato per me un salto di qualità culturale notevole.

Se prima avevo letto da altri il discorso della “bivalenza del ghetto”, ossia il ghetto come “costrizione gradita” da una fetta del popolo ebraico, qui lo vedevo descritto da un sionista. La sua lotta era contro gli ebrei assimilati che detestavano la proposta di un ritorno in Palestina. Era necessario ritrovare “lo spirito del ghetto” contro gli ebrei assimilati, usciti dal ghetto fisicamente e mentalmente.

«Delle numerose constatazioni che feci in quei mesi, questa è forse la più importante: nella politica ebraica mondiale il cresus assimilato non è un fattore potente, malgrado che egli possieda dell’influenza politica e finanziaria. Invece il nazionalista ebreo è una potenza, sia egli pure uno straniero sconosciuto.»

Chiaro il concetto? Il cresus, il super-ricco assimilato in USA o in Gran Bretagna non potrà mai dire di no al nazionalista ebreo, dovrà finanziarlo per forza.

È un personaggio importante Zabotinskij? Certo, è uno dei fondatori dell’Irgun.

L’Irgun è stato classificato dalle autorità della Gran Bretagna e dalla maggior parte delle stesse organizzazioni ebraiche come un’entità terroristica, mentre altri lo considerano in modo più indulgente un movimento indipendentista, al pari dei movimenti armati palestinesi. Combattenti o terroristi?

Vediamo intanto tutta la galassia del paramilitarismo che prepara la nascita di Israele.

Haganah (“La Difesa”), organizzazione paramilitare in Palestina durante il Mandato Britannico (1920-1948). Rapporto di collaborazione-conflitto coi Britannici. Dopo la seconda guerra mondiale effettuò operazioni anti-britanniche in Palestina con la liberazione degli immigranti internati, con attentati dinamitardi alle strutture ferroviarie del paese, col sabotaggio e con le incursioni ai danni delle installazioni radar e delle postazioni della polizia britannica. Continuò anche a organizzare l’immigrazione illegale.

Irgun (Irgun Tzvai Leumi “Organizzazione Militare Nazionale”), organizzazione paramilitare scissionista dall’Haganah (1931-1948). Gruppo con impostazione terroristica, fa una tregua coi britannici in funzione antinazista. Dopo la guerra riprende le attività antibritanniche. Il 22 luglio 1946 fa saltare in aria l’hotel King David (morirono 91 persone, tra cui 41 arabi, 28 britannici, 17 ebrei).

Banda Stern (Lehi, Loḥamei Ḥerut Israel “Combattenti per la Libertà d’Israele”), non accettarono la collaborazione coi britannici durante la guerra mondiale e si scissero dall’Irgun, assassinando ufficiali e alti esponenti britannici, arabi, ebrei collaborazionisti. A loro si deve il massacro di 100 civili nel villaggio di Deir Yassin (9 aprile 1948). Inquadrati poi nell’esercito di Israele, alcuni suoi componenti assassinarono Folke Bernadotte, mediatore dell’ONU, il 17 settembre 1948.

Palmach (Plugot Mahaṣ “compagnie d’attacco”), gruppo fondato dall’Haganah per formare i combattenti-dirigenti. Idearono la commistione civile-militare inserendosi nei kibbutz dove si mantenevano lavorando: 14 giorni di lavoro, 8 di addestramento, 7 di riposo. Fra il 1945 e il 1946 il Palmach svolse attacchi contro le infrastrutture britanniche: ponti, ferrovie, installazioni radar e stazioni di polizia. Ogni attività finì dopo il “Sabato Nero”, 29 giugno 1946, quando i Britannici fecero arresti di massa dei capi del Palmach e della Haganah.

Israele ricordi la sua storia e ricordi quanto è sottile la distinzione tra combattenti e terroristi.

Quando l’Irgun faceva saltare in aria l’hotel King David era palesemente un atto terroristico, ma loro si ritenevano combattenti.

Quando la Banda Stern massacrò i 100 civili a Deir Yassin erano palesemente terroristi, ma Israele li riconobbe come combattenti, amnistiandoli nel 1949 e addirittura decorandoli nel 1980 con la “medaglia Lehi”.

In Israele vige l’auto-amnistia generale: Begin (Irgun), Rabin (Palmach), Shamir (Banda Stern), Sharon (Haganah), sono tutti stati primi Ministri pur avendo un passato che loro chiamano “combattente” e che noi definiremmo “terrorista” (se terrorismo è uccidere uomini politici, uccidere dei civili, attaccare infrastrutture civili).

E anche una volta inquadrati nell’esercito regolare, non andavano sul leggero.

La strage di Qibya avvenne nel mese di ottobre 1953, quando truppe israeliane sotto il comando di Ariel Sharon, in risposta all’attentato di Yehud (in cui una squadra di fedayyin palestinesi provenienti da Qibya uccise tre civili ebrei di cui due bambini) attaccarono il villaggio di Qibya in Cisgiordania. Sessantanove furono gli arabi palestinesi uccisi, due terzi dei quali donne e bambini. Quarantacinque case, una scuola e una moschea vennero distrutte. (Wikipedia)

***

Due forme politico-religiose si fronteggiano in Palestina.

Nessuna delle due contempla la pace, la giustizia, la pietà, la misericordia.

