MONETA E INFLAZIONE – CHI E’ LO SPRECONE?

di Guido Grossi

 

Fra favole e realtà.

C’è una favola affascinante che, da quarant’anni a questa parte, abbraccia caldamente l’immaginario collettivo del popolo bambino, non solo italiano. Parla di zecchini d’oro che, piantati con fede nell’orto dei miracoli, fanno crescere altri frutti, altri zecchini d’oro, col semplice passare del tempo.

Quando abbiamo letto del gatto e della volpe che abbindolano Pinocchio, abbiamo tutti sorriso per la sua ingenuità.

Quando la stessa, identica, favola ce la racconta il nostro “banchiere personale”… abbocchiamo con tutte le scarpe! Capita, davanti a quel signore in giacca e cravatta, molto istruito e professionale, o a quella fanciulla radiosa e sicura di sé, quando ci consigliano appassionatamente su come “investire” i nostri zecchini nel mondo sfavillante della finanza, comprando “prodotti per l’investimento” o “assicurativi”. La circostanza che firmiamo fogli scritti fitti fitti, previsti da norme e regolamenti, e c’è anche la supervisione di Autorità di controllo, contribuisce a farci sentire al sicuro. Se di zecchini ne abbiamo un bel po’, stiamone certi, saranno loro ad invitarci, gentili e premurosi.

Tutto quello che fanno, lo fanno per dovere professionale: non hanno scelta. Il marcio, se c’è, è nei meccanismi che spingono le persone a fare cose che non vorrebbero fare. Di eroi ce ne sono, ma dentro quei meccanismi, sono inevitabilmente eccezione.
Attenzione: la favola, una volta ingoiata come fosse una pillola, produce allucinazioni: ci fa vedere cose che non esistono, e ignorare realtà evidenti.

Parliamo ad esempio di efficienza (che vuol dire evitare sprechi) e di efficacia (che vuol dire raggiungere i risultati) nella funzione “pubblica” di “produzione e allocazione” della moneta, per porci una domanda seria, a mente serena. Premesso che fino agli anni ottanta la “sovranità monetaria” (e cioè il potere di “stampare” e distribuire la moneta) lo avevano gli Stati nazionali; e successivamente questo potere è stato trasferito, con processo lento e lungo, prima alle banche centrali rese indipendenti dalla politica e poi, di fatto, direttamente al mercato, 

ci domandiamo:

– è stato più efficiente ed efficace lo Stato;
– o “il Signor Mercato”?

Per valutare, capiamo meglio cosa vuol dire “stampare moneta”.La scoperta del secolo, che solo pochi “ingenui” ancora ignorano, forse perché troppo grande per essere “vista” nella sua immensità, ma anche perché non ci è stata raccontata nei media, è che:
la moneta si crea dal nulla.
A partire dal 1971, con la fine del gold standard (sistema monetario basato sull’oro), questa realtà (che è sempre stata tale, nella sua essenza) diventa inconfutabile. Prima c’era l’oro a creare l’illusione che la moneta potesse “essere ricchezza”. Neanche l’oro, si mangia, ma può ingenerare confusione. Dopo il 1971, tolto l’oro, il Re è nudo.
Per molti decenni, questa scoperta resta poco appariscente.
Di certo, se ne è parlato poco nel dibattito pubblico in passato, e non se ne parla per niente nelle televisioni e sui giornali principali neppure oggi, (segnalatemi qualcosa che mi sia sfuggito). Argomento tabù.
Se ne parla molto, invece, su internet.
Grazie al lavoro paziente e faticoso degli “stregoni del web” ed al contributo di moltissime persone, le più disparate, che hanno seguito percorsi assai diversi: dal “troll complottista” al semplice curioso, al professore universitario che scrive e pubblica libri.

