La manopola dell’amplificatore

di Giovanni Lazzaretti

Tizio ha un capitale. Può conservarlo, o acquistare delle cose. Può creare una ditta, o mettersi in società. Può prestarli all’amico imprenditore, rischiando con lui e traendo un utile se l’azienda va bene.
Ma Tizio è figlio del nostro tempo (come me) e, chissà perché, ha in testa l’idea che il capitale debba rendere per il solo fatto che esiste.
Se Tizio sente la storia degli zecchini seminati da Pinocchio, pensa «quanto è sciocco Pinocchio».
Se invece un consulente finanziario racconta una storia di zecchini a Tizio, Tizio ci crede.

E’ stata dura cavarmi questa idea della testa. Con l’Alieno dovetti camminare e parlare per quasi 10 chilometri, cinque giri di Trignano. Parlavo, capivo e non capivo, mi innervosivo. L’Alieno mi scosse quando tirò fuori un vecchio foglietto.

***

Mi passa il foglietto. E’ un articolo ingiallito. Resto di stucco.

«Ma questo è l’articolo sul fallimento della [OMISSIS]! Dove l’ha trovato?»

«L’ho trovato. Leggi la frase sottolineata.»

«Non la leggo, ce l’ho in testa da trent’anni! “Il fatturato era in continuo aumento, ma gli interessi passivi hanno rovinato tutto”.»

«Buffo, vero? Quella ditta non era fatta di santi, tu lo sai bene, ma aveva le 5 virtù.
Primo: dava lavoro e soddisfazione ai proprietari.
Secondo: dava lavoro a 12 dipendenti.
Terzo: i ricavi superavano i costi, infatti sono stati rovinati dai soli interessi passivi.
Quarto: dava denaro all’erario.
Quinto: erano bravi e crescevano, infatti il fatturato era in continuo aumento.
Gli interessi passivi hanno spazzato via le 5 virtù.»

«Il debito era eccessivo, avevano fatto il passo più lungo della gamba.»

«Ma fammi il piacere, Giovanni! Più che lavorare, dare lavoro, guadagnare, crescere e pagare le tasse cosa dovevano fare? Avevano fatto il passo giusto. Ti farò una domanda: c’è relazione tra debito e interessi passivi?»

«Accidenti alle sue domande. Mi verrebbe da dire SI. Ma poi guardo la sua faccia e forse la risposta giusta è NO.»

«Stavolta la risposta giusta è SI e NO. Che ci sia una relazione è certo, se c’è interesse passivo c’è anche debito. Ma tra debito e interesse, c’è una piccola voce, la manopola di un amplificatore che può trasformare il debito in un soffio leggero o in un cataclisma: il tasso di interesse passivo.»

«Beh, sì. Ma non è che la manopola può girare quanto vuole. C’è il tasso di riferimento, il tasso ufficiale di sconto come si diceva allora.»

«Oggi non vuoi proprio capire. Quando tu presti dei soldi a che tasso li presti?»

«Mi è capitato poche volte. Comunque li presto a tasso zero.»

«Ovvio. Te ne freghi dei tassi ufficiali. Sarebbero in tanti a fare come te, ma questa forma si può adottare solo in modo sporadico e disorganizzato. Il prestito è riservato al monopolio bancario.»

«Questo ha a che fare con la ditta fallita?»

«Seguimi e vedrai. Ti illustro il loro bilancio a spanne. In lire avevano 500.000.000 di ricavi, 450.000.000 di costi, 50.000.000 di utile primario. Con questa situazione avevano già ricevuto il giusto compenso sia i proprietari che i dipendenti, le tasse erano pagate, erano in regola con l’INPS, i fornitori venivano saldati con regolarità. Restavano fuori “solo” gli interessi passivi. Debito 350.000.000, tasso 18% (allora c’era un’inflazione a due cifre), 63.000.000 da pagare, 13.000.000 mancanti.»

«Le lire mancanti le avranno messe i proprietari.»

«Certo. Le misero i proprietari il primo, il secondo, il terzo anno. In questo modo guadagnavano meno del loro ragioniere (ricordati gli stipendi di allora!), ma tenevano in piedi l’azienda. Al quarto anno dovettero chiedere un nuovo prestito. Tirarono avanti per un po’, ma quando capirono che rischiavano di perdere la casa lasciarono saltare la baracca.»

