Il taglio dei parlamentari, da Mussolini alla Loggia P2

Il taglio dei parlamentari da Mussolini alla P2 e al governo Conti-5 stelle-PD, passando dai progetti di revisione costituzionale di Berlusconi e di Renzi respinti dal popolo, a tutti gli uomini e le donne dell’establishment ( Bozzi, Nilde Iotti, Licio Gelli, D’Alema, Bossi, Renzi, Di Maio, Salvini, ecc.)

Tra i punti del Piano P2 già completamente o parzialmente attuati e altri in via di attuazione – o proposti ma respinti dal voto del popolo, troviamo tra gli altri: la “limitazione del diritto di sciopero”. Il controllo e il lobbismo sui mass media e il controllo (tramite acquisizione di quote e fondazione di nuove testate) di quotidiani, la liberalizzazione delle emittenti televisive (all’ora erano permesse solo a livello regionale). L‘abolizione del monopolio della RAI e la sua privatizzazione, abolizione del monopolio RAI e liberalizzazzione delle trasmissioni televisive via cavo già avvenuto prima della scoperta, nell’81, della loggia P2 ma il cui Piano risaliva a prima del 1975; Superamento del bicameralismo perfetto con ripartizione  di competenze fra le due Camere. Riforma della magistratura: separazione delle carriere di P.M. e magistrato giudicante, responsabilità del CSM nei confronti del parlamento, da operare mediante leggi costituzionali. La riduzione del numero dei parlamentari. L’abolizione delle province.


IL PIANO DI RINASCITA DEMOCRATICA DELLA P2

Il documento di cui possediamo copia dell’originale dove ogni singola pagina reca il timbro – come usa nei documenti diplomatici – e nella forma grafica dell’originale, coi sui spazi, sottolineature, titolazione, ecc., nella parte detta a breve termine troviamo scritto quanto segue:
a3) Ordinamento del Parlamento:
1) ripartizione di fatto, di competenze fra le due Camere (funzione politica alla CD e funzione economica al SR);
2) modifica (già in corso) dei rispettivi Regolamenti per ridare forza al principio del rapporto (Cost.art.64) fra maggioranza-Governo, da un lato, e opposizione, dall’altro, in luogo della attuale tendenza assemblearistica (cioè per impedire che possa concretizzarsi – anche soli in taluni casi – la costituzionale distinzione e differenza tra la maggioranza di governo e la maggioranza legislativa, assimilando questa a quella di governo ovvero subordinando l’autonomia dell’organo legislativo (Parlamento) all’esecutivo (governo, n.d.r.).

Nella parte detta a medio termine si trova:
a2) Ordinamento del Governo 1) modifica della Costituzione per stabilire che il Presidente del Consiglio è eletto dalla Camera all’inizio di ogni legislatura e può essere rovesciato soltanto attraverso le elezioni del successore (cioè a dire la cosiddetta “sfiducia costruttiva” che l’attuale governo ha in animo di proporre modificando la Costituzione, n.d.r.)
a3) Ordinamento del Parlamento 1) nuove leggi elettorali, per la Camera, di tipo misto (uninominale e proporzionale secondo il modello tedesco) riducendo il numero dei deputati a 450 e, per il Senato, di rappresentanza di 2° grado, regionale, degli interessi economici, sociali e culturali, diminuendo a 250 il numero dei senatori ed elevando da 5 a 25 quello dei senatori a vita di nomina presidenziale, con aumento delle categorie relative (ex parlamentari – ex magistrati – ex funzionari e imprenditori pubblici – ex militari ecc.). (come è noto tale sistema è quello messo in atto in tutti questi anni dal Mattarella al Rosato attuale, con sbarramento proprio del sistema tedesco e che nessuno intende eliminare, n.d.r.)Dall’ideologica anti-ideologia dei 5 stelle all’ideologica amputazione della rappresentanza parlamentare, come fece Mussolini.


Il Piano P2 prevedeva anche la formazione di due aggregati uno a cavallo del centrodestra e uno a cavallo del centrosinistra (con esclusione dei comunisti): ebbene, la legge di revisione costituzionale sulla riduzione dei parlamentari, è stata approvata e in occasione della sua quarta lettura alla Camera l’8 ottobre 2019, ha avuto l’appoggio pressoché totale di entrambi tali aggregati dei centrodestra e centrosinistra, mentre nella terza lettura al Senato avvenuta 11 luglio, prima della crisi di governo, non aveva raggiunto il quorum dei due terzi necessario per evitare il referendum confermativo: contro aveva votato lo stesso PD che dopo tre voti contrari alla riduzione dei parlamentari, ora, nell’ultima votazione, dopo aver invocato per 8 mesi una resistenza civile contro gli assassini della democrazia, con una giravolta e senza alcuna reale discussione  e motivazione di merito, ha votato a favore assumendo la cultura dichiaratamente antiparlamentare del Movimento 5 Stelle.