Sebbene questo lavoro possa produrre risultati a volte “approssimativi”, e molti aspetti meritino ancora chiarimenti, la verità è emersa, ed è inconfutabile, nella sua essenzialità:

– la moneta si può creare dal nulla;

– non comporta costi apprezzabili di produzione;

– né incontra limiti “fisici”.
Gli unici limiti sono dettati da norme e regolamenti, scelti dagli esseri umani.
Ripeto, specificando: gli unici limiti alla creazione della moneta “a corso legale”, sono decise da leggi, trattati, regolamenti, statuti.
I quali, sono tutti atti di squisita “volontà politica”.
(Facciamo un inciso, per esperti: una moneta alternativa o complementare, “non a corso legale”, può essere sempre “creata” da soggetti privati e, perché no, anche da enti pubblici. Si fa in base ad accordi non contrari alla legge che, come tali, hanno forza di legge fra le parti).
Prima di avventurarci nell’arte creativa, ci meritiamo tutti una riflessione e qualche approfondimento sul rapporto fra la moneta, che non ha valore, e la vera ricchezza, che è nelle cose che si possono comprare.
Allora, ragioniamo.
Nel mondo attuale,
che è tutto incentrato sulla produzione super iper specialistica
e sulla proprietà privata delle risorse essenziali alla vita (terra, acqua, aria ed energia), che se fossero liberamente accessibili a tutti, ci permetterebbero di vivere con un uso assai contenuto della moneta,

tutti noi siamo costretti, per sopravvivere, a procurarci la moneta, che scambiamo con i beni ed i servizi, prodotti da altri.Ma, allora, la domanda sorge spontanea:

che senso ha, per l’umanità intera, che questo potere immenso di creare la moneta indispensabile alla vita, sia stato riservato ad un sistema finanziario fatto di banche centrali, indipendenti dal controllo politico e democratico? Soprattutto sapendo che la disponibilità dello strumento dipende solo da un atto di volontà, che comunque è politico!

Ancor di più, che senso ha aver messo le banche centrali non più al servizio degli Stati, ma al servizio di un sistema mondiale fatto di banche, finanziarie, fondi, sistemi di pagamenti, paradisi fiscali, sistema bancario ombra e organismi che scrivono regolamenti illeggibili e assegnano giudizi improbabili… dove tutto, lì dentro, è sostanzialmente:

privato

e sopra nazionale?

E’ l’inflazione, bellezza, ti rispondono gli esperti
. Guai a lasciar fare agli stati: troppa moneta = inflazione. Lasciamo fare le banche centrali, che devono, assolutamente, essere indipendenti.

Non ci fossilizziamo troppo sulle differenze (che pure sono eclatanti) fra Euro e dollaro e altri diversi regimi, nel mondo occidentale. L’essenza, è nel pensiero principe: le banche centrali devono essere indipendenti dalla politica. Ovunque, nel mondo “occidentale”.

La “filosofia” che sta dietro la scelta (che, attenzione: è una scelta politica e non ci è mai stata spiegata, né raccontata), è la seguente:
siccome la moneta che può essere creata dal nulla senza costi né limiti non può avere alcun “valore intrinseco”, c’è bisogno di attribuirle un “valore artificiale”.

Il sistema più efficace per far emergere quel valore artificiale è: “mantenerla scarsa“, e “renderla drenabile con le tasse” (ce n’è troppa? me la prendo).

Questi, sono gli strumenti per la lotta all’inflazione, che altro non è che il mantenimento artificiale del valore della moneta creata dal nulla.

Ora, attenzione. C’è stato un periodo fra gli anni settanta e soprattutto ottanta del secolo scorso, durante il quale il mondo occidentale ha vissuto una sorta di ubriacatura da benessere economico. La scoperta della possibilità di stampare moneta e usarla per fare tutti gli investimenti che ti pare, sebbene poco nota al grande pubblico, s’è fatta invece rapidamente strada negli ambienti della politica, ed ha favorito l’allargamento della spesa pubblica un po’ ovunque. Anche il mondo dei titoli, negli anni ottanta, sostenuto da questa “energia creativa”, ha accelerato i suoi trend di crescita, ed ha favorito, oggettivamente, la nascita di attività economiche imprenditoriali private che l’umanità non avrebbe mai visto, senza quella disponibilità di risorse finanziarie. Sono gli anni in cui ti cominciano a cercare a casa, per proporti dei “prestiti”. Soldi facili, non per tutti ma per molti. Crescono le “classi medie”, e si scoprono benestanti. Producono e consumano.

