La sovranità appartiene alle banche, che la esercitano senza limiti. – Chi ha usurpato il potere del popolo in Italia?

di Davide Gionco

Raccontiamo come il potere di una sola grande banca, non italiana, sia stato in grado in poco più di un anno di imporre all’Italia il cambio di governo e addirittura la modifica di un articolo della Costituzione, imponendo ai successivi governi italiani un vincolo pesantissimo sugli investimenti per lo sviluppo e obbligandoli a proseguire le politiche di distruzione del sistema produttivo.

Di norma questo potere dovrebbe spettare unicamente al Parlamento eletto dal popolo, il quale vota la fiducia al governo e ratifica, con doppia votazione, le modifiche costituzionali.

La storia inizia verso la fine del 2010, sotto il governo di Silvio Berlusconi.

Successe un fatto non reso noto al pubblico.
Secondo Hans-Werner Sinn, presidente dell’Istituto tedesco di ricerca congiunturale (che potremmo paragonare ad un nostro dipartimento dell’ISTAT), il presidente del consiglio Silvio Berlusconi aveva ipotizzato in sede europea una trattativa per far uscire l’Italia dalla moneta unica, in quanto riteneva che le politiche di austerity derivanti dall’appartenenza all’Eurozona fossero dannose per l’economia italian.
Questa notizia è stata confermata anche da Lorenzo Bini-Smaghi, ex membro del board della BCE.

Altre notizie sono più note: Berlusconi trattava con Putin per il gas e con Gheddafi per il petrolio.

Le conseguenze per aver tentato politicamente di mettere in discussione l’euro e le politiche energetiche dell’Italia furono quelle descritte a seguire.

La banca tedesca Deutsche Bank, che deteneva circa 8 miliardi di euro di titoli di stato italiani, inizia a venderli in modo frenetico, fino a comunicare ufficialmente il 26 luglio 2011 di detenere solo più 966 milioni di titoli italiani. Peraltro poi riacquistando rapidamente oltre 2 miliardi di titoli, dopo averne fatto salire i tassi di interesse con la rapida vendita. Questa operazione è attualmente sotto inchiesta da parte della Procura di Milano.
Questa manovra fece impennare lo spread ovvero il differenziale fra i tassi di interesse sui titoli italiani e quelli tedeschi.
Il Financial Times annuncia che “gli investitori” fuggono dal mercato italiano. Senza fare nome e cognome dell’investitore che aveva guidato l’iniizativa.

L’11 luglio 2011 Angela Merkel telefona a Silvio Berlusconi, chiedendo di approvare quanto prima una manovra finanziaria per ulteriori tagli alla spesa pubblica, per la riduzione del debito.

Il terreno era già stato preparato nei mesi precedenti, facendo trapelare sui giornali lo scandalo del “bunga bunga”, tanto per mettere sotto pressione Berlusconi anche sul piano personale. Nessuno intende giustificare Berlusconi per le sue abitudini sessuali, ma la contemporaneità con tutti gli altri fatti che stiamo raccontando non sembra casuale.
Fra ottobre e novembre 2011 vi verifica anche un crollo delle azioni Mediaset. Tantoi per ricordare a tutti, ma soprattutto a Berlusconi, che anche i ricchi sono ricattabili.

L’8 settembre 2011  il governo Berlusconi, su iniziativa del ministro dell’economia Giulio Tremonti, propone un disegno di legge costituzionale di riforma dell’articolo 81, con l’introduzione del principio del pareggio di bilancio.
La Commissione Affari Costituzionali e la Commissione Bilancio della Camera iniziano rapidamente l’esame del testo il 5 ottobre 2011. Il testo viene licenziato il 10 novembre e trasmesso alle camere per la doppia votazione e approvazione.
La riforma prevedeva anche delle modifiche accessorie in altri articoli (97, 117, 119).
L’inter di approvazione si concluse il 17 aprile 2012, con la seconda votazione del Senato, e con la promulgazione il 20 aprile 2012 da parte del Presidente Napolitano.
La riforma costituzionale fu approvata in un tempo record, con il sostegno di tutti i partiti, con larghissima maggioranza.

