Diamo a Dio quello che è di Dio, ma il denaro lo crea Cesare.

di Davide Gionco

Il venerabile Giorgio La Pira diceva nel suo libro “Le attese della povera gente”:

“E poi c’è sempre l’altra risposta: Mancano i danari!
Eppure vivere bisogna, per vivere bisogna consumare e per consumare bisogna spendere: quindi,

in ultima analisi, i danari si trovano sempre, necessariamente!

Qui viene proprio da dire: più che i danari, manca l’impegno necessario per mettere in circolazione:

il talento è messo sotto terra!
È un problema di « dinamica» della volontà, della tecnica inventiva, della finanza, della economia, della politica” (pag. 24)

Quanti problemi di povertà e di disoccupazione oggi nella nostra Italia!
Se un politico cristiano avesse la bacchetta magica, la prima cosa che farebbe sarebbe assicurare un posto di lavoro dignitosamente remunerato ad ogni persona che ne abbia l’esigenza.
Se solo disponessimo del denaro necessario, si potrebbero impegnare le persone disoccupate in molti lavori utili, necessari e urgenti: la messa in sicurezza del territorio, la bonifica dei siti inquinati, la messa in sicurezza degli edifici pubblici, interventi per il risparmio energetico, assunzioni negli ospedali a corto di personale…

L’elenco dei lavori utili da fare sarebbe lunghissimo. E’ evidente che non è il lavoro a mancare, né i lavoratori per farlo: manca solo il denaro per pagarli.

 

Nello stesso libro prima citato La Pira scriveva ancora:

“Dar lavoro a tutti, dare il pane quotidiano a tutti: sopra queste finalità prime, improrogabili, elementari, dev’essere costruito l’intiero edificio dell’economia, della finanza, della politica, della cultura: la libertà medesima, respiro della persona, è in certo modo preceduta e condizionata da queste primordiali esigenze del lavoro e del pane” (pag. 19)

 

L’economia, il denaro, la finanza, come è evidente, sono una costruzione dell’uomo. Non esistono in natura. Le regole non sono immutabili come le leggi della fisica.

Quando Gesù rispose ai maestri della legge che lo mettevano alla prova: “Date a Cesare quel che è di Cesare e date a Dio quello che è di Dio” non intendeva separare l’economia (Cesare) dalla religione (Dio), ma intendeva richiamare l’uomo (Cesare) alle proprie responsabilità nell’utilizzo dello strumento-denaro, che non è creazione di Dio, ma creazione dell’uomo.
Dio è colui che dà la vocazione alla nostra vita e ci fa capire come indirizzala per il bene dei nostri fratelli. Il denaro è uno strumento creato dall’uomo e come tale deve essere utilizzato per adempiere la nostra vocazione.

Il denaro non ha un valore in sé. E’ uno strumento che ci consente di creare valore aggiunto tramite l’economia di scambio, in cui ciascuno produce in modo specializzato beni e servizi che poi cede agli altri, prendendo in cambio ciò di cui ha bisogno per sé.
Se mancasse il denaro, ritorneremmo all’età della pietra, alla totale auto-produzione, con un po’ di baratto con i vicini di casa. Nessuno di noi potrebbe permettersi di fare un lavoro specializzato e l’intera società si priverebbe di prestazioni specialistiche. Immaginiamo un modo senza più ospedali, senza più scuole, senza più telecomunicazioni. Saremmo tutti molto più poveri.

E’ esattamente quanto dice Papa Francesco, rifacendosi all’enciclica di san Giovanni Paolo II, Laborem Exercens (1981), nella lettera del 2017 al Cardinale Peter K.A. Turkson, in occasione della conferenza internazionale “Dalla Popolorum Progressio alla Laudato Sii”:

Come base della fioritura umana, il lavoro è una chiave per lo sviluppo spirituale. Secondo la tradizione cristiana, esso è più di un mero fare; è, soprattutto, una missione. Collaboriamo con l’opera creatrice di Dio, quando, per mezzo del nostro operare coltiviamo e custodiamo il creato (cfr Gen 2,15); partecipiamo, nello Spirito di Gesù, alla sua missione redentrice, quando mediante la nostra attività diamo sostentamento alle nostre famiglie e rispondiamo alle necessità del nostro prossimo.

Se il lavoro, visto in ottica cristiana e come vocazione, è una collaborazione ed una prosecuzione dell’opera creatrice di Dio, allora il denaro, visto in un’ottica cristiana, non può essere altro che uno strumento a servizio di questa vocazione, affidato alla totale responsabilità dell’uomo.
Il denaro è una creazione “nostra”, giuridica.
Tutta l’economia è una creazione “nostra”, giuridica.

