Qualcuno dice che la sovranità monetaria l’abbiamo conquistata nel 1999 quando siamo entrati nell’euro ma non è vero: come l’Europa i problemi dell’Italietta li ha solo peggiorati

DI Alberto Marabini

Secondo me è un bene che ogni tanto si tiri fuori il problema dei guai che abbiamo avuto nel Passato, per esempio di come in effetti ci sia stata in effetti una Italia della Liretta, del Carovita e di come in effetti eravamo preda di Paesi con una forte bilancia commerciale con l’Estero come la Germania, la cui banca centrale che dettava legge in Europa, da qui l’affermazione di supposta raggiunta sovranità.

A quel tempo l’Italia, in crisi con la sua bilancia dei pagamenti, andava in giro per ad elemosinare prestiti in Valuta Estera. Utile sapere, che il nostro paese il 31 agosto 1974 aveva ottenuto un prestito dalla Repubblica Federale Tedesca per 1.300 miliardi di lire in Dollari, a fronte del quale la Bundesbank aveva ottenuto il pegno a garanzia di 515 tonnellate d’oro italiano, fisicamente spostate, a Fort Knox, dal forziere italiano a quello tedesco.

A febbraio 1976 eravamo praticamente privi di riserve valutarie, ne avevamo per soli 600 milioni di dollari.

E un po’ come oggi, anche allora le nostre classi dirigenti andarono nel Panico (il solito Fate Presto!) ed ecco allora che il governo italiano si presentò, cappello in mano ed in tutta la sua splendida sovranità, a chiedere soldi al mondo: la CEE, il FMI, gli Stati Uniti, la Germania, la Francia e la Gran Bretagna. Meraviglioso il passaggio in cui si ipotizza di “chiedere la restituzione” (sic) di parte di un prestito fatto all’Italia dalla Bundesbank, e che era stato parzialmente rimborsato da Roma.

E altrettanto strepitoso il fatto che, con tutti questi prestiti, non avremmo potuto resistere più venti giorni alla speculazione. Perché c’è sempre una speculazione che attacca il nostro fiero paese, sappiatelo.

Chiaramente tutte queste cose non le ho dette io ma le ho prese/parafrasate da un bell’articolo sulla materia antisovranista e, come ho già detto, credo che faccia molto bene ricordare questi fatti, altrimenti qui non si va da nessuna parte, ma  il deficit in valuta estera e la corrispondente iperinflazione non vennero fuori per caso: fu dovuto al fatto che quell’Italia iperindustrializzata non si era mai data un piano x smettere di dipendere dal petrolio.

La cosa infatti avvenne a seguito dell’improvvisa (ma, come il Corona virus, non imprevedibile) crisi petrolifera del 1973 che, costringendo l’Italia a svendere la Lira per comperare l’oro nero ci aveva lanciato in una spirale iperinflattiva.

Oggi, nell’immediato, il problema non c’è ma non vuol dire che non spunterà in maniera improvvisa (perché c’è sempre una speculazione che attacca il nostro fiero paese, sappiatelo) ed è per questo che l’Uscita dall’Euro non ha senso senza un piano di riconversione industriale che ci permetta una relativa indipendenza dall’acquisto di valuta estera.

Quella descritta dall’articolo citato alla fine non è altro che la Teoria dei Saldi Settoriali e questa è la formula che la descrive:

(1)                                                 (G – T) + CAB = (S – I)

Dove G è la spesa pubblica, T è il gettito fiscale (G-T quindi è la situazione del bilancio dello Stato) e rappresentano il bilancio del settore Pubblico.

CAB è il bilancio del commercio Estero che è la somma delle esportazioni meno le importazioni più i flussi netti di reddito esterno.

S è il risparmio delle famiglie è I è la formazione del capitale privato (per capirsi meglio su questo punto a livello macroeconomico la ricchezza all’interno di uno Stato non aumentata, né diminuisce – se non per i capitali creati dallo Stato che stampa moneta o per gli introiti dall’estero – ma a livello microeconomico avverrà un passaggio di capitale dal risparmio delle famiglie al capitale privato, come descritto in questa fornula).