«Forse dovevano risanare il bilancio, più che chiedere altri prestiti.»

«Parli proprio come un banchiere. Cosa vuol dire “risanare”? O fatturavano di più, rubando clienti ad altri, invece di crescere in modo ordinato. O licenziavano 2 dipendenti, chiedendo straordinari gratis agli altri. O facevano del nero, per ridurre imposte e tasse. Poiché la loro struttura era sana, ben dimensionata e senza sprechi, ogni azione per pagare quegli interessi sarebbe andata contro le 5 virtù: un disastro, altro che risanare!»

«E quindi?»

«E quindi avrebbero dovuto tuonare contro il monopolio bancario! Poiché siamo una ditta sana, che dà lavoro, che non spreca, che paga le tasse, che cresce; poiché abbiamo un debito di 350.000.000 che ci sembra equo restituire in 15 anni; poiché è necessario accantonare qualcosa per investimenti futuri; il tasso massimo che potete applicarci è il 7% e non il 18%! Noi siamo esperti del nostro lavoro, gli esperti di finanza siete voi! Toccava a voi dirci che un’attività come la nostra non poteva pagare interessi superiori al 7%! Ora tocca a voi finanziarci al 7%, posto che la nostra parte di bene comune (lavoro, occupazione, tasse, benessere) l’abbiamo già fatto!»

«Ma nessuna banca accetterebbe un simile ragionamento.»

«Ovvio, ma solo perché siamo sotto monopolio bancario, scollegato dallo Stato. Quel ragionamento illustra il modello economico corretto, che salva il bene comune, il lavoro, i buoni rapporti sociali, l’equità fiscale. La ditta non faceva alta tecnologia militare, alla quale puoi chiedere anche tassi di interesse del 30%; facevano della buona [OMISSIS] che per forza di cose non poteva remunerare il capitale più del 7%, nelle condizioni di 30 anni fa.
Fossero stati in North Dakota, lo Stato, la Banca centrale di Stato e la ditta si sarebbero messi a un tavolo e avrebbero applicato quel ragionamento: avrebbero cioè regolato la manopola dell’amplificatore SULL’ECONOMIA E NON SULLA FINANZA. Non per niente il North Dakota cresce anche quando il resto degli USA va in recessione.»

***

Avevo capito. O avevo cominciato a capire. Ma mi venne anche da sorridere.

«Se un ragazzo ci sentisse parlare, si metterebbe a ridere.»

«Perché?»

«Per la manopola dell’amplificatore. Molti ragazzi non ne hanno mai vista una.»

«Giovanni, proprio tu mi vieni a dire queste cose? Ma il Vostro Signore non vi ammaestra tutte le Domeniche a colpi di pecorai, massaie che spazzano la casa, vignaioli con il loro torchio?»

«Beh, sì.»

«Immagina un prete che inizia la predica.
Ha davanti gente che non ha mai visto un gregge, eppure riesce a spiegare benissimo che il Vostro Signore non può che essere Pastore. Perché il Pastore può davvero portare una pecora sulle spalle, mentre non può portare una mucca o un maiale.»

«Quindi?»

«Quindi tieniti stretta la manopola dell’amplificatore, anche se è un esempio fuori tempo.
Immagina il Grande Finanziere nella sua sede operativa.
Ha davanti tanti amplificatori, uno per ogni Stato.
Guarda distrattamente l’andamento economico di uno Stato e decide che può essere spremuto un po’ di più. Gira di un briciolo la manopola, e un grande flusso di denaro se ne va dall’economia di quel paese ed entra nel potere del Grande Finanziere, come interessi passivi.»

«Finché il paese non va in crisi.»

«Quando va in crisi, il Grande Finanziere convoca la Troika di turno, fa piazzare la pistola alla tempia dello Stato e obbliga lo Stato a diventare l’esattore terribile, quello disposto anche a far morire un popolo pur di non far soffrire il Grande Finanziere.»

«Sa che il suo quadro è deprimente?»

«Se il quadro è deprimente, rimettetevi a pensare. Ma voi ve ne state lì, ad ascoltare gli economisti da talk show. E gli credete pure!»

 

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