Virus nel cervello, paura nel cuore, vaccino ai macachi

di Giovanni Lazzaretti

A San Martino in Rio si vede ogni tanto un signore che gira con un copricapo particolare fatto da lui stesso. Non lo conosco e non indago, ma le voci di paese dicono che vuole difendersi da qualche forma di radiazione.

Lo si può catalogare come “strano”, perché nessun altro fa una cosa simile, ma qui fermo: fare qualcosa di strano non è un peccato. Del resto vengo anch’io catalogato come strano se qualcuno mi coglie inginocchiato a braccia alzate dal pilastrino di San Rocco.

Ma né io, né il signore col cappello, facciamo alcunché di male alla società e non costiamo nulla.

Oggi sono stato in Duomo a Reggio alla Messa del Vescovo, dopo non so quanto tempo.

Alla fermata del bus ci sono i cerchi pitturati per terra, con le impronte dei piedi: lì dovete attendere, per “distanziamento sociale”.

Poi sali sul bus e una serie di sedili hanno il cartello “vietato sedersi”: un sedile sì, uno no, per “distanziamento sociale”. Dopo di che la gente sta in piedi toccandosi a casaccio. Anche se un cartello ammonisce di “privilegiare la fila indiana”. Nastro di separazione per il “distanziamento sociale” dall’autista.

Qui almeno assistiamo a un cambio di passo: sale un addetto a eliminare i cartelli dai sedili, e la gente può sedersi ordinata. Tutti con mascherina, ovviamente.

In Duomo gel e mascherina. Alla Messa manca mezz’ora, mi viene la pipì, vado a un bar, barriere di plastica per gli addetti, cartelli di spiegazione in ogni dove, percorsi per terra, una persona sola può entrare nel bagno anche se ce ne sono due.

Rientro in Duomo, bis di gel. Tranne i 4 vescovi presenti, tutti sono con mascherina. Alla comunione i tantissimi sacerdoti presenti vanno a prendere l’Ostia singolarmente, ognuno con disinfezione bis delle mani.

Andiamo in pizzeria: spariti i menu, li si può leggere con QR Code da telefonino. Soliti percorsi per terra, barriere di protezione per gli addetti.

Immagino il signore col copricapo: «Io sarò strano, ma questi sono tutti matti».

Sì, tutti un po’ matti. Non sono stati capaci di parare lo tsunami del virus, ma sono bravissimi a proteggerci dal nulla.

 

Virus nel cervello, paura nei cuori

Ogni giorno si scoprono 300 nuovi positivi, a spanne. Ma evidentemente non sono casi da ospedale, visto che i numeri dei ricoverati calano continuamente. O comunque sono più quelli che escono che quelli che entrano.

In un articolo precedente citavo il professor Clementi, che evidenziava la differenza di carica virale nei tamponi: dire “positivo” non vuol dire nulla, visto che si trovava una carica di 70.000 a inizio marzo e di 700 adesso. Possiamo quasi dire che la gente adesso viene a contatto con un virus blando, contatto che (nella mia ignoranza) immagino quasi come una comoda “procedura” per immunizzarsi.

Ma se il virus se ne va dagli ospedali e dalle statistiche, resta ben piantato nei cervelli. Quello che stiamo facendo per difenderci dal nulla è una cosa abnorme, come costi e come devastazione delle menti. Anche quelle dei bambini.

Riuscire ad aprire un centro estivo per 8 settimane con una cinquantina di bambini è stata una cosa immane: il protocollo dei centri estivi è del genere “nauseante”, ti viene il vomito solo a guardarlo, tanto vuole normare ciò che non è normabile. 

Comunque a San Martino la direttrice, le maestre, le inservienti hanno fatto tutto quello che han potuto, e anche di più: nuove e bellissime idee nell’ampia area cortiliva, percorsi vari, pranzi a piatto unico all’aperto, spazi divisi all’interno all’insegna dello “stiamo insieme anche se siamo un po’ separati”, registri vari dai quali puoi dedurre in che water ha fatto la cacca tuo nipote, armadietti sostituiti da una sorta di valigetta personale, eccetera.