Nessuna delle due sa riconoscere se stessa come “terrorista”, neanche quando ammazza i bambini.

In fondo Israele è diventato ciò che auspicava Zabotinskij: uno Stato permeato dallo “spirito del ghetto”, militarizzato e blindato. Uno Stato che crea ghetti per i non ebrei.

La Palestina è un guazzabuglio di violenza da più di 100 anni. Al contempo contiene semi di pace e di fraternità sparsi un po’ ovunque, fuori dai riflettori.

Sono semi. La preghiera e il digiuno li facciano germogliare.

 

LUNGA APPENDICE

Ho cominciato a studiare l’Ucraina in conseguenza dei fatti recenti. Invece sulla Palestina avevo già scritto tanti anni fa.

Se volete, dopo questo testo inizia una lunga appendice, scritta nel 2004 e composta di 3 parti.

  • Una cronologia dalle origini al 2002.
  • Delle integrazioni riprese pari pari da Wikipedia, per completare la cronologia con tutte le “guerre di Gaza” avvenute dal 2004 in poi.
  • Delle considerazioni scritte in risposta a una domanda: «Ma tu per chi sfileresti in corteo? Per i palestinesi o per gli ebrei?»

Lo riscriverei uguale quel testo?

No. Ma non sarebbe nemmeno troppo diverso.

Forse può ancora essere utile.

 

Giovanni Lazzaretti

giovanni.maria.lazzaretti@gmail.com

 

NOTE

a) I 91 morti includono 31 donne e 5 bambini mentre presenziavano con i loro familiari alla cerimonia di laurea presso l’Accademia militare di Homs, mentre 277 sono rimasti feriti. Questo è stato uno degli attacchi più mortali contro l’esercito siriano ed è stato programmato per avvenire alla fine della cerimonia, quando le famiglie sono scese nel cortile per salutare personalmente i loro cari che erano passati da cadetto ad ufficiale. La Siria ha dichiarato tre giorni di lutto. (da OraProSiria)

b) La leggerezza non può essere esclusa. Vladimir “Ze’ev” Zabotinskij nel libro “La legione ebraica nella guerra mondiale” riferisce una frase dettagli da Max Nordau (leader sionista ungherese): «Questa, mio giovane amico, è logica; la logica però è un arte greca; gli ebrei non la sopportano. L’ebreo non si serve del giudizio, impara dalle catastrofi. Egli non compera un ombrello soltanto perché il cielo è nuvoloso: aspetta finché è bagnato e si è preso una polmonite; appena allora si ricorda che deve comperare un ombrello».

c) Per i dettagli vedere OCHA (United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs)

https://www.ochaopt.org/poc/8-21-november-2022

Measured as a monthly average, 2022 is the deadliest year for Palestinians in the West Bank since the United Nations started systematically counting fatalities in 2005, with 127 Palestinians killed so far this year.

Curiosità. Zabotinskij era in buoni rapporti con Mussolini. I quadri della futura Marina d’Israele si formarono a Civitavecchia proprio per un accordo con Mussolini. Nell’ottobre del 1934 giunsero i primi 28 allievi ufficiali ebrei per essere addestrati alla Scuola Marittima e nei tre anni successivi i diplomati saranno quasi 200. Gli allievi portavano sulle uniformi un’ancora, la Menorah (il candelabro a sette bracci) e il fascio littorio. Il loro capogruppo Avram Blass, in seguito sarebbe divenuto ammiraglio della Marina Israeliana.

 

Appendice, 20 anni fa

 

IL CONTESTO

Questo testo l’ho scritto il 9 maggio 2004, al tempo dell’operazione “Arcobaleno”.

Il testo è stato poi aggiustato e integrato con una serie di appunti pescati da Wikipedia.

Perché l’ho scritto?

Perché una persona mi aveva chiesto: «Ma tu per chi sfileresti in corteo? Per i palestinesi o per gli ebrei?»

Ed era impossibile dare una risposta breve.

CRONOLOGIA ESSENZIALE

67 – Inizio della guerra giudaica.

70 – I soldati di Tito distruggono il tempio di Gerusalemme; cessa il “sacrificio efficace” sul monte Moria.

132 – Rivolta giudaica e tentativo di ricostruzione del tempio.

362 – Giuliano l’Apostata ordina la ricostruzione del tempio in funzione anticristiana; san Cirillo vescovo di Gerusalemme ne dichiara l’impossibilità secondo le Scritture; eventi naturali e/o miracolosi ne bloccano l’esecuzione, che non viene in seguito ritentata.

VII secolo – Il popolo turco – mongolo dei Khazari si converte in massa al giudaismo; il “Sinedrio mobile” lo accetta in seno all’ebraismo, pur non avendo “sangue d’Abramo”; questi ebrei orientali (Askhenazim) diventeranno il fondamento dell’ebraismo disperso(9).

638 – Gli Arabi conquistano Gerusalemme.

687 – Gli Arabi costruiscono la “Cupola sulla roccia” del monte Moria.

1881 – Viene assassinato lo zar Alessandro II; uno degli assassini è ebreo; inizia un’ondata di pogrom in tutto l’impero zarista. Nascono le associazioni denominate “Coloro che amano Sion”. Iniziano le emigrazioni verso la Palestina.

1881-1903 – Dai 20.000 ai 30.000 ebrei si insediano in Palestina acquistando terre.