Per questo motivo, giustamente, Giorgio La Pira ci ricorda che la politica deve essere al servizio dei bisognosi e la finanza deve essere uno strumento per servirli.
Non è ammissibile che sia la finanza a fare le regole a cui la politica si deve sottomettere.
E infatti sempre Papa Francesco, nell’enciclica Laudato Sii, ci ricorda:

  1. Il paradigma tecnocratico tende ad esercitare il proprio dominio anche sull’economia e sulla politica. L’economia assume ogni sviluppo tecnologico in funzione del profitto, senza prestare attenzione a eventuali conseguenze negative per l’essere umano. La finanza soffoca l’economia reale.
  2. La politica non deve sottomettersi all’economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia. Oggi, pensando al bene comune, abbiamo bisogno in modo ineludibile che la politica e l’economia, in dialogo, si pongano decisamente al servizio della vita, specialmente della vita umana.

Oggi è una evidenza che la finanza e l’economia prevalgano sulla politica.
I parlamenti democraticamente eletti devono rendere conto ai “mercati” delle proprie decisioni, non al popolo.
I governi democraticamente eletti devono subire il diritto di veto da parte dei tecnocrati di Bruxelles e di Francoforte, i quali neppure nascondono i loro stretti legami con il mondo della finanza internazionale. E’ sufficiente leggersi i curricula di José Barroso (oggi presidente della Goldman Sachs), di Jean-Claude Juncker, di Mario Draghi, ecc.

Tutto questo, tuttavia, succede nel sostanziale silenzio dei mass media, i quali presentano i diktat di queste autorità come delle scelte “tecniche” (appunto: tecnocrazia), le quali prevalgono sulle scelte “democratiche”, come se le leggi dell’economia fossero immutabili come le leggi della fisica.
Come se la finanza fosse “di Dio”, che ha scritto le leggi immutabili della fisica, e non di Cesare, chiamato a regolamentarla ed a sottometterla alla politica.

Oggi, purtroppo, molti cattolici sono vittime della disinformazione dei mezzi di comunicazione di massa su questi argomenti.
E purtroppo vi sono anche alcuni “economisti” di area cattolica, i quali pur nelle loro alte competenze sulle questioni finanziarie e fiscali forse non si sono mai interrogati su cosa sia “di Cesare” e cosa sia “di Dio”.
Lo Stato ci viene presentato come “una famiglia” che non dovrebbe spendere più di quanto guadagna. Ma si tratta di un paragone è totalmente falso.
Lo Stato, infatti, è lo strumento che la Politica ha per legiferare e per perseguire il bene comune.
Se il denaro è una creazione giuridica, allora lo Stato ha la facoltà, il diritto e il dovere di creare il denaro nella quantità e nelle modalità confacenti al perseguimento del bene comune.

Un padre di famiglia può lavorare e guadagnare del denaro, ma non ha il diritto di creare il proprio denaro. Lo Stato, invece, ha questo diritto, in quanto lo Stato detiene il potere legislativo.

Oggi il denaro è sostanzialmente costituito per oltre il 90% di moneta scritturale bancaria (numeri sui computer delle banche), che viene creata a fronte di emissione di credito al privato da parte delle banche. Ogni volta che una banca fa credito, viene creato del nuovo denaro, non a corso legale, ma comunemente accettato e utilizzato da noi tutti.
Il restante 10% del denaro è costituito da banconote a corso legale (trascuriamo le monete metalliche), le quali vengono emesse dalla Banca Centrale Europea in cambio di nuovi titoli di debito.

La quantità di denaro circolante non è per nulla costante, ma è soggetta a grandi variazioni determinate dal sistema bancario privato (la moneta scritturale) e dalla Banca Centrale Europea (negli ultimi anni Mario Draghi ha creato migliaia di miliardi di euro, mettendoli in circolazione).

La quantità di denaro circolante non deve a priori essere costante. Se, infatti, dobbiamo pagare uno stipendio a 3 milioni di disoccupati, sarà necessario disporre di più denaro (banconote cartacee o numeri sui computer).
Se oggi le regole (il diritto che disciplina la creazione e l’allocazione del denaro da parte delle banche private e della BCE) stabiliscono che per emettere più denaro è necessario emettere dei nuovi titoli di debito, allora è inevitabile che lo Stato di indebiti maggiormente per potere disporre di quel denaro, che verrà poi utilizzato per pagare il lavoro agli ex disoccupati.
Ma se, nello stesso tempo, altre regole ci vietano di far aumentare il debito, allora risulta concretamente impossibile creare più denaro per dare un lavoro ai disoccupati.
E infatti, da troppi anni, la disoccupazione in Italia si misura a 2 cifre percentuali.