Da più di un punto di vista, possiamo onestamente dire che di sprechi ce ne sono stati. E anche di cose importanti non fatte.

E’ in quegli anni che si diffonde la novella, non completamente infondata, che i politici eletti dal popolo negli stati nazionali tendono “per natura” ad essere “spreconi”, “irresponsabili”, “corrotti”, non ce la fanno proprio a mantenere scarsa la moneta e fanno fatica a far pagare le tasse (soprattutto ai ricchi!) e portano quindi l’inflazione fuori controllo.

Ed addio magia: ecco che con l’inflazione la moneta creta dal nulla perde il suo valore, che è artificiale.

Bisogna correre ai ripari. Magari c’è stata un po’ di confusione (anzi, tantissima) fra l’inflazione causata dal prezzo del petrolio impazzito dopo le guerre del golfo degli anni settanta, e quella causata dagli eccessi di spesa pubblica. Comunque, ecco la soluzione ideale:

è bene lasciar fare ai mercati, resi indipendenti dalla politica, a partire dalle banche centrali! I mercati, si sa (?), sono più efficienti.

Questo, è stato il pensiero centrale degli “specialisti del settore” negli anni fine settanta/ottanta, che si è trasformato, poco dopo, in realtà.Il bello (sic!) è questo: sono i politici che qualcuno descrive come corrotti ed inefficienti ad aver operato, assieme ai soggetti privati che li consigliavano, la scelta politica di “cedere la sovranità monetaria”! Tradotta, senza approfondito dibattito pubblico, in leggi, trattati, regolamenti e statuti. Eravamo un popolo bambino, e gli “adulti” hanno scelto per noi.

A chi è stata ceduta?

Se avete capito che il nuovo titolare sia diventato l’Europa, siete probabilmente vittime di illusione (magari alimentata da cattiva informazione).

La sovranità monetaria ce l’hanno i mercati
che sono sostanzialmente privati
sono sopra nazionali

ma anchesopra internazionali! Neologismo orribile, ma efficace.Basta leggere l’art 123 del Trattato UE, che VIETA alla BCE di prestare soldi agli Stati, mentre le consente di prestare soldi alle banche di tutto il mondo, anche americane e giapponesi, se hanno una filiale residente in Eurolandia (i paesi dove circola l’Euro), per impietosa conferma.

Vediamo dunque di capire meglio cosa sia questa inflazione, che misura la capacità della moneta di mantenere nel tempo il suo valore (artificiale), e spaventa i custodi della moneta.
Secondo la narrazione di chi ha operato e difende la scelta, il sistema finanziario privato avrebbe assolto al suo mandato: garantire la stabilità del valore artificiale. Gli Stati nazionali, spreconi e corrotti, ne avrebbero emessa troppa e avrebbero scatenato l’inflazione, brutta e cattiva.

L’inflazione, da allora, è stata domata, ed è bassa. Oggettivamente bassa.

Oggettivamente? Sicuro? Mettiamoci il naso.

Intanto, osserva la quantità di moneta

La quantità di moneta emessa dal sistema finanziario non più controllato dalla politica non è mai stata così ampia nell’intero mondo occidentale, Europa compresa. Molto più ampia di quella emessa dagli Stati sovrani, precedentemente. Mmm, dunque, le banche centrali hanno favorito la creazione di più moneta di quanta non ne creassero gli stati spreconi!

Ma l’inflazione resta bassa. Come mai?
Per un effetto di “allucinazione”: non ci appare alla vista, perché non viene misurata come dovrebbe. Non viene misurata tutta. Ma anche per un effetto distorsivo nella allocazione: la moneta creata dal sistema finanziario evita di finire nelle tasche dei consumatori e nell’economia reale, e privilegia invece il mondo della finanza speculativa. L’inflazione che si produce nel mondo della finanza speculativa non si misura, ed il gioco è fatto.

Approfondiamo.
Cosa è l’inflazione? E’ la perdita del potere d’acquisto della moneta, rispetto alle cose che si possono comprare. Oggi con 100 euro compro una bicicletta, e fra un anno la stessa bicicletta la pago 110. Il che, si descrive con una inflazione misurata del 10%, circa. Per misurare l’inflazione totale dovremmo misurare la variazione di tutti i prezzi di tutte le cose che si possono comprare e fare una media ponderata. E’ scomodo, e allora si ricorre ai “panieri” (si scelgono beni importanti, in quanto rappresentativi).
Ma se mi scordo di metterci dentro tutte le cose importanti, fra quelle che si possono comprare, che misura è?

