Nella trappola neoliberista

di Giovanni Lazzaretti

C’era una volta il mondo occidentale tendenzialmente keynesiano. E, per chi ha memoria, ci stavamo proprio bene. Il lavoratore nel 1963 aveva trovato la piena occupazione (meno del 4% di tasso di disoccupazione), e vent’anni di disoccupazione bassa o bassissima avevano consentito ai lavoratori l’accesso alla casa di proprietà, senza debiti.

Anche chi non poteva comprare casa aveva comunque degli affitti sensati: cito sempre il mio primo affitto di 90.000 lire a fronte del mio primo stipendio di 800.000 lire (affitto “equo canone” concordato senza discussioni, primo stipendio in una mini-ditta di cui ero l’unico dipendente).

L’inflazione? Era un problema, ma non così pauroso come lo presentavano: l’inflazione era una risorsa per chi era indebitato, era problema controllabile per il lavoratore che comunque aveva un lavoro (il senza-lavoro è in miseria anche se l’inflazione è a zero), era un problema semmai per chi viveva di rendita, perché doveva stare attento a dove sistemava il capitale.

Poi il modello keynesiano entra non in crisi, ma in rallentamento. E le volpi neoliberiste approfittano per infilare la loro ricetta. Attuata prima in Africa, la esportano in occidente.

 

Neoliberismo in Africa

Non si dovrebbe parlare genericamente di Africa, bisognerebbe guardare Stato per Stato. Ma questo è un articolo, non una tesi di laurea, e bisogna accontentarsi.

Passata la fase più o meno rivoluzionaria della decolonizzazione, il neoliberismo cominciò ad agire secondo questo percorso.

(1) Creazioni di unioni monetarie, unioni doganali e trattati commerciali vari.

(2) Fornitura di armi alla classe dirigente.

(3) Legame della classe dirigente con le potenze finanziarie estere.

(4) Si fa credere alla classe dirigente che lo sviluppo del paese ha bisogno necessariamente di finanziamenti e aiuti esterni.

(5) La partenza è effettivamente buona, l’economia drogata dal credito accelera, e invoglia a continuare.

(6) A un certo punto il “servizio del debito”, cioè il pagamento degli interessi passivi, diventa insostenibile.

(7) Il debito viene ristrutturato e rinnovato, a patto che inizino le “riforme strutturali”.

(8) Tagli alla spesa sociale, privatizzazioni, liberalizzazioni, aree di libero scambio, conversione dell’economia dalle produzioni locali alle produzioni per l’esportazione.

(9) Il tutto sotto il controllo dei grandi enti internazionali (Fondo Monetario, Banca Mondiale)

(10) Povertà crescente, disuguaglianze crescenti, corruzione a tutti i livelli come mezzo di sopravvivenza.

(11) La colpa, naturalmente, viene assegnata al popolo stesso “che vive al di sopra delle proprie possibilità”.

Il tutto è condito con qualche colpo di Stato e qualche assassinio politico, quando il percorso non procede lineare.

I soli interessi passivi prelevati a ogni Stato sono 2, 3, 4,… volte il debito originario. E il debito mai si estingue, autoalimentato dagli interessi passivi.

Questo è il canovaccio standard del neoliberismo devastatore.

 

Neoliberismo in Europa

Osservando l’Africa, lo schema è più semplice da vedere.

Ma all’Italia in ambito europeo hanno fatto più o meno la stessa cosa.

Il percorso è stato più complesso, perché l’Italia era una delle massime potenze industriali e soprattutto era autofinanziata. Se per colonizzare finanziariamente un paese africano bastavano pochi anni, da noi ne sono occorsi trenta. Ma ci sono riusciti.

Debito dello Stato venduto all’estero, debito autoalimentato dagli interessi passivi, classi dirigenti succubi della finanza, tagli alla spesa sociale, privatizzazioni, liberalizzazioni, conversione dell’economia dal mercato interno alle esportazioni, povertà crescente, disuguaglianze crescenti, colpa assegnata al popolo stesso “che vive al di sopra delle proprie possibilità”.

 

Una gabbia monetaria

Noi viviamo in un mondo impostato su una moneta erronea. O meglio, erronea per chi lavora, ideale per chi vive di rendita.

Quando si emette moneta, si emette contestualmente, nello stesso istante, un debito superiore alla moneta emessa.

Ergo: debito impagabile > flusso permanente di interessi passivi > gli interessi viaggiano ovviamente da chi non ha soldi verso chi li ha > disuguaglianze crescenti.

L’euro è moneta sbagliata come era la lira; ma la sovranità dello Stato consentiva di porre dei correttivi alla moneta sbagliata, correttivi che sotto l’euro non sono più possibili.

Cinque erano le linee dei correttivi:
(1) debito per il lavoro
(2) svalutazione competitiva
(3) vendita del debito dello Stato ai propri cittadini
(4) Banca Centrale come prestatore di ultima istanza
(5) protezione del mercato interno.

Tutte queste tutele, che consentivano al lavoratore di vivere con dignità, sono state scientemente smontate nel periodo 1981-2011, fino alla radiosa apparizione di Mario Monti.

Sappiamo quindi per certo che la finanza internazionale campa benissimo anche sulla povertà crescente, perché il “bene” che possiede, il denaro, diventa una merce sempre più preziosa.

La ricerca della piena occupazione è sempre stato un obiettivo degli Stati sovrani; per il neoliberismo imperante è invece necessaria una disoccupazione permanente a due cifre, per togliere al lavoratore qualunque velleità rivendicativa.

 

Ecco quindi l’Europa

Ecco quindi l’Europa di oggi: un’area di disoccupazione endemica, con disuguaglianze crescenti, liberista in economia e libertaria in etica, con Stati impotenti, con finanza onnipotente, con debito impagabile, con una moneta-gabbia.

Difficile ristrutturarla, di fronte alla finanza siamo impotenti come gli Stati africani.

Il modello neoliberista della libera circolazione dei capitali e dell’austerity permanente per i popoli può ancora andare avanti?

Il modello alternativo prevede la libera circolazione di uomini, beni e servizi, la finanza al servizio dell’economia, la restituzione della dignità a chi ha bisogno di lavorare: difficile, molto difficile. Ma non c’è alternativa. Altrimenti resteranno in vita solo i finanzieri.

 

Giovanni Lazzaretti

giovanni.maria.lazzaretti@gmail.com

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