Le gravissime conseguenze del decreto Cura Italia sulle nostre imprese. Salviamo la nostra economia!

E il governo vuole solo caricare l’Italia di altre centinaia di miliardi di debiti, con il MES, con gli Eurobond o il “Piano Marshall da 1500 miliardi” (a nostro debito) o indebitandoci con altri soggetti che ce li chiederanno indietro con gli interessi.
Questo mentre le nostre imprese falliscono e mentre noi italiani abbiamo tutte le possibilità di salvarle semplicemente usando i nostri mezzi.

Salviamo le nostre imprese
Salviamo la nostra economia
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Le conseguenze della crisi su un artigiano di Monfalcone, che abbiamo intervistato

Intervista a Mauro Grimolizzi – Artigiano di Monfalcone

Il dilagare della pandemia da coronavirus ha messo sotto stress i reparti di terapia intensiva degli ospedali. Sono sull’orlo del collasso, costretti spesso a dolorose scelte sui pazienti da intubare, a causa della limitata disponibilità di attrezzature mediche.

Tutto questo è frutto di una reiterata austerità, imposta dall’Europa, messa in atto per decenni da politici compiacenti.

Il Governo ha varato eccezionali misure restrittive sull’economia, per contenere il diffondersi del Coronavirus.  È stata disposta la chiusura di tutte le attività produttive non essenziali e non strategiche. Questo provvedimento ha colpito il 90% delle attività economiche del nostro Paese. Le conseguenze sono disastrose e purtroppo sono destinate a durare.

Il tessuto economico del nostro Paese è composto in prevalenza da piccole e da medie imprese, in cui la figura dell’imprenditore dà all’azienda una dimensione umana, da cui non si può prescindere. Infatti queste aziende sono quasi sempre condotte dallo stesso imprenditore, coadiuvato dalla sua famiglia.

Il nostro giornale, Sovranità Popolare, ha voluto intervistare alcuni di questi piccoli imprenditori per sentire dalla loro viva voce il racconto delle difficoltà che ora stanno vivendo. Sono testimonianze importanti perché dimostrano come l’economia non possa prescindere dai valori umani che essa inevitabilmente coinvolge e che è in grado di condizionare profondamente. Il neoliberismo ha dimostrato concretamente il suo cinismo. In tutti questi anni di austerità, imposta al nostro Paese, si è inneggiato ai consumi, al mercato e alla competizione, ai danni della sanità pubblica, della scuola pubblica, delle pensioni, degli interventi sociali, solo per citarne alcuni.

È importante ascoltare queste persone che hanno dedicato e continuano, malgrado tutto, a dedicare la loro vita alla loro azienda.

Non dimentichiamo che questa classe imprenditoriale italiana, composta da piccole e da medie aziende, è stata la più importante protagonista dello sviluppo economico del nostro Paese.

Ci siamo rivolti ad un piccolo imprenditore. A Monfalcone, in provincia di Gorizia, Mauro Grimolizzi gestisce un’impresa artigiana, con 13 dipendenti, si occupa di impianti elettrici  e ci ha raccontato la situazione in cui si è venuto a trovare.

Da oltre vent’anni, ci ha detto il sig. Grimolizzi, ci occupiamo di sistemi antincendio, di impianti elettrici e impianti  termoidraulici. Oltre ai tredici dipendenti vi è l’apporto mio e di mia moglie, quali componenti dell’impresa familiare.

Siamo stati investiti in modo quasi totale, in quanto già dalle prime notizie e avvisaglie le attività di manutenzione presso la clientela privata, nonché pubblica, hanno subìto un primo rallentamento con disdette di appuntamenti o addirittura con cancellazioni del servizio, rinviato a data da destinarsi. In un primo momento abbiamo cercato di ottimizzare il lavoro cercando di concentrarci su determinate commesse, ma  i decreti che poi si sono susseguiti ci hanno costretto a fermare completamente la nostra attività.