Domanda impertinente:
“con cosa si comprano i titoli e i derivati?” Con le cipolle, forse? Oppure con gli stessi euro e gli stessi dollari con cui ci posso comprare le cipolle? E’ una spesa importante quella in titoli e derivati? Influisce sulle nostre vite? Sembra di sì.
L’inflazione degli investimenti finanziari, di cui televisioni e giornali non ci parlano mai, e che l’Istat e l’eurostar (ente di statistica europeo) NON misurano, è trattata con discrezione in ambienti ovattati con il nome, naturalmente inglese, di “asset inflation“. Un certo Greenspan, governatore della FED, s’era messo in testa di parlare di “esuberanza irrazionale” a proposito di quella inflazione, ritenendo che la salita dei prezzi dei titoli degli ultimi anni (siamo nei ‘novanta) era eccessiva e preoccupante. Preoccupazione, peraltro, poco pubblicizzata sulle tv e giornali che in quegli anni preferivano mostrarci la sfavillante meraviglia di Silicon Valley, di internet, del Nasdaq (indice di borsa delle aziende che operano con le nuove tecnologie), che volava al di sopra del bene e del male. (Curiosità: nasce nel 1971, il Nasdaq).
Si è discusso molto – in ambito finanziario, bada bene, non in ambito politico – in quel tempo che si situa a metà degli anni novanta, se fosse compito delle banche centrali occuparsi o meno della stabilità dei prezzi dei mercati finanziari (ma anche del tema, assai correlato, della necessità di disciplinare il “sistema bancario ombra”).
Si decise per il no. 
Greenspan smise di preoccuparsi dei prezzi dei titoli che salgono troppo, e mise i suoi risparmi personali in un “Blind Trust” (letteralmente: fondo fiduciario “cieco”, nel senso che Greenspan non può sapere in cosa vengono investiti i suoi risparmi). Il fondo, che è “fiduciario” in quanto gode della fiducia cieca del risparmiatore, investe in titoli e derivati, ed è gestito da professionisti di prim’ordine. Si direbbe che ciechi siano anche quelli che non abbiano visto come Greenspan, da quel momento, diventa oggettivamente interessato a far salire, a scanso d’equivoci, tutti i titoli del mondo. Ed è in condizione di farlo, in quanto è il banchiere centrale più potente del mondo, che può creare tutta la moneta che vuole.
Strano a dirsi, si convertì.
Da allora, con un giro di 180°, da banchiere centrale più potente del mondo, divenne il padre nobile di quello che viene definito “moral hazard” (azzardo morale): tutte le volte che i prezzi dei titoli scendono, in maniera preoccupante, la banca centrale immette liquidità, per sostenere quei prezzi. Ricordi? tanta moneta = inflazione. Quanta se ne deve immettere? “Whatever it takes” (tutta quella che serve), ma questo lo aggiunse, molti anni dopo, Draghi. Come si deve immettere? Con formule sempre più fantasiose.
E il mondo, tornato irrazionalmente esuberante, salvo inascoltate eccezioni, smise di occuparsi del tema, occupato com’era a brindare ai nuovi massimi raggiunti dalle quotazioni delle borse, e a scrivere affannosamente nei testi universitari come e perché fosse diventato, solo ora, possibile, conciliare quei prezzi con l’andamento delle economie mondiali, visto che le formule “scientifiche” precedenti li avrebbero bollati irrimediabilmente: “bolla speculativa”.
