Vaccini & software

di Giovanni Lazzaretti

Nomi di medici e di istituzioni sanitarie presenti nell’articolo sono frutto di fantasia. Ogni riferimento a persone o istituzioni realmente esistenti è puramente casuale. I dati citati sono aggiornati al 29 gennaio 2021.

 

Piccolo prontuario sui vaccini

1) Il vaccino ha una caratteristica fondamentale: può non essere trovato. Basti pensare al vaccino per l’AIDS.

2) Il vaccino deve essere sicuro. Se la cosa è ovvia per ogni medicinale, diventa VITALE per il medicinale-vaccino, perché viene somministrato ai SANI. 

Ricordiamoci che a oggi i dati ufficiali danno 2.529.070 casi di covid in Italia; il che significa che il 95,8% degli italiani non è stato toccato dal covid. 

Del 4,2% che è stato toccato, il 95,4% sono casi asintomatici (=sani 61,3%), oppure paucisintomatici (=un po’ di tosse 12,8%), oppure lievi (=smaltito in casa 21,3%).

Poi ci sono 4,1% con sintomi severi e 0,6% con situazione critica: questi sono gli ospedalizzati, più o meno (un po’ di più perché sono passati in ospedale anche casi lievi).

Le persone finite in ospedale positivi al covid sono circa lo 0,30% della popolazione.

Guai se la “cosa” che viene iniettata al 99,70% della popolazione che non è andata in ospedale dovesse avere degli effetti dannosi.

3) Il vaccino per essere sicuro deve essere testato per tempi lunghi. Il vaccino per la dengue rivelò i suoi problemi dopo 6 anni. Nessuno avrebbe potuto prevedere a tavolino che quel vaccino avrebbe agito in modo diverso sui soggetti già venuti a contatto col virus (proteggendoli) e su quelli mai venuti a contatto (danneggiandoli).

4) Un vaccino non testato per tempi lunghi è quindi “non sicuro” (ossia pericoloso, per evitare fraintendimenti) e lo è per sua natura, non per la buona o cattiva volontà di chi l’ha prodotto. Nei tempi brevi puoi al massimo testare una efficacia su piccoli numeri, mai una sicurezza. A maggior ragione quando il vaccino nuovo si abbina a metodologie nuove.

5) ATTENZIONE. Il vaccino prodotto in tempi brevi è pericoloso anche se poi in futuro non rivelasse effetti collaterali. Il test di sicurezza infatti deve essere fatto PRIMA della vaccinazione di massa, non può essere dedotto dal test di massa.

6) Di conseguenza non c’è nessun obbligo “etico” di fare il vaccino, né per se stessi, né per tutelare i propri cari. C’è invece l’obbligo etico di denunciare una procedura pericolosa che sta saltando i passaggi di sicurezza.

7) Certo, se c’è un datore di lavoro che ti impone il vaccino e non c’è un giudice che ti difende, può darsi che tu debba piegarti al vaccino pericoloso, non per una faccenda etica, ma perché dai una valutazione al rapporto costi/benefici: costi = rischio vaccino / benefici = salvare lo stipendio.

8) Lo 0,30% della popolazione che è andata in ospedale poteva in gran parte essere curata a casa dalla medicina territoriale, se fosse stata organizzata come si deve. 

La tachipirina non cura e conduce all’ospedale, l’ospedale si intasa, l’intasamento diventa “emergenza sanitaria”, l’invocazione del vaccino diventa un obbligo. 

Se fossimo stati curati, oggi nessuno invocherebbe un vaccino, men che meno un vaccino pericoloso.

 

Dottor Dario, ci sei?

Il dottor Dario è insolitamente disponibile, essendo in convalescenza da un’operazione.

«Va bene il prontuario che ho scritto?»

«Hai scritto un “bignami” che può servire. Ci sarebbero un sacco di altre cose da dire, ma non servono per le persone normali. La persona normale adesso vede il vaccino come un interruttore: “mi hanno bucata, sono salva”. Bisogna smontare questa convinzione, con chi si può.»