Infatti, dal 16 marzo abbiamo disposto la cassa integrazione straordinaria per tutti i dipendenti, concessa dalla regione Friuli Venezia Giulia, che prevede il pagamento dell’80 % della retribuzione.

Per quanto riguarda il “decreto cura Italia”, ritengo che l’adozione della cassa integrazione straordinaria per le imprese con meno di 5 dipendenti sia stata assolutamente cosa positiva, dovrebbe anzi essere adottata come regola definitiva.

A volte le imprese possono trovarsi in difficoltà per svariate situazioni spesso non dipendenti dalla volontà o incapacità dell’imprenditore, e dover perdere i collaboratori risulta nel tempo il vero danno per quell’impresa.

Per quanto riguarda invece l’aiuto ai lavoratori autonomi e le partite Iva non è chiaro quale ratio abbia ispirato una tale decisione. 600€ una tantum e per giunta mediante un click day è per definizione una presa per i fondelli.  Anche la detrazione fiscale del 60% della quota d’affitto risulta una misura certamente insufficiente, non si capisce poi perché chi ha un mutuo per la stessa tipologia di locale, il C/1, non usufruisce di nessuna agevolazione se non lo slittamento delle rate con interessi a proprio carico, una asimmetria di decisione ingiustificabile.

Ritengo che nulla sarà come prima, ma come nella vita, così nelle attività lavorative, le difficoltà si affrontano man mano che si presentano e con capacità e raziocinio vanno superate. Questa è la mia speranza e convinzione.

Il fallimento per un’impresa, soprattutto se del tipo familiare è una tragedia da impedire con ogni mezzo, anche perché è interpretata spesso come un fallimento personale, con molte implicazioni sociali.  Ne ho viste diverse in questi anni, che hanno implicato per noi anche grosse perdite economiche.  Nulla posso se il mondo intero che mi circonda crolla, allora anche noi saremo coinvolti, ed è proprio qui che deve intervenire lo stato, ma non con questi pannicelli caldi …..

L’altro aspetto sul quale vorrei porre l’accento è che solo una minoranza di opinione pubblica si è oggi accorta che chi lavorava in condizioni opache, per non dire in nero, obbligati per dignità umana e mera necessità di sopravvivenza, oggi non sono compresi in nessuna delle categorie meritevoli di aiuto e sono completamente emarginati. Per loro il baratro della assoluta povertà si spalancherà sotto i loro piedi con la possibilità che si rivolgeranno ad attività che costituiranno in futuro un problema di sicurezza generale.

Se la situazione dovesse protrarsi per ancora molto tempo, parlo di diverse settimane e non mesi, credo che tutte le attività andranno in profonda crisi, questo si tradurrà in una riduzione di domanda nel mercato e le conseguenze saranno facilmente prevedibili. Il primo atto sarà la riduzione della forza lavoro impiegata, non se ne viene fuori, se ci sarà meno lavoro serviranno meno operai e impiegati, purtroppo.  Spero di non arrivarci mai, perché questo significherebbe imboccare, nell’ottica imprenditoriale, la via delle chiusura …. e non sono ancora nell’età di pensionamento, anche se non mi manca molto.

Ebbene, dopo aver speso tutta la vita per costruire un’impresa capace di stare in piedi, avendo superato anche tempi difficili, come la crisi che ci ha investito dal 2008 in poi, con sacrifici personali e patrimoniali non di secondo ordine, credevo di aver costruito qualcosa da lasciare a mia figlia e speravo ai miei futuri nipoti. Questo oggi è messo in pericolo da scelte politiche che non condivido da ormai troppo tempo. Ma, come ho già detto, credo, non sono una persona che si arrende facilmente, lotterò ancora almeno finché potrò.


Dobbiamo evitare che si perda il coraggio di intraprendere.