Da allora, infatti, mentre il mondo della finanza si complica e diventa “complesso” (nel senso di “non comprensibile con la matematica”), ed inizia a giocare con i derivati, mescolandoli ai crediti, l’economia reale conosce alti e bassi, e, generalmente, rallenta. Soprattutto in Eurolandia, dove la scelta di tener fuori la politica dalla gestione del denaro, è più drastica, e ottusa.
Salgono le borse ed aumenta la disoccupazione.
Salgono le borse ed aumenta la povertà.
Salgono le borse e i giornali e le TV ce lo ricordano tutte le mattine, a pranzo, cena e colazione, parlando poco di disoccupazione e povertà.
Salgono le borse e i contratti di lavoro cambiano, diventano flessibili, fino a raggiungere i 90°.
C’è del marcio, in Danimarca.
Parliamo di “quantitative easing” (rendere facili le cose agendo sulle quantità). Tutti ne parlano, ma spiegano poco. Le banche centrali ci raccontano che devono fare qualcosa per combattere la disoccupazione e la povertà. Hanno abbassato i tassi, fino a sotto zero, per scoprire che la cosa non funziona. Allora hanno cominciato ad immettere “quantità” di moneta sempre maggiori, nel sistema finanziario. Ma neanche quello funziona. Magari, se avessero guardato al Giappone, che è da una vita che combatte con la “trappola della liquidità”, lo avrebbero scoperto prima: non funziona.
Motivo? Ssss… zitto. Mica vorrai dire che solo la politica ha interesse e strumenti per combattere la disoccupazione, la povertà, il precariato? Sai, poi, l’inflazione…Come funziona, il quantitative easing? Le banche centrali (che non possono servire la politica) comprano direttamente titoli sui mercati. Generalmente, titoli governativi, ma non solo. Nei programmi di acquisto di titoli, sono comprese piccole quote di titoli totalmente privati, dentro i quali ci sono derivati poco comprensibili (mia opinione) che rischiano di coprire crediti di dubbia esigibilità (mia opinione). Lo fanno per cifre enormi.
Ora, riflettiamo. Con i soli 1000 miliardi di euro con cui la BCE ha “salvato” l’Europa dallo spread fra fine 2011 e inizio 2012, se invece di comprare titoli sui mercati finanziari fossero stati consegnati e gestiti dalla politica, per esempio, ci si poteva far sparire la disoccupazione in tutta Europa. Eh ma sai… la politica sprecona. Vuoi mettere tu “l’efficienza allocativa” dei mercati?
Ogni anno, migliaia di miliardi si riversano nel sistema finanziario, che però trova difficoltà crescenti a finanziare gli Stati, le Famiglie e le imprese. I canali del mondo finanziario comunicano sempre di meno con il mondo dell’economia reale. Prendiamone atto. E’ per questo che il mondo dell’economia reale soffre, mentre il mondo della finanza cresce, e cresce, e si ubriaca di liquidità, resa alcolica dai derivati. Quella, è inflazione. Inflazione degli asset (asset = investimento finanziario). Inflazione degli investimenti finanziari.

