Per il bene della vita sulla terra dovremmo fissare un limite al denaro che ogni persona può accumulare.

di George Monbiot
19.09.2019

L’imbarazzo dei ricchi.

Non è del tutto vero che dietro ogni grande fortuna vi sia un grande crimine. Musicisti e romanzieri ad esempio, possono diventare estremamente ricchi dando piacere ad altre persone. Ma pare universalmente vero che di fronte a ogni grande fortuna ci sia un grande crimine.
L’immensa ricchezza si traduce automaticamente in immensi impatti ambientali, indipendentemente dalle intenzioni di coloro che la possiedono. I più ricchi, quasi per definizione, stanno commettendo degli ecocidi.

Alcune settimane fa, ho ricevuto una lettera da un lavoratore di un aeroporto privato britannico. “Vedo cose che davvero non dovrebbero accadere nel 2019”, ha scritto. Ogni giorno vede Jet Global 7000, Gulfstream 650 e perfino Boeing 737 decollare dall’aeroporto trasportando un solo passeggero, per lo più diretti in Russia e Stati Uniti. I Boeing 737 privati, costruiti per ospitare 174 posti, vengono riempiti all’aeroporto con circa 32’000 litri di carburante. Cioè tutta l’energia fossile che una una piccola città africana potrebbe utilizzare in un anno.

Dove vanno questi singoli passeggeri? Forse a visitare una delle loro supercase, costruite e gestite con costi ambientali enormi o a fare una viaggio sul loro superyacht, che può bruciare fino a 500 litri di gasolio all’ora anche solo andando al minimo ed è costruito e arredato con materiali rari, estratti a spese di posti meravigliosi?

Forse non dovremmo essere sorpresi di apprendere che quando Google ha convocato una riunione dei ricchi e famosi al resort Verdura in Sicilia, lo scorso luglio, per discutere della crisi climatica, i suoi delegati sono arrivati su 114 jet privati e una flotta di megayacht e hanno guidato supermacchine per girare l’isola.
Anche quando animato da buone intenzioni, l’ultraricco non può fare a meno di distruggere il mondo vivente.

Una serie di articoli di ricerca mostra che il reddito è di gran lunga il il fattore determinante più importante per l’impatto ambientale. Non importa quanto tu creda di essere green.
Se hai soldi in eccesso, li spendi.
L’unica forma di consumo che è  chiaramente e positivamente correlata ai buon intenti di carattere ambientale è la dieta: le persone che si considerano green tendono a mangiare meno carne e più verdure biologiche. Ma le attitudini hanno poca influenza sulla quantità di carburante usato per il trasporto, sull’energia domestica e su altri materiali che consumate.
Il denaro conquista tutto.
Gli effetti disastrosi del potere di spesa sono aggravati dagli impatti psicologici dell’essere ricchi.
Moltissimi studi dimostrano che  più si è ricchi meno si è capaci di connettersi con altre persone.
Il benessere riduce l’empatia.
Un documento rivela che i conducenti di auto costose hanno meno probabilità di fermarsi per far passare i pedoni sulle strisce degli automobilisti rispetto ai conducenti di auto economiche. Un altro ha rivelato che i ricchi sono meno capaci dei più poveri di  di provare compassione per i bambini malati di cancro.
Sebbene siano sproporzionalmente responsabili delle nostre crisi ambientali, i ricchi saranno colpiti meno e per ultimi dal disastro ambientale, mentre i poveri ne sono danneggiati per primi e nella maniera peggiore. Più benestanti sono le persone, suggerisce la ricerca, meno tale consapevolezza le affliggerà.

Un altro problema è che la ricchezza limita le prospettive anche delle persone con le migliori intenzioni. Questa settimana Bill Gates in un’intervista al Financial Times ha sostenuto che ridurre l’estrazione dei combustibili fossili è una perdita di tempo. Sarebbe meglio, ha affermato, investire denaro su nuove tecnologie dirompenti a più basse emissioni.
Naturalmente abbiamo bisogno di nuove tecnologie. Ma ha mancato il punto cruciale: nel cercare di prevenire il collasso climatico, ciò che conta non è ciò che si fa, bensì ciò che si smette di fare. Non importa quanti pannelli solari installate, se contemporaneamnete non spegnete le caldaie a carbone e a gas. A meno che gli impianti esistenti a combustibili fossili non vengano dismessi prima della fine del loro ciclo vitale e che tutte le esplorazioni e lo sviluppo di nuove riserve di combustibili fossili non vengano annullate, ci sono poche possibilità di evitare più di 1,5° C di riscaldamento globale.

Ma questo richiede un cambiamento strutturale, che implica interventi della politica e innovazione tecnologica: un anatema per i miliardari della Silicon Valley. Richiede il riconoscimento che il denaro non è una bacchetta magica che fa sparire tutte le cose cattive.

Venerdì mi unirò allo sciopero globale per il clima, dove gli adulti saranno al fianco dei giovani la cui chiamata all’azione ha risuonato in tutto il mondo.
Da libero professionista, mi sono chiesto “contro chi sto scioperando?” “Contro me stesso?” “Sì. Contro un aspetto di me stesso, almeno”. Forse la cosa più radicale che possiamo fare al momento è limitare le nostre aspirazioni materiali. L’assunto su cui operano governi ed economisti è che tutti si sforzano di massimizzare la propria ricchezza. Se riusciremo in questo compito, inevitabilmente demoliremo i nostri sistemi di supporto vitale. Se i poveri vivessero come i ricchi e i ricchi come gli oligarchi, distruggeremmo tutto.
La continua ricerca della ricchezza, in un mondo che ha già abbastanza (sebbene molto mal distribuito) è una formula per la miseria di massa.

Uno sciopero significativo in difesa del mondo vivente è, in parte, uno sciopero contro il desiderio di aumentare i nostri introiti e di accumulare ricchezza: un desiderio forgiato, più di quanto probabilmente ne siamo consapevoli, da narrazioni sociali ed economiche dominanti.
Mi vedo scioperare a sostegno di un concetto radicale e inquietante: abbastanza. Individualmente e collettivamente è arrivato il momento di decidere che aspetto ha l’abbastanza e come sapere quando lo abbiamo raggiunto.
Questo approccio ha un nome, coniato dal filosofo belga Ingrid Robeyns: limitarianismo.
Robeyns sostiene che dovrebbe esserci un limite massimo alla quantità di reddito e ricchezza che una persona può accumulare.
Proprio come riconosciamo una linea di povertà, sotto la quale nessuno dovrebbe scendere, dovremmo riconoscere una linea di ricchezza, sopra la quale nessuno dovrebbe arrivare. Questa richiesta di livellamento è forse la richiesta più blasfema del discorso contemporaneo.

Ma i suoi argomenti sono solidi. Il surplus di denaro permette ad alcune persone di esercitare un potere eccessivo sugli altri, sul posto di lavoro, in politica, e soprattutto nella cattura, nell’uso e nella distruzione della ricchezza naturale.
Se tutti devono prosperare, non possiamo permetterci i ricchi . Nè possiamo permetterci le nostre aspirazioni, che la cultura della massimizzazione della ricchezza incoraggia.
La triste verità è che i ricchi riescono a vivere come fanno solo perché altri sono poveri: non c’è né lo spazio fisico né ecologico affinchè tutti perseguano il lusso privato.
Dovremmo invece lottare per la sufficienza privata, il lusso pubblico.
La vita sulla terra dipende dalla moderazione.

 

Tratto da:
https://www.monbiot.com/2019/09/20/embarrassment-of-riches/

 Traduzione a cura di Renato Nettuno

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