Come ci ingannano – Il mito dell’ultracattolico

Condividiamo con voi questo interessante articolo pubblicato sul blog di Giuliano Guzzo, in cui si stigmatizza l’uso mediatico del termine “ultracattolico”.
E’ una nota tecnica dell’informazione “mainstream” quella di creare dei termini spregiativi per categorizzare le persone che non si allineano al pensiero dominante. In questo modo coloro che dissentono vengono screditati e la discussione viene spostata dal merito delle questioni allo “scontro di categorie sociali”.
Contro gli “ultracattolici” (termine negativo) si mobiliteranno i “laici” (termine positivo).
Contro i “complottisti” (termine negativo), si mobiliteranno i “razionali” (termine positivo).
Contro i “sovranisti” (termine negativo), si mobiliteranno gli “internazionalisti” (termine positivo).
Contro i “nazionalisti” (termine negativo), si mobiliteranno gli “europeisti” (termine positivo)
In questo modo il dibattito pubblico viene distratto ed il mainstream culturale si impone.

Alla fine le questioni, umanamente ragionevoli, poste da una di queste “categorie estremiste” create dall’informazione mainstream non vengono neppure prese in considerazione, in quanto provenienti, appunto, da “estremisti”, persone che vengono presentate come irrazionali, ideologicamente esaltate, retrogade, ecc.

Peccato che queste categorie, in realtà, non esistano e siano state create unicamente dai mass-media.

In questo modo molte persone adeguano, inconsapevolmente, la propria opinione al mainstream culturale, senza neppure interrogarsi sul merito di questioni ragionevoli poste da persone che, non per loro colpa, non hanno il sostegno dei mass-media mainstream.

Tratto da:
Il mito dell’«ultracattolico»


Un fantasma s’aggira per l’Europa, e ultimamente soprattutto per l’Italia: è quello dell’«ultracattolico», creatura misteriosa inventata dalla cultura dominante – e dal giornalismo che ne è saldamente al guinzaglio – e che incarna la perfetta sintesi di tutte le nefandezze culturali: oscurantismo, razzismo, sessismo. Ancora non è chiaro come un «ultracattolico», nel civilissimo panorama europeo, possa circolare liberamente anziché essere in manette, considerate le follie che ha in mente: eppure è così, ammettono sconsolati i liberi pensatori che popolano università e redazioni.

Al di là dell’aspetto indefinito – l’«ultracattolico», pare di capire, ha molti volti, dal militante di estrema destra, idealmente manesco e muscolosissimo, un’autentica macchina da guerra, alla vecchina curva e devota – la caratteristica principale di questo soggetto è una, vale a dire una dissennata nostalgia per il Medioevo, epoca di orrori al cui confronto il Novecento, con due Guerre Mondiali, il nazionalsocialismo e decenni di comunismo, viene presentato come banale lite di condominio. Altro elemento tipico dell’«ultracattolico», assicurano, è il fatto di credere che la verità, anche morale, esista.

Nossignore, ribatte fiero il fronte del Progresso, nessuna verità: solo opinioni, possibilmente da sussurrare e da presentare come incerte e temporanee. Ammenoché non si tratti, ovvio, di preservare i sacri valori della laicità – il nome elegante e modaiolo del laicismo – e dell’autodeterminazione assoluta: quelli sono intoccabili, altro che opinioni. In questo scenario appare dunque inevitabile che l’ «ultracattolico» – che, anziché noleggiarla ai mass media, pare si ostini ancora ad usare la testa – appaia una figura scomoda benché, al di là della sua pessima fama, non faccia che ripetere le verità di sempre.

Quali? Tipo che i bambini abbiano il diritto a venire al mondo e di crescere con i loro genitori, papà e mamma, e di essere anzitutto educati da loro. Punto. Pretese oscene secondo i guardiani del Pensiero Unico, i quali – oltre ad aver cestinato il diritto alla vita in favore dell’intoccabile salute riproduttiva – credono che spetti anzitutto alla scuola, meglio ancora se statale, il diritto di allevare le nuove generazioni all’insegna di quelle «magnifiche sorti e progressive» di cui dubitava già Leopardi e che oggi hanno nei Tweet dell’intellettuale o del rapper del momento le loro più solenni espressioni.

Il guaio è che l’«ultracattolico» non la beve, storce il naso, in alcuni casi – come fanno le Sentinelle in Piedi – arriva persino a manifestare pubblicamente il proprio dissenso. Di qui l’indignazione dei liberi pensatori, che denunciano come il primo problema non siano, per esempio, i politici incapaci, i malfattori o i terroristi che, tranquillamente mescolati a decine di migliaia di migranti, possono finirci in casa – quelli, si sa, sono risorse -, bensì, appunto, gli esemplari di ultracattolici impegnati con le loro crociate contro un mondo che, caspita, è così bello da non sembrare vero. Come non vedere, allora, nella lotta all’«ultracattolico» una priorità assoluta? Per far vincere l’amore, s’intende.

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