1883 – Il barone Rotschild comincia a finanziare gli insediamenti ebraici in Palestina.

1894-1895 – L’affare Dreyfus.

1897 – Thomas Herzl fonda in Svizzera il movimento sionista con l’obiettivo di creare uno stato ebraico.

1901 – Creazione del Fondo Nazionale Ebraico.

1903 – Al Congresso Ebraico Herzl porta la proposta di creare lo Stato d’Israele in Uganda; 295 a favore 175 contro (per lo più Askhenazim); vince la minoranza: la proposta è accantonata.

1904 – Inizio della seconda migrazione, da Russia e Polonia.

1905 – Settimo congresso sionista: ogni alternativa alla Palestina viene scartata.

1909 – Fondazione di Tel Aviv, prima città moderna tutta ebraica.

1910 – Inizio dei Kibbutz (non sono sicuro della data).

1914-1918 – Prima guerra mondiale; problema delle doppie promesse britanniche: Palestina promessa agli arabi perché sostengano gli inglesi contro l’impero ottomano; Palestina promessa agli ebrei per convincere gli USA a entrare in guerra (già allora in USA gli ebrei comandano, ossia nessuno può governare senza l’appoggio degli ebrei).

1916 – Trattato di Sykes-Picot: dopo la distruzione dell’impero ottomano Siria e Libano saranno francesi, Giordania e Iraq inglesi; status internazionale per la Palestina.

1917 – Dichiarazione Balfour: promessa di una sede nazionale ebraica in Palestina. In questo momento in Palestina ci sono 574.000 arabi 74.000 cristiani e 56.000 ebrei.

1920 – Doppia inadempienza britannica verso arabi ed ebrei: mandato britannico sulla Palestina. In questo momento in Palestina ci sono 730.000 arabi e 60.000 ebrei.

1922 – La Transgiordania (attuale Giordania) viene posta da Churchill fuori dall’area d’influenza nazionale ebraica.

1929 – Prima rivolta araba anti – ebraica: massacri di ebrei a Hebron e Safed.

1930 – Tentativo britannico di disconoscere la dichiarazione Balfour; viene limitata l’immigrazione in Palestina.

1933 – Le elezioni portano Hitler al potere.

1934 – Inizia l’immigrazione illegale di ebrei al di là delle quote imposte dai britannici.

1936 – Seconda rivolta araba. Cresce la propaganda nazista e fascista nel mondo arabo in funzione anti – ebraica e anti – britannica.

1939 – Scoppia la seconda guerra mondiale.

1942 – Inizia la “soluzione finale” nazista.

1943 – I britannici deportano a Cipro gli ebrei immigrati illegalmente.

1946 – Continuano le deportazioni a Cipro; terrorismo ebreo nei confronti degli inglesi; la Transgiordania diventa indipendente (regno di Giordania).

1947 – Continua l’immigrazione clandestina; la nave Exodus con 4.500 ebrei viene respinta in Europa; l’assemblea generale dell’ONU vota per la spartizione della Palestina (Urss, Usa e Francia a favore; stati arabi contro; Gran Bretagna, Cina e altri si astengono); il governo britannico annuncia la fine del suo mandato per il 15 maggio 1948.

1948 – Scade il mandato britannico; viene proclamato lo stato d’Israele; immediata invasione delle armate della Lega Araba (Siria, Iraq, Egitto, Giordania, Libano) che viene però sconfitta; l’attacco della Lega Araba provoca l’effetto opposto: invece di distruggere Israele provoca di fatto la sparizione dello stato Palestinese, smembrato tra Egitto (striscia di Gaza), Giordania (occupa la Cisgiordania e Gerusalemme est), e Israele stesso (amplia i suoi confini rispetto a quelli tracciati dall’ONU); nasce l’esercito d’Israele (Tzhaal); primo censimento in Israele: 716.700 ebrei e 156.000 non ebrei.

1948-1952 – Arrivano in Israele 687.000 ebrei (popolazione ebrea più che raddoppiata).

1949 – Prime elezioni; Ben-Gurion primo ministro; Weizmann presidente; Israele entra all’ONU.

1950 – Colpo di stato in Egitto; Nasser presidente.

1956 – Seconda guerra: nazionalizzazione del canale di Suez, proibizione del transito delle navi israeliane; Francia Inghilterra e Israele attaccano l’Egitto; Israele vince e conquista il Sinai; l’URSS minaccia l’uso di armi atomiche; la condanna dell’ONU riporta Israele ai confini precedenti.

1959 – Arafat e Abu Jihad fondano Al Fatah, movimento di guerriglia per la liberazione della Palestina.

1960-1961 – Tentativo siriano di deviare le fonti principali del fiume Giordano, sventato da un’operazione israeliana.

1964 – Nasce l’OLP.

1967 – Terza guerra (guerra dei 6 giorni): Nasser dichiara di voler chiudere il Canale di Suez alle navi che riforniscono Israele; Israele reagisce con una guerra lampo conquistando Sinai, Gaza, Cisgiordania, Golan e Gerusalemme est. “Il Monte del Tempio è nelle nostre mani” (generale Motta Gur): in poche ore le case del quartiere arabo Muqhrabi, che sorgevano davanti al Muro del Pianto, vengono abbattute per lasciare spazio all’attuale piazzale.

1968 – Inizia la fase terrorista dell’OLP.

