I DIRITTI UMANI E LO STATO DELLA CIVILTÀ Articolo 10. Per una vera giustizia.

Per chi preferisce ascoltare, qui la versione AUDIO dell’articolo dal podcast relativo, qui la presentazione della serie audio

 

Ciao, eccoci all’Articolo 10 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, questo il testo integrale:

Articolo 10

Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri, nonché della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta.

Partiamo dal tribunale e dalla sua indipendenza/imparzialità.

Sono certamente queste le caratteristiche necessarie per l’amministrazione della giustizia in una Repubblica moderna e democratica.

La divisione dei poteri nello Stato di diritto è generalmente pensata per evitare un accentramento di autorità nelle mani di un unico organo/persona.

A questo fine si rende necessario che i tribunali debbano essere indipendenti ed imparziali rispetto al potere politico, più precisamente rispetto ai poteri esecutivo e legislativo.

Da tutto ciò capiamo che la legge e solo la legge dovrebbe guidare l’attività del potere giudiziario: una legge imparziale e indipendente ispirata unicamente alla salvaguardia dei principi universali e costituzionali, che sono alla base dello Stato di diritto stesso.

Una legge determinata dal potere legislativo in piena autonomia da quello giudiziario.

Possiamo quindi ben capire come una moderna democrazia necessiti di una separazione e bilanciamento fra i poteri, un rispetto reciproco fra questi ed un equilibrio sostanziale dei “momenti” in cui si espleta la sovranità dello Stato.

La realtà della modernità ci parla, come abbiamo già visto commentando altri articoli dei diritti dell’uomo, della demolizione progressiva delle sovranità dello Stato di diritto in favore di organismi transnazionali, spesso non eletti, addirittura privati.

La cosiddetta globalizzazione è caratterizzata infatti dalla supremazia degli interessi di mercato, finanziari, militari e di altro tipo, rispetto alle volontà ed ai diritti delle singole sovranità nazionali.

Questo è accaduto nonostante gli auspici originari delle Nazioni Unite, dei diritti umani, dei vari trattati internazionali attuativi degli stessi.

Il fatto che la “filosofia della modernità” auspichi un mondo sempre più connesso ed interdipendente regolato dal diritto ha permesso un progressivo smantellamento della sovranità delle singole comunità nazionali: una deriva non necessaria, non ufficialmente ricercata ma sottilmente attuata da interessi privati sovranazionali.

La filosofia mondialista che sta alla base del progressivo assoggettamento degli Stati Nazionali si può ricondurre agli interessi di una vera e propria cupola di multinazionali, lobby finanziarie e logge private, tutti soggetti in grado di incidere sulla formazione delle politiche nazionali, internazionali e degli organi in cui queste si esprimono.

La complessa cavillosità delle leggi ed il loro numero, soprattutto in Italia, completa il quadro di una giustizia veramente lontana dagli interessi e dalle possibilità del cittadino e delle comunità di avere un Giudice veramente super partes.

Questo si collega, inevitabilmente, anche all’altro auspicio di questo articolo riguardante la posizione di piena uguaglianza.

È del tutto evidente che la miriade di leggi contorte in maniera assai sofisticata e scritte in modo assolutamente “non disponibile” ai più, sposti la bilancia della “piena uguaglianza” in favore di quei soggetti che si possono permettere una difesa competente e “corposa”.

Dei vari problemi riguardanti l’inflazione normativa, la qualità della difesa e l’equilibrio fra le parti del processo ho già parlato nel commento all’Art. 8.

A questo punto, ai problemi appena elencati non possiamo non aggiungere la grave e generalizzata violazione dei diritti della persona dovuta alle lungaggini processuali: i tempi rapidi o “ragionevoli” auspicati dalle convenzioni e dai trattati internazionali in tema di giustizia sono spesso una chimera.

Purtroppo la vita di una persona può essere devastata dal suo ingresso in un qualsiasi iter processuale.

Il processo si trasforma troppo spesso da luogo ove ricercare giustizia ed equanimità, in una insensata ragnatela di procedure, privilegi e soprusi, tale da contribuire grandemente alla crescente sfiducia per le istituzioni e verso qualsiasi speranza di un mondo libero dall’ingiustizia e dal caos.

Data la fondamentale importanza del diritto ed in particolar modo dei diritti umani, ogni giudice ed ogni componente del settore legato alla giustizia dovrebbero avere, necessariamente, la seguente priorità: la consapevolezza di dover essere i primi difensori degli articoli della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, operando in modo tale da favorirne una sempre maggiore attuazione ove riscontrassero impedimenti in tal senso.

In maniera del tutto coerente, una politica ispirata dai principi universali dovrebbe riformare l’ambito della giustizia snellendone le procedure ed il corpus normativo, garantendo inoltre al settore un numero di addetti sufficienti e adeguati finanziamenti.

È questo un ulteriore e validissimo motivo per affermare, anche qui, la necessità che lo Stato torni ad essere “capace di spesa” riguadagnando la sua sovranità monetaria ora in mano alle banche private, anche rivedendo od uscendo da trattati che ne impediscano tale legittimo potere/dovere.

La giustizia può e deve diventare una vasta occasione di lavoro per addetti sempre più al servizio della comunità e può porre fine alle vessazioni del cittadino per inefficienze, inadempienze, ingiustizie ed insensati risparmi che non portano diritto.

La politica deve inoltre “ridisegnare” tutte le modalità ed i percorsi di accesso alle cariche riguardanti ogni livello dell’amministrazione e controllo della giustizia, come del resto, e come vedremo più avanti, per tutte le cariche rappresentative ed istituzionali della politica stessa: non per diminuire l’autonomia del potere giudiziario ma, certamente, per evitare che si formino “caste” e percorsi chiusi al potenziale accesso di tutti quelli che ne abbiano competenze e capacità.

Una nuova politica umanista ha tutte le responsabilità qui elencate.

 

Massimo Franceschini, 11 gennaio 2018

Questo il bellissimo video relativo all’Art. 10 dell’associazione no-profit: “Gioventù per i Diritti Umani

il mio libro, un programma politico ispirato ai diritti umani

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