Eppure è semplice da capire: il denaro resta una creatura giuridica.
Non si crea vero valore stampando banconote, ma solo utilizzandole per creare lavoro ed attivare la produzione di beni e servizi.
In modo del tutto analogo non si crea vero debito stampando un titolo di debito.
Sia il debito che il credito (le banconote), sono degli strumenti che la Politica deve utilizzare per indirizzare l’economia verso il bene comune.

Se è il diritto a stabilire che oggi per emettere più denaro sia necessario emettere anche più debito, allora nulla vieta che, con una riforma del diritto, lo Stato possa decidere di creare da sé il denaro che gli occorre ed auto-accreditarselo senza alcun indebitamento.

Se il politico cristiano ha il dovere di perseguire il bene comune, allora ha il dovere di proporre una sostanziale riforma delle regole di creazione e di distribuzione del denaro.
Il potere di creazione del denaro dovrebbe quindi essere sottratto a soggetti al di fuori del controllo democratico, come la Banca Centrale Europea, che non operano per il bene comune (e operano per gli interessi della grande finanza internazionale).
Il potere dovrebbe tornare all’autorità politica, ad esempio al Ministero del Tesoro.
E la modalità di emissione del denaro, a debito, che oggi impedisce di disporre del denaro necessario per le politiche di piena occupazione, dovrebbe essere modificata consentendo l’emissione di denaro semplicemente stampandolo (o scrivendo cifre sui computer), senza alcuna necessità di emettere dei titoli di debito nel contempo.

La conclusione che si può trarre da questi ragionamenti è sorprendente.

Lo Stato ha in realtà tutte le possibilità democratiche di riformare il diritto che disciplina la creazione del denaro e in questo modo può certamente emettere e disporre di tutto il denaro necessario per finanziare gli investimenti per la piena occupazione, per dare un posto di lavoro ed uno stipendio a tutti i bisognosi, a tutte le famiglie.

Se lo Stato si riprendesse questo diritto democratico, fin da domani ci sarebbe i fondi per ridurre le tasse che portano al fallimento le piccole e medie imprese, per riparare le buche delle strade, per ristrutturare le nostre scuole, per mettere in sicurezza il territorio, per investire sul risparmio energetico, per bonificare la Terra dei Fuochi, per fare funzionare gli ospedali…

A questo punto molti si chiederanno: ma se è così semplice, perché nessuno lo ha mai fatto?

La risposta ha principalmente delle ragioni storiche, delle quali ci occuperemo eventualmente in altri articoli. Diciamo anche che esiste un esempio noto e famoso in cui un governo in Europa andò al potere con un paese ridotto alla fame con il 28% di disoccupazione e che nel giro di 3 anni ridusse la disoccupazione al 4%. E che nei soli 3 anni successivi riuscì (purtroppo) quella capacità produttiva per mettere in piedi il più potente esercito d’Europa.
Il ministro dell’economia che messe in atto questa geniale riforma si chiamava Hjalmar Schacht. Il primo ministro si chiamava Adolf Hitler, il quale, purtroppo, utilizzò malissimo la forza produttiva del proprio paese. Ma il meccanismo messo in atto da Schacht, con l’emissione dei MEFO (la moneta complementare creata dal governo Hitler) dimostrò tutta la sua validità.

Quindi qualcuno lo ha già fatto. Per chi avesse voglia di approfondire il discorso evidenziamo come il poderoso sviluppo economico del Giappone fu finanziato emettendo denaro con queste modalità. Così come il poderoso sviluppo economico attuale della Cina si fonda sulla sostanziale emissione di denaro secondo necessità da parte del governo, senza che nessuno si preoccupi di controllare il debito formale (dello stato verso se stesso) che viene generato.

Altri diranno che “stampando denaro si crea inflazione”.
A queste persone rispondiamo che: 1- se anche l’emissione di denaro per dare lavoro ai disoccupati generasse un po’ di inflazione, è preferibile avere un po’ di inflazione con la piena occupazione che avere una inflazione nulla, con milioni di disoccupati e di poveri; 2- i meccanismi che portano ad eccessivi aumenti dei prezzi sono molto più complessi e che non è certo la creazione aggiuntiva di una quantità limitata di denaro, quella necessaria a garantire la piena occupazione, che causerà un eccessivo aumento dei prezzi.

Conclusione: se oggi in Italia avessimo una maggioranza politica votata al servizio dei bisognosi, come faceva Giorgio La Pira, e cosciente della possibilità di riformare lo strumento-denaro per metterlo al servizio della Politica, i gravi problemi di povertà e di disoccupazione dell’Italia si potrebbero concretamente e completamente risolvere nel giro di 3-4 anni.

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