L’equazione (1) è da interpretare nel senso che l’avere un deficit pubblico (quando le spese dello Stato sono maggiori delle entrate fiscali ovvero G – T > 0) può generare entrate nazionali e beni finanziari netti per il settore domestico privato (S – I) anche quando il surplus nel commercio estero non lo sopravanzi (CAB< G-T).

Al contrario, i surplus di bilancio (G – T < 0) detto anche austerity senza un avanzo nel commercio estero che non sia sostanziale (CAB <=0) riducono il reddito nazionale di famiglie ed imprese.

Consideriamo il seguente diagramma a quattro quadranti.

Tutti i punti sopra lo zero dell’asse verticale rappresentano un surplus di bilancio (T> G) e tutti i punti sotto lo zero indicano una situazione di deficit fiscale del governo (G> T).

Analogamente, tutti i punti a destra dello zero sull’asse orizzontale indicano eccedenze commerciali estere (CAB >0) e tutti i punti a sinistra rappresentano dei deficit in quel comparto.

Dall’equazione (1), sappiamo che quando il saldo domestico privato è zero (S = I), il disavanzo pubblico sarà uguale all’avanzo della bilancia dei pagamenti con l’estero, pertanto, la linea diagonale fra A e B che delimita le zone azzurra e blu mostra tutte le combinazioni di saldi fiscali pubblici e saldi esterni in cui il saldo domestico privato è zero (S = I).

A lungo termine, l’unica posizione sostenibile per uno Stato è che il settore domestico privato sia in attivo (S > I). Un’economia può assorbire deviazioni da quella posizione ma solo per brevi periodi pertanto, è solo l’area ABC (l’area ombreggiata in blu) che può essere considerata lo spazio politico sostenibile per i governi che emettono la propria valuta.

Ora, come ci si mantiene al di sotto di quella linea retta? Ritorniamo alla formula.

Se sono le Tasse ad essere alte o si limitano quelle o si aumenta la spesa Pubblica, se è il bilancio commerciale con l’estero che è deludente o si incrementa l’export o si limita l’import stringendo la cinghia o mettendosi a produrre una parte di quello che si importa attraverso fondi pubblici.

Se il Reddito delle Famiglie è deludente rispetto agli introiti del capitale privato si possono aumentare le tasse su quello e reimmettere i soldi nel sistema come finanziamento pubblico.

Ora, prima dicevo che il problema di quell’Italia della Liretta era la forte dipendenza dall’import ed è solo in parte vero perché anche la nostra bilancia commerciale probabilmente non era messa male a quel tempo.

Il problema è che non tutti gli import sono uguali così come non sono uguali gli export: se si è in attivo in settori ad alta concorrenza (dove come oggi una Polonia o un Marocco, tramite appositi investimenti esteri, ci farebbero la pelle in un attimo) e in passivo in settori da cui dipende la sopravvivenza nazionale come il petrolio (o come mascherine e respiratori se arriva il Corona Virus), ci si ritrova nel mercato completamente in mutande, alla mercé degli speculatori.

Per questo gli investimenti in tecnologia, in formazione e nella ricostituzione delle filiere industriali sono essenziali: per non ritrovarsi col sedere scoperto nel settore sbagliato.

Per concludere: la prima causa reale di inflazione non è la stampa di moneta ma la sovraesposizione di tale moneta sul mercato internazionale dei cambi, quanto bisogna usare quella moneta per comperare cose all’estero. L’Europa non ha per nulla risolto i problemi dell’Italietta ma li ha addirittura aggravati: una valuta è forte finché è solido l’impianto economico che gli sta alle spalle e l’Europa per il nostro sistema produttivo è stata addirittura un massacro.

Probabilmente a qualcuno con forti legami all’interno degli apparati dello Stato questa debolezza economica, ora come allora, fa comodo.

 

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