Eppure…

«Carla, ma io sono solo…» Eh sì, Gigino ha ragione. Il protocollo prevede gruppetti piccoli, il bambino aveva un gruppetto di 5 al mattino, ma 3 sono andati a casa alle 13, Teodoro è rimasto, ma dorme sulla brandina il pomeriggio. E Gigino è lì, separato dagli altri bambini da una striscia tracciata sul pavimento. Guarda la maestra. Solo.

La prossima volta che ripropongono la giornata per i diritti dell’infanzia, può essere che mi arrabbi. Per i diritti bisognerebbe battersi: lo scorso anno dalle nostre parti si erano concentrati sul diritto all’amicizia e il diritto al gioco. Ecco, i diritti li abbiamo svenduti per parare il colpo dello 0,01% di probabilità di ammalarsi. 

Di ammalarsi di una malattia CURABILE, ricordiamocelo: Zangrillo ha ricordato a La7 che i medici di corsia non sono stati fermi, hanno conoscenze e casistica inimmaginabili all’inizio. Sono gli omini televisivi che sono rimasti fermi al messia vaccino: «Dobbiamo metterci in testa che l’emergenza finirà quando ci sarà il vaccino e quando avremo fondi per vaccinare il mondo intero». Ha detto più o meno così uno degli uomini di vertice che ci gestiscono.

Eh, Gigino, c’è da aspettare. Il virus ha fatto ammalare i cervelli. Se non ci foste voi a ricordarci che ci sono cose importanti per le quali si può correre anche un filo di rischio, finiremmo per avvitarci su noi stessi in una sanificazione eterna.

Siamo governati da vertici terrorizzati. Ovvio che facciamo anche noi la nostra parte, sussultando ogni volta che alla TV dicono «Calano gli ospedalizzati, MA…». C’è sempre un MA. Un nuovo focolaio (del cavolo), una notizia da Pechino, la mitica seconda ondata che arriverà, eccetera.

Il concetto di “vertice terrorizzato” è molto esteso. Provate a leggere questo brano

Appare evidente che le funzioni di indirizzo, di programmazione e di gestione del sistema sanitario nel suo complesso, in una situazione di eccezionalità, oltre che essere presidiate dagli organismi ordinari del Dipartimento regionale e delle aziende e della #taskforce deputata, debbano essere assistite e supportate da un nucleo di consulting presidiato da “figure di alto profilo tecnico-scientifico” scelte nel mondo accademico ed in strutture di eccellenza nazionali. 

E’ indispensabile un trasferimento diretto e rapido di alte competenze per la rimodulazione straordinaria ed urgente della rete ospedaliera e territoriale, definendo scenari certi ed accreditati scientificamente sul #chefareora per mettere in fila il set di servizi di diagnosi e cura per l’emergenza da Covid19.

Task force? Nucleo di consulting? Rimodulazione straordinaria e urgente della rete ospedaliera e territoriale? Dove pensate che l’abbiano scritto questo brano, a Bergamo? 

No, è la UIL Basilicata che si rivolge al governatore Bardi. 

Basilicata, 27 morti a oggi, 11 quando venne scritto l’articolo. Un articolo che trasuda panico.

Adesso il panico viene sostenuto anche “dall’incremento della mortalità del 48%”.

 

Benedetti numeri: aumento della mortalità del 48%

Le agenzie devono averla sparata così, e tutti i titoli trascrivono così: mortalità +48%! (tacito sottinteso: ci vuole il vaccino!). 

Poi vai a vedere, e il 48% è l’aumento calcolato su marzo, mentre su marzo + aprile siamo al 43%. Vi sembra tanto, lo so. Anche se il sottoscritto aveva scritto la volta scorsa che i morti sono pochi, quella percentuale vi sembra grossa.

E io immaginavo già me stesso a compiere la fatica immane di raccogliere dati per dimostrarvi che tirano a fregarvi anche stavolta. Invece sono un uomo fortunato: un mio Omonimo che mi scrive per la prima volta mi regala una statistica così ben fatta e dettagliata, da commuoversi. C’è tutto quello che mi serve.

Innanzitutto come nasce quel 48% (o 43%)? Nasce confrontando la mortalità attuale con una “linea di base” costituita dalla media dei 5 anni precedenti rapportate ai milioni di abitanti presenti in Italia. Il mio omonimo crea anche lui la sua linea di base, facendola però sul quinquennale dei numeri assoluti, sempre utilissimi.

