La differenza fra risparmiatori e investitori

di Giovanni Lazzaretti

Dopo aver scritto l’articolo su “I nostri poveri risparmi” mi sono reso conto che è avvenuta una trasformazione mentale: le persone faticano a percepire la differenza tra risparmiatore e investitore.
Siamo diventati investitori inconsapevoli, convinti di essere ancora risparmiatori.
La TV non ci aiuta, perché dice stupidaggini del tipo «i risparmiatori sono scappati in Svizzera o in Olanda».
Ovviamente non sono scappati i risparmiatori, ma al massimo alcuni investitori.
Io, voi, restiamo qui, perché i risparmi ci servono per vivere, e la nostra vita è qui. Anche se uso la banca via Internet, voglio che la filiale sia a portata di mano, per quel bisogno che ogni tanto capita.

Voi, io, siamo risparmiatori. Ma mentalmente ci hanno trasformato in investitori, a caccia di “rendimenti”. E così i nostri risparmi vengano trasportati verso la voragine, senza che ce ne accorgiamo.

 

 

 

 

 

 

 

 

La voragine è quella della finanza sganciata dall’economia, il cerchio n.1 descritto nel suddetto articolo: raggio 564 mm, area 1’000’000 di mm², a rappresentare 1’000’000 di miliardi di dollari della finanza. Un cerchio da colorare di nero, perché è un “buco nero”.
Colorerei di verde il cerchio n.2 del debito degli Stati: 252 mm, 200’000 miliardi di dollari, un quinto del cerchio precedente. Verde = Speranza perché, se gli Stati si sveglieranno su che cosa è la sovranità monetaria, quel cerchio cesserà di essere un problema e diventerà una risorsa.
Sceglierei il colore rosso per il cerchio n.3, quello del PIL annuo mondiale, 154 mm, 75’000 miliardi annui: rosso perché è piccolissimo rispetto alla finanza, ma solo da lì passa il sangue reale della gente e dei popoli.

L’inutilità della finanza odierna è ben percepibile osservando quei 3 cerchi: è una finanza autoalimentata, che può solo “comprare se stessa”, ma non potrebbe mai trasformarsi né in Titoli di Stato, né in beni reali.
Però bisogna far credere alla gente che la finanza esiste ed è viva. Come fare? Bisogna farla “rendere”. Se mi danno una mela, deduco che c’è un albero vivo che l’ha formata. Se mi danno degli interessi, i “frutt” del dialetto reggiano, è ovvio che ci deve essere dietro l’albero vivo che li ha prodotti.
In effetti l’albero vivo c’è, ma non è quello della finanza. L’albero vivo è quello dell’economia, dal quale la finanza beve gli interessi, e li distribuisce a piccole dosi anche ai risparmiatori, facendo quindi credere che i risparmi “fruttano”.

Questi frutti vengono costruiti sul disastro della Grecia, sul 30% di povertà in Italia, sulla devastazione in Africa dell’intera area del Franco CFA, l’Unione monetaria dei paesi più poveri del mondo.
Il compito dei risparmiatori è quello di sganciarsi da questo gioco perverso e di riappropriarsi del loro ruolo: portare i soldi sempre più vicini all’economia reale.
Ricordiamoci la sequenza: la cosa più solida sono i beni; poi ci sono i contanti, che però hanno la seccatura di essere a rischio furti; al di fuori di questi non ci sono più “i soldi”, ma solamente “i crediti”. I crediti sono di diverso tipo: i conti correnti e i libretti materiali (quelli dematerializzati meriterebbero un discorso a parte) non sono soldi, ma sono ancora crediti ragionevoli, abbastanza protetti, trasformabili in contanti; poi ci sono i Buoni Postali, solidi, trasformabili in qualunque momento in contanti, al massimo perdendo qualche mese di interessi; poi ci sono i Titoli di Stato, solidi come i Buoni Postali, con qualche problema di “mercato” solo se li voglio vendere prima della scadenza.
In tutte queste cose non avete bisogno del consulente finanziario: vi basta un impiegato allo sportello che obbedisca ai vostri ordini di cliente.

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