Perché i dibattiti TV sul debito sono inutili

Sul sito del centro culturale Il Faro ho visto una frase della scorsa puntata evidenziata in giallo: «Sono andato a scaricarmi l’ultimo bilancio dello Stato dal sito della Ragioneria. Solito rito di tutti gli anni, solito esito: siamo in utile primario (entrate = 580 miliardi, uscite = 537 miliardi, utile = 43 miliardi), gli interessi passivi ci buttano in negativo (sono 70 miliardi), il debito è aumentato di 77 miliardi. Gli interessi passivi mangiano quindi il 12% delle entrate».

E’ una sorta di “assist” che mi invita a proseguire.

In realtà la settimana scorsa dovevo scaricare 2 anni di bilancio, 2017 e 2018, ma sul sito della Ragioneria Generale dello Stato per il 2018 non trovavo la pubblicazione che piace a me “Il patrimonio dello Stato (Informazioni e statistiche)”, 154 pagine. Trovavo solo “il bestione”, ossia il “Conto generale del patrimonio dello Stato”, 1121 pagine.

Vinta la pigrizia, ho attinto dal bestione i pochi dati che mi interessano e vi aggiorno per il 2018. La frase da scrivere è sempre quella: «Solito rito di tutti gli anni, solito esito: siamo in utile primario (entrate = 588 miliardi, uscite = 538 miliardi, utile = 50 miliardi), gli interessi passivi ci buttano in negativo (sono 69 miliardi), il debito è aumentato di 27 miliardi. Gli interessi passivi mangiano quindi il 12% delle entrate».

Cifre diverse, sostanza sempre uguale.

Potreste pensare: «Ma guarda che bello! Nel 2017 il debito era aumentato di 77 miliardi e nel 2018 solo di 27 miliardi!». Non lasciatevi trarre in inganno, non c’è niente di particolarmente bello: nel 2013 il debito crebbe solo di 28 miliardi (evviva!), nel 2014 crebbe di 130 miliardi (caspita…).

C’è poi da tener conto dei debiti delle Pubbliche Amministrazioni, che non coincidono col debito dello Stato. Sui debiti P.A. fonti diverse danno in certi anni dati concordanti, in altri anni dati diversi. Comunque differenze non significative a livello generale.

Se vi dicono che in certi anni il debito delle P.A. è calato, rispondete: FALSO. In certi anni è calato il rapporto Debito/PIL, mai è calato il valore assoluto del debito delle P.A., qualunque sia la fonte di riferimento per i dati. Il debito delle P.A. è passato dai 114 miliardi del 1980 ai 2.380 miliardi del 2018, in continua crescita.

Se vi dicono che in certi anni il debito dello Stato è calato, rispondete: QUASI FALSO. Il debito dello Stato è calato una sola volta, nel 2009. Quell’anno però rappresenta un punto di svolta per le altre amministrazioni pubbliche: nel decennio 1999-2008 il debito medio delle altre amministrazioni era di 137 miliardi; nel decennio 2009-2018 sta in media sui 428 miliardi.

Se vi dicono «Abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità», rispondete: FALSO. Da più di trent’anni lo Stato è in utile primario, ossia i soldi che gli italiani danno allo Stato sono superiori ai soldi che lo Stato spende per gli italiani. L’unica voce che ci manda in passivo sono gli interessi passivi. Quindi è vero il contrario: «Abbiamo vissuto AL DI SOTTO delle nostre possibilità».

Se vi dicono «Ma i debiti vanno pagati, e gli interessi passivi sono il naturale corollario dei debiti», rispondete: FALSO. La modalità di indebitarsi è decisiva, e noi nel 1981 scegliemmo, senza dibattito parlamentare, la metodologia peggiore: affidare il debito ai mercati. Dal 1981 al 1993 ci portarono al raddoppio del rapporto Debito/PIL, dal 1993 in poi abbiamo vissuto in perenne situazione di austerity, con l’impennata catastrofica quando venne fuori “la crisi”.

Il debito vero è un’entità che si perde ormai nelle nebbie del passato: sono passati quasi quarant’anni dall’ultimo “debito vero”. Nel frattempo abbiamo pagato in interessi passivi 23 volte il debito contratto; e al contempo il debito, invece di estinguersi, è arrivato a 20 volte il debito iniziale (un aumento del 1.986,78%, così la cifra vi fa più spavento). Il tutto, ripeto, esclusivamente a opera degli interessi passivi.

Se vi dicono «Ma no, il debito cresce per gli sprechi, per la corruzione, per l’inefficienza», rispondete: FALSO. Sprechi, corruzione, inefficienza, noi ce li siamo già pagati con le nostre tasse, e nonostante questo lo Stato chiude i conti in utile primario.

Se un imprenditore vi dicesse: «Avevo un debito di 114.000 euro, ogni anno realizzo 50.000 euro di utile, ho pagato 2.500.000 di interessi, e adesso ho il debito a 2.400.000 euro. Non capisco cosa stia succedendo», rispondereste «Lo capisco io, sei in mano agli usurai».

Ecco, è esattamente ciò che è successo allo Stato italiano: l’applicazione da parte dei mercati di tassi regolati in modo da mangiarsi tutto il nostro utile primario, più un extra. Non li possiamo chiamare tassi usurai, perché tutto è stato fatto nella piena legalità. Ma gli effetti pratici sono i medesimi.

Se vi dicono «Ma gli interessi passivi tornano in gran parte ai risparmiatori italiani», rispondete: FALSO. Trent’anni fa il debito pubblico era per il 57% in mano ai cittadini italiani, 21% in mano a banche italiane, 14% in mano a Bankitalia, 4% a fondi e assicurazioni, 4% a stranieri.

Adesso: 32% stranieri, 27% banche italiane, 19% fondi e assicurazioni, 16% Bankitalia, 6% cittadini italiani. Possiamo dire che quei 70 miliardi di interessi pagati vanno a tutti tranne che ai cittadini italiani.

Se vi dicono «Se cala lo spread, risparmieremo sugli interessi», rispondete: FALSO. Gli interessi non sono fatti solo dal tasso, ma anche dalla cifra sulla quale il tasso si applica. Il debito dello Stato a fine 2018 era fatto di 1.903 miliardi di euro, differenza tra 976 miliardi di attività e 2.879 miliardi di passività. Sulle attività introitiamo tassi d’interesse inferiori allo 0,50% mentre sulle passività paghiamo tassi medi attorno al 2,50%. E le passività crescono sempre, crebbero anche nel mitico 2009 in cui calò il debito.

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Avete mai sentito queste cose in TV in un dibattito sul debito? Credo di no.
Per questo, quando sentite la parola “debito”, vi conviene cambiare canale.
Oppure andare a rileggere i miei articoli.

 

Giovanni Lazzaretti

giovanni.maria.lazzaretti@gmail.com

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