«Perché parli al femminile?»

«Perché ho visto il video di due signore ultranovantenni che inscenavano un balletto dopo essere state bucate. Poverette. E’ vero che 11.498 femmine ultranovantenni sono morte positive al covid. Ma l’anno scorso ne sono morte 111.256 indipendentemente dal covid, quasi 10 volte tanto. Hanno una fede in quel buco che quasi commuove.»

«E al San Mattia Apostolo come sono le posizioni? C’è un buon gruppo che mette in guardia dai pericoli?»

«Come no, un bel gruppo! Due persone: io e la Francesca Ruzzeddu. C’è stata una riunione operativa con la presenza di un Grande Capo, uno di quelli che si vedono in TV. Prima io, poi la Francesca, abbiamo esposto tutte le problematiche di vaccini che chiamare “frettolosi” è dire poco. Pensavamo di raccogliere un ampio consenso, visto che tanti medici presenti di vaccini ne sanno parecchio. Invece sono partiti i pretoriani e l’atmosfera è diventata surreale.»

«Pretoriani? Sempre criptico…»

«Pretoriani, la Guardia Pretoriana del Grande Capo visto come l’Imperatore. Ci hanno riempiti non di argomentazioni, ma di insulti. Ora, io degli insulti me ne frego, mi sono permesso anche di fare dell’ironia, perché appena mi rompo me ne vado e ho le porte aperte in almeno tre cliniche private. La Francesca invece coi privati bazzica male, e la sua battaglia è più tosta.»

«Quindi: voi con le argomentazioni, di là con gli insulti.»

«Si. Del resto che argomenti potrebbero avere? Sono medici bravi, di vaccini ne sanno come noi. Non possono dire argomentazioni a favore dei vaccini covid, perché smentirebbero tutta la loro vita passata a dire esattamente il contrario: ossia che i vaccini non hanno bisogno di fretta, ma di tanta pazienza.»

«Ma come lo spieghi?»

«Non lo spiego. Se non che nella loro mente si è formato un generico “Sentite, non ne possiamo più: facciamola finita, bucateci e torniamo alla vita normale”. Qualcuno però, che non ha portato né argomentazioni né insulti, fuori riunione ci ha ringraziato: è già qualcosa.»

«So che mi coprirai di parole incomprensibili. Ma mi piacerebbe sapere quale è il primo problema che avete evidenziato.»

«Devi sapere che voi femmine…»

«Voi femmine a chi?»

«Inizio sempre così il discorso, quando parlo a dottoresse giovani che non mi sembrano votate alla sterilità perpetua. Dovete sapere che voi femmine all’inizio della gravidanza producete delle proteine che si chiamano sincitine per promuovere l’impianto dell’embrione nell’utero (inducono una specie di agglomerato gigante che poi forma le “radici” della placenta, per capirci). Queste proteine hanno una zona piuttosto rilevante di sovrapposizione con la proteina usata per vaccinare per covid, che a sua volta, è una sequenza derivata dallo spike del virus sars-cov2. Infettarsi con covid 19 per una donna giovane può risultare in anticorpi che possono interferire successivamente con l’attecchimento di una gravidanza (iniziata col concepimento, ma che per proseguire deve “attecchire” in utero), e una vaccinazione potrebbe interferire allo stesso modo: Questo perché gli anticorpi anti spike possono intercettare la sincitina, quando prodotta, in modo crociato, non specifico. Quindi il principio di cautela vorrebbe veder dati che indaghino questo aspetto prima di fare annunci solenni per una vaccinazione a tappeto, specialmente nelle giovani in età fertile.»

«Niente, non sono riuscito a trascrivere. Questo me lo mandi scritto, e io faccio solo copia-incolla»

«WhatsApp all’Angela?»

«Mail a me! Però hai detto che i medici del San Mattia Apostolo ne sanno molto di vaccini. Come mai devi fare questi discorsi alle dottoresse giovani?»

