Una mattina mi son svegliato (il neoliberismo invasor)

di Giovanni Lazzaretti

Quando non c’erano i telefonini, le gite in pullman sfociavano nel canto. Se la canzone era complicata, fatta in coro diventava una cosa tremenda: si partiva con voce tonante alla prima strofa, alla seconda si confondevano le parole, iniziava il pasticcio di voci, e ci si avviava alla rapida conclusione.

Ma c’erano anche i “classici”. Quel mazzolin di fiori. Romagna mia. Sul ponte di Bassano. Quelli non sbagliavano mai. E c’era l’immancabile “Bella ciao”. Sì, ho cantato anch’io “Bella ciao” in gioventù.

Ovviamente nessuno dava al canto una valenza particolare: era un canto valido perché semplicissimo. Prima riga. Seconda riga sempre uguale. Ripetizione della prima riga. Finalino di strofa. Riusciva sempre bene.

Oggi la cantano tutti. Dalla smozzicata “Bella ciao” di Michele Santoro nel 2002, siamo arrivati al “Bella ciao” di Gentiloni e dei Commissari Europei, nonché alla colonna sonora permanente delle Sardine.

Nella canzone gli elementi da considerare sono solo quattro: l’invasore, i partigiani, la montagna, la libertà. Il resto è decorativo.

“D’improvviso si ricordò del Natale del 1944: quello lo aveva passato in montagna, dentro una tana da bestie, col pericolo di essere ammazzato a raffiche di mitra da un momento all’altro ed era stato un Natale tremendo. Ma l’aveva passato pensando disperatamente ai dolci e sereni Natali di pace e quel pensiero gli aveva scaldato il cuore”.

Questo era il partigiano Peppone, descritto in due righe da Guareschi. Possiamo stare certi che né Paolo Gentiloni, né Mattia Santori delle Sardine, paragonano la loro situazione odierna a quella del compagno Peppone in montagna.

Il canto deve quindi evocare nelle loro menti qualcosa di metaforico, che faccio un po’ fatica a individuare. Comunque ci provo.

L’invasore della canzone era l’esercito tedesco dopo l’8 settembre, eventualmente unito alla componente fascista inquadrata nella Repubblica Sociale. Oggi l’invasore dovrebbe essere Salvini.

Vedete bene che è solo una metafora. Paragonare Salvini a Hitler fa ridere e non provo nemmeno a confutare l’abbinamento. Forse Salvini è un nuovo Mussolini? Eh, no. Nel bene e nel male, il paragone non regge.

Il massimo bene realizzato da Salvini è “Quota 100”. Quando avrà realizzato IACP, IMI, INAM, INAIL, INPS, IRI, ISTAT, ONMI, esenzione fiscale per le famiglie numerose, separazione bancaria, allora ne riparleremo.

E se il male di Mussolini sono le leggi razziali, la guerra, l’omicidio politico, il “presunto male” di Salvini si limita ai decreti contro l’immigrazione clandestina.

Se Salvini è l’invasore, è davvero un invasore piccolo piccolo. Di conseguenza anche i partigiani evocati sono piccoli piccoli: Gentiloni e i Commissari Europei coi loro lauti stipendi, il pluri-intervistato Santori che non vive certo in una tana da bestie come Peppone. La montagna della canzone è sostituita dal palcoscenico. E la libertà è sostituita dall’orrida triade liberale-liberista-libertaria di pannelliana memoria.

Perché questi partigiani piccoli piccoli cercano a tutti i costi un “invasore”? Perché sono convinti che il totalitarismo si ripresenti sempre uguale, e quindi loro devono “prevenire”.

Ma il totalitarismo non è mai uguale a se stesso: si alimenta dalla stessa radice, ma ha realizzazioni multiformi. Totalitari sono i plumbei 70 anni dell’URSS, totalitaria la vampata feroce dei 12 anni di Hitler, ma visibilmente diversi.

Hanno però in comune due fatti: la violazione della legge naturale universale e la morte di milioni di innocenti.

Esattamente quello che accade nel nostro mondo, dove la legge naturale universale è violata in ogni campo: famiglia, vita, libertà di educazione, libertà religiosa, proprietà di chi lavora. E i morti per aborto non si contano più.

C’è realmente un invasore nel mondo occidentale: si chiama neoliberismo, e i suoi frutti li tocchiamo con mano. Divario tra ricchi e poveri in crescita continua, disoccupazione endemica a tutela del reddito da capitale, distruzione della famiglia e di tutti i corpi intermedi, fertilità azzerata, eliminazione dei diritti naturali, creazione di “nuovi diritti” a richiesta del ricco che può pagare.

Poiché la nostra Costituzione dovrebbe tutelare la famiglia società naturale fondata sul matrimonio, le famiglie numerose, il risparmio, i lavoratori, è evidente che la democrazia in chiave neoliberista non funziona. Occorre tornare a una democrazia in cui lo Stato tuteli i deboli, limiti i diritti inventati, valorizzi i diritti naturali.

Non “democrazia liberale”, ma semplicemente “democrazia”. La democrazia per sua natura deve combattere il neoliberismo: la stragrande maggioranza del popolo non è fatta di ricchi e di redditieri, ma di poveri e di lavoratori.

Perciò, ve lo confesso: non ho cantato “Bella ciao” solo in gioventù, la canto anche adesso. Una mattina mi son svegliato.

Ma, a differenza di Gentiloni e delle Sardine, so con chiarezza chi è l’invasore: il neoliberismo.

So che, se voglio essere un piccolo partigiano antiliberista, devo fare qualche rinuncia, prima fra tutte quella del tasso d’interesse.

So che c’è una montagna da scalare (o una voragine dalla quale uscire, se avete visto il terzo film della trilogia di Batman).

So che la libertà è basata sulla legge naturale universale e non sulla triade liberale, liberista, libertaria.

In questo senso metaforico, ma con una metafora aderente alla realtà, sono onorato di cantare “Bella ciao”.

La canto nell’ottica di Maurizio Blondet, ad esempio.

«Tutto ciò non è un sogno. Se non è facile attuarlo, non è perché vìoli alcuna delle leggi economiche; è perché poteri assai potenti hanno il loro tornaconto nel sistema vigente, e ne perpetuano l’esistenza.»

«Ma un’altra economia è possibile. Un’economia del popolo e per il popolo. Il problema non è tecnico: è politico. Non occorre null’altro che riprendere la libertà che fu degli europei, e strappare la sovranità che fu degli Stati.»

«Da qui, se volete, comincia la lotta di liberazione».

 

Giovanni Lazzaretti

giovanni.maria.lazzaretti@gmail.com

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