I danni del Decreto Cura Italia non sono solo economici.
Benvenuta Plazzotta è una commerciate che opera a 10 km dai confini dell’Austria e della Slovenia, nell’angolo più a nord est d’Italia. Ha un fatturato di 1.5 milioni e occupa 14 persone. Ha una storia di 60 anni. Il suo cliente di riferimento è generalmente il turista straniero.

Essendo l’azienda immobile dal 12 marzo, ci ha detto, è stata colpita in modo totale. I 14 dipendenti sono tutti a casa, in attesa di essere richiamati. La cassa integrazione speciale dovrebbe consentire loro di reggere per un po’.

Il decreto Cura Italia è del tutto manchevole.  Fa gravare (“il mio caso è un esempio”, ha sottolineato) la cassa integrazione speciale sulla liquidità aziendale, promettendo una compensazione con il debito INPS futuro. La cassa integrazione speciale è prevista per aziende sopra i 5 dipendenti e per un periodo non superiore a 9 settimane.  Consiste in un recupero degli stipendi pagati in questo periodo attraverso la compensazione con l’INPS. Non abbiamo nulla in mano di concreto ora, su cui fare affidamento, tranne una promessa del Governo. Le Banche stanno già proponendo liquidità, ma quella promessa dallo Stato non sappiamo come, quando, se e in che modo sarà effettivamente disponibile, in che quantità, in base a quali criteri e quanto costerà. Le Associazioni di Categoria ci dicono di attendere. Intanto il peggioramento della liquidità bancaria abbasserà il nostro rating di fiducia e deprezzerà le nostre aziende. Rimane comunque una certezza che se attenderemo troppo, le nostre realtà non avranno alcun prezzo e dovranno essere chiuse.

Secondo me, continua la signora Plazzotta, il testo del decreto è volutamente nebuloso, lascia ampi margini di vuoto, d’incomprensione e rovescia sull’Inps la gestione dei procedimenti.

Il decreto non tiene conto della gravissima crisi di liquidità immediata, accompagnata da una necessaria diminuzione del personale (quando sarà possibile, visto che per i prossimi due anni i licenziamenti sono bloccati).

Poi manca una visione di lungo periodo, soprattutto riguardante la conseguente mancanza di risorse da investire per rinnovare.

Non tiene conto dell’inevitabile e progressiva obsolescenza della struttura aziendale. Di conseguenza diventerà più difficile gestire l’azienda e promuoverla.

L’aspetto più grave della situazione e che non si riesce a determinarne la durata.

Quando ho chiuso l’azienda il 12 marzo, ho preso l’evento come un periodo di riflessione, di ferie, di progettazione, di verifica, di formazione.

Ad oggi, visto che il 26 dovremmo riaprire (non ci sono notizie che indichino altre decisioni) non sono molto preoccupata, se non per il probabile ritmo lento di partenza.

Quello che oggi mi preoccupa molto di più è la totale inefficienza del sistema decisionale, che probabilmente prolungherà il termine, ma lo dirà 24 ore prima e non dirà per quanto.

Questo debilita.

Si ha la percezione di trovarsi in una tempesta senza timone, in balia di una banda di adolescenti in gita scolastica. Con dirette su FB a mezzanotte.

Finita la liquidità, dovrò ricorrere alle banche. Credo che per quattro mesi sarà un’ipotesi realistica, considerato che, non potendo licenziare e non incassando, non avrò altra soluzione.

A quel punto mi troverò con il conseguente indebitamento bancario e con un’azienda che non ha denaro da reinvestire per la crescita.
Non ci saranno grosse conseguenze per la mia famiglia, i miei figli hanno altre occupazioni. Ci sarà la perdita di 14 posti di lavoro, che in una valle di 4.000 abitanti, non sono pochi. E si perderà una cultura aziendale, ma soprattutto l’entusiasmo dell’intraprendere, che lascerà il posto a una rassegnazione da sudditi. E forse questo è il vero obiettivo.


Ci vogliono provvedimenti adeguati e immediati,

O saremo ridotti a una lotta quotidiana per portare in tavola ogni giorno qualcosa per i nostri figli.
Gabriele Gionco è un giovane commerciante di Torino. Così ci ha raccontato la sua realtà.