I suoi risultati sono più o meno gli stessi dei giornali: 48% e rotti su marzo, 42% su marzo + aprile. 

Il problema è che le statistiche non si fanno su due mesi, si fanno sul giro annuale che ha un andamento piuttosto regolare: picco di morti tra gennaio e febbraio, calo fino all’estate, mini picco col gran caldo, risalita dei morti a partire da ottobre, nuovo picco invernale.

I singoli anni possono essere più o meno turbolenti, la linea base quinquennale è molto regolare.

Cosa è successo quest’anno guardando i dati forniti da Omonimo? Che in gennaio – febbraio il picco non c’è stato: addirittura mortalità -9,73% in gennaio, -3,28% in febbraio, -6,78% sul bimestre. La cosa è così anomala che nei grafici del Ministero della Salute hanno evidenziato a tratteggio questa area insolita dove la linea di base quinquennale sta significativamente sopra la realtà dei fatti 2020.

Un’influenza particolarmente blanda? Un vaccino influenzale particolarmente azzeccato? Chi lo sa. Fatto sta che “consegniamo” al mese di marzo un ambiente di ottantenni (di media) con 3,3 patologie (di media) non uccisi dall’influenza. E li uccide il coronavirus.

Se guardiamo infatti il primo quadrimestre 2020 troviamo che la mortalità è cresciuta del 15,77%. E l’agitazione mediatica di quel 48% è già svanita.

«Sì, ma anche il +15,77% non è mica poco!»

Non è mica poco, ma se pensiamo che nel primo quadrimestre 2015 ci fu un +13,50% circa (sia rapportato al solo anno precedente, sia rapportato al quinquennio) il +15,77% è solo qualcosa in più. Un qualcosa in più che sarà poi da verificare a fine anno: perché il novantenne con 3 patologie morto in marzo/aprile non può morire nuovamente al picco del caldo o al ritorno del freddo.

La fabbrica della paura si guarderà bene dal citarvi questi dati. Non una parola di telegiornale toccò a quel +13,50% del 2015, mentre il +15,77% attuale ci ha sconvolto la vita (mediatica, lavorativa e sociale): il tutto ovviamente perché i morti sono stati enormemente concentrati nel tempo e nello spazio, non perché siano molti.

Le statistiche create da Omonimo sono splendidamente divise per regioni e province, con colori diversi per evidenziare le diversità di balzo in avanti della mortalità.

Questo dà la mappa chiara delle regioni e province da chiudere (ammesso e non concesso che la chiusura totale sia la soluzione) e quelle da lasciare aperte.

E se si può scusare il panico delle istituzioni all’inizio, non lo si può giustificare adesso: adesso sai bene quali sono le zone che possono e devono riaprire in toto, senza limitazioni e senza sanificazioni, e quelle dove tenere le redini può ancora essere giustificabile.

Ho fatto la tabella “morti per regione rapportati a numero di abitanti” e poi ho il dettaglio provincia per provincia a completamento.

I morti in Lombardia sono la metà del totale, ma gli abitanti della Lombardia non sono la metà dell’Italia. Rapportati al milione di abitanti, si evidenziano meglio le 3 epidemie d’Italia.

Lombardia: 1.643 morti per milione.

Nord Italia esclusa Lombardia (va tolto il Friuli e vanno aggiunte le Marche): 761 morti per milione

Resto d’Italia: 134 morti per milione.

Ricordiamo che il dato standard medio italiano è più di 10.000 morti per milione l’anno.

Ricopio il brano di Omonimo.

Confrontando i dati dei decessi del I quadrimestre pubblicati per l’anno in corso con la media di quelli avvenuti negli ultimi 5 anni si riscontra un incremento di mortalità, a livello nazionale, del 15,77%.
Per 7 Regioni il numero di decessi del I quadrimestre del 2020 è stato inferiore rispetto al valore medio degli anni 2015-2019 (Molise: -8,6%, Lazio: -7,59%, Sicilia: -4,93%, Umbria: -3,55%, Campania: -3,43%, Basilicata: -3,05% e Calabria: – 2,8%).
Per altre 5 l’incremento è arrivato fino al 5% (Puglia: 2,66%, Toscana: 2,8%, Abruzzo: 3,01%, Sardegna: 4,08%, Friuli-Venezia Giulia: 5,03%).
8 Regioni hanno, invece, avuto un incremento superiore al 10% (Veneto: 10,43%; Marche: 16,45%; Liguria: 18,78%; Piemonte: 19,29%; Emilia-Romagna: 25,68%; Valle d’Aosta: 26,01%; Trentino-Alto Adige: 32,35%; Lombardia: 65,62%).

