27 dicembre 2020, il giorno del vaccino (31 dicembre 2020, il giorno della morte). Piccola storia della pandemia, 5a puntata

di Giovanni Lorenzetti

Aggancio alla puntata precedente (Sputnik, l’unico evento dell’estate 2020) Ringrazio il lettore attento che mi ha segnalato un errore di data nella puntata precedente. Rimedio subito, perché dovevo ripartire proprio da lì. 

Ricordo l’essenziale dell’estate 2020: a livello di covid non accade NULLA, se non l’enfasi mediatica sul nulla. Ospedali vuoti, segregazione abnorme (34,8 giorni di media) di individui SANI, risultati positivi a un tampone. La “tamponite acuta” ha preso piede. 

L’unico vero evento dell’estate è l’annuncio di Putin dell’11 agosto 2020: l’approvazione normativa del  vaccino Sputnik. 

Ricordiamo le fasi di produzione di un vaccino, riprendendo il testo presente sul sito dell’Istituto  Superiore di Sanità. E’ il nostro metodo, ma è un metodo universale. 

https://www.epicentro.iss.it/vaccini/VacciniSviluppoCommercio 

La produzione di un nuovo vaccino segue le stesse fasi di sviluppo di un potenziale farmaco e  richiede tempi anche molto lunghi (sino a 10 anni). 

Il primo passo è l’allestimento dei preparati vaccinali, diversi a seconda che contengano il  microrganismo in una forma attenuata o completamente inattivata, o che ne contengano solo  alcune componenti. Una volta ottenuto, il preparato passa alla fase di sperimentazione preclinica in  cui se ne osserva il comportamento e il livello di tossicità. In laboratori altamente specializzati  vengono eseguiti studi in vitro e in vivo per identificare quale componente del microrganismo sarà  in grado di stimolare in maniera ottimale il sistema immunitario. In questa fase si valutano anche  tolleranza, risposta immunitaria ed efficacia protettiva del vaccino da sviluppare. 

Terminata la sperimentazione preclinica, si passa a quella clinica. Regolata sia a livello comunitario che nazionale, si suddivide in quattro fasi: le prime tre (che coinvolgono un numero crescente di volontari) si svolgono prima della messa in commercio del vaccino mentre la quarta è  rappresentata dagli studi post-commercializzazione e coinvolge milioni di persone. 

Negli studi di fase 1 il vaccino viene testato su un numero limitato di persone (alcune decine) per  valutarne la tollerabilità, intesa come la frequenza e la gravità degli effetti collaterali del vaccino. Durante gli studi di fase 2, che possono coinvolgere anche centinaia di persone, il potenziale  vaccino viene somministrato a dosi diverse e se ne studiano gli effetti, sia in termini di effetti tossici  che di immunogenicità, vale a dire la capacità del vaccino di indurre una risposta immunitaria valida. 

Negli studi di fase 3, viene fatta una prova di efficacia del vaccino su larga scala, in genere alcune migliaia di volontari soggetti di solito arruolati in più centri di ricerca. 

Dopo aver verificato che tutti i risultati dei test siano in linea con gli standard richiesti, il produttore  procede alla preparazione di un dossier da inviare alle autorità competenti (l’Agenzia italiana del  farmaco – Aifa e la European medicines agency – Ema) per richiederne la registrazione e  l’autorizzazione alla commercializzazione che può avvenire solo dopo il nulla osta ufficiale delle  autorità. 

A questo punto si entra negli studi di fase 4 che consistono nel monitoraggio di sicurezza ed effetti  secondari del vaccino negli anni e su una popolazione in costante aumento. 

In Russia c’è stata questa scaletta. 

– Sputnik è sviluppato presso il “Centro nazionale di ricerca epidemiologica e microbiologica Gamaleja”, quindi da un istituto vicino al governo (Organizzazione finanziata dallo Stato  Federale). 

– La prima e la seconda fase di sperimentazione sono state accorpate. 

