PER UN PARTITO UNITARIO DEL FRONTE ALTERNATIVO

Qui la versione dell’articolo per YouTube

Se non capiamo immediatamente la reale necessità della politica, rimpiangeremo gli anni inutilmente trascorsi nelle varie militanze

 

Pubblicato anche su Liberiamo l’Italia

 

Scrivo dopo aver visto questa interessante assemblea WEB, organizzata da vari esponenti di quello che chiamo “fronte alternativo”, in relazione alla volontà di organizzare una manifestazione di massa su questo documento iniziale, per certi versi una continuazione dello spirito di quella tenuta il 12 ottobre 2019 e promossa da Liberiamo l’Italia, movimento per il quale ho l’onore di poter scrivere alcuni articoli di riflessione, come questo relativo all’emergenza sanitaria.

Ciò che mi spinge a scrivere non è niente di nuovo, per quanto mi riguarda, precisamente un moto di esortazione ai principali esponenti del “fronte alternativo”, ad adoperarsi per la nascita di un nuovo soggetto politico unitario che si presenti alle elezioni.

Questa proposta intende andare oltre a quanto auspicato da Moreno Pasquinelli alle fine dell’assemblea suddetta, in ordine alla formazione di un “contro governo”: interessante ma, a mio modo di vedere, troppo spostata in avanti e dagli esiti nebulosi, visto ciò che sta per calare sulle nostre teste.

Sull’argomento sto scrivendo questa serie di articoli, per quello che ho subito chiamato partito ideale.

A mio modo di vedere, questo nuovo partito andrebbe ad intercettare il sentimento di una fetta dell’elettorato, di fatto non rappresentata o falsamente rappresentata.

Intendo con ciò l’elettorato cosiddetto “sovranista”, dove il termine non è da intendersi come “destrorso”, come sono soliti fare i media solo interessati a circoscrivere un ambito ed un sentire politico potenzialmente dirompente.

Un’usanza sulla quale, ovviamente, gran parte del centrodestra sembra non avere ormai più niente da ridire, anzi.

Solo un vero e fondamentale sovranismo infatti, di ispirazione costituzionale, può rappresentare una reale e sincera alternativa ai partiti attuali, tutti dediti a perseguire la medesima agenda pur con diversi “addobbi” utili a mantenersi la tipologia elettorale “di massa” che loro si confà: superficiale, qualunquista, buonista, rancorosa, ignorante culturalmente, politicamente e democraticamente, buona solo a prendersela con i vari scandali di minor conto che non intaccano il sistema ma sostengono lo show, ed a trattare la politica alla stessa stregua del tifo da stadio.

Sovranismo quindi, che parta dalla Costituzione del ’48 e si prefigga di ripristinare la democrazia, oggi soggiogata a dinamiche globali perfettamente incarnate dalla UE, che però, al contrario di quanto predicato dai sacerdoti del pensiero unico, non sono “ineluttabili”.

Democrazia quindi, ma non basta: non c’è solo il problema della distanza democratica fra eletti ed elettori, oppure del Parlamento ormai di fatto esautorato del potere legislativo.

È lo stesso Stato di diritto l’altro moribondo della questione: le cessioni di sovranità, la burocrazia, una giurisprudenza mastodontica e complessa ed una Magistratura dedita a conservare ruoli, interessi e determinazioni assai lontane da democrazia e trasparenza, sono tutti fattori che hanno di fatto annullata la conquista civile del moderno Stato di diritto.

Stiamo rapidamente finendo in un pieno medioevo tecnologico e tecnocratico, in cui il cittadino sta velocemente perdendo TUTTI i diritti consolidati nel dopoguerra, ancorché migliorabili.

Il sistema attualmente di potere, un mix di interessi che vanno dalla finanza alle corporazioni globali e che si intreccia con gli stati profondi, è stato in grado in quattro e quattr’otto di mettere il mondo sotto il giogo di un’emergenza sanitaria del tutto sovrastimata, oltreché male affrontata, di fatto congegnata all’implementazione rapida e massiccia di tutto l’armamentario di controllo e sviluppo tecnologico che i meno avveduti pensavano di là da venire.

Il controllo che tale sistema di potere è in grado di operare è del tutto pervasivo, capace di creare in men che non si dica un pubblico ansioso, fino alla delazione, incapace di informarsi realmente, di discernere ed operare semplici ma vitali deduzioni, anche dedito a varie forme di “creativo collaborazionismo”, sostenuto in questo dalla solerte burocrazia e dai vari corpi intermedi.