La nostra, Evolution s.r.l., è un’azienda molto giovane che a luglio compirà 5 anni. È a conduzione esclusivamente familiare, non abbiamo dipendenti.

Realizziamo prodotti a uso prevalentemente meccanico che vanno dagli spray tecnici, sbloccanti, lubrificanti e altro, agli additivi per olii e carburanti e altri prodotti in via di sviluppo. Creiamo i nostri brand appoggiandoci a studi grafici specializzati, inoltre ci occupiamo direttamente della creazione, sperimentazione e sviluppo delle formule da adottare.

Siamo partiti letteralmente da zero, con un budget ridottissimo, e a oggi siamo presenti in modo strutturato in Piemonte, in Liguria e in Valle d’ Aosta, ci stiamo inserendo bene in Lombardia e in Veneto.

I nostri clienti sono in gran parte distributori e rivenditori di ricambi auto, che a loro volta servono gli autoriparatori, quindi siamo attività di prima necessità. Ma in pratica la circolazione delle auto è quasi nulla, anche per l’effetto della paura del contagio. La filiera dell’auto si è pressoché fermata, hanno chiuso quasi tutti.

Giudico la risposta del governo totalmente inadeguata. Quasi assente, se vogliamo.

Ho da pochi istanti concluso una conversazione telefonica con il mio commercialista il quale mi ha confermato quello che ho letto nel decreto  e cioè che non ci sono misure per la mia azienda. Le banche non hanno ancora disposizioni chiare in merito, le bollette vanno pagate e gli affitti, se non hai un locale classificato C1, li devi pagare… e mi fermo qui.

Se la crisi durerà più di tre mesi, temo che non potremmo più rialzarci.

E per quanto riguarda la fiducia in questo governo, basta vedere come reagisce il popolo. Ogni volta che Conte parla c’è subito un’ assalto ai supermercati.

Si dice che tutta la filiera del rifornimento del carburante voglia scioperare per costringere il governo a fare ciò che va fatto per il proprio paese, e non per l’Europa.

Non sono un esperto di economia ma mi sembrerebbe prioritario non fermare la catena dei pagamenti. Credo che l’unica vera misura consista in una massiccia iniezione di liquidità a tutti i livelli. Avremo comunque un enorme danno per la mancata produzione ma probabilmente scongiureremmo il vero flagello che potrebbe abbattersi su di noi: la fame.

E` semplice. Non stiamo vendendo nulla e non sappiamo se i clienti a fine mese ci potranno pagare le scadenze. E se la cosa si protrarrà per più di tre mesi, temo che non potremmo far altro che chiudere.

Non potremo pagare affitti, bollette, mutuo e tasse e fornitori. E non pagare le tasse in Italia equivale ad entrare in un girone dantesco senza fine.

Per quanto riguarda le conseguenze di questa crisi economica sulla sua vita personale e famigliare, si profila una lotta quotidiana per portare qualcosa in tavola ogni giorno alle mie figlie.


Ci possono essere categorie di persone che, prive di un qualsiasi sostegno, possono essere spinte alla violenza.

Ad Acciano, in provincia dell’Aquila, abbiamo intervistato  Enea Giancaterino che, oltre a svolgere la sua professione di geometra, possiede una piccola attività alberghiera.

I provvedimenti del Governo, ci ha raccontato, per contenere la diffusione del coronavirus, hanno colpito soprattutto la mia attività alberghiera. L’anno scorso avevo preso accordi con dei tour operator nazionali e internazionali, abbiamo avuto un discreto flusso turistico che quest’anno sarebbe sicuramente aumentato, grazie alle ottime recensioni avute. Invece già sin da ora, chi aveva prenotato ha già disdetto. Considero ormai assolutamente conclusa e perduta la stagione turistica.

