Lo spread sale? Gettiamo acqua sul fuoco

Il Governo sta studiando i dettagli tecnici per offrire ai cittadini italiani i CIR (Conti Individuali di Risparmio), come ci racconta questo articolo del Messaggero. Bene: si inizia a “pensare ai risparmiatori”. La soluzione contrasta lo spread, difende il risparmio delle famiglie italiane, abbatte il costo del debito, favorisce l’uso dei crediti fiscali.
Ma, attenzione: si legge sui giornali che sarà operativa nel 2019, mentre lo spread sale ORA, minaccioso, e bisogna fare qualcosa sin da subito.

Ci sono interessi grossi, in ballo, sul finanziamento del debito pubblico italiano, e sulle cose che si possono comprare in un paese che rischia il fallimento (indotto).  L’esperienza recentissima in Grecia ce lo ricorda.  A proposito di Grecia, suggerisco questo libro, scritto da amici, di cui ci parla byoblu in questo video.

Guardando l’attualità, appena fuori casa, scopriamo che qualcuno interessato a fare “shopping” a buon mercato in un Paese “da salvare”, si trova sempre. Qualcuno che dispone (perché lo abbiamo “lasciato fare”) di strumenti “derivati” adatti a sollecitare anche impropriamente i prezzi dei mercati finanziari, con i quali è tecnicamente possibile “incendiare” lo spread.

Le soluzioni alle quali sta pensando il Governo sono efficaci, perché distruggono alla radice i meccanismi con cui oggi sono possibili distorsioni sui prezzi dei titoli governativi. Gli investitori istituzionali, messi in concorrenza con i risparmiatori italiani, non potranno più comprare titoli di stato con rendimenti eccessivi, non in linea con i fondamentali del paese (come riconosceva perfino Monti). Nessuno potrà più comprare pezzi di Italia a prezzi stracciati, come sta avvenendo ora, che siamo schiavi di quell’inutile debito estero.
Ricordiamoci anche che siamo in bilico su un crinale molto pericoloso, con le agenzie di rating (soggetti privati che la storia ci insegna essere propense a clamorosi errori di giudizio) pronte a premere il grilletto del declassamento dei nostri titoli di stato a “titoli spazzatura”.
Vediamo allora come è possibile intervenire per “gettare acqua sul fuoco”, anche preventivamente, nell’eventualità che sullo spread scoppi un incendio.
Fra il 15 ottobre ed il 1 dicembre scadono 30 miliardi di BTP, che devono essere rinnovati.
Il costo per rinnovarli, alle attuali condizioni di mercato, sale oltre il 2-2,50% anche se sono titoli a durata breve: 3 e 5 anni. Qui trovi, in tempo reale, i rendimenti netti dei BTP sulle diverse scadenze. Nota bene due cose:
1)  quel costo resta fisso per lo Stato per tutti gli anni della durata del titolo;
2) 2% è un tasso più alto dell’inflazione, attualmente in Italia pari al 1,5% (controlla qui, su Istat). E’ quindi un TASSO REALE POSITIVO, che fa salire nel tempo in maniera meccanica il “peso” complessivo del debito pubblico, per il solo passare del tempo!
Pagare sul debito pubblico tassi reali strutturalmente positivi è una scelta suicida: rende la cosa matematicamente ingestibile. Ci avvita in quel genere di percorso che ogni strozzino conosce bene: tu non ce la fai a ripagare, quindi mi dai le tue cose.
Fra il 12 ottobre ed il 30 novembre scadono anche 24 mld di BOT e 10 mld di CCT, attualmente posseduti da banche e fondi, che hanno rendimenti (cioè un costo per lo Stato) prossimi allo zero, o leggermente negativi.

Il Tesoro può ridurre l’offerta di BTP  (es.:  da 30 mld in scadenza, a soli 15 di nuove emissioni) sostituendoli con maggiori emissioni di BOT e CCT, per assicurarsi questi possibili risultati:

1) lo Spread scende, meccanicamente, per la banale legge della domanda e dell’offerta: offrendo agli investitori meno titoli di quanti non sarebbero interessati a comprarne, si dovranno accontentare di un rendimento più basso. Il che comporta un minor costo su 15 miliardi da emettere e, soprattutto, toglie argomenti a coloro che volessero (eventualmente) agitare lo spettro dello spread per condizionare le scelte politiche. N.B.: il minor costo è moltiplicato per tutti gli anni della durata dei BTP (ne hanno emessi a 50 anni!).
 
