MULTIPOLARISMO: IL NUOVO MIRAGGIO DI UN MOVIMENTO ANCORA CONFUSO?

massimo franceschini blog

Fra divisioni ideologiche e di basso profilo, un nuovo abbaglio minaccia la maturazione di una proposta politica inclusiva e capace di parlare alla società civile.

Qui il video dell’articolo

di Massimo Franceschini

 

pubblicato anche su Sfero

 

Premessa: quanto dico in questo articolo può trovare un sostegno nei dati che porta Davide Rossi, autore di questo interessantissimo libro, nel seguente video del 29 luglio: https://www.youtube.com/watch?v=7OHAqST4hBk

 

Con questo articolo intendo avvertire il movimento resistente alla forte accelerazione illiberale dell’Occidente, di un pericolo che sta correndo: mi sembra che stia finendo velocemente in un “tunnel” che gli impedirebbe di trovare consensi ulteriori a quelli di chi già conosce ed apprezza una militanza di piazza pur encomiabile, ma solo a tratti autorevole e con le idee chiare.

Oggettivamente e per varie ragioni, il movimento non è mai stato capace di farsi concreta proposta politica alternativa in grado di attrarre un vasto consenso, men che meno ora di fronte alle difficili elezioni in cui andrà diviso in 3 tronconi.

Su questa atavica difficoltà vi invito a leggere questi articoli e/o ad ascoltare questi video.

Il fatto che i sondaggi diano invece conto di un’area di consenso potenziale assai vasta, è l’indice diretto dell’insipienza dell’odierna opposizione.

Questo “tunnel” ha varie origini, in primis ideologiche, come l’antiamericanismo/anti-occidentalismo tout court: questa posizione che certamente ha molte ragioni specifiche, in gran numero condivisibili, di fatto impedisce spesso di vedere il tanto di buono che ha prodotto l’Occidente in termini politici e di diritto.

Le conquiste giuridiche e democratiche dell’Occidente sono di certo assai contraddittorie nell’applicazione e negli esiti, potrebbero costituire comunque un retaggio su cui chiedere un reale consenso volto alla loro completa attuazione.

Da giovane militavo nel movimento libertario e ben ricordo la feroce critica al sistema catto-comunista-imperialista ed ai suoi statisti, che molti ora rimpiangono sia da destra, sia da sinistra: oggi metteremmo la firma sulla stagione di crescita e diritti di quell’epoca, ora quasi del tutto devastati o in via di completa “estinzione digitale”, mentre allora, accecati dal furore ideologico, pensavamo a regimi ancor più “giusti” mentre non capivamo che avremmo dovuto costruire una politica in grado di rafforzare e liberare da contraddizioni e inefficienze il sistema misto a grande partecipazione statale, comunque capace di dare lavoro, pace e cultura ad una nazione fino a pochi decenni prima devastata dalla guerra, dalla povertà e dalle divisioni ideologiche.

Per certi versi oggi siamo allo stesso punto: i “rivoluzionari” che tanto riescono a ben criticare i lockdown, il “regime sanitario” e il controllo digitale, non “riescono” a veder di meglio che appoggiare le promesse di Putin/BRICS/Dugin e molti altri nostrani, per un mondo multipolare che sarebbe composto da stati di nuovo sovrani.

Come si possa non vedere che con la guerra ucraina siamo di fronte all’inizio di una nuova spartizione del mondo in sfere di influenza, al pari di quella post Seconda Guerra Mondiale del tutto antidemocratica e delegittimante gli ordinamenti nazionali, può essere spiegato solo con il retaggio ideologico antiamericano, come se Putin possa essere annoverato fra quelli “di sinistra” e/o “antimperialisti”.

In questa intervista la giornalista Tiziana Alterio parla chiaramente di un’altra visione del mondo, quella di Putin, chiamata multipolarismo, dove “non ci può essere un unico grande paese dominatore come gli Stati Uniti vorrebbero imporre, ma il mondo si dovrebbe avviare verso una multipolarità, cioè più poli che convivono tra di loro che sono uniti non da confini geografici ma da comunità affini, e questo è un salto anche di qualità rispetto all’idea delle nazioni ottocentesche per cui non saranno i confini a determinare il polo che nascerà a livello geopolitico, ma affinità culturali, anche un modo di vedere il mondo da un punto di vista economico, politico”.

Come questi confini non geografici fra nazioni, ma fra poli fatti di comunità “affini” non vedano il rischio di una sostanziale perdita di sovranità e di accentramento fatto di controllo algoritmico/AI-tecnocratico, foss’anche giustificato con un’esigenza di sicurezza data la presenza di più poli che tali tecnologie usano con successo, non è dato sapere.

Evidentemente, molti dell’area politica del dissenso valutano diversamente i protagonisti dell’eterna lotta fra centri di influenza: l’Occidente ha certamente le più gravi responsabilità di conquista/colonizzazione/esportazione di democrazia/polizia internazionale/presunta superiorità morale e via dicendo, ma la Cina non sta conquistando il mondo, anche se con altri sistemi e mezzi?

La Cina non è la detentrice della maggior parte delle terre rare necessarie alla tecnologia digitale di controllo e al “green reset” in veloce implementazione?

Solo questo dato non dovrebbe farci riflettere su clamorose contraddizioni, tali da farci anche sospettare che le tensioni globali siano solo un “gioco” fra potenze e stati profondi, certo pericoloso, ma in qualche misura previsto e necessario per tutti i player mondiali?

Siamo sicuri che finire nella sfera di influenza sino-russo-indiana allontani la distopia, invece di avvicinarla?

Con questi appoggi ad un Putin guerreggiante, che aveva anche altri modi di agire senza invadere il territorio – sprecando l’opportunità di essere almeno in questa fase un “nuovo Kennedy”, che non invase Cuba –, come speriamo di allargare la base del consenso?

Forse i morti di Putin sono meno gravi di quelli Bush, Clinton, Obama e Biden?

Chi lo va a spiegare alla “casalinga di Voghera” ben televisivamente ammaestrata sui vari pericoli emergenziali?

Credo sia del tutto indispensabile che la nascita di una nuova classe politica capace di ricostruire questa Repubblica ormai defunta con un nuovo spirito costituente avvenga non solo come dice Ugo Mattei nella più piena trasparenza e nonviolenza – e qui non posso non vedere il nuovo CLN come l’unica speranza politica del momento –, ma anche nella consapevolezza che la ricostruzione di una comunità libera non può passare dall’acritica accettazione di dinamiche geopolitiche la cui natura, finalità ed esiti sono ancora del tutto imprevedibili.

L’unica cosa certa che abbiamo ora sul presente è la preponderanza della “tecnica” sulla politica: non prendiamo abbagli che potremmo pagare cari passando da un’occupazione all’altra, in cui cambieranno solo facce e slogan, ma con la garantita continuità di controllo totale dell’essere.

Ricostruiamo una nuova e libera Repubblica costituzionale, allacciamo stretti rapporti di scambio e amicizia con tutti quei paesi capaci di tensione verso la libertà e una vera società dei diritti umani.

 

26 luglio 2022
fonte immagine: Wikimedia Commons, Public Domain Pictures

Lascia un commento