Colao decide le sorti dell’Italia in collegamento da Londra?

Continuano ad accumularsi gli aspetti paradossali che emergono dalla strategia finora adottata dall’esecutivo Conte bis per il contrasto alla diffusione del Coronavirus.

di Gabriele Tebaldi

Abbiamo dato per esempio conto della denuncia dell’avvocato Taormina che metteva in luce l’inspiegabile esitazione del Governo italiano nell’intraprendere misure di contenimento. Dai primi di gennaio, periodo in cui la Cina aveva informato Palazzo Chigi sulla pericolosità del virus, fino alla data dei primi decreti, adottati tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo. Quasi due mesi di incomprensibile attesa prima di ricorrere a misure d’emergenza.

Abbiamo poi fatto notare la strategia di deresponsabilizzazione attuata dallo stesso esecutivo che grazie al supporto di un apparato mediatico pateticamente compiacente verso il Governo, ha creato una narrazione volta a colpevolizzare in maniera estrema le responsabilità individuali. Da qui la caccia ai runners, ai genitori con bambini, alla sanità lombarda e infine alle case di riposo. Un frame narrativo creato con lo scopo di far passare un preciso messaggio tra la gente: ovvero che l’eventuale fallimento del contenimento e della ripartenza non rientrerebbe tra le responsabilità del Governo, ma sarebbe da ricondurre all’irresponsabilità dei cittadini.

Dopo questa sottile mossa scarica barile

il Governo Conte ha poi optato per un’altra discutibile scelta: la nomina di una task force di esperti per dettare l’agenda della cosiddetta fase due, ovvero quella delle riaperture.

Discutibile perché, tra i circa 900 rappresentanti eletti dal popolo tra Camera e senato dovrebbe già risiedere la competenza e l’esperienza necessaria per risolvere un momento di crisi. D’altronde politica e democrazia esistono per questo motivo. Eppure da tempo si è diffusa la credenza che tavoli, pool, task force di competenti (più il nome è anglicizzato e più avrà legittimità) possano trovare la soluzione migliore e in meno tempo.

Facilmente si dimentica però che questi squadroni di esperti sono spesso composti da persone prestate dal sistema privato a quello pubblico, e che nel pubblico, tuttavia, mantengono la mentalità aziendale. Tali esperti non fanno quindi altro che applicare soluzioni aziendali al settore statale, che privato non è, con conseguenze disastrose per impatto sociale.

In poche parole, gli esperti tagliano, tagliano e tagliano ancora. Come se avessero tra le mani un’azienda che debba fare profitto, quando invece hanno uno stato che, per natura, dovrebbe garantire servizi essenziali di qualità per tutti.

Il disastro sociale del Governo Monti

ne è un esempio e la nuova task force guidata da Vittorio Colao sembra ricalcarne l’agenda. Non tutti sanno forse che il super manager Colao ha la facoltà di decidere vita morte e miracoli della fase due direttamente dalla corte di sua Maestà.

Colao si trova infatti a Londra e da lì si collega per le riunioni con il Governo e con la sua squadra di esperti. Non pochi dubbi sorgono quindi sulla reale capacità di giudizio di una persona che risiede a Londra in merito ad una delicatissima fase dell’Italia. Per superare la fase due serve infatti una persona con una straordinaria conoscenza del territorio italiano e in particolare della situazione reale delle piccole e medie imprese, che compongono la maggioranza del tessuto economico italiano. Colao, da Londra da qualche anno, può avere una conoscenza approfondita di questo?

Questi dubbi vengono poi ulteriormente fomentati dal doppio lavoro di Colao. Come riporta il giornalista Alberto Negri, Vittorio Colao ricoprirebbe attualmente il ruolo di advisor della General Atlantic, un fondo di investimenti americano specializzato nell’acquisizione di società fallite ai tempi del coronavirus. Il conflitto di interessi fa accapponare la pelle e i cosiddetti esperti dimostrano come in passato la loro incapacità di gestire la cosa pubblica.

(Tratto da Elzeviro.eu)

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