1970-1971 – Si crea il timore che l’OLP possa prendere il controllo della Giordania; l’esercito giordano scaccia l’OLP fuori dal paese con un’azione violenta e sanguinosa (è il cosiddetto “settembre nero” , che darà anche il nome a un’organizzazione terroristica); l’OLP si trasferisce in Libano.

1972 – Attacco terrorista alle olimpiadi di Monaco; 11 atleti israeliani e 6 terroristi vengono uccisi.

1973 – Quarta guerra (Kippur): Egitto e Siria attaccano per riprendere le terre perdute; Israele reagisce e ripristina i confini del 1967.

1976 – Dirottamento di Entebbe; l’aereo viene salvato da un intervento diretto di Israele in Uganda.

1977 – Begin primo ministro.

1979 – Accordi di Camp David: trattato di pace tra Egitto e Israele (Sadat e Begin) dopo un lungo percorso avviato dal presidente Jimmy Carter; l’Egitto riconosce Israele, in cambio Israele restituisce il Sinai all’Egitto.

1981 – Israele distrugge un reattore nucleare iracheno; Sadat viene assassinato.

1982 – Gli israeliani attaccano l’OLP in Libano come rappresaglia agli attacchi OLP provenienti dalla frontiera nord; assedio di Beirut; l’OLP accetta di lasciare Beirut sotto la protezione di una forza multinazionale; massacro nel campo profughi di Sabra e Chatila.

1987 – Inizia l’Intifada; i palestinesi di Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme si rivoltano contro gli israeliani; Arafat proclama l’OLP come “governo in esilio”.

1991 – Dopo la guerra del golfo inizia una conferenza di pace a Madrid: “pace in cambio di territori”; la trattativa fallisce.

1992 – Trattative segrete a Oslo tra Arafat e Peres.

1993 – Stretta di mano tra Peres e Arafat: reciproco riconoscimento e autogoverno palestinese, ma tutti i veri nodi (colonie, detenuti politici palestinesi, gestione dell’acqua, confini) vengono rinviati a colloqui definitivi mai avvenuti. La firma avviene alla Casa Bianca tra Arafat e il primo ministro Rabin.

1994 – Prime applicazioni degli accordi di principio: autonomia di Gaza e Gerico, l’esercito israeliano lascia Gerico e striscia di Gaza, Arafat entra a Gaza, l’Autorità palestinese presta giuramento.

1995 – Sei città della Cisgiordania passano all’autorità palestinese; Rabin viene assassinato da uno studente ebreo.

1996 – Prime elezioni palestinesi: Arafat presidente; in Israele Netanyahu batte Peres; Israele riprende la costruzione di insediamenti nei territori.

1998 – Accordi di Wye Mills: Netanyahu e Arafat (mediazione del presidente Clinton) sottoscrivono un accordo “terra contro pace”.

1999 – Barak batte Netanyahu alle elezioni; Barak firma l’accordo con Arafat per l’attuazione di Wye Mills; Israele libera 200 prigionieri politici e passa il controllo di una parte della Cisgiordania ai palestinesi.

2000 – Trattative di Camp David tra Barak e Arafat; non trovano l’accordo sui due punti fondamentali: status di Gerusalemme e rientro dei rifugiati palestinesi. In settembre Sharon, leader dell’opposizione, passeggia sulla spianata delle moschee. Reazione immediata dei palestinesi: inizia la seconda intifada.

2001 – L’inchiesta della Commissione dei diritti dell’uomo dell’ONU prevede il dispiegamento di osservatori internazionali: veto degli USA. Bush chiede ad Arafat la cessazione della violenza e ammonisce Israele per le incursioni militari in territorio palestinese. Arriva l’11 settembre e le “ammonizioni” cessano: Israele (nuovo primo ministro Sharon) ha mano libera “Ora l’America finalmente capirà che il suo nemico è lo stesso nostro”.

2002 – Una risoluzione ONU parla per la prima volta di “una regione in cui due stati, Israele e Palestina, vivano fianco a fianco, all’interno di frontiere riconosciute e sicure”.

In tutto questo marasma c’è di mezzo anche il piccolo popolo cristiano: erano il 10% nel 1917, sono adesso circa il 2%; a Gerusalemme erano il 21,6% nel 1917, diventati il 2,1% nel 1994. Sono ovviamente stritolati: odiati dai mussulmani e odiati dagli ebrei.

 

AGGIUNTE SUCCESSIVE

Queste sono aggiunte successive. I brani provengono da Wikipedia e sono quindi soggetti a variazioni nel tempo, anche sul numero dei morti e feriti.

Uso la parola “militari” anche per i Palestinesi, ma sarebbe più corretto definirli “combattenti”.

2004 – Operazione “Arcobaleno” (18-24 maggio 2004) – Israeliani: 2 morti, 2 feriti – Palestinesi: 41 militari morti, 12 civili morti, numero feriti imprecisato.

L’Operazione Arcobaleno fu iniziata dalle forze armate israeliane il 15 maggio 2004 per individuare e distruggere i tunnel sotterranei al confine con l’Egitto, utilizzati dai militanti palestinesi per far passare armi destinate alla guerriglia. Secondo molti analisti, a Rafah si scatenò una vera e propria punizione collettiva contro la popolazione palestinese per la morte dei 13 soldati israeliani avvenuta nella settimana precedente.