Quindi per 7 regioni riaprire tutto, battersi il petto e scusarsi col popolo. Ma anche per Puglia, Toscana, Abruzzo, Sardegna, Friuli, mollare le redini perché un aumento fino al 5% non è statisticamente significativo. Cautela nelle altre, ma non adesso che gli ospedali si svuotano. E non comunque fino al punto di lasciare Gigino a dire «Carla, ma io sono da solo…».

Poi, certamente, si possono raffinare le attenzioni. Ad esempio nelle Marche Ascoli ha calato la mortalità. Ferrara in Emilia Romagna ha solo +3,70%. Belluno in Veneto ha il +2,50%. In Toscana viceversa si possono tenere monitorati Massa Carrara e Pistoia.

Ma il coraggio di dichiarare “sanificazioni zero, liberi tutti!” per i 2/3 dell’Italia è troppo per dei vertici impauriti.

 

Il vaccino sui macachi

Sul sito Fanpage,15 maggio. In piccolo, lo riporto tutto.

Uno studio congiunto, firmato da Gran Bretagna e Stati Uniti per arrivare a un vaccino contro il Coronavirus, ha superato un primo importante test sui macachi Rhesus. Sei animali da laboratorio esposti al virus hanno infatti sviluppato una minore carica virale senza mostrare sintomi di polmonite e senza sviluppare una risposta immunitaria eccessiva. Il successo non garantisce però che il risultato sia replicabile anche sull’uomo a causa della diversità del sistema immunitario, ma si tratta di un importante passo in avanti della ricerca per la scoperta di una cura contro l’infezione che in tutto il mondo ha ucciso finora più di 300mila persone. Lo riferisce la Bbc: come riporta la tv di Stato britannica, il processo si è svolto negli Stati Uniti, coinvolgendo ricercatori del National Institutes of Health (NIH) a stelle e strisce e dell’Università di Oxford.

Gli studiosi hanno esposto un gruppo di scimmie al virus SARS-CoV-2. I sei animali, che hanno comunque un sistema immunitario molto simile a quello degli uomini e che sono stati vaccinati hanno mostrato di avere una carica minore di virus nei polmoni e nelle vie respiratorie, evitando che l’infezione degenerasse in polmonite. Entro 28 giorni dalla vaccinazione, tutti avevano sviluppato anticorpi contro Covid-19. La ricerca in questione non è ancora stata esaminata da altri scienziati e pubblicata ufficialmente, ma il professore Stephen Evans della London School of Hygiene and Tropical Medicine, intervistato dalla Bbc, lo ha descritto come “di alta qualità” e “molto incoraggiante”. Il dottor Penny Ward, professore ospite in medicina farmaceutica presso il King’s College di Londra, ha affermato che è “utile” vedere che il vaccino non ha causato una peggiore risposta alla malattia in queste scimmie e che quest’ultime non hanno sviluppato polmonite dopo la vaccinazione, grazie alla produzione di anticorpi per contrastare il virus: “Questi risultati supportano la sperimentazione clinica in corso del vaccino sull’uomo, i cui risultati sono attesi con impazienza entro il prossimo mese”.

Nel frattempo, infatti, nel Regno Unito sono in corso esperimenti su oltre mille volontari umani sempre attraverso l’Università di Oxford. Attualmente sono in fase di sviluppo oltre 100 vaccini sperimentali per contrastare il Coronavirus. Il loro sviluppo di solito richiede molti mesi o addirittura anni, ma i ricercatori di tutto il mondo stanno facendo i salti mortali per cominciare quanto prima le sperimentazioni sull’uomo per far tornare il mondo alla normalità.

Su Huffpost, 19 maggio

Il vaccino contro il coronavirus sviluppato dall’Università di Oxford, in collaborazione con l’azienda italiana Advent-IRBM di Pomezia, potrebbe non impedire il contagio. Negli ultimi studi condotti sui macachi rhesus, tutte e sei le scimmie coinvolte sono risultate positive al coronavirus dai tamponi nasali.