2) Se scendono i rendimenti, salgono i prezzi: ci guadagnano le banche che hanno 1500 miliardi in portafoglio di vecchie emissioni di BTP. Fra queste, le banche italiane ne hanno acquistati negli ultimi anni quasi 400 mld. Le banche tirano un respiro di sollievo mentre scendono i costi per lo Stato. E’ importante che le banche italiane non siano aggravate dalla svalutazione dei BTP in portafoglio, perché diventerebbero preda ancora più facile per le grandi banche d’affari di tutto il mondo, molto interessate a venire in Italia a “gestire” il nostro immenso risparmio privato.
3) Alzando di soli 0,05 – 0,15% il rendimento dei BOT rispetto agli attuali, aumenta rapidamente la massa di liquidità offerta dal mercato. E’ vero che salgono i costi per lo Stato su 24 miliardi, ma salgono di poco e solo per breve termine. Ad ogni modo, è un tasso nominale che resta abbondantemente al di sotto dell’inflazione: è un tasso reale negativo, che con il solo passare del tempo alleggerisce il peso del debito.
4) Introducendo un nuovo BOT a tre mesi, come c’era una volta, si può iniziare da subito ad andare incontro ai desideri delle famiglie risparmiatrici, che adorano le scadenze brevissime. Emesso adesso, consentirebbe di attirare rapidamente la liquidità interbancaria, alla disperata ricerca di rendimenti accettabili, e si iniziano a mettere in moto le risorse nazionali.
N.B. Le aste dei BOT avvengono prima di quelle dei BTP, il che consente di adattare gli importi delle successive aste dei BTP al risultato conseguito sulle aste dei BOT, senza dover fare salti nel buio.
5) Infine, si possono sperimentare i primi “trattamenti privilegiati” a favore dell’operatore famiglia, con emissioni dedicate, da veicolare eventualmente sulle banche pubbliche, volti a saggiare il terreno e predisporlo per gli interventi più strutturali del prossimo anno.
 

Il 1 novembre scadono e devono essere rinnovati 10 mld di CCTeu. Un CCT è un Certificato di Credito del Tesoro che ha una durata lunga (5-7 anni) ed un tasso che varia ogni sei mesi. Nati per le esigenze delle famiglie risparmiatrici, offrono un rendimento un tantino più alto del BOT, in cambio di una scadenza più lunga. La circostanza che il tasso segue nel tempo l’andamento dell’economia e dell’inflazione, fa sì che il loro prezzo non vari nel tempo, se non minimamente: non sono rischiosi come i BTP.

Ma di CCT non se ne emettono più, sostituiti dai CCTeu. Cosa vuol dire quel suffisso “eu”? Vuol dire che sono stati trasformati e resi adatti alle esigenze degli investitori istituzionali di tutto il mondo, stranamente ritenuti più meritevoli delle famiglie italiane. I vecchi CCT erano indicizzati ai rendimenti dei BOT, quelli dei CCTeu sono indicizzati al tasso ufficiale euribor dei depositi interbancari, che per gli investitori sono più comprensibili e “gestibili”. La storia e qualche procedimento giudiziario dimostrano che quel tasso euribor può essere manovrato, magari in coincidenza con i giorni di fissazione della cedola. Se il tasso interbancario dovesse “salire” giusto quel giorno in cui si stabilisce il costo della cedola per i prossimi sei mesi, qualcuno guadagnerebbe per sei mesi (e magari fra loro c’è una banca che partecipa alla “fissazione” del tasso euribor), mentre noi pagheremmo più del necessario.

Cosa fare per il 1 novembre?
Il Tesoro può emettere CCT (senza eu), indicizzati ai rendimenti dei BOT (com’era una volta) e prova ad invertire i meccanismi dell’asta per il loro collocamento: si offre un rendimento allettante (senza esagerare, allettante il giusto) e si vede quanti mld arrivano. Data l’intenzione di riportare i BOT nei portafogli delle famiglie italiane, cosa che richiede un rendimento nominale superiore allo zero, i rendimenti futuri dei CCT sono destinati a salire, pur rimanendo sotto l’inflazione. Bisogna affrettarsi a comprarli ora. 

I risparmiatori, in questo paese, non vedono l’ora di poter comprare un titolo di stato che torna ad essere un porto sicuro, con caratteristiche adatte alle proprie esigenze: poco rendimento ma poco rischio.
Importante : la liquidità che dovesse arrivare in eccesso (estremamente probabile) viene usata, al bisogno, per comprare sul mercato quei BTP che qualcuno potrebbe avere la voglia di “svendere”, nei giorni a venire. Si deve fare, naturalmente, scegliendo quelli con cedole più alte e scadenze lunghe, in maniera da abbattere più rapidamente i costi per lo Stato.
 

Poi, nel 2019, arrivano le soluzioni strutturali. E addio spread.

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