Se volete misurare con esattezza quella inflazione, di cui non si parla mai in questi termini, e di cui gli Istituti di statistica non riportano menzione, bisogna smettere di chiedere alla politica, e rivolgersi ai mercati. In questo, sono efficienti. Usano un linguaggio riservato agli addetti, ma sono efficienti: misurano l’andamento dei prezzi molto accuratamente, ed in tempo reale.
Questa che vedi qui sotto, è inflazione degli investimenti finanziari. Lo stesso indice, oggi lo compri con 100, dopo un anno ti costa 110. Asset inflation del 10% circa.
Mi perdo, nei calcoli: se nel 1995 una cosa costava 500, ed oggi è a 3000, a quanto ammonta l’inflazione provocata dalle politiche “espansive” delle banche centrali, custodi della stabilità della moneta? 600%? Ravanello!Prego notare l’andamento dell’indice S&P 500 (che può essere utilizzato come buona approssimazione dei mercati finanziari di tutto il mondo). Già dagli anni ottanta aumenta il ritmo di crescita. A partire dalla metà degli anni novanta, s’impenna, dopo che le banche centrali, rese indipendenti dalla politica, hanno deciso che l’asset inflation, non è affar loro.

Ora, un aspetto importante: chi vince e chi perde.

Nel mondo scioccamente competitivo (che ha scordato perfino il significato delle parole, perché cum pétere vuol dire “tendere tutti insieme verso l’obiettivo“), ricordiamolo sempre: se uno vince, tutti gli altri devono perdere… come ad X Factor 🙁

Cosa rappresenta, per un ricco investitore, quella inflazione? “Aumento del potere d’acquisto”. Compro un titolo a 100; quello sale quasi di sicuro, finché i soldi creati dal nulla finiscono in massima parte a comprare titoli; lo rivendo a 120. Con i 20 guadagnati mi compro tutte le cipolle e le biciclette che voglio, e 100 li reinvesto.

Vogliamo parlare di corruzione, sprechi, follia?
Vogliamo parlare degli strumenti derivati, che permettono alla follia di ampliarsi, moltiplicata per cento o per mille? Un’altra volta.
Parliamo invece qui dell’inflazione al consumo. Quando si parla di inflazione, senza specificare, si intende “inflazione dei prezzi al consumo”. Quella sì, che è misurata dalla politica con accuratezza minuziosa, persa com’è a guardare l’inutile; quella sì, che viene commentata e diffusa ai quattro venti dai giornali quotidiani.
Vi propongo questa tabella, una a caso, per uno sguardo d’insieme sul suo andamento negli anni. E’ lunga e larga, guardatela sul link : inflazione storica.
Da quando l’asset inflation ha accelerato la sua escalation, l’inflazione al consumo ha iniziato la sua discesa. Una sale, l’altra scende. Da una parte fiumi di denaro, dall’altra si tira la cinghia. Interessante.

Intanto, domandina: siamo contenti se scende l’inflazione al consumo? Ragioniamoci su.

Cosa rappresenta, per un onesto cristiano, l’inflazione al consumo? Poco, o nulla. Mentre l’intellighenzia mondiale scomoda le migliori università e, compatti, tutti gli organismi sopra nazionali a presidio dei mercati, con lo scopo specifico di dimostrarci, con ragionamenti improbabili, che un povero debba molto preoccuparsi della perdita del potere d’acquisto di una moneta che non possiede, ognuno è invitato a farsi una opinione personale, ricorrendo ad un metodo infallibile:
andate indietro con la memoria, ai tempi in cui l’inflazione era più alta, e cercate di riscoprire quel dolore immenso che, secondo la narrazione prevalente, vi avrebbe dovuto travolgere.
Io ricordo che con l’inflazione al 20% ed un mutuo al 23% ho comprato la mia prima casa, con lo stipendio da neo assunto. Mio figlio oggi non riesce, con l’inflazione all’1,5% ed i mutui al 2-3 %.
Cosa rappresenta, per un ricco investitore, una bassa inflazione al consumo, o, meglio, una deflazione? Ancora una volta: “Aumento del potere d’acquisto”, ma nessuno ne parla. E’ contro intuitivo, ma assai reale: con i 20 guadagnati speculando sui titoli, compro più cipolle e più biciclette, che ora, grazie alla deflazione, costano di meno.

Nel frattempo i poveracci non le possono più comprare, biciclette e cipolle, perché quando arriva la deflazione il lavoro sparisce e la povertà aumenta. Qualcuno chiude l’azienda e licenzia, qualcuno si svende la casa. Qualcuno emigra e qualcun altro si suicida.

Famo a capisse: deflazione, la possiamo intendere come una inflazione al consumo inferiore al due percento. In quella circostanza, i prezzi di alcuni beni, importanti, scendono. Come quelli delle case; delle aziende che chiudono; del patrimonio pubblico svenduto. Insomma: si fanno buoni affari.

Ora abbiamo un’idea più precisa, spero:

– del senso delle politiche deflazionistiche (quelle che “distruggono la domanda interna”);

– del valore della moneta;

– di chi vince e chi perde, al gioco dell’inflazione;

– di chi è davvero irresponsabile, nella gestione della moneta.