Il decreto del Governo si è dimostrato assolutamente carente innanzitutto perché tardivo. Secondo me il Governo avrebbe dovuto agire subito dal memento della scoperta dei primi cinesi affetti da Coronavirus. L’emergenza è stata dichiarata il 21 gennaio e c’era tutto il tempo per organizzarsi al meglio.

Sotto l’aspetto economico, secondo me, il governo sta sbagliando nel metodo. Dal mio punto di vista avrebbe dovuto sospendere tutte le attività ma anche gli stipendi dei dipendenti. Avrebbe dovuto dare a tutti indistintamente un contributo, per poter sostenere il periodo necessario per superare la crisi. Poi, a problema risolto, tutto sarebbe ripreso come prima. Non c’è il tempo per distinguere caso per caso, tanto valeva fare un unico trattamento uguale per tutti.

Mancando gli incassi, le difficoltà non mancheranno, si arriverà al punto di non poter sostenere più i pagamenti. Dal punto di vista sociale bisognerà fare attenzione a coloro che arrivano all’estremo della loro capacità di sostenere questa emergenza. Potrebbero, spinti dalla disperazione, a cedere a reazioni violente e pericolose.


I commenti del’economista Guido Grossi, ex dirigente nazionale della Banca Nazionale del Lavoro.


Domanda:
Fino ad ora i media hanno fatto parlare solo politici, economisti, giornalisti e rappresentati dell’élite politica ed economica del nostro Paese. Sovranità Popolare, di cui tu sei Presidente, è il primo giornale che, da quando è incominciata l’emergenza Coronavirus, dà l’opportunità al comune cittadino di fare sentire la propria voce. Abbiamo intervistato dei piccoli imprenditori che hanno potuto così manifestare le loro opinioni sull’emergenza che stanno vivendo. Cosa ne pensi delle loro risposte?

Risposta.
Ci troviamo di fronte ad un’emergenza che non è solo sanitaria, è anche democratica ed economica. È democratica perché non è frutto di una seduta comune parlamentare, per deliberare la stato di emergenza. Ho visto un governo che si è arrogato il diritto di deciderla da solo. Prende decisioni e ce le comunica dalla televisione, in mancanza di qualsiasi contradditorio. Nel mondo dell’informazione avremmo il diritto di ascoltare voci diverse da quelle che assecondano le decisioni del Governo.

Abbiamo un’emergenza economica gravissima e queste persone intervistate, che hanno parlato con il cuore, ci hanno detto una cosa fondamentale: abbiamo il terrore per il nostro futuro.

Ora c’è la consapevolezza che tutto quello che abbiamo costruito, dall’inizio fino ad oggi, lo perderemo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.

Abbiamo un’emergenza sanitaria che è fatta molto di più di mancanza di strutture adeguate, che non di capacità distruttiva del COVID-19. È un virus un po’ più aggressivo degli altri, ma non sembra una peste bubbonica, almeno dai numeri che ci vengono forniti. Sembra che le persone anziane e che hanno già pregiudizi di salute, più facilmente possano non farcela. Soprattutto perché mancano strutture di pronto soccorso adeguate.

Un governo che mette tutti a tacere e che rinchiude tutti a casa, mi dovrebbe rassicurare? Dovrebbe dire piuttosto ai cittadini di stare tranquilli perché si stanno mettendo delle tende da campo, in allestimento con rapidità, per garantire a tutti la salute. Dovrebbe dire agli imprenditori di stare tranquilli perché non si lasceranno fallire le loro imprese. Ai cittadini che perdono il posto di lavoro, il Governo dovrebbe dire di stare tranquilli perché riceveranno un reddito di solidarietà e perché sono pronte soluzioni adeguate alla gravità della situazione.

Al posto di tutto questo, sentiamo invece trasmissioni che si accavallano per contarci il numero dei morti e dei feriti, che ci parlano di problemi e mai di soluzioni, se non confuse e comunque non all’altezza della situazione.