Con il controllo dei media mainstream e nonostante l’evidente disastro economico, il “sistema” sa ormai che può permettersi di giocare in maniera sopraffina con le emozioni del pubblico, come mai prima d’ora.

Per chi avesse dubbi di sorta, credo che l’esperienza del lockdown e di tutto ciò che si è portato dietro non possa non essere stata definitivamente rivelatrice.

Non possiamo quindi non vedere come democrazia e Stato di diritto siano ormai concetti buoni per riempire dizionari e retoriche di regime.

Questo però non vuol dire che democrazia e Stato di diritto sono ideali “non percorribili”, impossibilitati ad essere più di una narrazione ormai priva di senso.

Il quadro appena descritto è dovuto a cause ben precise, non stiamo infatti parlando di “leggi naturali”: a determinate condizioni, non è scritto in alcun assioma che non vi sia possibilità di democrazia e che l’esistenza di un vero Stato di diritto sia un fatto inattuabile.

Potrebbe esserlo, a patto di rispettare alcune “regole”, a patto di non contribuire allo sfacelo con ignavia, o con un’attività politica vista non come servizio alla comunità, ma come mezzo per raggiungere fini ideologici o di interesse personale.

La questione politica principale, “chi comanda” e “come comanda”, insomma di chi sia la sovranità e come la debba esercitare, deve sempre fungere da cartina tornasole in ogni momento, sia analitico, sia costruttivo, sia operativo, a qualsiasi livello.

Se vogliamo rispettare il significato di “governo del popolo” e se capiamo che ora il popolo viaggia in un’orbita assai lontana da ciò; se capiamo che dello Stato di diritto non resta altro che un vecchio e vuoto traliccio in cui poteri profondi ed esterni, burocrazia e corporazioni riescono a fare il bello e cattivo tempo, non possiamo non vedere la necessità di cambiare completamente approccio alla politica.

Questo perché, innanzitutto, l’occupazione istituzionale e mediatica del “sistema” è volta a sostenere un livello di “politica-spettacolo” atto a distrarre e dividere la società civile, una pantomima a cui i partiti attuali si prestano più che volentieri, declinando il loro copione appena quel che basta per apparire “difensori” di valori ed istanze diverse, mentre la sceneggiatura globale si risolve sempre a favore di élite e rivela, a ben vedere, un “sottotesto” comune a tutte le parti della sceneggiata.

A mio modo di vedere, il quadro appena descritto dovrebbe portare gli attori di quello che potrebbe essere chiamato “fronte alternativo”, a delle conclusioni obbligate sia da un punto di vista ideale, sia politico-organizzativo, sia operativo.

La prima sarebbe in ordine all’esigenza immediata, che a me pare del tutto evidente data l’entità del sistema che politicamente si andrà ad affrontare: quella della necessità che gli esponenti più in vista della politica “alternativa” – per quanto sin qui detto la “vera politica” – scendano in campo in prima persona unendosi sotto quei valori universali massimamente inclusivi e capaci di creare un vero e proprio “fronte di liberazione nazionale”.

I valori della Costituzione e dei diritti umani, alla quale la stessa si richiama all’Art. 2, formano quei diritti civili e sociali oggi in fase di smantellamento e/o ri-definizione, quei valori alla base del vivere civile e dello Stato di diritto che devono nuovamente ed immediatamente trovare dei “paladini” credibili.

La seconda conclusione “obbligata”, per chi disposto a vedere le necessità di cui sto argomentando, sarebbe quella di non poter più, in qualsiasi modo, contribuire al divide et impera della società civile su cui prospera il “sistema”.

Ciò si otterrebbe, necessariamente, lasciando da parte i riferimenti ideologici più “classisti” per indirizzare lo sforzo politico e ideativo sul “come” poter attuare quei valori universali già incarnati nella democrazia, nello Stato di diritto, nella Costituzione e nella giurisprudenza, quei diritti umani che fanno la civiltà politica e giuridica della modernità, incarnati in ogni riflessione della politica e del diritto, espressi o sottaciuti, difesi o traditi che siano.

La “ri-attuazione” di Costituzione e diritti umani e la “restaurazione” dello Stato di diritto diventa quindi l’unico, immediato e necessario programma politico.