– L’11 agosto 2020 Putin annuncia l’autorizzazione provvisoria fino al 1 gennaio 2021. 

– Il 26 agosto 2020 parte la Fase III, nella quale non si potranno vaccinare grandi numeri, ma  solo un piccolo numero di cittadini (normalmente personale medico e anziani). 

– Col 31 dicembre 2020 (non 31 dicembre 2021, come ho scritto nella puntata precedente) scade questa limitazione, e si può procedere con grandi numeri. 

Il vaccino formalmente è tuttora in fase III, cioè pre-commercializzazione; vedi ad esempio https://www.ars.toscana.it/images/qualita_cure/coronavirus/vaccini_covid_fase_2-3_15.07.2021.pdf 

Non voglio certo entrare nello specifico delle normative russe. 

Ma, a intuito, posso dire che un vaccino “governativo” diffuso gratuitamente alla popolazione russa  può essere realmente ritenuto in fase di pre-commercializzazione. 

E’ solo “fuori Russia” che viene commercializzato; ma qui deve sottoporsi alle normative degli altri  paesi. 

E’ chiaramente un percorso di emergenza. Ma i media occidentali che si sono stracciati le vesti per  l’annuncio estivo di Putin, hanno poi osannato vaccini che seguono anche loro una procedura di  emergenza. 

Come fanno i vaccini Pfizer, AstraZeneca e Moderna a essere in Fase IV, ossia fase “post-marketing”? https://www.ars.toscana.it/images/qualita_cure/coronavirus/vaccini_covid_fase4_15.07.2021.pdf 

Semplicemente perché l’EMA li ha dotati di una CMA (autorizzazione all’immissione in commercio condizionata). 

 

La sostanza 

La sostanza però è questa: quali Stati stanno facendo qualcosa che assomiglia alla lenta e cauta  procedura vaccinale descritta dall’Istituto Superiore di Sanità? 

La tabella dei principali stati europei è questa. 

Noi, Europa occidentale, stiamo facendo vaccinazione di massa con un prodotto che non potrà mai  essere testato “negli anni”, visto che è praticamente già “scaduto” e già necessita di una terza dose. O  addirittura di un richiamo annuale permanente. La Russia fa vaccinazione cauta. 

Quando, a metà del 2023, la Pfizer ci dirà i risultato del suo monitoraggio, il vaccino monitorato sarà  una cosa obsoleta, scavalcata da chissà quali varianti. 

Nota a margine: per la terza dose noi faremo solo vaccini mRNA (Pfizer e Moderna). Il motivo quale sarà? Che AstraZeneca è “cattivo”? E’ più probabile che il motivo sia racchiuso in questo brano di  Wikipedia.

Il 21 dicembre 2020, il Fondo russo per gli investimenti diretti (RDIF), il Centro Gamaleja, l’azienda  farmaceutica russa R-Pharm e l’azienda farmaceutica anglo-svedese AstraZeneca hanno firmato un  accordo per sviluppare e implementare un programma di sperimentazione clinica riguardo ad una  possibile combinazione di vaccini contro il Sars-Cov-2. Le parti hanno convenuto di sviluppare  relazioni scientifiche e commerciali, nell’ambito delle quali saranno esplorate le possibilità di un  impiego congiunto del vaccino russo Sputnik V e del farmaco AZD1222, sviluppato da AstraZeneca  e dall’Università di Oxford, per una protezione più persistente e a lungo termine degli esseri umani  dal coronavirus. 

Vaccini a vettore virale e basso costo contro vaccini mRNA ad alto costo? Può essere. 

 

Recrudescenza autunnale, non “seconda ondata” 

Dopo la necessaria digressione, torniamo a noi. 

Siamo al 14 settembre 2020, riapertura delle scuole e data convenzionale di inizio… di inizio di cosa? 

Per tutta l’estate i giornali sono andati avanti col mantra: “mettiamo in isolamento i ragazzi che tornano dalla Croazia perché paventiamo una seconda ondata”. 

