E’ arrivata la nuova crisi economica, sarà la peggiore di tutte

di Davide Gionco

Dispiace disturbare le feste delle famiglie.
Lo avevamo preannunciato da mesi: è arrivata la nuova crisi economica, con il nuovo crollo della borsa americana, il Dow Jones.

La dinamica è nota ed inequivocabile.

Ecco cosa era successo nel 1929:

Ecco cosa era successo, più recentemente, nel 2008:

Ed ecco i dati degli ultimi giorni:

Non abbiamo la certezza di come andranno le borse mondiali nei prossimi giorni, non siamo degli indovini. Ma si tratta di una storia già vista.
Si tratta di un fenomeno inevitabile in un sistema economico basato su una moneta emessa a debito.
Oltre il 95% del denaro investito in borsa è creato dal sistema bancario facendo credito ad interesse, il quale genera un debito superiore al credito creato, pari al capitale più gli interessi.
Matematicamente parlando gli interessi sarebbero impagabili, ma il sistema bancario emette nuovo credito per consentire il pagamento del capitale e degli interessi, spostando in avanti il ripagamento del capitale+interessi.
Come in un videogioco, con un treno lanciato a tutta velocità che corre su dei binari che vengono costruiti solo un attimo prima che vi passi sopra. Se si arresta la costruzione dei binari, il treno deraglia e si distrugge tutto.

La maggior parte del denaro generato facendo credito non circola nell’economia reale, ma finisce nel mondo della speculazione finanziaria, dove gli indicatori, come la borsa, crescono gonfiati dall’emissione di nuova moneta-credito, che consente di rimborsare i precedenti debiti+interessi. Questo fino a che non sopraggiunge qualche cosa che minerà la fiducia degli investitori, i quali inizieranno a vendere prima di altri per non andare incontro ad eccessive perdite.
Come sempre gli speculatori più grandi si mangeranno gli speculatori più piccoli, che sprofonderanno nel fallimento.

Questo grande casinò mondiale farà ricadere, come sempre, le conseguenze sull’economia reale, su di noi che non viviamo di investimenti in borsa e di titoli derivati.
Il problema nostro, di italiani, è che l’Italia in realtà non è ancora uscita neppure dalla crisi del 2008, a causa delle folli politiche di austerità che ci sono state imposte dall’Unione Europea.
Il risultato sarà la tempesta perfetta in Italia.
Ci sarà un crollo del commercio internazionale, l’unico fattore che ha consentito all’economia italiana di non sprofondare nell’abisso negli ultimi anni:

Ci sarà un crollo del credito bancario, in quanto le banche dovranno fare fronte alle perdite provenienti dal settore finanziario. Quindi i prestiti bancari scenderanno ancora di più di quanto abbiano fatto negli ultimi 10 anni.

Ci sarà un crollo del Prodotto Interno Lordo e, quindi, delle entrate fiscali del governo, il quale dovrà comunque fare fronte al pagamento dei soliti 80-85 miliardi di euro di interessi agli investitori finanziari (i detentori del debito pubblico).
Il tutto per poter disporre della liquidità necessaria a far funzionare lo Stato, i servizi pubblici, i quali, però, dovranno subire ulteriori tagli, mentre noi cittadini dovremmo pagare ancora più tasse, nonostante la crisi economica, per limitare il dissesto finanziario dello Stato.

Vogliamo rivolgere un accorato appello al governo, che è sostenuto da due forze politiche che, ce lo ripetono ogni giorno, dicono di avere a cuore il destino del Paese, che dispone del supporto di economisti competenti come i ministri Giovanni Tria e Paolo Savona, come i deputati Alberto Bagnai e Claudio Borghi.
Davvero pensiamo che sia ancora possibile prendere il controllo di questo treno lanciato a tutta velocità verso un binario morto?
Davvero pensiamo che il mondo della grande finanza, che oggi detiene il controllo delle principali istituzioni internazionali e di tutto il sistema bancario, ci consentirà di riformare gradualmente l’attuale sistema?
Il tutto proprio in questi prossimi mesi di profonda crisi finanziaria, che secondo molti specialisti sarà peggiore di quella del 2008 e del 1929?

Disponete di una maggioranza parlamentare e di governo che vi dà il potere di creare un sistema finanziario parallelo sano, pubblico, al servizio di cittadini ed imprese.
Stacchiamo il nostro vagone dal treno che va verso il baratro, dando la possibilità a cittadini e imprese di disporre di un sistema monetario a servizio dell’economia reale e, per quanto possibile, sganciato dal sistema finanziario mondiale al tracollo.

Non sarebbe così difficile.
Non è necessario lanciarsi in interminabili negoziati con l’Unione Europea come sta facendo il Regno Unito, né uscire unilateralmente dall’euro, facendo crollare l’intero sistema finanziario europeo, il cui crollo coinvolgerebbe anche l’economia italiana.

L’euro è di fatto una moneta straniera, nel senso che è totalmente al di fuori del nostro controllo, così come lo sono il dollaro, lo yen ed il franco svizzero.
E allora trattiamo questa moneta come tale.

Quali soluzioni sono possibili, senza causare sconvolgimenti politici a livello continentale?