«Ah, ma qui ho traslato. Faccio una giornata alla settimana al San Cassiano degli Infermi. Lì è pieno di dottoresse ospedaliere “normali”, che di vaccini sanno poco o niente, e mi diverto un po’.»

«Bel divertimento…»

«Per stuzzicare l’interesse mica posso presentarmi come il Dispensatore della Scienza che ti consegna un articolo di 20 pagine. Devo trovare la via breve per mettere la classica pulce nell’orecchio. A volte ci riesco, e si mettono a studiare per conto loro.»

«Mi stai dicendo comunque che chi si infetta ha un rischio per l’attecchimento di una successiva gravidanza.»

«Sì. Ma chi si infetta è, a spararla grossa, il 4-5% della popolazione. Con la vaccinazione di massa li esponi tutti al problema.»

«Quindi per te i medici accettano il vaccino perché non ne possono più.»

«Che non ne possono più è certo. Pensa al San Cassiano: ospedale non covid, poi di colpo ospedale covid. Giovani ginecologhe o vecchi ortopedici che di colpo devono trasformarsi in medici di famiglia, perché gli arriva l’anziano con patologie e dovrebbero sapere la sua storia per poi intervenire con metodologie che non conoscono e che non si improvvisano. Sono tutti stanchi e vorrebbero tornare al loro mestiere.»

«Ma il San Cassiano degli Infermi sarà un caso isolato…»

«Non ne ho idea, non ho la mappa. Lì è successo.»

«Stanchi, e il buco diventa il lasciapassare per la normalità.»

«Oppure l’abito non fa il monaco.»

«Criptico un’altra volta.»

«E qui non ti do spiegazioni. Ci pensi da solo.»

 

L’abito non fa il monaco?

Cosa vorrà dire con “l’abito non fa il monaco”?

Il medico fa il pretoriano in pubblico perché non può mettersi contro il Grande Capo, ma poi in privato sconsiglia il vaccino?

Però resta il fatto che il vaccino prima o poi gli tocca farlo su se stesso. Un medico sa che è un vaccino pericoloso e lo riceve lo stesso?

Un po’ di luce me l’ha data Armando Siri. O meglio, credo fosse Siri, lo chiamerò “pseudo-Siri”. 

Purtroppo non ritrovo l’articolo, ma c’era comunque un parlamentare importante che dava ai suoi colleghi parlamentari il titolo di ipocriti, perché avevano negato alla popolazione quelle cure che loro avevano correntemente utilizzato. 

Considerato che Siri ci ha messo la faccia per le cure domiciliari, penso di ricordare correttamente che il parlamentare fosse lui.

ByoBlu – Armando Siri – Intervista 7 novembre su cure domiciliari
https://www.youtube.com/watch?v=sLpGrmqj20A&feature=youtu.be

Comunque, che sia Siri o “pseudo-Siri”, quel parlamentare apre uno spiraglio che molti avevano intuito: la casta (finanzieri, gestori dei media, medici d’alto bordo, politici, eccetera) sapeva bene come curarsi in caso di covid, e non stavano certo a casa con la tachipirina attendendo il peggioramento che conduce all’ospedale. La tachipirina pre-ospedaliera era riservata al popolo.

E’ possibile allora che questa casta, che ha saputo così ben occultare le proprie cure attive contro il covid, adesso faccia vaccinare il popolo, mentre per se stessa prende (pubblicamente e con enfasi) un placebo con etichetta di vaccino?

In questo caso “l’abito non fa il monaco” vorrebbe dire che l’etichetta non fa il vaccino. (E, se finisco per pensarlo, potrei cambiare idea solo in un modo: facendo analizzare il contenuto da persona di mia assoluta fiducia).

In alternativa c’è l’altra possibilità: «Prendi il vaccino serenamente. Alla peggio ti fa venire il covid, ma sai come curarti». “L’abito non fa il monaco” vorrebbe dire che l’esperto finge di apprezzare il vaccino, si buca per restare nella casta, sa benissimo come curarsi in caso di problemi.