I vari “dottor Dario” sparsi per l’Italia (ossia i medici bravi ai quali è preclusa la TV) sorridevano  tristemente per queste affermazioni. 

“Paventate una seconda ondata?” 

Abbiamo un virus clinicamente morto in estate, ma presente ormai in tutta Italia e non solo al nord.  

E’ un virus che ha dimostrato di “lavorare bene” nelle mezze stagioni (ricordiamo il picco di morti a  fine marzo), quindi non c’è da “paventare” nulla: c’è semplicemente la certezza che partirà una recrudescenza autunnale, della quale non sappiamo le dimensioni, ma che abbiamo il dovere di  contenere preventivamente, perché non abbiamo più la scusa dell’emergenza di marzo 2020. 

Contenere preventivamente. Cure domiciliari + aree covid extra ospedaliere + alberghi covid +  aumento dei mezzi di trasporto pubblico. Queste le cose indispensabili. 

Niente viene fatto, come ho già detto in tutte le salse. 

E così ci troviamo con una recrudescenza autunnale che ci massacra come la fase primaverile. Metto subito la “foto” del periodo che mi interessa: 14.09.2020 – 31.12.2020 

Nella scorsa puntata dicevo che la “foto” della prima fase era un’immagine falsa (perché immagine di un’epidemia non curata), ma mai così falsa come le foto delle fasi successive. 

Quella estiva era la foto della “tamponite”: casi fatui senza malattia e senza ospedale. Anche la terza fase non scherza. 

Mentre nella prima fase il picco dei casi era delle stesse dimensioni del picco delle intensive (massimo  dei casi = 6’557 / massimo delle intensive = 4’068), adesso la sproporzione è violenta: massimo dei  casi = 40’902 / massimo delle intensive = 3’848 

Tanti casi, tanti tamponi, allo scopo di contenere il morbo? Facciamo salve le buone intenzioni: ma tanti casi, tanti tamponi non hanno affatto contenuto il morbo, che arriva agli stessi picchi della  primavera. 

L’altra anomalia è l’altissimo livello di morti nel momento in cui le intensive si svuotano. Ne parleremo.

 

Il silenzio stampa ha fatto il suo effetto 

Come è possibile che una malattia ampiamente vista e studiata produca gli stessi effetti a distanza di  8 mesi? 

– Prima eri disorganizzato e adesso dovresti essere organizzato.  

– Prima facevi supporto & attesa e adesso curi (almeno in ospedale).  

– Prima nessuno era immunizzato e adesso una percentuale di immunizzati c’è. In più i morti di primavera non possono morire una seconda volta: la “fascia fragile” doveva  essere già morta.  

Ipotizzo due cause. 

Il silenzio stampa ha fatto il suo effetto. C’è un abisso tra terapie e sperimentazioni che possono girare liberamente nel pubblico dibattito medico-ospedaliero, e le stesse cose che girano in forma semi clandestina tra le mail di qualche bravo medico. 

Non ti fidi più, non sai di chi fidarti. La cappa plumbea del ministero che dice sempre e comunque “no” blocca tutto.  

E’ possibile quindi che ospedali che non hanno vissuto la prima fase (praticamente tutto il centro sud) partano in autunno come se fossero a zero. 

Inoltre da 9 mesi si sta creando una nuova infornata di immunodepressi: impauriti, senza relazioni, con la TV che li ammazza, con la disperazione lavorativa. Per mesi sono stati anche senza sole e senza  aria, senza vitamina D. Alcuni anziani lo sono tuttora, non escono più di casa. 

 

C’è ancora tempo (ma non certo per decisioni sanitarie) 

La curva della recrudescenza sale adagio, ci sarebbe del tempo per agire.  

Se in primavera i 1000 in intensiva arrivarono in 19 giorni, qui impiegano 40 giorni. In più sono intensive ancora tranquille, perché sparse su tutto il territorio nazionale, non solo in Lombardia e nel  nord. 