  1. La prima mossa necessaria è poter disporre di una BANCA PUBBLICA.
    Al momento sono banche quasi-pubbliche il Monte dei Paschi di Siena, la Cassa Depositi e Prestiti e la sua partecipata Banco Posta.
    In considerazione della sua capillare diffusione sul territorio nazionale probabilmente la cosa più semplice sarebbe nazionalizzare al 100% Banco Posta.A cosa servirebbe una banca pubblica?
    Una banca pubblica potrebbe acquistare illimitatamente titoli di stato, facendo credito allo Stato stesso.
    Ad esempio il prossimo mese il Tesoro deciderà di mettere all’asta 20 miliardi di nuovi titoli di stato. Ma non li metterà all’asta, deciderà invece di fissare unilateralmente il tasso di interesse allo 0,2%.
    Chi dal mercato vorrà acquistare questi titoli sicuri, senza rischi, al tasso dello 0,2% lo farà.
    Supponiamo che -caso pessimista- nessuno intenda acquistare titoli a quel tasso di interesse.
    I titoli invenduti saranno venduti dal tesoro a Banco Posta, in cambio di un credito di 20 miliardi di euro.
    Alla scadenza (ipotizziamo la durata di un anno), il Tesoro chiederà un nuovo credito da 20,04 miliardi di euro per resituire il precedente prestito, più lo 0,02% di interesse. Il Banco Posta fungerebbe da lender of last resort al posto della BCE che non lo fa.
    In questo modo si porrebbe fine all’isteria dello spread e lo Stato potrebbe cessare di caricare sulle spalle dei contribuenti il pagamento di 80-90 miliardi l’anno di interessi sul debito.
    Si tratterebbe di 80-90 miliardi che resterebbero disponibili nel bilancio del governo per ridurre le tasse o fare nuovi investimenti pubblici.
    Il vantaggio di avere una banca pubblica è anche quello di poter fornire ai cittadini dei servizi finanziari di base (conto corrente, pagamenti, risparmio) posti al di fuori della speculazione finanziaria internazionale e dai condizionamenti del sistema bancario privato.
  2. La seconda mossa necessaria è la creazione di un MEZZO DI PAGAMENTO PARALLELO all’euro, ad esclusivo uso nazionale. Non si tratta di creare una nuova moneta in sostituzione dell’euro, ma di creare uno strumento che consenta di compensare crediti e debiti fra soggetti che operano unicamente all’interno del territorio nazionale.
    Ad esempio: tu ditta XY hai effettuato dei lavori di riparazione del tetto della scuola?
    Una parte del tuo lavoro te lo paghiamo regolarmente in euro, ma una parte te lo “certifichiamo” come euro-equivalenti che potrai utilizzare per il futuro pagamento di tasse nei confronti dello Stato.
    Gli euro-crediti certificati quella ditta li potrà utilizzare o cedere a terzi (i quali, anche loro, devono pagare le tasse), almeno per una parte dei propri pagamenti, restando la necessità di dover rimborsare i fornitori esteri, una parte dei fornitori italiani e le banche in euro.
    Il grande vantaggio per lo Stato è che non dovrà attendere l’incasso di tutte le tasse per disporre di nuovi mezzi di pagamento. Una parte dei pagamenti li potrà subito anticipare emettendo dei certificati di valore delle prestazioni lavorative ricevute, i quali serviranno a compensare i futuri debiti dei soggetti privati, pagatori di tasse verso lo Stato.
    Questo lo si potrebbe fare non solo nei confronti delle ditte fornitrici dello Stato, ma anche nei confronti dei dipendenti pubblici.
    I trattati europei non vietano l’emissione di mezzi di pagamento complementari, sotto forma di certificazione di crediti in compensazione di debiti. Non lo vietano perché, se così fosse, nessuna banca potrebbe operare sul mercato.
    Tutte le banche, infatti, generano mezzi di pagamento come crediti in compensazione di futuri debiti. Non creano moneta a valore legale.
    Lo Stesso potrebbe fare il Tesoro, emettendo dei certificati di valore delle prestazioni lavorative, come credito per compensare dei futuri pagamenti di imposte.
    Il risultato concreto sarebbe la possibilità per il Tesoro di emettere questi mezzi di pagamento paralleli all’euro ovvero per lo Stato di poter fare fronte ai propri pagamenti senza finanziarsi al 100% in euro, ma magari solo al 90%.
    Quindi invece di spendere 600 miliardi l’anno, come avviene oggi, potrebbe spendere 540 miliardi in euro e 60 miliardi in moneta parallela.
    Oppure, sapendo che, grazie alla mossa numero uno, i 600 miliardi li riceverà a basso interesse da Banco Posta, potrà decidere di spendere comunque 600 miliardi, aggiungendo altri 66 miliardi di investimenti pubblici finanziati tramite la nuova moneta parallela.
    Ovvero una spesa pubblica aumentata a 666 miliardi, finanziata al 90% dai crediti ricevuti da Banco Posta e per il 10% da emissioni di moneta parallela fatte dal Tesoro.
    Una iniezione di 66 miliardi di euro aggiuntivi nel mercato interno italiano porterebbe ad un aumento del PIL dell’ordine dei 100 miliardi di euro, quindi dell’ordine del 5-6% del PIL, un aumento tale da consentirci di superare indenni la crisi finanziaria mondiale che ci sta cadendo addosso.

Ovviamente questo è solo un articolo di stampa, non una proposta organica e articolata che il governo debba attuare da domani mattina, ma l’invito che lanciamo al governo è di non limitarsi a cercare delle vie di uscita “classiche” dalla crisi economica, in quanto coloro che lucrano dalla speculazione finanziaria internazionale hanno già da tempo provveduto a scrivere un sistema di regole che porta loro vantaggi, e danni a noi, qualunque strada si intenda percorrere.

Non permettiamo che, ancora una volta, sia il popolo italiano a fare le spese della speculazione finanziaria internazionale.
Sottraiamoci al loro sistema di regole e costruiamo un sistema finanziario italiano, a misura delle persone e delle imprese.
L’Italia, facendo così, si salverà.
E gli altri paesi la seguiranno.
Il mondo della finanza speculativa lasciamolo al suo destino. Imploderà su se stesso, come è giusto che sia.

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