Ma entrambe le ipotesi sono “complottismo”, ne convengo.

Limitiamoci ai fatti.

1) I vaccini variegati vengono realizzati in pochi mesi, per di più sono stati testati in estate (quando il virus era “clinicamente morto”) e quindi sono pericolosi.

2) Nonostante questo, medici di valore, che sanno benissimo di questa pericolosità, difendono i vaccini.

3) Questo fatto è assurdo, ed ha bisogno di una spiegazione sensata. 

4) In attesa della spiegazione sensata, per forza di cose al cittadino pensante vengono in mente i ragionamenti più strani. E in ogni caso gli viene una sfiducia crescente verso il mondo medico di alto bordo & televisivo.

5) Fermo restando che la “cura attiva della casta” era un fatto già percepito, adesso è avvalorato dallo spiraglio aperto da “pseudo-Siri”.

 

Anche dalla parrucchiera

Ormai anche dalla parrucchiera lo sanno che non tutti i medici curano.

«Mia suocera aveva la febbre, chiama il medico, le dà la tachipirina. “Ma la mia amica è stata curata col cortisone e se l’è cavata” “No, niente cortisone, deprime il sistema immunitario”. Fatto sta che mia suocera è in ospedale, stabile ma sempre a rischio intubazione, mentre la sua amica è guarita a casa.»

«La mia vicina di casa ha chiamato il medico e l’ha curata con tre giorni di antinfiammatorio e antibiotico.»

Nessuna di queste parole è statisticamente significativa, sono tutti casi in cui si è soggetti a WYSIATI.

WYSIATI è un brutto acronimo (lo definisce “brutto” il suo inventore) che sta per “what you see is all there is” (quello che si vede è l’unica cosa che c’è). Il suo inventore Daniel Kahneman (psicologo israeliano, premio Nobel 2002 per l’economia) lo descrive all’interno del suo libro “Pensieri lenti e veloci”. 

Ognuno “vede” il covid attraverso le esperienze concrete che ha vissuto.

Però la percezione generale che i medici di famiglia non sono tutti uguali si sta facendo largo: c’è il medico che si adegua al protocollo («se seguo il protocollo ministeriale, tachipirina e attesa, nessuno può dirmi niente») e c’è il medico che ti guarda come malato e ti cura come può.
In un precedente articolo avevo elencato una serie di medici che andavano oltre i protocolli. Riprendo il testo. 

Cesare Perotti: «Scorte di plasma iperimmune per 650 pazienti, in associazione con l’eparina, somministrata solo dopo aver dosato l’antitrombina III; Remdesivir, ma costa troppo; cortisone (desametasone) nei casi più gravi è eccellente; clorochina non ancora sdoganata, ma aspettiamo con fiducia».

Lorenzo Mondello: «Il gold standard della terapia della fase viremica è rappresentato dall’associazione del cortisone con l’antibiotico azitromicina; se è già scattata la seconda fase della coagulazione intravasale disseminata l’unico rimedio, almeno nelle fasi iniziali, è l’eparina, capace di bloccare la cascata coagulativa, assunta seguendo parallelamente una terapia antinfiammatoria che blocchi la causa».

Luigi Cavanna: «Cure a domicilio facendo ecografia del torace, tamponi, esami ematici, lasciando farmaci basati su idrossiclorochina, secondo linee guida aziendali e regionali, lasciando il saturimetro e poi in controllo in remoto. Con questo modello ho curato personalmente a casa oltre 300 malati, dei quali il 30 per cento con con forma severe e un altro 30 per cento con forme moderate. Nessun morto a 30 ed a 60 giorni, ricoverati meno del 5 per cento».