Mi verrebbe da dire che in 40 giorni almeno la presenza di sacche di plasma iperimmune si potevano attivare in ogni ospedale.
Non ci sono ancora gli studi accurati? Pazienza. C’è la prassi funzionante di Pavia e Mantova.
Anche i vaccini del resto si attiveranno senza avere tutti i test.  

Se hai paura a usare le sacche in modo precoce, usale almeno “alla disperata” quando non sai più  cosa fare: non è l’uso migliore, ma qualcosa fanno. 

Ma i vertici non hanno tempo per pensare a cose sanitarie: dall’alto non arriva nulla di sanitario che  non siano dei “no” + “paracetamolo e vigile attesa”. Tutta la parte di disinfezione + mani pulite +  mascherina + distanziamento la sappiamo già, e ogni volta che ce la ripetono è una noia. 

I vertici partoriscono però le regioni colorate. 

E il sistema che gestisce 21 misteriosi parametri parte col botto, decretando “regione rossa” la  Lombardia (e ci può stare) e la Calabria (e questa proprio non ci sta: è agli ultimi posti in tutto e ha le  intensive scariche). 

Ma che importanza ha? I colori ti entrano in testa, e da adesso la tua vita lavorativa e sociale dipende solo da quei colori: ogni settimana si sta a guardare che colore ti assegnano. Specialmente bar e  ristoranti, per i quali arancione e rosso vogliono dire: solo asporto, no tavolini, no consumo nelle  vicinanze. 

 

Il lockdown mascherato 

C’è ancora chi dice che le varie norme autunnali-invernali hanno evitato il lockdown della primavera, quello folkloristico dell’inseguimento del solitario sulla spiaggia o dei droni a stanare i barbecue.

In realtà il lockdown c’è stato anche in autunno – inverno – primavera, ben più lungo e lugubre; semplicemente è stato mascherato. 

Per fare un esempio banale: l’unica attività che il nostro circolo culturale è riuscito ad attivare in 8  mesi è stato un banco libri riservato ai soli “paesani”, perché gli altri non potevano spostarsi e cambiare comune. 

– Chiuse discoteche, stadi, cinema, teatri, musei, palestre, piscine, e qualunque luogo di ritrovo.

– Chiusi bar e ristoranti (solo asporto), se eri regione arancione o rossa. 

– Categorie di negozi chiusi secondo i colori. 

– Coprifuoco. 

– Natale senza ritrovi familiari. 

– Centinaia di migliaia di persone chiuse in isolamento, la maggior parte perfettamente sane.

– A macchia di leopardo classi chiuse, scuole chiuse, didattica a distanza. 

– Sport dei ragazzi in modalità apri & chiudi. 

– Estinto il turismo. 

– Uccisa la stagione sciistica. 

Potevi uscire di casa. Ma non avevi nessuna motivazione per uscire, perché non c’era nulla da fare in  giro, se non bere un caffè al volo. 

 

Accade il 3 dicembre 

Il 3 dicembre accade qualcosa.  

Nel rapporto quotidiano della Protezione Civile (morti – intensive – ospedale – isolamento – tamponi) viene chiesto alle regioni di aggiungere una nuova colonna: il numero di ingressi in intensiva, non più solo le presenze giornaliere. 

Devono essersi accorti anche ai vertici che c’è qualcosa che tocca. Ce n’eravamo accorti anche noi in  provincia. 

Noto il numero di ingressi, noto il totale di presenze, note le presenze del giorno prima, è noto anche  il numero delle uscite dall’intensiva. 

E, se anche tutte le uscite dall’intensiva fossero avvenute per morte, resterebbero ancora una marea di morti fuori dall’intensiva. ATTENZIONE: non perché l’intensiva sia intasata, ma anche se l’intensiva  è in fase di svuotamento. 

Le immagini ossessive dei TG sull’intensiva come luogo pre-morte sono smentite dai numeri. 