Ogni tanto salta fuori qualcuno che propone soluzioni che fanno esplodere il debito pubblico. Questa è la voce che gira. Fino ad oggi ci hanno raccontato che non possiamo risolvere i nostri problemi economici perché abbiamo un debito pubblico troppo grande e adesso invece, improvvisamente, dovremmo ricorrere al debito pubblico. Ma insomma, lo vogliamo capire che non abbiamo più bisogno di questi “scienziati” capaci solo di dire letteralmente delle sciocchezze? Perché altro debito? E con chi? Perché dovremmo farci prestare i soldi da una finanza internazionale che li crea dal nulla e si rifiuta di darli all’economia reale. Hanno creato una montagna di moneta, quanta non ce n’è mai stata nella storia dell’umanità e la negano sistematicamente al mondo delle imprese, delle famiglie o degli enti pubblici che devono erogare servizi. Mentre usano il nostro risparmio per sostenere la bolla speculativa.

Vorrei che qualcuno del Governo prendesse questa decisione: basta prestiti internazionali! Usiamo il risparmio nostro e proteggiamolo. Facciamo in modo che, invece di finanziare le follie della finanza presso banche private straniere, finanzi le scelte importanti che le istituzioni hanno oggi il dovere di prendere. Bisogna garantire risposte immediate all’emergenza sanitaria, rassicurare le imprese che sarà fatto tutto il necessario per proteggere soprattutto la rete delle piccole imprese italiane, bisogna rassicurare le famiglie e i lavoratori che sarà dato immediatamente un reddito di solidarietà, senza formalità, a chiunque ne abbia bisogno. Poi, superata l’emergenza, si dovranno trasformare le misure d’emergenza in misure strutturali definitive. Noi viviamo in emergenza da decenni e non è più accettabile protrarla oltre.

Ci parlano di riforme strutturali, le uniche riforme strutturali che sono stati capaci di fare sono state aumentare le tasse, tagliare le spese, creare nuovi regolamenti che rendono la vita difficile alle imprese, tagliare le pensioni. Basta! Bisogna investire e sapere come farlo. Dobbiamo scegliere se puntare sulla rete delle piccole imprese o se continuare a distruggerla, come oggettivamente e deliberatamente stanno facendo le politiche degli ultimi decenni, per favorire il mondo delle grandi corporation internazionali, che non vedono l’ora di venire in Italia per distruggere quel poco che resta, dopo queste politiche di dissennata distruzione degli apparati pubblici.

Domanda.
Sembra quasi che il Governo sia fermo come se stesse aspettando il momento buono per far passare le misure volute dalla Germania. È solo una sensazione?

Risposta.
L’Inghilterra ha aspettato? La Germania ha aspettato? La Francia ha aspettato? Ma cosa stiamo aspettando? Sia i sostenitori dell’Europa, sia i suoi nemici, sono abituati a mettere nell’UE tutte le colpe e ci scordiamo sempre di prenderci le nostre responsabilità. Ci sono cose che vanno fatte oggi e che possono essere fatte dal governo italiano che la smette di chiedere il permesso in giro e risponde direttamente ai bisogni dei cittadini. Poi con calma ne discuteremo con chiunque anche all’estero, ma intanto abbiamo il dovere di risolvere i nostri problemi, senza chiedere il permesso a nessuno. Esattamente come stanno facendo gli altri. Si badi bene, non per rompere, ma per prenderci una responsabilità che è nostra. Non ce la deve riconoscere nessuno. Ci sono incoscienti che prima ci fanno una colpa, per il nostro debito pubblico, e poi ci dicono che è l’unica soluzione. Non sono coscienti dei problemi che loro stessi ci hanno creato.

Domanda.
Questo Governo ha l’intenzione di prendersi questa responsabilità?