Curiosità: negli anni che vanno dal 2009 ad oggi, che sono gli anni interessati dalla crisi provocata dai mutui sub-prime, mentre negli USA il Governo spende e spande per contrastare la crisi, assecondato dalla FED, i Governi europei sono impastoiati nei vincoli “contabili” (sì, contabili, hai capito bene) del fiscal compact (trattato europeo che impedisce agli Stati di spendere, per ragioni contabili). E’ per questo che arriva la recessione, quando devi spendere e non lo fai. Si porta appresso la disoccupazione, la povertà e la deflazione.
Negli anni successivi, dopo averci pensato un po’, la BCE si anima di buoni propositi ed inizia a fare sforzi enormi per riportare l’inflazione europea, che era scesa troppo, verso l’obiettivo del 2%, ma sembra irraggiungibile.
Si racconta di un bambino, fuori della torre di Francoforte, che avrebbe suggerito ai banchieri centrali: “forse, se invece di spendere tutti quei soldi per comprare titoli, potreste darmi un soldino anche a me, io lo spenderei dal panettiere, e farei salire l’inflazione”. Non lo hanno preso in considerazione, peccato.

Nel frattempo, mentre l’inflazione al consumo non ne voleva sapere, di salire verso il 2%… il DAX, indice di borsa tedesco, passa da 4.500 del 2009 ad 11.500 di oggi. Quella, è un’asset inflation del 255 percento!

Dico Dax per dire Europa. Ma vediamo un indice europeo: “l’Euronext 100“: passa da 500 a 1000, con un’asset inflation del 200%
p.s. se siete curiosi e volete vedere l’asset inflation in Italia, o altri paesi, cercate qua.

Potremmo fermarci, ma un altro argomento, su quest’ultimo punto, va affrontato, con coraggio.

Il sistema finanziario, che è diventato privato e “sopra internazionale“, dopo aver (ri) conquistato il potere di creare la moneta dal nulla, ha deciso di “prestarla”. Diciamo che il metodo diretto: “la creo e la spendo come mi pare“, sarebbe stato un po’ troppo sfacciato, e appariscente. Così, s’è deciso di usare il metodo indiretto: “la creo e te la presto“. Dove “te” sta per: Stati, Aziende, Famiglie. E te la presto, dietro garanzia. Dove la garanzia è un documento rappresentativo di un prestito. Forse sembra uno scioglilingua, ma è più un gioco di prestigio, dove, se ci fai attenzione e lo osservi al rallentatore, il trucco viene a galla. Vediamo un passo per volta:

1) io banca “A” presto 1000 a Tizio (titolo di stato o mutuo, va bene eguale);

2) vado presso la Banca Centrale e gli dico: “vedi? Vanto un credito nei confronti di Tizio, scontamelo, per favore“;

3) la banca centrale, vista la garanzia, versa 990 sul computer dove la banca “A” ha il suo conto di riserva.

I dieci di differenza (1000 – 990, ma sono numeri variabili) rappresentano la prudenza della banca centrale: hai visto mai che quel debitore poi non restituisce i 1000 alla banca “A”, che invece i 990, a me, li deve comunque restituire?

A questo punto, il problema immediato della banca “A” è quello di trovare giusto i 10 che mancano, per coprire il prestito di 1000. Ma, giustamente, si deve preoccupare anche del rischio che corre sui 1000 prestati. Per quest’ultimo aspetto, ci pensano le grandi banche d’affari: vengono, prendono i 1000, li mettono insieme a tanti altri mille, li condiscono con un po’ di derivati, fanno a pezzetti, ed ecco confezionati “prodotti per l’investimento”, pronti per l’uso.

E’ lì che arriva Sempronio, si presenta allo sportello della banca “A”, e vuole versare 1000. Ma la banca gli dice: “versami 10 sul conto, ma con 990, ascolta, ho un prodotto miracoloso, che fa al caso tuo… compralo, e diventerai ricco!”

Da dove ha preso i 990, la Banca Centrale? Dal Nulla.
Prima non c’erano, oggi ci sono. Li iscrive al passivo, e all’attivo ci registra il credito verso la banca “A”. La contabilità quadra.

I prezzi dei titoli si gonfiano.

I crediti aumentano, ma anche i debiti.

I risparmiatori si ritrovano trasformati in investitori, a gestire rischi di cui non sanno nulla.

Ma, tranquilli: sono solo numeri su computer.

Tu pensa se un giorno, dopo un black out, l’umanità si dovesse svegliare dal sogno della ricchezza di carta, e cominciasse a guardarsi intorno: “e ora che cosa facciamo?”

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