2004 – Il 6 giugno Israele decide il ritiro unilaterale da Gaza e da 4 insediamenti di coloni in Cisgiordania.

2005 – Dal 15 agosto al 22 settembre avviene lo sgombero dei coloni israeliani da Gaza e Cisgiordania, in gran parte accettato, in parte forzato dall’esercito israeliano.

2006 – Operazione “Piogge estive” (28 giugno – 26 novembre 2006) – Israeliani: 5 soldati uccisi, 38 soldati feriti, 1 soldato catturato, 44 civili feriti per missili nemici – Palestinesi: 277 militari morti, 117 civili morti, 6 membri della polizia morti, 2 guardie presidenziali morte, circa 1000 feriti

Operazione “Piogge estive” (in inglese: Operation Summer Rains; in ebraico: Mivetza’ Ghishmé Kayitz) è il nome in codice di un’operazione militare israeliana all’interno della Striscia di Gaza cominciata il 28 giugno 2006. È la prima azione militare israeliana che coinvolga l’ingresso di truppe di terra nella zona, dopo il piano di ritiro unilaterale di Israele da Gaza. Si tratta di un’operazione unica nel suo genere, in quanto è consistita nella mobilitazione di migliaia di uomini e decine di mezzi di esercito, marina e aeronautica per liberare un soldato fatto prigioniero, il caporale delle Forze di Difesa Israeliane Gilad Shalit.

2007 – Battaglia di Gaza tra Hamas e Fatah (12-15 giugno 2007); la battaglia finì con la presa del controllo della Striscia di Gaza da parte di Hamas. Usando cifre fornite da ospedali e servizi di emergenza, il Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) stimò che più di 550 persone erano state ferite e almeno 116 uccise durante i combattimenti nella settimana fino al 15 giugno.

2008 – Operazione “Inverno caldo” (28 febbraio – 3 marzo 2008) – Israeliani: 3 soldati morti, 1 civile ucciso, 8 feriti – Palestinesi: 112 uccisi (58 civili), 350 feriti

L’Operazione “Inverno caldo” (in ebraico: Mivtza Horef Ham) è stata una campagna militare nella Striscia di Gaza delle Forze di Difesa Israeliane, lanciata il 29 febbraio 2008 in risposta a razzi Qassam sparati dalla Striscia da Hamas . Almeno 112 palestinesi e tre israeliani sono stati uccisi e più di 150 palestinesi e sette israeliani sono stati feriti. Vi è stato diffuso allarme internazionale, con gli Stati Uniti che hanno esortato Israele a esercitare cautela per evitare la perdita di vite innocenti, e l’Unione europea e le Nazioni Unite che hanno criticato Israele per “uso sproporzionato della forza”. L’Unione europea chiese l’immediata cessazione degli attacchi di razzi su Israele, esortando Israele a fermare le attività che mettono in pericolo i civili e che sono in violazione del diritto internazionale.

2008-2009 – Operazione “Piombo fuso” (27 dicembre 2008 – 18 gennaio 2009) – Israeliani: 10 soldati morti, 3 civili morti, 340 soldati feriti, 182 civili feriti – Palestinesi: 500 militari e polizia morti, 904 civili morti, 5300 feriti totali.

L’Operazione Piombo fuso (ebraico: Mivtza Oferet Yetzukah) è stata una campagna militare lanciata dall’esercito israeliano con l’intento dichiarato di “colpire duramente l’amministrazione di Hamas al fine di generare una situazione di migliore sicurezza intorno alla Striscia di Gaza nel tempo, attraverso un rafforzamento della calma e una diminuzione dei lanci dei razzi, nella misura del possibile”. L’operazione militare si è protratta dal 27 dicembre 2008 alle ore 00:00 GMT del 18 gennaio 2009. Obiettivo dichiarato dell’intervento militare israeliano è stato quello di neutralizzare Hamas che, a partire dal 2001, ha bersagliato i centri urbani nel sud di Israele con razzi Qassam provocando in otto anni 15 morti e centinaia di feriti fra la popolazione civile, costretta a un ritmo di vita scandito da sirene di allarme e corse nei rifugi (obbligatori per legge). Da parte israeliana l’azione militare è descritta anche come una risposta all’intensificarsi del lancio di razzi Qassam da parte di Hamas contro obiettivi civili del Sud di Israele, non appena scaduta la tahdia (calma) di sei mesi, ottenuta il 19 giugno 2008 dopo un lungo lavoro di mediazione da parte dell’Egitto. Hamas per parte sua afferma che la tregua è stata rotta dalle forze israeliane il 4 novembre 2008 con l’uccisione di sei suoi militanti e con il blocco dei convogli umanitari. Da parte palestinese, per altro, il lancio di razzi contro il territorio israeliano è stato motivato dalla violazioni della tregua di parte israeliana, violazioni che nel periodo della tregua hanno portato all’uccisione di 19 palestinesi, la maggior parte dei quali durante gli attacchi aerei israeliani dell’inizio di novembre.