L’attuale ministro della Giustizia Andrea Orlando, del Partito Democratico, racconta in una intervista i retroscena che portarono a quella votazione:

«Oggi noi stiamo vivendo un enorme conflitto tra democrazia ed economia.
Oggi sostanzialmente i poteri sovranazionali sono in grado di by-passare completamente le democrazie nazionali.
Io faccio soltanto 2 esempi.
I fatti che si determinano a livello sovranazionale, i soggetti che si sono costituiti a livello sovranazionale, spesso non legittimati democraticamente, sono in grado di mettere le democrazie di fronte al fatto compiuto.
Faccio un esempio.
La modifica – devo dire abbastanza passata sotto silenzio – della costituzione per quanto riguarda il tema dell’obbligo del pareggio di bilancio non fu il frutto di una discussione all’interno del paese, fu il frutto del fatto che ad un certo punto la Banca Centrale Europea, più o meno, adesso la brutalizzo, disse:
“O mettete questa cosa nella vostra costituzione o altrimenti chiudiamo i rubinetti e non ci sono gli stipendi alla fine mese”.
Io devo dire che è una delle scelte di cui mi vergogno di più. Mi vergogno di più di aver fatto.
Io penso che sia stato un errore… Penso che sia stato un errore approvare quella modifica. Non tanto per il merito, che pure è contestabile, ma per il modo in cui si arrivò a quella modifica di carattere costituzionale.»

Giornalista:  «in 5 mesi però, eh, in cinque mesi passò…»

Orlando: «Sì, sì, ma infatti io sto dicendo….non mi ricordo gli appelli! Non mi ricordo gli appelli… No? Ci sono stati appelli, mobilitazioni? No!»

Zagrebelski: «Eh, non ci siamo accorti!…»

Orlando: « No, no no no… Io dico soltanto… Io dico soltanto questo. Non cito questo caso per il merito, cito questo caso per il fatto che, in fondo, si è trattato del fatto che una democrazia, questa come la Grecia, come altre, sono state messe di fronte a dei fatti compiuti che si erano determinati in ambito di carattere finanziario.»

 

Il 10 novembre 2011 si presentano a Roma gli ispettori della BCE. Ecco quanto riferisce il senatore Massimo Garavaglia, al tempo presidente della Commissione Finanze:

«Monti viene fatto senatore a vita il 9 di novembre. Il 10 siamo in commissione bilancio a chiudere la finanziaria in commissione e quello stesso giorno vengono a interrogarci gli ispettori della BCE della banca centrale di Bruxelles, perché eravamo sotto inchiesta.
Ci interrogano.
Il presidente Giorgetti della Camera, i presidenti e i vicepresidenti delle 2 commissioni.
Ci fanno un bell’interrogatorio alla fine l’ultima domanda è:
Ma voi sosterrete il governo Monti?”
“Eh, brigadiere, vedremo… C’è un governo in carica. Se cade vedremo chi verrà nominato e decideremo.”
No, no, no! Verrà fatto il governo Monti e voi lo sosterrete.
Alchè ti girano un po’ i santissimi… gli dico:
“No, non funziona così. Noi siamo stati eletti in una maggioranza. Se la maggioranza non sta più in piedi si va, si vota e il popolo decide chi governa.”
No no no non ci siam capiti. Se voi non sosterrete il governo Monti, noi non compriamo i vostri titoli per due mesi e voi andate in fallimento.

Ok, questo è giovedì 10 novembre.
Venerdì noi chiudiamo la finanziaria al Senato, poi va alla camera. E Stefano con gli altri la vedono la domenica. E lunedì viene incaricato Monti e martedì è premier.
Tutto bello semplice quindi…
Questo discorsetto che è stato fatto a noi, evidentemente è stato fatto anche ad altri leader, ai leader politici.
Noi eravamo solo interrogati in quanto tecnici della materia e tant’è che all’inizio anche Di Pietro era per il sostegno Monti, perché ci aveva creduto anche lui a questo ricatto dello spread e così è andata.
Tra l’altro se uno vuole vedere gli acquisti di titoli in quelle settimane, casualmente non ci sono stati acquisti di titoli, lo spread è schizzato su, poi è andato giù. Insomma: tutto ben orchestrato.»

 

Il governo di Mario Monti, secondo le richieste della BCE, entra in carica il 16 novembre 2011.

Mario Monti, come noto, portò avanti le politiche “lacrime e sangue” richieste dagli “investitori” ovvero dalla BCE che agisce per loro conto.

Senza voler entrare, in questo articolo, nel merito delle disastrose politiche economiche di Mario Monti, ecco i risultati ottenuti in termini di aumento della povertà in Italia.

Concludiamo con il commento di Giulio Tremonti, protagonista di quei momenti:

Naturalmente il parere di Tremonti non corrisponde a quello dei giornalisti “mainstream” Lilli Gruber e Paolo Mieli.
La stampa “mainstream” descriveva in modo molto diverso il governo Monti:
http://www.corriere.it/economia/12_aprile_04/monti-fornero-riforma-lavoro_230a4850-7e65-11e1-b61a-22df94744509.shtml

 

Ricordiamoci: gli stessi poteri di allora stanno operando anche oggi.

Lascia un commento