La liberazione sessuale ha in realtà sottomesso le donne

di Eugénie Bastié
05.02.2016

Condividiamo queste riflessioni non banali della sessuologa belga Thérèse Hargot sulla “rivoluzione sessuale, in una sua intervista pubblicata nel 2016 sulla rubrica di Le Figaro, “Figaro/vox”.
La commercializzazione della sessualità, tramite il business della pornografia, e l’esasperazione sull’identità sessuale come nota fondamentale della personalità, perdendo di vista la complessità e l’originalità di ogni persona in quanto tale, stanno creando delle generazioni di uomini e donne dall’identità debole e meno capaci di relazioni costruttive con gli altri, dai rapporti affettivi, alla famiglia, fino all’impegno sociale e politico.


[Intervistatrice]
Credevamo di essere stati liberati dalla rivoluzione sessuale. Ma in effetti, secondo Thérèse Hargot, fra la cultura della performance imposta dall’industria pornografica e l’ansietà distillata da una morale igienista, mai come oggi la sessualità era stata così “normata”.

Nel suo libro « Una gioventù sessualmente liberata » lei si interroga sull’impatto della liberazione sessuale sur nostro rapporto con il sesso. Che cosa è cambiato, fondamentalmente?
[Thérèse Hargot]
Fondamentalmente nulla. Se la « norma » è cambiata, il nostro rapporto con la norma è rimasto sempre lo stesso : restiamo in un rapporto di dovere. Siamo semplicemente passati dal dovere di procreare a quello di godere.
Dal “non bisogna avere rapporti sessuali prima del matrimonio” al “bisogna avere dei rapporti sessuali il più presto possibile. Un tempo la norma era data da una istituzione, principalmente religiosa; oggi è data dall’industria della pornografia. La pornografia è il nuovo vettore delle norme in materia di vita sessuale.
Infine, mentre una volta le norme erano esterne ed esplicite, oggi esse sono interiori ed implicite. Non abbiamo più bisogno di una istituzione che ci dica ciò che dobbiamo fare: ce lo abbiamo ben integrato da noi stessi. Non ci dicono più esplicitamente quando dobbiamo avere un bambino, ma tutte noi donne abbiamo ben integrato il “buon momento” per diventare madri: soprattutto non troppo presto e solo quando le condizioni economiche siano confortanti. E’ quasi peggio: dato che ci crediamo liberati, non abbiamo più la coscienza di essere sottoposti a delle norme.

Quali sono i nuovi criteri di queste norme sessuali ?
La novità sono le nozioni di performance e di riuscita che si sono introdotte nel cuore della sessualità. Sia per il godimento, ma anche nel nostro rapporto con la maternità: è necessario essere una buona madre, riuscire con il proprio bambino e nella coppia. E chi dice performance, efficacia, dice angoscia di non riuscirci. Questa angoscia crea disfunzioni sessuali (perdita di erezione, ecc.). Abbiamo un rapporto angoscioso con la sessualità, dato che ci viene chiesto di “riuscire”.

Questo riguarda sia gli uomini che le donne ?
Entrambi, ma in modo differente. Si resta negli stereotipi : l’uomo deve essere performante nella sua riuscita sessuale, mentre la donna deve restare nei canoni estetici.

La norma sembra anche passare per un discorso igienista, che ha sostituito la morale di un tempo…
L’AIDS, le malattie sessualmente trasmissibili, le gravidanze non desiderate : siamo cresciuti, noi piccoli bambini della rivoluzione sessuale, nell’idea che la sessualità fosse un pericolo. Ci viene detto che siamo liberi e nello stesso tempo che siamo in pericolo. Parliamo di “safe sex”, di sesso sicuro, abbiamo sostituito la morale con l’igiene.
Cultura del rischio ed illusione di libertà, tale è il cocktail liberale che oramai regna, anche nella sessualità. Questo discorso igienista è molto ansiogeno. E inefficacie: molte malattie sessuali continuano ad essere trasmesse.

Lei è insegnante sessuologa nelle scuole superiori. Cosa la colpisce di più degli adolescenti che frequenta?
La cosa che più mi colpisce è l’impatto della pornografia su loro modo di concepire la sessualità. Con lo sviluppo delle tecnologie e di internet la pornografia è diventata estremamente accessibile ed individualizzata. A partire da età molto basse essa condiziona la loro curiosità sessuale: a 13 anni le ragazze mi domandano che cosa ne penso dei rapporti “a 3”. Estendendo il discorso al di là dei siti pornografici, si può parlare di una « cultura porno », presente nei videoclip, nei reality televisivi, nella musica, nella pubblicità, ecc.

Quale impatto ha la pornografia sui bambini?
Come riceve un bambino queste immagini ? E’ capace di fare la distinzione fra la realtà e le immagini ? La pornografia prende in ostaggio l’immaginario del bambino senza lasciargli il tempo di sviluppare le sue proprie immagini, le proprie fantasie. Essa crea una grande colpevolezza a provare un’eccitazione sessuale attraverso queste immagini ed una dipendenza, in quanto l’immaginario non ha avuto il tempo di formarsi. 

