Perché il denaro che usiamo è falso

di Giovanni Lazzaretti

Se cercate banalità in tema monetario, le troverete agevolmente su Internet: «La moneta assolve a tre funzioni: riserva di valore, misura del valore, mezzo di scambio. E’ riserva di valore in quanto consente il trasferimento di potere d’acquisto dal presente al futuro: risparmiare oggi per acquisti futuri. E’ misura del valore in quanto consente di fissare prezzi e registrare debiti. E’ mezzo di scambio in quanto universalmente utilizzata per acquisto di beni e servizi».

Banale. Nonché incompleto. Nonché falso. Innanzitutto la moneta come noi la conosciamo è anche una quarta cosa: è merce. E poi le tre funzioni non sono indipendenti tra loro: sono invece in permanente conflitto. E infine esiste un vento misterioso, il tasso d’interesse, che altera tutte le funzioni.

Se la riserva di valore fosse davvero trasferimento di potere d’acquisto dal presente al futuro, non ci sarebbe niente di male: oggi risparmio, domani il risparmio si riverserà di nuovo in economia, trasformandosi in un bene. L’unico problema sarebbe questo: nel periodo in cui detengo la moneta come riserva, cessa di esistere come mezzo di scambio.

«Ma no, Giovanni! Il risparmio puoi affidarlo in prestito a qualcuno, che lo farà circolare. Dopo di che te lo farai restituire quando davvero dovrai spendere!»

Ottima soluzione, se non fosse che il prestito è gravato da interessi, per cui qualcosa si trasferisce sempre dal lavoro dell’uomo al possessore del denaro-merce. E poi normalmente il prestito non va all’economia, ma a un generico prodotto finanziario: finanza che nutre se stessa, bevendo dal lavoro.

Possiamo dire serenamente che: se la moneta è riserva di valore, se la moneta è merce prestabile a interesse, la moneta sarà sempre meno “mezzo di scambio”, e sarà sempre più “idrovora rovesciata” che toglie acqua dal ruscello dell’economia per riversarla nello stagno della finanza autoalimentata.

L’esito finale è che 1 euro, ad esempio, cambia di possessore mediamente 1 volta l’anno: è un mezzo di scambio inesistente. Di conseguenza lo stagno autoalimentato della finanza continuerà a crescere a dismisura: finanza pari a 5 volte il debito degli Stati, finanza pari a 15 volte il PIL annuo mondiale, in un delirio di completo distacco della finanza dalla realtà.

Le funzioni di riserva di valore e di mezzo di scambio sono in conflitto, sempre a vantaggio della riserva di valore. Il lavoro ha bisogno del mezzo di scambio, mentre chi detiene la moneta come riserva la offre a briciole, gravata da interessi.

Possiamo però affermare che, al di là del suddetto conflitto, tutti almeno concordiamo che la moneta è misura del valore? No, nemmeno questa affermazione è così scontata. Infatti dentro ogni bene o servizio c’è una “quota interessi” che inquina il valore. Calcoli fatti in Germania prima della crisi davano, ad esempio, al 12% la quota interessi che grava sulla raccolta spazzatura (qui l’elemento umano pesa ancora molto rispetto al capitale), 38% sull’acqua potabile, 77% sugli appartamenti di edilizia sociale.

Possiamo dire serenamente che: se la funzione di riserva di valore soffoca la funzione di mezzo di scambio, ne consegue che la funzione “misura del valore” viene costantemente inquinata dalla quota di interessi che il bene ingloba in sé.

La moneta come noi la conosciamo è moneta falsa, nel senso che illude gli uomini di espletare tre funzioni, mentre di fatto ne privilegia una a danno delle altre. Per questo, nello scorso articolo, auspicavo l’arrivo di un “falsario di Stato”: il “falsario di moneta falsa” potrebbe creare moneta vera.

Dove, con moneta “vera”, si intende una moneta al servizio del lavoro dell’uomo: moneta vera perché deve indicare una misura del valore fondata sul lavoro, senza “quote finanziarie” occulte; moneta vera perché deve essere mezzo di scambio che scorre a fiumi in proporzione al lavoro dell’uomo; moneta vera perché, nell’essere riserva di valore, non deve però trasformarsi in merce vendibile a interesse.

Ho citato più volte i correttivi che lo Stato italiano metteva in campo per correggere gli effetti della moneta falsa: debito per il lavoro, debito coi propri cittadini, svalutazione competitiva, banca centrale come prestatore di ultima istanza.

La lira, dal punto di vista nOmismatico, era una moneta falsa come falso è l’euro (l’euro ha il difetto aggiuntivo di impedire la svalutazione competitiva), ma uno Stato vitale riusciva a tamponarne gli effetti negativi.

Il “falsario della moneta falsa” con l’euro dovrà lavorare di più: dovrà creare una moneta parallela “euro equivalente non convertibile”, dovrà ideare il metodo per cui il mezzo di scambio prevalga sulla riserva di valore, dovrà controllare il tasso di interesse affinché ci sia la tutela del risparmio, ma non la patologia del risparmiatore trasformato in investitore inconsapevole.

Ovviamente questi “falsari della moneta falsa” sono già tutti pronti: si attende solo che uno Stato attento li chiami all’opera.

 

Giovanni Lazzaretti

giovanni.maria.lazzaretti@gmail.com

Lascia un commento