Secondo quanto riportato dal Daily Mail, William Haseltine, un ex professore della Harvard Medical School, ha rivelato su Forbes che le scimmie che hanno ricevuto il vaccino avevano la stessa quantità di virus nel naso delle tre scimmie non vaccinate nello studio. Questo suggerisce che il trattamento, che ha già ricevuto nel Regno Unito finanziamenti pari a 90 milioni di sterline, potrebbe non funzionare contro il Covid-19. La notizia arriva una settimana dopo la pubblicazione di report preliminari secondo i quali il vaccino ha offerto “un po’ di immunità” contro il virus e ha impedito che entrasse in profondità nei polmoni.

Il vaccino, noto come ChAdOx1 nCov-19, è attualmente in sperimentazione sugli esseri umani. “Tutte le scimmie vaccinate trattate con il vaccino di Oxford, quando messe alla prova, sono state infettate”, scrive Haseltine su Forbes. “Non vi è stata alcuna differenza nella quantità di RNA virale rilevato (dalle secrezioni nasali, ndr) nelle scimmie vaccinate rispetto agli animali non vaccinati. Vale a dire che tutti gli animali vaccinati erano infetti”, aggiunge.

I risultati della sperimentazione dimostrerebbero anche che tre delle sei scimmie vaccinate hanno iniziato a respirare più rapidamente del normale dopo essere state infettate, rendendole quindi clinicamente malate. Tuttavia, nessun animale vaccinato ha sviluppato danni ai polmoni, cosa che invece è successa in due scimmie che non hanno ricevuto il vaccino. “E’ chiarissimo che il vaccino, alla sfida del virus, non ha fornito l’immunità sterilizzante, il gold standard per qualsiasi vaccino”, dice Haseltine. “Può fornire una protezione parziale”, aggiunge.

Rincara John Ball, professore di biologia molecolare della Nottingham University. “La quantità di genoma virale rilevata nel naso delle scimmie vaccinate e non vaccinate era la stessa e questo è preoccupante”, dice. “Se una cosa simile si verifica nell’uomo, le persone vaccinate possono comunque essere infettate e rilasciare grandi quantità di virus. Questo potrebbe potenzialmente diffondersi ad altri nella comunità”, aggiunge Ball. Anche la professoressa di immunologia e malattie infettive all’Università di Edimburgo, Eleanor Riley, esprime i suoi dubbi sul vaccino, dichiarando che il numero di anticorpi prodotti è “insufficiente” per prevenire l’infezione e la diffusione virale. “Se si ottenessero risultati simili nell’uomo, il vaccino fornirebbe probabilmente una protezione parziale contro le malattie nel ricevente, ma sarebbe improbabile che riduca la trasmissione nella comunità in senso ampio”, sottolinea.

Lo studio clinico del vaccino è iniziato lo scorso mese e coinvolge ben 1.110 persone tra Oxford, Southampton, Londra e Bristol. La metà riceve il vaccino mentre gli altri ricevono un placebo. Ieri il governo ha annunciato un ulteriore investimento di 65,5 milioni di dollari negli studi sui vaccini di Oxford. Il ministro delle Attività Produttive del Regno Unito, Alok Sharma, ha dichiarato che il governo spera di poter lanciare una campagna di vaccinazione di massa già il prossimo autunno. Sharma ha elogiato il vaccino di Oxford e ha dichiarato: “La velocità con cui l’Università di Oxford ha progettato e organizzato questi complessi studi è davvero senza precedenti”. Da qui la decisione di aumentare le risorse. “Questi nuovi soldi aiuteranno a produrre in serie il vaccino di Oxford in modo che, se gli attuali studi avranno successo, abbiamo dei dosaggi per iniziare subito a vaccinare la popolazione del Regno Unito”, ha detto il ministro. Ma i nuovi dati sembrano mettere in discussione tutto.

Questo è il mondo dell’informazione: trovi tutto e il contrario di tutto. A me sembra un po’ folle. Così, per capire qualcosa, ho intervistato il dottor Dario, visto che adesso c’è un po’ più di calma in ospedale.

«Insomma questo test è riuscito o è fallito?»

«Giovanni, né riuscito, né fallito. E’ semplicemente “fallato”.»

«Fallato? Propagandano un test fallato?»