2012 – Operazione “Colonna di nuvole” (14-21 novembre 2012) – Israeliani: 6 morti, 17 feriti – Palestinesi: 171 morti (di cui 71 civili), centinaia di feriti

L’operazione Colonna di nuvola (in Ebraico: Amúd Anán), anche detta Operazione Pilastro di difesa, è il nome in codice della campagna militare iniziata il 14 novembre 2012 dalle Forze di Difesa Israeliane contro i militanti di Hamas e del Movimento per il Jihad Islamico in Palestina (spesso sinteticamente definito Jihad Islamico Palestinese), come rappresaglia per il loro lancio di razzi dalla Striscia di Gaza verso il sud (Sderot, Beersheva) e il centro di Israele (Tel Aviv, Gerusalemme). È stata la seconda imponente operazione militare lanciata da Israele su Gaza dalla fine del 2008, dopo l’operazione Piombo fuso.

2014 – Operazione “Margine di protezione” (8 luglio 2014 – 26 agosto 2014) – Israeliani: 66 militari morti, 6 civili morti, 450 militari feriti, 256 civili feriti – Palestinesi: 693 militari morti, 1.617 civili morti, 11.100 feriti

Operazione Margine di protezione (in ebraico: Mivtza ‘tzuk Eitan, “Operazione Scogliera Solida”) è il nome in codice della campagna militare iniziata l’8 luglio 2014 dalle Forze di Difesa Israeliane contro i militanti palestinesi di Hamas. Il 12 giugno a Gush Etzion, nel sud della Cisgiordania, tre ragazzi israeliani sono stati rapiti. I loro nomi sono Eyal Yifrah (19 anni), Gil-Ad Shayer e Naftali Yaakov Frenkel (16 anni). Il governo israeliano ha accusato Hamas – che ha negato la sua partecipazione al rapimento – dando il via ad una serie di raid aerei sulla striscia di Gaza e ha arrestato più di 500 palestinesi, in gran parte militanti di Hamas: tra loro anche 50 ex detenuti liberati in cambio del rilascio del soldato israeliano Shalit, rapito a Gaza nel 2006. In risposta ai raid aerei israeliani, Hamas ha lanciato decine di razzi contro il territorio israeliano. Durante le operazioni di ricerca dei ragazzi scomparsi almeno quattro palestinesi hanno perso la vita. Il 30 giugno sono stati ritrovati i cadaveri dei tre ragazzi israeliani rapiti e il governo ha annunciato la volontà di annientare Hamas. Quasi un mese più tardi, un giornalista della BBC ha riportato in un tweet una dichiarazione che gli sarebbe stata rilasciata da un portavoce della polizia israeliana: si legge che l’omicidio dei tre ragazzi israeliani sarebbe stato compiuto da una cellula affiliata ad Hamas ma senza aver ricevuto ordini dall’alto. Il 2 luglio il sedicenne palestinese Mohammad Abu Khdair è stato arso vivo: la polizia israeliana ha arrestato inizialmente sei persone sospettate dell’omicidio, di cui tre hanno confessato il delitto. In seguito il governo Israeliano ha condannato l’atto come spregevole assassinio, chiedendo poi ai suoi cittadini di non commettere rappresaglie e di non farsi giustizia da soli.

2021 – Crisi israelo-palestinese e operazione “guardiani delle mura” (6-21 maggio 2021) – Israeliani: 1 militare morto, 14 civili morti, 3 militari feriti (+imprecisati in Cisgiordania) – Palestinesi: 249 militari e civili morti, 1900 feriti, (+26 morti, 500 feriti in Cisgiordania)

La crisi israelo-palestinese del 2021 è stato un conflitto tra lo Stato di Palestina e lo Stato d’Israele. Il 6 maggio 2021 sono iniziate le proteste e le rivolte dei palestinesi a Gerusalemme contro una decisione della Corte Suprema di Israele in merito allo sgombero di alcuni residenti palestinesi a Sheikh Jarrah, un quartiere di Gerusalemme Est. L’area in questione, di fatto annessa dal 1980 da Israele, resta ai sensi del diritto internazionale parte dei territori palestinesi occupati da Israele. Le proteste si sono rapidamente trasformate in scontri violenti tra manifestanti ebrei e palestinesi, con incidenti e vandalismi da ambo le parti. Il giorno seguente, la polizia israeliana ha contrastato i manifestanti nel complesso della moschea al-Aqṣā, un sito sacro islamico. In concomitanza con la giornata islamica di Laylat al-Qadr e la Giornata di Gerusalemme israeliana, gli scontri hanno causato più di 300 feriti. La sentenza della Corte Suprema israeliana è stata quindi rinviata di 30 giorni poiché Avichai Mandelblit, il procuratore generale israeliano, ha cercato di ridurre le tensioni. Il 10 maggio, in seguito ai disordini a Gerusalemme, Hamas e la Jihad islamica palestinese (entrambe considerate organizzazioni terroristiche da diverse nazioni e organizzazioni sovranazionali) hanno iniziato ad attaccare militarmente Israele, lanciando razzi e missili contro le città israeliane dalla Striscia di Gaza. Israele, dopo una serie di avvertimenti, ha risposto con attacchi aerei contro obiettivi militari, governativi e diversi condomini (che secondo Israele ospitavano uffici e armi di Hamas) all’interno di Gaza (Operazione “Guardiani delle Mura”). Scontri aerei e di artiglieria tra le due parti sono continuati quotidianamente fino al 21 maggio, quando Israele ed Hamas si sono accordate per un cessate il fuoco a partire dalle 2 di notte locali.