Verrà fatta anche un’interrogazione in regione Emilia-Romagna, interrogazione che ci consente almeno  di avere i numeri certi di Reggio Emilia in alcuni mesi. Pur nelle oscillazioni e nei limiti dei dati scarsi, possiamo dire GROSSO MODO che il 64% muore in corsia,
il 27% in RSA e hospice,
il 9% in intensiva. 

Anche in mesi con intensive scariche. 

Perché quel 64% “non è degno” dell’intensiva, anche quando c’è posto? Probabilmente perché per le  troppe patologie non reggerebbe l’intensiva. Ma allora muore per le patologie o muore per il covid? 

 

Veniva nel mondo la luce vera… 

Il Natale viene molto oscurato dalla povertà di relazioni familiari. Ma almeno abbiamo l’essenziale, la Messa, anche se il coprifuoco trasforma la Messa di mezzanotte in un’altra cosa. 

E del resto perché preoccuparsi ancora della Luce del Natale? Viene nel mondo la luce vera, il vaccino. 

Con una sceneggiata mediatica che fa il paio con quella della sfilata dei camion di Bergamo, arrivano i  primi vaccini, passano il Brennero, arrivano a Roma, vengono prontamente distribuiti in ogni regione, anche con aerei.

E così tutte le televisioni nazionali e locali possono festeggiare all’unisono il 27 dicembre 2020, il Vaccino Day, con la gioiosa intervista al primo vaccinato della nazione o della provincia. 

 

Poi arriva il 31 dicembre, il giorno della morte 

Poi arriva il 31 dicembre, e l’anno si chiude. 

Per le statistiche non esiste il contatore permanente delle malattie; a nessuno interessa quanti sono  stati gli infarti dall’inizio della Repubblica. Le statistiche si fanno anno per anno, anche se è inevitabile (anche per me) tenere il contatore globale dell’epidemia da febbraio 2020 a oggi. 

C’era una domanda fondamentale che aleggiava nell’aria per tutto il 2020: ma i morti covid sono aggiuntivi o in parte sostitutivi? In altre parole, che percentuale di morti covid sarebbero comunque morti nell’annata 2020 per altre cause? 

La risposta arriva dall’ISTAT + ISS nel marzo 2021, ma va collocata temporalmente qui, al 31  dicembre 2020. E la risposta non è nessuna delle due. E’ una terza, tremenda. 

I morti covid dichiarati dall’ISTAT (un po’ di più di quelli dichiarati dalla Protezione Civile, a causa di  sfasature temporali) sono 75’891 e non sono per niente sostitutivi.  

Sono aggiuntivi, e addirittura portano con sé un extra di 34’366 morti (se guardiamo alla media  quinquennale), oppure di 35’838 morti (se guardiamo al 2019). Di che cosa sono morti, visto che nel  2020 non è accaduto nulla, se non il covid?  

Diciamo che sono morti di malasanità: interventi rimandati, diagnosi non fatte, visite differite, sottovalutazione di sintomi per paura di andare in ospedale a beccarsi il covid, ambulatorio vietato se hai la febbre, deperimento generale della popolazione. 

634’417 morti “normali” (normali nel senso che c’erano anche nel 2019) + 75.891 morti covid +  35.838 morti extra. A questi morti non è stato dedicato un solo minuto di TV. 

Da ricordare poi che la quinta colonna si ottiene per differenza. Dei 75’891 morti dichiarati covid una certa percentuale è certamente morta d’altro (quanto meno l’annegato a cui hanno fatto il tampone dopo morto) per cui ogni unità che si toglie dalla quarta colonna va in aggiunta alla quinta. 

Chi ha avuto la dissennata idea di gestire il covid solo per via ospedaliera ha sulla coscienza anche  questi 35’000 morti extra, archiviati nel silenzio.  

Questi morti non godranno di nessuna commemorazione.  

 

Giovanni Lazzaretti 

giovanni.maria.lazzaretti@gmail.com

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