INTERVISTA A PIETRO RATTO: I DISASTRI DELLA “BUONA SCUOLA”

di Enrico Sanna

Si può ancora parlare di scuola pubblica a tutti gli effetti oggi? Il governo e il parlamento, cioè lo Stato, prendono ancora decisioni importanti che si traducono in riforme strutturali a vantaggio degli scolari?

Purtroppo la scuola è in cammino, dall’inizio del Terzo Millennio, verso una sua radicale aziendalizzazione. D’altro canto, nel momento stesso in cui varava la famigerata Buona Scuola, il Governo Renzi dichiarava scandalosamente agli italiani che “una Scuola pubblica finanziata dallo Stato, ormai, non è più pensabile”. Si trattava solo, però, di una delle ultime puntate (e, purtroppo, non ancora quella finale), di un percorso di progressivo svuotamento dell’istruzione pubblica di tutti i fondamentali valori educativi e culturali. A vantaggio di quell’indottrinamento alla “flessibilità”, al consumismo, alla sottomissione e alla passività che così tanto, ormai, caratterizzano le lezioni quotidianamente in scena nelle aule scolastiche del nostro Paese.

Che influenza hanno società come la Treellle e la fondazione Rocca sul governo? Chi sono i loro rappresentanti principali che intervengono nello sviluppo di progetti per la scuola? Quali sono i fini di questi progetti?

Come ho cercato di spiegare dal 2015 in poi, si tratta di associazioni private, gestite dai vertici di Confindustria e presidiate da banchieri, cardinali, direttori di giornale, politici, ecc. che dettano i loro diktat ai vari Ministeri in un’ottica di radicale e inesorabile impoverimento culturale della didattica e di azzeramento delle facoltà critiche e della vivacità intellettuale dei nostri giovani. Rimando, a tal proposito, a due miei saggi reperibile in rete, Questa Buona Scuola s’ha da fare e I Diktat della Fondazione alla Buona Scuola di Stato, al fine di capir bene i dettagli di questa brutta operazione, di cui si sono resi complici tutti i Governi dal Duemila in avanti, incluso l’attuale, senza distinzione di “ideologia” o di orientamento politico.

Che rapporto esiste fra la scuola italiana e il College gesuitico di Boston? Chi sviluppa le prove Invalsi?

Pochi ancora sanno che il Boston College, principale polo gesuitico del pianeta, è il punto di partenza della famigerata verifica chiamata “Test INValSI”, a cui ormai tutti gli ordini di scuole di molti Paesi europei sono tenuti a sottomettersi. Il Boston College (che nel 2015 vantava un giro d’affari di circa ottocento milioni di dollari e un patrimonio di due miliardi), finanzia l’International Association for the Evaluation of Educational Achievement (IEA), ossia l’Ente internazionale per la valutazione del rendimento scolastico, che ha sede ad Amsterdam e che coordina (e pilota) gli Istituti di valutazione dei singoli Paesi dell’Eurozona, in modo da omologare programmi scolastici, metodologie e criteri docimologici in funzione delle esigenze della politica, dell’imprenditoria e della finanza europea, oltre che di quelle dell’università gesuitica stessa che, naturalmente, tra i suoi propositi principali – in barba alla laicità dello Stato – dichiara quello di “diffondere il cristianesimo nell’istruzione giovanile”. I test vengono direttamente ideati ed elaborati da due enti, il TIMMS e il PIRLS, controllati proprio dall’IEA, e i principali dirigenti di questi due enti siedono nel CdA del College. Ho raccontato queste cose, per la prima volta, in un mio saggio pubblicato su IN-CONTRO/STORIA (Una Chiesa a tutti i costi), riassunto poi in un mio articolo del 2015 intitolato Santa Romana Scuola.

Che scuola è quella di oggi? In che modo è cambiata negli anni attraverso le varie riforme?