 

DOPO I FATTI, UN PO’ DI RAGIONAMENTO

Dopo l’elenco dei fatti (incompleti, da revisionare, ma insomma sempre meglio che niente) si può procedere con qualche ragionamento.

 

DOVE E’ IL “DIRITTO” IN PALESTINA?

Quando si parla di “diritti” sulla Palestina c’è un’unica cosa da fare: mettersi a ridere.

Che cosa è il diritto? Il diritto presuppone una legislazione condivisa. In uno Stato ideale le cose dovrebbero funzionare così: c’è un diritto naturale non negoziabile, c’è un patto tra cittadini che costituisce la base dello stato (costituzione o simili) e che non deve in alcun modo ledere il diritto naturale, c’è la legislazione scaturita successivamente alla costituzione che crea il diritto interno allo Stato e che può legittimamente differire tra Stato e Stato.

Ogni volta che lo Stato crea leggi in contrasto col diritto naturale si crea uno Stato totalitario, e può esserci anche la “deriva totalitaria della democrazia” come ha detto il Papa al parlamento italiano (lo Stato italiano ha già creato leggi totalitarie, cioè contrarie al diritto naturale: divorzio, aborto, contraccezione di Stato).

A livello internazionale le cose dovrebbero andare allo stesso modo: posto il diritto naturale, si crea una piattaforma di regole condivise che sono il diritto internazionale. In mancanza di queste, tra Stato e Stato vale la legge del più forte. Ci possono essere ovviamente patti che coinvolgono alcuni Stati e non l’intera comunità internazionale.

In Palestina dov’è il diritto? Quale è il patto condiviso?

Non sono certamente fonte di diritto di governo su una terra:

  • l’acquisto della terra medesima; anche se i tedeschi, poniamo il caso, acquistassero tutta la terra italiana e gli italiani fossero tutti “in affitto” il diritto di governo rimarrebbe agli italiani;
  • l’aver patito delle sofferenze; l’olocausto non dà diritto a una terra; in più la motivazione è falsa, perché lo stato ebraico fu deciso all’epoca dei pogrom, non dopo l’olocausto.

Il diritto viene dall’essere figli di Abramo?

Gli ebrei discendono da Isacco, figlio della promessa; gli arabi sono figli di Ismaele e hanno il legame di sangue con Abramo; buona parte degli ebrei sono degli Askhenazim, che sono dei convertiti del VII secolo e non hanno il legame di sangue(9). Nodo inestricabile.

Il diritto viene dall’aver abitato da soli su quella terra?

Per secoli ci sono stati gli ebrei e non gli arabi; per secoli ci sono stati gli arabi e non gli ebrei: nodo inestricabile.

Il diritto viene dalle concessioni dei potenti della Terra?

I britannici promisero la stessa cosa ai due popoli: nodo inestricabile.

Il diritto viene dal valore religioso del luogo?

La stessa roccia del monte Moria è sacra per ebrei e mussulmani: nodo inestricabile.

Il diritto viene dalla risoluzione dell’ONU del 1947?

È probabilmente la cosa umanamente più ragionevole, ma, poiché la decisione non fu unanime e gli Stati arabi votarono contro, anche questo nodo appare inestricabile.

 

LA VIOLENZA COME “STATO DI NATURA”. SENZA MISERICORDIA

Diciamolo chiaramente: entrambi i contendenti hanno messo la questione sul piano della forza quando erano sicuri che la forza era dalla loro parte; nel 1948 le forze della Lega Araba erano organizzate e sicure di vincere contro uno stato israeliano il cui esercito si formò nel momento stesso dell’inizio della guerra(1): in quel momento violarono la risoluzione ONU senza porsi problemi; quando Israele si rese conto che la forza era dalla sua parte, travalicò anche lui senza problemi le risoluzioni dell’ONU.

Una flebile voce potrebbe dire: se non c’è nessun patto condiviso, l’unica fonte del diritto rimane la legge naturale. Ma è il nodo più inestricabile di tutti, perché entrambi i contendenti hanno una commistione totale tra politica e religione(2) e perché entrambi i contendenti negano alcuni principi fondamentali del diritto naturale(3): il diritto alla libertà religiosa, il diritto a non essere discriminati per motivi di razza e religione, il diritto delle minoranze ad esistere e a preservare e sviluppare la propria cultura(4).

Verrebbe da dire: scannatevi liberamente finché uno dei due contendenti non si sarà estinto(5). E invece il Papa [era San Giovanni Paolo II, NdR] continua a invocare la pace per la Terra Santa. In pratica sta pregando perché ebrei e mussulmani diventino un po’ “cristiani”, perché dal loro punto di vista, al di là di ogni patto che possano firmare, c’è solo la possibilità dell’annientamento reciproco.

Qui ci si riaggancia al discorso della bivalenza del ghetto: fino a questo punto, quando ho scritto “ebrei”, ho usato un termine improprio; avrei dovuto scrivere “ebrei sionisti”.

In questo feroce guazzabuglio che è lo stato d’Israele, esiste ancora il “piccolo resto”, che ha attraversato tutta la storia del popolo ebraico: sono gli ebrei non sionisti, quelli del “misericordia io voglio e non sacrifici, la conoscenza di Dio più degli olocausti”, quelli che hanno capito la missione d’Israele(6).