Risposta.
Questo Governo non è un soggetto. Noi abbiamo una situazione piuttosto complessa, all’interno delle istituzioni. Innanzitutto le persone che siedono all’interno delle istituzioni hanno perso il filo diretto con la popolazione. Coloro che governano i partiti di massa sono personaggi che governano scatolette vuote che non si sa bene come siano ancora lì, non li abbiamo scelti noi. Chi li ha selezionati? Chi li ha supportati nel mondo delle televisioni per portarli dove sono? Non sono tutti amici. Non è un gruppo monolitico. E poi abbiamo negli apparati dello Stato, persone che sono lì da decenni, che hanno visto che cosa poteva essere la repubblica, che cosa poteva essere il senso dello Stato. Hanno ingoiato in silenzio per tanti anni, forse questo è il momento che esplodono. Sicuramente c’è una divisione tra chi è legato a un sistema politico che lascia fare ai mercati e all’Europa, e chi dice invece che è il momento di scegliere noi, è il momento di prendere decisioni. I mercati e l’UE ci hanno chiesto esattamente questo: svendete tutti gli asset pubblici, privatizzate tutto, impedite allo Stato di intervenire a favore dei cittadini e delle imprese.

Impedire gli aiuti di Stato è di una stupidità inconcepibile, è il contrario del senso della politica. Allora noi dobbiamo sapere che nelle istituzioni ci siano persone che stanno pensando molto seriamente di fare scelte diverse da quelle degli scemi del passato, ed è molto importante che dalla società civile arrivino suggerimenti e supporti. Siamo noi che, se ci sentiamo sovrani, abbiamo il dovere di dire: queste sono le cose che vanno fatte. Spicciatevi a farle. Il problema non è cambiare le persone delle istituzioni, non ora, non ne abbiamo il tempo, andrà sicuramente fatto appena possibile, ora bisogna semplicemente dire: queste sono le cose che vanno fatte.

Domanda.
Con altri economisti avete prodotto un Piano di Salvezza Nazionale. Di che cosa si tratta?

Risposta.
Sì, va precisato però che non esiste un unico Piano di Salvezza Nazionale, ce ne sono tanti. Ci sono Economisti, pensatori, professori universitari, intellettuali che da tempo studiano, elaborano e propongono soluzioni intelligenti, semplici, comprensibili che, anche in un sistema normativo complesso come il nostro, hanno individuato i driver verso i quali portare le scelte.

1° bisogna smettere di chiedere soldi alla finanza internazionale. È necessario proteggere il risparmio degli italiani e metterlo contemporaneamente a disposizione dello Stato che decide di spenderlo per gli italiani.

2° Il sistema finanziario, Banca Centrale, Banche commerciali, banche d’affari non possono essere lasciate in mano a privati, che hanno l’unico obiettivo di fare soldi con i soldi. Basta! Uno Stato che non controlla il suo sistema finanziario, non è uno Stato. Allora ammettiamo che viviamo in un’anarchia, c’è la legge della giungla, si salvi chi può. Vogliamo la legalità? Allora lo Stato si deve impossessare degli strumenti per garantirci la soluzione dei nostri problemi.

Le grandi banche devono essere pubbliche. Il sistema dei pagamenti è come il nostro sistema circolatorio. Lo vogliamo appaltare a qualcuno? O lo vogliamo controllare di persona? Vogliamo dare alla BCE il permesso di chiudere i rubinetti della nostra liquidità? O vogliamo riportare questo rubinetto in mano nostra? Creiamo un sistema di pagamenti interno, mettiamolo in capo alla responsabilità diretta del ministro dell’economia e delle finanze, se no che ministro è? Facciamo in modo che le banche e il ministro dell’economia invitino il risparmio degli italiani, offrendo condizioni accettabili per attirarlo.