La scuola di oggi serve a produrre quell’atteggiamento servile tanto utile agli imprenditori a caccia di impiegati anonimi, facilmente manovrabili e incapaci di pensar con la propria testa. E giovani da subito abituati a temere l’autorità fino al punto di interiorizzare l’antidemocratico principio secondo cui: piuttosto che dir cosa si pensa, convenga tacere, sono la manna dal cielo. Altro che Educazione Civica. Altro che Costituzione! L’unica cosa che si insegna loro, anche attraverso un distorto utilizzo del “voto”, è di convincersi che ciò che davvero conta nella vita sia “Il risultato”. Naturalmente interpretato in un senso eminentemente economico: i soldi, lo stipendio. Non a caso la Riforma dell’Autonomia ha introdotto nella didattica il gergo bancario. Debiti, crediti…

Questa scuola si serve di strumenti geniali e perversi come per esempio quello del cosiddetto Orientamento scolastico, che alimenta angoscia e paura nei confronti del futuro, in ragazzi derubati da qualsiasi prospettiva lavorativa ancor minimamente in grado di conceder loro un minimo di dignità e di garanzie, inducendoli piuttosto a rinunciare ai loro ideali, alle loro inclinazioni personali e alle loro vere aspirazioni, in nome della “convenienza”. Il tutto, naturalmente, facendo leva sull’ansia da prestazione e sull’incombente spettro del fallimento e della povertà, sempre minacciosamente dietro l’angolo per chiunque non sappia adeguarsi alle regole di chi governa il mercato del lavoro, traendone enorme profitto.

Uno degli aspetti più inquietanti – sotto gli occhi di tutti e tranquillamente sostenuto dallo stesso governo, attualmente gestito dalle forze politiche che fino all’anno scorso scalpitavano contro la scuola genziana, sostenendo di volerla cambiare ad ogni costo – è quello dell’Alternanza Scuola Lavoro, vera e propria legalizzazione dello sfruttamento del lavoro minorile gratuito. Una prassi indecente che, oltretutto, non svolge alcuna funzione formativa dato che, nella maggior parte dei casi, lo studente si trova costretto a duecento ore di attività come lo spolverar scaffali nelle farmacie, servire birra nei pub o montare e smontare sdraio in spiaggia.

In tutto questo la passività, l’opportunismo e – me lo faccia dire – anche un po’ la codardia di molti insegnanti, che hanno abdicato al loro ruolo educativo trasformandosi in zelantissimi impiegatucci al servizio del Dirigente, giocano un ruolo determinante. Per non parlare dei docenti più giovani, che, “precarizzati” come sono, anche alla luce di come sono stati “formati” da queste stesse scuola strisciano spesso e volentieri, piuttosto che rischiar di perdere il lavoro.

Non le sembra che le riforme di Salvini che reintroducono l’uso del grembiule così i bambini sono tutti uguali e l’Educazione Civica per insegnare il rispetto, la lotta alla mafia eccetera, siano stupidaggini rispetto ai veri problemi della scuola che minacciano di buttare i pilastri della società?

Mi sembra assolutamente così. Prima del cittadino, del consumatore e dell’elettore obbediente viene la Persona, accidenti! La Persona,: questa sconosciuta.

Quale ruolo dovrebbe ricoprire un insegnante vero?

Il vero insegnante è un Maestro. Un educatore che trasmette Libertà, sete di Conoscenza e Felicità. Il suo compito consiste nell’insegnare la domanda, non la risposta pronta e facile. Nell’incrementar curiosità, voglia di ascoltarsi, di ascoltare gli altri e se stessi, e di capire a fondo, in tal modo, quale sia la propria personalissima strada da seguire. Una strada da non tradire mai, per nulla al mondo. Come ho già avuto più volte occasione di affermare, oggi un Mozart adolescente verrebbe terrorizzato e costretto a fare Economia e Commercio.

Cosa ci stiamo perdendo?

Ripeto: cosa ci stiamo perdendo?

Lascia un commento