Umberto Tirelli: «Protocollo messo a punto dalla Società Scientifica Ossigeno Ozono Terapia (SIOOT); è un ottimo trattamento contro il covid. Con l’ossigeno ozono terapia possiamo fermare l’epidemia. Possiamo prevenire la diffusione del virus, curare e guarire i malati di Covid e risolvere le patologie e i danni del post Covid. L’Ossigeno Ozono Terapia è un potentissimo antivirale e antinfettivo e funziona da immunomodulatore. Lo usiamo già per molte patologie e ora lo abbiamo usato in associazione al Remdesivir. Ma anche in associazione a cortisonici e eparina funziona. E’ un protocollo di autoemotrasfusione certificato, ma moltissimi medici non lo conoscono bene e non sanno neppure che cosa sia».

Pierluigi Viale: «L’antivirale che dà più garanzie è l’idrossiclorochina, un vecchio antimalarico che blocca l’ingresso del virus nelle cellule e ha già dato buona prova di sé. È l’unico antivirale che ha anche un’azione antinfiammatoria e quindi ha funzionato anche se usato in modo incongruo. Si è visto inoltre che i pazienti che prendono la clorochina hanno un’eliminazione più rapida del virus: somministrarla precocemente significa evitare la progressione della malattia in una quota di pazienti e ridurre il tempo in cui questi pazienti sono contagiosi. È un presupposto teorico molto bello supportato da dati piccoli, ma è il punto da cui siamo partiti per sperimentare un nuovo paradigma di cura».

Adesso possiamo aggiungere un’altra voce: Ivermectina.

Non sto a estrapolare pezzi degli articoli, andate a vedere a questi riferimenti.

https://www.ilmessaggero.it/salute/ricerca/ivermectina_funziona_farmaco_contro_virus_covid_oggi_22_gennaio_2021-5717553.html

https://www.lanuovabq.it/it/ivermectina-parla-italiano-la-cura-snobbata-contro-il-covid

Poi, se cercate Ivermectina su Internet, troverete già pronti gli articoli che la smontano.

«There insufficient certainty and quality of evidence to recommend the use of ivermectin to prevent or treat ambulatory or hospitalized patients with COVID-19».

Ma è la stessa cosa della clorochina, ricordate l’articolo farlocco di The Lancet?

Ogni farmaco che costa poco viene accantonato e silenziato, perché niente offuschi la venuta del Vaccino (con la V maiuscola).

Il Vaccino viene diffuso sul pianeta saltando tutte le procedure di sicurezza, e quindi sarebbe perfettamente lecito tentare anche con la Ivermectina, anche con evidenze ricavate da piccoli numeri, visto che l’alternativa per il paziente spesso è l’intubazione e la morte.

Un anno di TV-covid, 10 reti con covid onnipresente, TV locali con covid onnipresente, tutto strutturato per far apparire la storia «Covid incurabile, Vaccino unica soluzione».

In questa ottica si comprende bene anche la farsa del “Vaccino Day”, con le dosi scortate dal Brennero a Roma, e con gli aerei militari che le trasportano in luoghi lontani, il tutto sincronizzato perché nello stesso giorno tutte le TV (anche locali) possano intervistare la prima infermiera che ha vaccinato e che potrà dire le sue banalità, il primo paziente vaccinato “che si sente 30 anni di meno”, eccetera.

Salvo poi piantarsi con le forniture un po’ di giorni dopo.

I soliti giochetti, ovviamente. Da una parte i ritardi consentono agli Stati di prolungare le emergenze dando la colpa alle ditte e non a loro stessi. Dall’altra parte è ovvio che nessuna ditta aveva impianti sufficienti per produzioni planetarie: gli impianti li realizzano man mano con i primi pagamenti degli Stati stessi.

C’è un mondo di medici che lavorano per gli ammalati, c’è un muro mediatico che impedisce loro di diffondere le loro esperienze e di generare cultura diffusa, c’è un mondo medico-industriale che si è impadronito dei media per i propri interessi.

 

Dati

Mi sono rimesso in pari coi dati, per quel che serve.

