Quanto vale il denaro?

di Davide Gionco

Abbiamo mai riflettuto su quale sia il vero valore del denaro?

Per secoli e secoli l’umanità ha usato come forma di denaro delle merci intermediarie, principalmente l’oro (ma non solo). Più recentemente è passata a forme di denaro cartacee, infine a forme elettroniche, semplici registrazioni su dei computer.
Tuttavia il numero rappresentato sulla registrazione contabile non ci dica ancora nulla sul valore di quel denaro.

Se mi fossero dati 100 miliardi di dollari dello Zimbawe in cambio del mio lavoro, prima di accettarli dovrei sincerarmi se mi sia possibile, in qualche modo (e a quali costi) convertire quel denaro in una forma denaro che io sia in grado di spendere nella società in cui vivo (non vivo in Zimbawe) e quale valore d’acquisto potenziale rappresenti per me.
Anzi, diciamolo chiaramente, il pagamento che io ricevo per il mio lavoro non finisce quando ricevo il denaro, ma solo quando converto quel denaro in cose utili per il mio vivere.

Quindi, individualmente parlando, è chiaro a tutti che il denaro rappresenta il valore delle cose che siamo in grado di acquistare con l’importo rappresentato. Il denaro porta sempre con sé delle cifre matematiche: è un’unità di misura.
Ma affinché quel denaro abbia un valore reale è necessario che vi siano ALTRE PERSONE che lo accettano in cambio di beni e servizi di cui io ho necessità.
Se non ci fosse una società di lavoratori/produttori di beni e servizi, evidentemente il nostro denaro non avrebbe alcun valore.
Potremmo moltiplicare per 10, per 100, per 1000 il valore nominale rappresentato sulle banconote, ma questo non servirebbe ad aumentare il valore di convertibilità di quel denaro in beni e servizi, in quanto non ci sarebbe nessuno per produrli, tranne me stesso.
Ma se io stesso fossi l’unica persona in grado di produrre ciò che mi occorre per vivere, non ci sarebbe bisogno di alcun denaro. Anzi: il fatto di creare del denaro sarebbe solo una inutile spreco di tempo e di risorse, dato che il denaro, di per sé, non si mangia e non si beve, e non lo si usa per vestirsi.

Per comprendere quale sia il vero valore del denaro più che complicati ragionamenti filosofici ci possono aiutare delle semplici considerazioni pratiche.
Immaginiamo di cancellare istantaneamente tutto il denaro in circolazione: nessuna banconota, nessuna carta di credito, nessun conto corrente bancario, nessuna monetina metallica.
Domani mattina dobbiamo recarci al lavoro sapendo che non ci sarà più pagato lo stipendio, in mancanza di denaro.
Se tutti gli abitanti del pianeta continuassero ad operare come se il denaro esistesse ancora, lavorando e producendo senza essere pagati, soddisfacendo gratuitamente le richieste di chi chiede di ricevere i beni e servizi che produciamo, non cambierebbe assolutamente nulla rispetto ad oggi.
Continueremmo a produrre molte cose di valore di cui altre persone potranno beneficiare per vivere.
E continueremmo a vivere esattamente come oggi, nonostante la mancanza di denaro.
La mancanza di denaro, infatti, non porrebbe fine alla nostra capacità di produrre beni e servizi utili per la società.

Ma potrebbe anche accadere che qualcuno decida di smettere di lavorare (troppo faticoso!), presentandosi però ugualmente presso altri a richiedere “gratuitamente” i beni e servizi desiderati.
Se tutti facessero in questo modo, non potrebbe funzionare, perché non ci sarebbe più la produzione di beni e servizi, per cui le richieste non potrebbero più essere soddisfatte.
Alla fine si dovrebbe decidere se rimetterci tutti a lavorare come oggi, anche senza denaro. Oppure, in alternativa, ciascuno dovrebbe mettersi a produrre da solo quanto gli occorre, limitandosi al massimo a barattare, in un clima di fiducia, le proprie prestazioni lavorative con i vicini di casa, amici o parenti.
Sarebbe un sistema economico molto inefficiente, in quanto nessuno di noi ha le competenze professionali per produrre tutto ciò che gli occorre. Un medico chirurgo dovrà mettere la parte le proprie competenze per coltivare carote e zucchine.
E se anche il suo vicino di casa fosse malato, non ci sarebbe un ospedale funzionante per curarlo tramite un intervento chirurgico.

Il vero valore del denaro, quindi, è dato dalla possibilità di produrre beni e servizi in modo professionalmente specializzato, con alto valore aggiunto, per poi scambiarli con gli altri.
Una economia pienamente monetizzata, e ben organizzata, è in grado di produrre molto valore aggiunto, redistribuendo la ricchezza a tutta la società.
Viceversa una economia poco monetizzata riduce gli scambi, aumenta la necessità di autoproduzione e riduce la possibilità di produzione specializzata di valore aggiunto. Un fenomeno di cui siamo tutti testimoni in Italia, dopo 30 anni di politiche di austerità, che hanno ridotto la liquidità circolante nell’economia reale.
Quando gli scambi aumentano, aumenta la ricchezza.
Quando gli scambi si riducono, causa scarsità di moneta circolante, diminuisce la ricchezza prodotta.

Il denaro è una semplice convenzione sociale. Lo Stato potrebbe certamente creare il nuovo denaro che serve per garantire a tutti un posto di lavoro semplicemente scrivendo cifre sui computer o stampando banconote, come peraltro fa oggi la BCE, ma senza sottostare ad una volontà politica espressa da un parlamento espressione del popolo.
Non vi è alcun senso logico e di utilità a limitare la creazione e la distribuzione di denaro in relazione a delle “riserve di valore” (una volta l’oro, oggi principalmente riserve in titoli di stato o in valute estere).
Se, infatti, l’Italia disponesse di 5’000 miliardi di riserve d’oro (o di altra tipologia), ma decidesse di creare troppo poco denaro per il funzionamento dell’economia del paese, si continuerebbe ad avere alti livelli di disoccupazione nel paese, a causa della mancanza di denaro per pagare tutti gli stipendi. Avremmo più persone senza lavoro ed una inferiore produzione di beni e servizi, quindi un paese più povero.
Viceversa se l’Italia disponesse di zero riserve, ma decidesse di creare tutto il denaro necessario a pagare uno stipendio per dare lavoro ai disoccupati, quelle persone si metterebbero a lavorare, aumentando la produzione di beni e servizi utili per la nostra società, rendendoci quindi più ricchi.

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