«E’ uno studio su meno di 10 scimmie, il contagio non è evitato, il virus è presente nella rinofaringe a 7 giorni, tempo insufficiente a valutare l’ADE…»

«Antibody-dependent enhancement, potenziamento anticorpale che agevola l’accesso dei virus invece di combatterli: meno male che me l’ero segnato l’altra volta.»

«…quelle vaccinate avevano meno polmonite di quelle trattate con placebo.»

«Beh, questa è una bella cosa.»

«Giovanni, ma che bella cosa! Se lo scopo è di avere meno polmonite, non c’è mica bisogno di vaccinare l’universo mondo. Basta fare una cosa più semplice: CURARE! E poi ti rendi conto di come viene fatto il test?»

«Eh, no, se non me lo dici.»

«L’antigene, il pezzetto usato per la vaccinazione, e il virus usato per l’infezione sperimentale (per il rechallange se vuoi memorizzare un altro termine) erano completamente identici, situazione altamente improbabile per un coronavirus.»

«Quindi?»

«Quindi: gruppo scarsissimo, test fallito, ADE dimenticato, test con un’infezione improbabile. Una faccenda simile si giustifica solo per il “vaccino a tutti i costi”!»

«Però le 1.110 persone invece sono tante.»

«Peccato però che quelli sono uomini, non macachi. Dato il vaccino, devi aspettare che arrivi un virus vero per testarli, mica li puoi reinfettare apposta. Devi aspettare un virus che sta sparendo, e che se ritorna non sarà più lo stesso.»

«Ho letto anche di vaccini basati su RNA, ho capito poco.»

«Sui vaccini a RNA è un esperimento “in corpore vili” come direbbe Totò. I dati di tossicità sulle dosi più alte somministrate ai “volontari sani” sono stati così brutti che sono stati costretti a scendere a dosi più basse. E la gente è così imbambolata che non capta lo scenario: vaccino inutile perché il covid si cura, vaccino pericoloso perché non sai se scatena l’ADE, vaccino non testabile seriamente perché il coronavirus muta. Ma intanto somministrano porcherie ai sani e fan girare una barca di soldi.»

 

Aggiornamento dati

La infografica settimanale del 18 giugno dell’Istituto Superiore di Sanità segnala 33.309 decessi di cui 16.480 (49,5%) in Lombardia. Età media dei deceduti: 80 anni (uomini 79 anni, donne 85 anni). Differenza tra età di malattia e età di decesso: 20 anni.

Numero medio di patologie nei deceduti: 3,3 (4,2% dei morti privi di patologie, 14,7% con 1 patologia e l’81,1% con 2 o più patologie). ATTENZIONE: questo dato non riguarda il totale dei morti, ma solo i 3.510 deceduti “per i quali è stato possibile analizzare le cartelle cliniche”.

Queste le patologie considerate: Cardiopatia ischemica, Fibrillazione atriale, Scompenso cardiaco, Ictus, Ipertensione arteriosa, Diabete mellito-Tipo 2, Demenza, Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva, Cancro attivo negli ultimi 5 anni, Epatopatia cronica, Insufficienza renale cronica, Dialisi, Insufficienza respiratoria, HIV, Malattie autoimmuni, Obesità.

***

Dalla Protezione Civile rileviamo che i malati in terapia intensiva avevano raggiunto il picco il 3 aprile (rettifico quindi un mio errore delle puntate precedenti che segnalava il picco al 7 aprile) con 4.068 casi di cui 1.381 in Lombardia; al 19 giugno sono 161 casi di cui 60 in Lombardia.

Tamponi effettuati: 4.889.103 – Casi testati: 2.987.294

Decessi di età inferiore a 50 anni: 371 – Decessi di età inferiore a 40 anni: 84 (62 con gravi patologie preesistenti, 14 senza patologie, 8 senza informazioni).

Nota sulle donne. 

In apparenza muoiono 41,3% donne e 58,7% uomini per covid, ma questo è solo perché nella fascia d’età da 70 in su le donne sono 1.600.000 più degli uomini. Nella popolazione fino a 69 anni (dove donne e uomini sono in pareggio) la percentuale di donne morte è il 24% e di uomini il 76%.


Giovanni Lazzaretti

giovanni.maria.lazzaretti@gmail.com

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