Niente di nuovo: i morti sono sempre con 81 anni di media, la media è stabile di settimana in settimana, la media delle patologie pregresse è 3,6

I “casi fatui” sono, come già detto all’inizio, un’enormità: gli asintomatici (ossia i sani) sono 61,3%, i paucisintomatici (ossia un po’ di tosse) sono il 12,8%, i lievi (ossia smaltito in casa come un’influenza) sono 21,3%.

Questo 95,4% si “sentono covid” solo perché l’ha detto un tampone (per come lavorano i tamponi, vedere il Taglio Laser n.390), altrimenti non si sarebbero accorti di nulla. Intanto però hanno dovuto fare 25 giorni in media chiusi in casa.

I “casi fatui” producono “morti finti”: ormai i “morti covid” sono una sorta di provvigione automatica, su 2.000 morti quotidiani dell’inverno una percentuale tocca al covid. Dove muoiono? Non ce lo dicono. Non in intensiva comunque, se non una piccola parte.

Sei morto di influenza non curata, ma il tampone ti dà positivo? Morto covid.

 

Software

La proliferazione dei “casi fatui” non sarebbe possibile senza l’ossessione anagrafica del Ministero.

Cosa interessa questa “caccia al caso”, abbinata alla follia di 32.155.352 tamponi, quando il tuo problema UNICO è l’intasamento ospedaliero?

Quanti scafandri e attrezzature per medici di base si potevano comprare col costo (tampone + ore lavorative) di quei 32 milioni di tamponi, così da consentire la cura a domicilio?

Loro pensano che da quella macchina anagrafica si possa dedurre qualcosa di operativo per le azioni politiche, ma ciò che hanno partorito di fatto è il giochino delle regioni colorate e l’assurdo di Lombardia + Calabria diventate regioni rosse nello stesso momento.

Poi i nodi sono venuti al pettine quando la Lombardia si è incavolata.

Al solito nessuno può capire qualcosa guardando la TV (sbagliato il software? O sbagliati i dati?), qualcosa in più si può capire andando a cercare.

Tutto dovrebbe ruotare attorno al campo non obbligatorio dello “stato clinico” del paziente. 

Chi fa programmazione sa che un “campo non obbligatorio” non può influire sulle elaborazioni ordinarie del programma. Al massimo può influire su una statistica di contorno, o in generale su qualcosa di “non decisivo”.

Qui pare invece che, se lo stato clinico non è compilato, non vengano conteggiati nei calcoli del mitico indice Rt né il guarito né il morto. E spesso il campo non è compilato per il semplice motivo che il medico che sta caricando i dati non sa quale sia lo stato clinico. Ma non essendo un campo obbligatorio, il medico lo salta e passa oltre.

Colpa di chi, quindi? Colpa di chi ha creato il programma. Se un dato ha influenza nei calcoli, deve essere obbligatorio. Al massimo ti inventi la categoria “stato clinico non conosciuto”, ma obblighi il medico a un caricamento.

E comunque quando il software partorisce dati che non hanno senso (Rt molto alto, mentre tutti i parametri regionali erano sotto controllo) ti fermi un attimo e cominci a chiederti se non hai partorito un mostro anagrafico.

L’anagrafe dei casi è l’alter-ego del vaccino: «Oddio quanti casi! Dateci il vaccino al più presto!».

 


Ormai la caratteristica dei governanti nazionali e locali è la paura. 

Ormai la caratteristica dei cittadini è quella di un sospiro di sollievo quando ti mettono in una gabbia un po’ più larga.

«Emilia-Romagna regione gialla, che bello!»

  • Coprifuoco dalle 22 alle 5
  • Niente cene al ristorante
  • Vietato andare in un’altra regione gialla
  • Musei aperti, ma contingentati, e solo nei feriali
  • Oltre a tutte le limitazioni standard di mascherine, distanziamento e attese al freddo fuori dai negozi.

 

E il tutto perché? 

Perché in un anno non sono stati capaci di attivare la medicina territoriale. 

Oppure non la vogliono attivare, perché solo il Vaccino Pericoloso ci salverà.

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