Lehmann Brothers 10 anni dopo – Nulla è cambiato

di Davide Gionco

Esattamente 10 anni fa falliva la famosa banca americana Lehman Brothers.

Il fallimento della banca fu causato da una serie di fallimenti finanziaria catena.
Dapprima la crisi dei subprime, nel 2006. I subprime erano dei prestiti ad alto rendimento nominale (quindi anche ad alto rischio) verso clienti a forte rischio debitorio nel settore immobiliare.
La corda troppo tirata si ruppe, fino ad arrivare il 15 settembre 2008 al fallimento della Lehman Brothers, insieme alle altre banche Bear Sterns e AIG.

Da Wikipedia:
La banca d’investimento non ricevette l’erogazione dei fondi statali né l’intervento di capitali esterni, venendo costretta a iniziare le procedure fallimentari il 15 settembre 2008 (facendo ricorso al “chapter 11“, l’amministrazione controllata) con un indebitamento di 613 miliardi di dollari. Lehman Brothers nel 2007 aveva chiuso i bilanci con ricavi di 19 miliardi di dollari e un utile netto di 4,19 miliardi.
Solo il 10 settembre dell’anno successivo, cinque giorni prima del fallimento, alla fine del secondo trimestre, i ricavi del gruppo apparivano negativi per 2,9 miliardi di dollari, mentre gli utili per 3,9 miliardi. La causa del rapido tracollo furono i debiti contratti sui mutui ad alto rischio, le massicce svalutazioni dei titoli seguite al crollo del mercato immobiliare e le contemporanee esposizioni che il gruppo aveva accumulato nel mercato dei credit default swap.
Come conseguenza immediata del fallimento, in una sola giornata le borse mondiali videro cancellati 1.200 miliardi di dollari di capitalizzazione.

Lo Stato americano e la Federal Reserve non intervennero inizialmente, in quanto, in attuazione rigorosa dei principi dei neoliberismo, una banca privata è un’azienda privata, che dovrebbe poter fallire, lasciando agire “la mano invisibile” del mercato.
Ma Lehman Brothers non era una “singola azienda privata”: i debiti lasciati dal suo fallimento avrebbero fallire altre banche ed altre società finanziarie. Quando i governi si resero conto della gravità della crisi finanziaria globale, intervennero massicciamente con iniezioni di liquidità nel sistema finanziario finalizzate a bloccare i fallimenti delle banche.

Parliamo di ben 4’000 miliardi di dollari per gli USA, su un PIL annuo di 14’700 miliardi ovvero il 27% del PIL annuo di tutti gli Stati Uniti d’America per impedire il crollo dell’intero sistema finanziario.
Oltre a questi furono spesi altri 1’400 miliardi di dollari anche da parte dei governi dell’Unione Europea, su un PIL annuo di 19’100 miliardi, ovvero il 7% dell’intero PIL europeo.

Consideriamo che per realizzare gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 stabiliti negli accordi COP21 di Parigi si richiederebbero al mondo intero investimenti per 100 miliardi l’anno, che con i 5’400 miliardi di cui sopra sarebbero garantiti per i prossimi 54 anni.

La crisi fu causata da eccessive vendite di “prodotti finanziari tossici”.
Per quale motivo la crisi avrebbe dovuto colpire anche noi normali cittadini, che non viviamo di “prodotti finanziari”, tossici o non tossici, che limitiamo i nostri rapporti con il mondo della finanza ad un modesto conto in banca per ricevere lo stipendio, pagare le bollette e magari per fare fronte a qualche imprevisto.

Il primo motivo è l’alto grado di interconnessioni fra le varie società finanziarie del mondo. Non abbiamo a che fare con singole banche, ma con un’unica grande rete di società, tutte collegate fra loro, come un grande castello di carte, in cui la caduta di una carta provoca la caduta dell’intero castello. Nel 2008 si verificò una situazione globale del tipo “too big to fail” ovvero di un sistema troppo grande per poter fallire. Se fossero fallite tutte le banche, sarebbero stati bruciati tutti i risparmi di centinaia di milioni di persone in tutto il mondo.

Il secondo motivo è che il sistema bancario dispone, ancora tutt’oggi, di una potentissima arma di ricatto: la detenzione dei depositi bancari dei risparmiatori.
Dopo la grande crisi del 1929, che aveva messo in ginocchio molte banche americane, il 16 giugno 1933 fu emanato negli USA il famoso Glass Stegall Act, la legge sul sistema bancario, promossa dai senatori Carter Glass ed Henry Bascom Steagall.
La crisi del 1929 era stata causata dalla corsa agli sportelli da parte dei risparmiatori, i quali temevano di perdere i loro risparmi a causa dei fallimenti delle speculazioni finanziarie delle banche.
Per questo motivo il Glass Steagall Act vietò alle “banche commerciali”, quelle che offrono servizi di risparmio e di credito, di svolgere attività finanziarie, consentite solo alle “banche di investimento”.
In questo modo i risparmi erano al riparo dalle attività di speculazione finanziaria.
Questa legge garantì sicurezza ai cittadini americani e funzionò bene fino al 12 novembre 1999, quando fu sostituita dal Gramm-Leach-Biliey Act promulgato dal presidente Bill Clinton.
Da allora sono bastati meno di 9 anni per riportarci ad una situazione simile a quella del 1929.

Per la cronaca anche l’Italia negli anni 1930 adeguò la propria legislazione sul sistema bancario, con il Decreto Legislativo 12.03.1936 trasformato poi nella Legge n. 141 del 07.03.1938.
Dopo di che, anticipando di ben 6 anni i “riformisti” americani, l’Italia ha abolito il “Glass Steagall Act italiano” con il Decreto Legislativo n. 385 del 01.09.1993, firmato -guardacaso- dal presidente Carlo Azeglio Ciampi, lo stesso che nel 1981 era stato protagonista del “divorzio” fra Tesoro e Banca d’Italia che fece esplodere il debito pubblico.

Tutt’ora né gli USA né l’Italia hanno provveduto a reintrodurre le disposizioni di separazione fra banche commerciali e banche d’investimento.
Questo significa che, quando arriverà la prossima crisi, saranno ancora gli stati, ovvero noi, a pagare il conto dei debiti causati dalla speculazione finanziaria internazionale.

Da allora praticamente nulla è cambiato, se non il fatto che, soprattutto in Europa, si è già provveduto a creare dei meccanismi per scaricare certamente sugli stati (sui cittadini) i debiti futuri del sistema finanziario.

Mentre in TV ci terrorizzano ogni giorno con lo spread ed il debito pubblico, nessuno ci spiega che le varie bolle speculative (immobiliari, borsistiche, dei titoli derivati, ecc.) sono a livelli molto superiori a quelli che portarono alla crisi del 2008.


La crisi economica peggiore della storia, peggiore di quella del 1929 e del 2008, sta per arrivare. Non è questione di se, ma solo di quando.

E non ci stiamo per nulla preparando.

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