La trappola in agguato nella programmazione delle “riforme”

di Claudio Bezzi

Portato a casa il malloppo (grande successo anche personale di Conte), ora tutti si fanno avanti per partecipare alla spartizione; oddio, nessuno la chiama così, ovviamente, e usano l’eufemismo della compartecipazione alla decisione, che in sé è anche una cosa buona e giusta. Odiose, e regolarmente nefaste, le riforme fatte in passato da destra e da sinistra e imposte a colpi di maggioranza. Quindi sono già iniziate le manovre per aggiustarsi al meglio attorno al graaande tavolo delle trattative (per esempio a Brunetta verrebbe offerta la presidenza di una delle due monocamerali che si dovrà occupare del Recovery Fund) e, ripeto, sarebbe anche giusto. No, meglio: è assolutamente giusto.

Vedendo come stanno andando le cose, e conoscendo i miei polli, mi viene da ragionare su alcune questioni ampiamente note nel mondo dei tecnici (al quale anch’io appartengo) quando si parla di programmazione, politiche, programmi (le riforme politiche equivalgono alle politiche e ai programmi, nel linguaggio di chi fa queste cose).

La prima questione, notissima a chi di mestiere programma e/o valuta i programmi (in generale, siano essi infrastrutturali, sanitari, sociali, economici…) è relativa al livello di astrazione al quale blocchiamo la riflessione: vi faccio un esempio chiaramente astratto.

Obiettivo generale: realizzare la pace nel mondo. Chi è a favore di questo obiettivo dica “sì”; approvato all’unanimità. Obiettivo specifico (che ovviamente discende direttamente da quello generale): portare la pace in Libia (bisognerà pur cominciare da qualche parte…). Chi è a favore dica “sì”; approvato a maggioranza. Attività per realizzare l’obiettivo specifico: mandare un nutrito contingente di peacekeeper in Libia, con costi coperti da una tassa straordinaria. Chi è a favore dica “sì”; la proposta viene bocciata. Eppure, vedete anche voi, sotto un profilo rigorosamente logico i tre passaggi sono coerentemente collegati. Volete la pace nel mondo? E perché mai, allora, non volete mandare qualche migliaio di soldati in Libia?

La risposta è semplice, e a che fare con il linguaggio, con le inferenze (in particolare, qui, la deduzione) e con la particolare “direzione” che queste inferenze assumono (come spero sia chiarito anche dalla figura).

Se quindi c’è chiaramente una logica argomentabile e corretta da “Pace nel mondo” fino a “Mandare peacekeeper in Libia”, quella logica non è l’unica, perché man mano che si discende nel livello di generalità (dall’astratto e generale allo specifico e operativo) si aprono molteplici altre strade, molteplici altre alternative che possono portare a tutt’altra scelta.

La tipica strategia della programmazione (in tutto il mondo, non è questione italiana) è fare scelte generali, approfondirle nelle direzioni specifiche, esemplificare o indicare alcune azioni concrete, e mantenere nel vago tutto il resto, lasciandolo a futuri livelli decisionali locali che dovranno muoversi, sì, sul tracciato del Programma, ma che troveranno sufficiente elasticità, vaghezza, elementi inespliciti, tanto da potere avere ampi margini di intervento.

Il documento che l’Italia deve inviare a Bruxelles per accedere al Recovery Fund è esattamente di questo tipo. Né l’Europa (neppure il perfido Rutte) né altri possono prendere altro – nei 70-80 giorni che abbiamo davanti a noi – che obiettivi generali e specifici, nonché l’esemplificazione delle principali azioni che si dovranno intraprendere e i loro costi di larghissima massima.

Un corollario di quanto precede è che è facile, nel graaande tavolo che si sta aprendo per scrivere questo documento, trovarsi d’accordo, o abbastanza d’accordo, fra le varie componenti, liete di star sedute lì per potere poi, al momento buono (quando, avuti i soldi, si dovrà entrare nel dettaglio operativo) accampare pretese (a quanto pare solo Salvini non ha capito questa cosa, e va bene così).

Lo scontro – perché ci sarà uno scontro – avverrà dopo, quando tutte le parti sociali, e politiche, che hanno contribuito fra i sorrisi a scrivere i livelli generali, pretenderanno di interpretarli in una variante comoda a loro, o in linea coi propri interessi, con la loro ideologia, con i loro appetiti. Come sarebbe a dire che la pace in Libia si deve fare mandando truppe italiane? Certo che voglio la pace in Libia, ma ho sempre inteso che si doveva perseguire con una forte azione diplomatica!

Vedrete che succederà esattamente questo (mi piace fare previsioni, quando sono ragionevolmente certo di vedere chiaramente quello che succederà): nel tempo disponibile tutti i partiti (Lega esclusa, Meloni non so ma scommetterei su una sua partecipazione) accetteranno di sedersi al graaande tavolo, i sindacati pure, la Confindustria e anche la banda del club dei cuori solitari e, siate certi, con qualche litigatina per accontentare il loggione alla fine ci sarà uno straordinario documento (assai generico) votato a larghissima maggioranza da mandare a Bruxelles. Un po’ prima di questo usciranno interviste, dichiarazioni, tweet, post Facebook di questo e quello, in cui – con riferimento ai livelli “bassi” della programmazione (quelli operativi) – si tirerà l’acqua al proprio mulino e si costituirà una sorta di promemoria, di dichiarazione ex ante, di anticipazione a futura memoria, per potere poi dire – una volta ricevuti i soldi e arrivato il tempo delle decisioni pratiche, quelle vere – “Ah! Ma io non intendevo certo questo, come ebbi già modo di dire…”; “Eh! qui ci vogliono fregare! Io ho sempre detto diversamente…”.

La conseguenza, ovviamente, sarà che per potere costruire qualcosa, allestire una riforma seria e solida, riordinare l’amministrazione pubblica, fare quello che bisogna fare, si dovranno aprire i tavoli veri, mooolto più piccoli della graaande tavola negoziale, dove si tratterà con ciascun portatore di interessi: bisognerà accontentare i sindacati almeno su qualcosa, per ottenere il loro via libera su tutto il resto; non si dovranno umiliare i 5 Stelle su alcuni loro principi fondamentali (per esempio il reddito di cittadinanza) per far loro ingoiare tutto il resto; bisognerà pure che la sinistra non perda la faccia su alcuni Principi-Scolpiti-Nella-Pietra, per avere da loro il via libera su tutto il resto. E così via.

Alla fine, lo capisce anche un bambino, le riforme quelle vere, quelle serie, quelle pesanti, si dovranno fare “con tutto il resto”, che si sarà ridotto a povera cosa sia come idee, che come visione, che come danari disponibili.


Tratto da:
https://ilsaltodirodi.com/2020/07/27/la-trappola-in-agguato-nella-programmazione-delle-riforme/

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