« Essere sessualmente liberi nel XXI secolo è quindi avere il diritto di fare dei pompini a 12 anni ». La liberazione sessuale si è rivoltata contro la donna?
E’ proprio così. La promessa “il mio corpo mi appartiene” si è trasformata in “il mio corpo è disponibile”: disponibile per la pulsione sessuale maschile, che non è ostacolata in nulla.
La contraccezione, l’aborto, la “padronanza” della procreazione pesano unicamente sulla donna. La liberazione sessuale ha modificato solo il corpo delle donne, non quello dell’uomo. Dicendo di volerla liberare, il femminismo egalitario, che ce l’ha con gli uomini, vuole imporre un rispetto disincarnato delle donne nello spazio pubblico. Ma è nell’intimità, soprattutto nell’intimità sessuale, che avvengono i rapporti di violenza. Nella sfera pubblica si mostra un rispetto delle donne, nel privato si guardano dei film porno, nei quali le donne sono trattate come degli oggetti.
Instaurando la guerra dei sessi, nella quale le donne si sono messe in concorrenza diretta con gli uomini, il femminismo ha destabilizzato gli uomini, i quali scaricano la dominazione nell’intimità sessuale. Il successo della pornografia, che rappresenta spesso degli atti di violenza verso le donne, del revenge-porn e le Cinquanta sfumature di grigio, romanzo sadomasochista, sono lì per testimoniarlo.

Lei critica una « morale del consenso » che fa di ogni atto sessuale un atto libero, purché sia “voluto”…
Con i nostri occhi di adulti noi abbiamo a volte la tendenza a guardare in modo intenerito la liberazione sessuale dei più giovani, meravigliati per la loro assenza di tabù. En realtà essi subiscono enormi pressioni, non sono per nulla liberi. La morale del consenso è inizialmente qualcosa di molto giusto: si tratta di dire che siamo liberi quando siamo consenzienti. Ma abbiamo esteso questo principio ai bambini, chiedendo loro di comportarsi come degli adulti, capaci di dire sì o no. Ora, i bambini non sono capaci di dire di no. Abbiamo la tendenza a dimenticare nella nostra società la nozione di maggioranza sessuale. Essa è molto importante. Al di sotto di una certa età si ritiene che vi sia una immaturità affettiva che non rende capaci di dire di “no”. Non c’è alcun consenso. Dobbiamo davvero proteggere l’infanzia.

Andando contro corrente, lei promuove la contraccezione naturale e critica la pillola. Perché?
Io critico meno la pillola che il discorso femminista e medicale che circonda la contraccezione. Ne è stato fatto un emblema del femminismo, un emblema della causa delle donne. Quando si vedono gli effetti sulla loro salute, sulal loro sessualità, c’è da dubitarne ! Sono loro che vedono modificarsi il loro corpo, non è mai l’uomo. E’ totalmente diseguale. E’ in questa prospettiva che mi interessano i metodi naturali, in quanto sono gli unici a implicare allo stesso modo l’uomo e la donna.
Essi sono basati sulla conoscenza che le donne hanno del proprio corpo, sulla fiducia che l’uomo deve avere nella donna, sul rispetto del ritmo e della realtà femminile. Lo trovo effettivamente molto più femministra che distribuire delle medicine a delle donne in perfetta salute ! Facendo della contraccezione una questione solo delle donne, abbiamo deresponsabilizzato l’uomo.

Lei parla della questione dell’omosessualità che stuzzica gli adolescenti…
«Essere omosessuali» è prima di tutto una lotta politica. In nome della difesa dei diritti sono state riunite sotto una stessa bandiera arcobaleno delle realtà che non hanno nulla a che vedere fra loro. Ogni persona che dice di “essere omosessuale” ha un vissuto diverso, che si scrive in una storia differente. E’ una questione di desideri, di fantasie, ma in nulla una « identità » in un unico pezzo. Non dobbiamo porre la questione in termini di essere, ma in termini di avere. La questione oramai ossessiona gli adolescenti, che si sentono il dovere di scegliere la propria sessualità. Le manifestazioni di “coming out” interrogano molto gli adolescenti, che si domandano “come si fa per sapere se si è omosessuali, come sapere se io lo sono?”. L’omosessualità fa paura, dato che i giovani dicono “se lo sono, non potrò mai tornare indietro”. Definire le persone come “omosessuali” è creare dell’omofobia. La sessualità non è una identità. La mia vita sessuale non determina chi sono.

Che fare, secondo lei, per aiutare la gioventù a crescere sessualmente ? E’ un obiettivo in sé? I corsi di educazione sessuale sono veramente indispensabili?
Non si deve insegnare agli adolescenti a crescere sessualmente. Si deve insegnare ai giovani a diventare uomini e donne, aiutarli a far crescere la loro personalità. Anziché parlare di preservativi, di contraccezione e di aborto ai bambini, si deve aiuitarli a costruirsi, a sviluppare una stima di sé. Si deve creare degli uomini e delle donne che possano essere capaci di essere in relazione gli uni con gli altri. Non c’è bisogno di corsi di educazione sessuale, ma di corsi di filosofia!

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