Se fosse stato per loro, il problema Palestina non sarebbe mai sorto perché mai si sarebbero impegnati a un ritorno nella Terra Promessa. Nessuno sa niente di loro perché sono pochi e non hanno visibilità politica. Si può immaginare che anche all’interno della ferocia islamica ci sia un piccolo resto che ha capito.

È impossibile risolvere il conflitto sul piano dei diritti, può essere risolto solo sul piano della misericordia: «Nei tuoi confronti ho ragione io, ma scelgo di comportarmi come se tu avessi ragione e io avessi torto; perché, quando sarò davanti a Dio, Lui (che ha ragione nei miei confronti) si comporti con me come se avesse torto».

Per questo è essenziale l’invito alla nostra conversione, alla nostra preghiera, al nostro digiuno: a viste umane non contano nulla per la pace in Palestina, ma servono invece ad aprire altri cuori che aderiscano al piccolo resto d’Israele e al piccolo resto (ipotizzato) mussulmano.

Intanto ringraziamo la dottrina cattolica per averci liberato da due gabbie: la connessione “fisica” con dei luoghi fondamentali per i riti(7) e la guerra a oltranza finché non sia fatta giustizia(8).

Spero di aver chiarito qualcosa. Non sfilerei mai in corteo né per i palestinesi né per gli ebrei; al massimo per le sofferenze degli inermi di entrambi i popoli.

 

NOTE

  1. Ma anche qui non mitizziamo troppo: è vero che la costituzione del loro esercito appare a prima vista una specie di miracolo, ma gli ebrei hanno a disposizione finanziamenti internazionali pressoché illimitati. Un miracolo potrebbe essere la formazione dell’esercito dei Cristeros nel Messico, questo sì un vero esercito di poveri, non quello dei super – finanziati ebrei.
  2. Per i mussulmani è noto, ma anche gli ebrei non sono da meno: apparentemente sono divisi tra ultra – ortodossi (la Terra Promessa ci viene da Dio, Dio ci darà il governo su tutta la Terra) e ultra – atei, ma questi ultimi sono di un ateismo particolare: identificano Israele con Dio (alla Terra Promessa e al governo mondiale ci pensiamo noi con le nostre forze).
  3. E quindi possono creare solo degli Stati totalitari.
  4. La mancanza di questi diritti ci è abbastanza nota parlando di mussulmani, ma chi ha portato una famiglia mista in un kibbutz l’ha constatato sulla propria pelle anche con gli ebrei; soprattutto non dobbiamo pensare che gli ebrei ragionino con la Bibbia (che già non scherza: la cacciata di mogli e figli in Esdra e Neemia sono un esempio religioso – razzista non da poco): gli ebrei ragionano soprattutto col Talmud, e su questo siamo profondamente ignoranti.
  5. A viste umane si estinguerebbero i mussulmani, perché Israele vive coi soldi americani e contemporaneamente “governa” gli USA: abbatterlo sembra impossibile.
  6. Ossia la salvezza di Dio per tutti i popoli, non il governo razziale di Giuda su tutti i popoli, obiettivo finale degli ebrei sionisti ultra – ortodossi e ultra – atei.
  7. Noi abbiamo tanti luoghi santi, ma nessuno è indispensabile per il sacrificio eucaristico; il tempio è dovunque si celebra il sacrificio. Per questo le nostre crociate furono estremamente blande rispetto al furore attuale, perché i luoghi erano importanti ma non essenziali. Invece gli ebrei e i mussulmani devono assolutamente possedere il monte Moria.
  8. La dottrina cattolica della guerra giusta non è legata al raggiungimento della giustizia a tutti i costi, ma prevede come cosa fondamentale la non amplificazione delle sofferenze. Vale in modo identico per le guerre tra stati e per le insurrezioni interne agli Stati. Riporto due punti del Catechismo 1997.

 

CATECHISMO N.2309

Si devono considerare con rigore le strette condizioni che giustificano una legittima difesa con la forza militare. Tale decisione, per la sua gravità, è sottomessa a rigorose condizioni di legittimità morale. Occorre contemporaneamente:

  • Che il danno causato dall’aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni sia durevole, grave e certo.
  • Che tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci.
  • Che ci siano fondate condizioni di successo.
  • Che il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare. Nella valutazione di questa condizione ha un grandissimo peso la potenza dei moderni mezzi di distruzione.

Questi sono gli elementi tradizionali elencati nella dottrina detta della “guerra giusta”.

La valutazione di tali condizioni di legittimità morale spetta al giudizio prudente di coloro che hanno la responsabilità del bene comune.

CATECHISMO N.2243

La resistenza all’oppressione del potere politico non ricorrerà legittimamente alle armi, salvo quando sussistano tutte insieme le seguenti condizioni: 1. in caso di violazioni certe, gravi e prolungate dei diritti fondamentali; 2. dopo che si siano tentate tutte le altre vie; 3. senza che si provochino disordini peggiori; 4. qualora vi sia una fondata speranza di successo; 5. se è impossibile intravedere ragionevolmente soluzioni migliori.

Quando scrissi questo testo avevo letto da poco la teoria di Arthur Koestler sulla componente di convertiti ebrei non di sangue, teoria ripresa poi più avanti da Shlomo Sand. Da allora non me ne sono più interessato, per cui metto tra parentesi le affermazioni sui Khazari convertiti.

 

 

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