Dato che stiamo parlando delle più alte fonti del diritto stesso, una nuova agenda politica dedita a ristabilire la funzione di Costituzione e diritti umani, e di seguito del Parlamento, sarebbe a ben vedere capace di contenere tutte le informazioni e le riforme necessarie a ridare dignità ad un Paese troppo esposto ai voleri socio-politico-economici di controllo da parte di “entità” che si pongono di fatto al di sopra della società civile.

Non serve altro per rinnovare lo Stato di diritto, se non illustrare cosa fare e come farlo.

So benissimo come la questione “diritti umani” possa essere “malvista”, per vari motivi, sia da destra, sia da sinistra: da destra per il fatto che potrebbero esser visti troppo “liberali” e “di sinistra”, da sinistra perché, con tutta probabilità, possono intendersi come retaggio unicamente “capitalista”, o “liberista”, addirittura “americanoide”, oppure troppo individualistici: cosa assai comprensibile data l’errata preminenza data alle “masse” sull’individuo, enti trattati erroneamente come “mondi separati”.

Penso che sui valori universali si dovrà prima o poi fare i conti, magari leggendoli integralmente e traendo le necessarie conseguenze dovute all’unica interpretazione possibile, che è sintesi delle migliori istanze di libertà, dignità e responsabilità per l’uomo, anche sintesi fra gli estremi liberismo e collettivismo.

Per il mio contributo in quanto auspicato rimando alle note in fondo all’articolo.

Tornando alle due necessità qui argomentate, penso che queste trovino un’altra, semplice ragione: chi bazzica il fronte politico alternativo non può non avvertire la sempre più forte richiesta di unità, non può non capire come l’annuncio di un’eventuale nascita di un nuovo partito, costruito in primis dagli esponenti ed intellettuali più conosciuti in ambito  “sovranista”, possa essere dirompente sulla scena politica.

A mio parere, il nuovo soggetto avrebbe la possibilità di attrarre almeno l’attenzione anche di una fetta non trascurabile di elettorato che, pur scontento, sarebbe normalmente restio a dar credito ad altre voci, oggi assai ben “curate” dalla narrazione “complottistica” intesa a sminuire e deridere qualsiasi deviazione dal menù psico-scientistico-politico-televisivo.

Sono perfettamente consapevole delle difficoltà inerenti anche al solo proporre una cosa del genere, cionondimeno penso che questo sia l’unico modo per fare qualcosa di incisivo nel panorama politico attuale.

Sulla necessaria rapidità nell’attuazione di quanto auspico non penso ci sia bisogno di ulteriori parole: la distopia tecnocratica avanza inesorabilmente, per chi la vuol vedere.

Arrivare ad organizzarsi dopo ulteriori restrizioni di spazi, diritti e libertà, e con una situazione economica ulteriormente disastrata dalla finanza a cui il governo ed i poteri sovranazionali stanno condannando il Paese, significherà farlo in un clima ed in un regime che renderà assai problematico anche il solo organizzarsi, parlare ed usare una rete certamente meno libera di oggi, se possibile.

Aspettare le condizioni per “cavalcare” quello che potrebbe sembrare ad alcuni un inevitabile e “proficuo” scontro sociale “rivoluzionario” significherebbe, di fatto, non riuscire ad affrancarsi da un certa visione della lotta politica i cui esiti storici non aiutano però a rintracciare “oasi” di pace, diritti e giustizia sociale eventualmente ottenuti in questo modo.

O lo capiamo tutti, o è meglio che ci diamo alla poesia, nella speranza di trovare versi talmente potenti da far aprire i cieli della redenzione collettiva.

 

https://www.massimofranceschiniblog.it/, 15 giugno 2020

questa la serie di articoli sull’intera dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, trattati articolo per articolo, anche in audio

qui alcuni articoli pubblicati sulla rivista Sovranità popolare, in cui introduco il tema diritti umani come faro per una nuova azione politica

qui varie riflessioni sui diritti umani ispirate dalla lettura di tre articoli di Donatella Di Cesare, Massimo Nava e Marcello Flores

qui una riflessione sui diritti umani, operata commentando un dibattito sul tema interno alla sinistra svolto sulla rivista MicroMega

qui un’altra riflessione che prende spunto da un articolo di due amici del collettivo AlterLab

qui un primo articolo in cui svolgo considerazioni in ordine alla politica ed all’impegno politico

qui spiego quelle che per me sono le tre principali necessità se si vuole costruire una vera politica alternativa

qui il mio libro, un programma politico ispirato ai diritti umani

fonte immagine: Wikipedia

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