L’Africa non è povera, sono le “nostre” multinazionali che rubano le loro ricchezze

di Nick Dearden
24.05.2017

Condividiamo con voi questo interessante articolo di Nick Dearden, pubblicato sul sito internet di Al Jazeera.
Il “noi” di Dearden sono le “nostre” corporations multinazionali, favorite e sponsorizzate dai “nostri” governi.
Da almeno 200 anni il flusso netto di ricchezze va dall’Africa verso Europa ed USA.
Se non si pone fine ai meccanismi di impoverimento, l’Africa diventerà sempre più povera e sarà impossibile arrestare i flussi migratori.


E’ ora di cambiare il modo di cui parliamo e pensiamo riguardo l’Africa.

L’Africa è povera, ma noi possiamo cercare di aiutare la sua gente.

E’ una semplice affermazione, ripetuta attraverso migliaia di immagini, articoli di giornale e appelli caritativi ogni anno, per cui alla fine diventa vero. Quando lo leggiamo, rafforziamo le nostre convinzioni e le storie che abbiamo sentito sull’Africa durante la nostra vita. Riconfermiamo la nostra immagine dell’Africa.

Ma affrontiamo la questione diversamente: l’Africa è ricca, ma noi stiamo rubando le sue ricchezze.

E’ questa l’essenza del rapporto pubblicato oggi, proveniente da molti gruppi che hanno organizzato campagne sulla questione. Partendo da nuovi dati si scopre come l’Africa Sub-Sahariana sia in realtà un creditore netto nei confronti del resto del mondo per più di 41 miliardi di dollari.
Certo ci sono degli investimenti che entrano: circa 161 miliardi di dollari l’anno, sotto forma di prestiti, rimesse (quelli che lavorano fuori dall’Africa e mandano del denaro a casa alla famiglia) ed aiuti.
Ma ci sono anche 203 miliardi di dollari che escono dal continente. Alcuni di questi sono uscite dirette, come ad esempio 68 miliardi di dollari costituiti principalmente da elusione fiscale. Sono essenzialmente le corporations multinazionali che “rubano” la maggior parte di questi soldi, legalmente, fingendo che la ricchezza sia stata generata nei paradisi fiscali.
Questi cosiddetti “flussi finanziari illeciti” ammontano a circa il 6,1% del prodotto interno lordo dell’intero continente ovvero a 3 volte di più degli aiuti “per lo sviluppo” che l’Africa riceve.

Ci sono poi 30 miliardi di dollari che queste corporations “rimpatriano”, profitti che hanno realizzato in Africa, ma che mandano nella propria patria di origine o dovunque possano godersi tali ricchezze. La City di Londra è inondata di profitti estratti dalla terra e dal lavoro dell’Africa.

Ci sono anche molti modi indiretti attraverso i quali viene potata via ricchezza dall’Africa. Il rapporto pubblicato oggi stima che 29 miliardi di dollari l’anno siano rubati all’Africa tramite disboscamenti illegali, pesca e commercio di animali selvatici. 36 miliardi sono dovuti all’Africa per i danni causati dal cambiamento climatico causerà alle società ed economie africane, le quali non potranno usare per il proprio sviluppo i combustibili fossili nel modo in cui ha fatto l’Europa.

La crisi climatica non è stata causata dall’Africa, ma gli africani ne sentiranno gli effetti più di tutti quanti gli altri. Non c’è bisogno di dire che questi fondi di compensazione al momento non stanno arrivando.

Se guardiamo ai fatti, perfino questa valutazione è molto generosa, in quanto suppone che tutta la ricchezza che arriva in Africa vada a beneficio alla gente che abita quel continente. Ma i prestiti ai governi ed al settore privato (per più di 50 miliardi) possono diventare un impagabile ed odiodo debito.

Il Ghana perde ogni anno il 30% degli incassi del governo per il ripagamento dei debiti, pagando prestiti spesso erogati in modo speculativi, basati su altri prezzi delle merci, che comportano tassi di interesse molto elevati. Uno particolarmente odioso riguarda una fonderia di alluminio in Mozambico, costruita con prestiti ed aiuti, che correntemente costa al paesi 21 sterline per ogni sterlina ricevuta in prestito dal governo del Mozambico.

Gli aiuti britannici, che in genere vengono raccolti privatamente nelle scuole e nei centri sanitari, possono minare la creazione di servizi pubblici decenti, e questa è la ragione per cui certe scuole private vengono chiuse in Uganda e in Kenya. Naturalmente alcuni africani hanno beneficiato da questa economia. Ora ci sono circa 165’000 africani ricchissimi, i quali da soli possiedono 860 miliardi di dollari di ricchezze.

Ma, dato il modo in cui funziona l’economia, dove tengono la loro ricchezza queste persone?

Nei paradisi fiscali.

Una stima del 2014 ipotizza che i ricchi africani detenessero un totale di 500 miliardi di dollari nei paradisi fiscali. Gli africani sono effettivamente derubati di ricchezza da una economia che consente ad una piccola minoranza di africani di diventare ricchi, consentendo il flusso di ricchezze che escono dall’Africa.

Ma qual è la risposta? I governi occidentali vorrebbero essere visti come generosi donatori, facendo quello che essi chiamano “aiuta quelli incapaci di aiutare se stessi”. Ma il primo obiettivo è quello di smettere di perpetuare il danno che stanno facendo. I governi devono interrompere le loro pressioni sui governi africani affinché aprono la loro economia alle privatizzazioni ed i loro mercati ad una competizione sleale.

Se i paesi africani beneficiano di investimenti stranieri, devono essere autorizzati (ed anche aiutati a farlo) a regolare tramite la legislazione gli investimenti e le attività delle corporations che spesso se li portano via. E dovrebbero voler porre fine alle loro particolari attenzioni sul settore estrattivo.

Con poche eccezioni, i paesi con abbondanti ricchezze minerali sperimentano una democrazia più povera, una più debole crescita economica ed un peggiore sviluppo. Per prevenire l’elusione fiscale i governi devono cessare di intromettersi sulle azioni per contrastare i paradisi fiscali.

Gli aiuti sono poca cosa ed il poco che possono fare, se ben spesi, è restituire una parte della ricchezza saccheggiata. Dovremmo vederli come una forma di riparazione e di redistribuzione, proprio come il sistema fiscale ci consente di redistribuire ricchezza dai più ricchi ai più poveri all’interno delle singole società. Lo stesso ci si dovrebbe aspettare dalla “società” globale.

Perfino per dare inizio a questo ambizioso programma, dobbiamo cambiare il modo in cui parliamo dell’Africa. Non si tratta di far sentire la gente colpevole di questo, ma di diagnosticare correttamente un problema al fine di dargli soluzione. Attualmente noi non stiamo “aiutando” l’Africa. L’Africa è ricca. Smettiamola solo di impoverirla.

Nick Dearden è il direttore dell’organizzazione britannica di campagne Global Justice Now.
Precedentemente è stato direttore di Jubilee Debt Campaign.

 

Lascia un commento