Se non lo facciamo noi, verrà il MES e se lo prenderà come una tassa sul patrimonio e con il bail-in. Ci sono persone che si sforzano di scoraggiare gli investimenti in titoli di stato. Questa è letteralmente una vergogna. Per costituzione, la Repubblica ha il dovere di tutelare il risparmio. I cittadini non se ne rendono conto perché nelle televisioni non se n’è mai parlato. Chi risparmia e mette i soldi in una banca, non è consapevole che quei soldi non stanno fermi lì. Qualcuno comunque li usa. Li vogliamo far usare dalla speculazione dove pochissimi si arricchiscono, o li vogliamo mettere a disposizione dello Stato che, oltre a garantirli, li investe per creare nuovi posti di lavoro, per tutelare la vita delle imprese, per ricreare le strutture pubbliche fondamentali? Se lo Stato non crea le grandi aziende che possono fornire servizi pubblici adeguati, per i cittadini e per le piccole imprese, la società non sta in piedi. Ci hanno raccontato per decenni che il privato è più efficiente del pubblico. Sì è vero, è più efficiente a fare soldi, non gliene può importare niente dell’emergenza. Per l’emergenza devi spendere, spendere e spendere. Non puoi pretendere di fare profitti.  Solo la sanità pubblica può porsi questo obiettivo. Vogliamo mettere le persone in grado di crearsi una coscienza critica, o vogliamo creare solo degli automi capaci di produrre per questo sistema stupido? Vogliamo lasciare la ricerca in mano ai privati o vogliamo chiedere che lo Stato si faccia carico di finanziare una ricerca svincolata dall’obiettivo del profitto? Queste sono le scelte che vanno e possono essere fatte. Non ce lo impedisce nessuno. Se qualcuno volesse mettersi di traverso, che venga allo scoperto affinché lo capiscano tutti.

A proposito del Piano di salvezza Nazionale, è stato costituito un comitato promotore con il sito https://pianodisalvezzanazionale.it/.  Ha messo una petizione dove chiede ai cittadini di capire quanto è grave la scelta che abbiamo di fronte. Dobbiamo decidere se continuare a metterci nelle mani degli strozzini internazionali o se proteggere e mobilitare il risparmio nazionale, con gli strumenti delle banche pubbliche, dei titoli di stato pubblico. Dobbiamo creare un sistema di pagamenti interno, rendere spendibili immediatamente tutti i crediti fiscali e qualsiasi altra agevolazione fiscale, emettere biglietti di stato per far fronte all’emergenza, le “statonote”, una moneta a circolazione interna non a debito, creata direttamente dal Tesoro, senza chiedere il permesso alla Banca Centrale Europea. Si tratterebbe di una moneta con o senza corso legale, a circolazione interna. L’unica cosa che ci vietano i trattati è una moneta a corso legale che circoli in tutti i territori dell’UE dell’area Euro. Possiamo lasciare l’Euro, per il momento, riservato alla BCE. Se adesso ci trovassimo nelle condizioni di non pagare le pensioni o gli stipendi, ci dovremmo inventare la moneta di Stato. Dove sta scritto che hanno diritto di inventarsela tutta solo coloro che si occupano di far fare soldi a quei pochi in giro per il mondo?

È possibile firmare questa petizione su:
https://www.change.org/p/al-governo-piano-di-salvezza-nazionale

Ringrazio tutti coloro che stanno dando spazio a questa iniziativa. Spero anche che tante altre persone, che stanno sviluppando loro proposte, abbiano l’intelligenza di sostenere anche questa iniziativa, come sosterremo anche a nostra volta qualunque iniziativa con soluzioni intelligenti. Non è questo il tempo dei “sì ma”, qui bisogna andare sulle grandi priorità e aprire il dibattito pubblico su questi temi. Noi chiediamo a cittadini di capire l’urgenza di queste riforme, al governo di fare queste riforme, al servizio pubblico d’informazione chiediamo di parlarne, di permettere ai cittadini di ragionare su questi argomenti, di smetterla di credere che la verità ce l’abbiano in tasca soltanto i sacerdoti di questa finanza speculativa. Sono loro che ci hanno portato in questi problemi e non ci tireranno certo fuori.


I video delle interviste:
https://youtu.be/wANOdbMugAw

 

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