Nonostante ci sia la possibilità, i Comitati del NO alla revisione della Costituzione e quelli “per la Costituzione” e dei  cosiddetti “giuristi democratici” hanno rinunciatorinunciano a promuovere il referendum (lasciando ai soli radicali di promuovere il referendum e che hanno costituito un comitato per il NO). Con la risibile giustificazione che “non si potrebbe vincere” e che è “meglio dedicarsi a introdurre ‘contrappesi”, cioè realizzare ulteriori modifiche costituzionali (oltre che elettorali con sbarramento) come vuole il PD che propone “pezze” peggiori del “buco” aperto dal vulnus della riduzione dei parlamentari), rinunciano a promuovere il referendum che permetterebbe di aprire un dibattito di merito che è del tutto mancato e una presa di coscienza sulla gravità sovversiva e antiparlamentare della riduzione dei Parlamentari della Camera da 630 a 400 deputatiesattamente lo stesso numero a cui lo ridusse Mussolini (ignoranza della storia o condivisione del mussolinismo?) e persino peggio dei 450 indicato e richiesto dal Piano della loggia P2 di Licio Gelli.

Principale motivazione di questa riforma: ridurre il numero dei parlamentari  per risparmiare (Sic!!!),omettendo che in tutti gli altri Paesi,  nella loro Camera politica di natura elettiva, hanno un numero di deputati analogo a quello italiano (Gran Bretagna 650, Francia 577, Germania 709 in questa legislatura) .  Prima della riforma avevamo un rappresentante ogni 60.000 cittadini, oggi il rapporto diventa uno ogni 110.000. Questo vuol dire una sola cosa: già prima era difficile avere un qualsivoglia rapporto con i propri deputati e senatori, oggi lo sarà molto di più. Se il problema, come si è ripetuto ossessivamente negli ultimi anni, è quello di riavvicinare la politica alla gente, bene, questa riforma – numeri alla mano – va esattamente nella direzione opposta.


Dall’antipolitica alla distruzione dei partiti, per lasciare campo ai movimenti personali, all’antiparlamentarismo.

Il taglio dei parlamentari nasconde il malcelato obiettivo di concentrare nelle mani di pochi il potere decisionale in Italia. Il c.d. del “taglio delle poltrone” – avanzata da tutti gli uomini e le donne dell’establishment, per quanto “negato” ha questo recondito obiettivo: la concentrazione di potere e la riduzione di rappresentanza popolare e parlamentare come inesorabile conseguenza.

Un parlamento ancora più debole: nel segno della riduzione della democrazia

Di più e di certo c’è che il taglio dei parlamentari – oltre ad essere di per se sovversivo è in grado alterare tutti i rapporti istituzionali: non solo tra parlamento e governo a favore di quest’ultimo, ma anche tra il parlamento (che potrà vedere commissioni parlamentari deliberative ridotte a piccole cupole condizionabili dai gruppi di interesse e capi bastone della politica) e le istituzioni di ogni livello in cui si  articola la Repubblica, e tra singolo eletto e il numero di cittadini che deve rappresentare – apre ancora una volta una ennesima fase di riforme costituzionali grandi e piccole.

Infatti, in cambio del suo via libera e senza che si sia dato corso ad un dibattito e ad una discussione e tra le forze parlamentari e nel Paese. Il Pd ha ottenuto l’assenso su un pacchetto di provvedimenti che secondo i democratici sarebbe in grado di sterilizzare alcuni effetti negativi che il solo taglio dei parlamentari avrebbe sul sistema. Alcuni di questi impegni sono stati messi nero su bianco dai capigruppo della maggioranza – Leu e Italia viva incluse – proprio alla vigilia del voto ultimo e si rivelano essere “peggio il tacon del buso” oltre che altrettanto sovversivi.

In particolare il “tacon” (“la pezza”-Sic), secondo cui entro dicembre si avvierà un percorso di riforma costituzionale che interesserà anche la “struttura del rapporto fiduciario tra le camere e il governo”. Di cosa si tratta esattamente lo si vedrà, ma è noto che quello che si sta prendendo in considerazione è la possibilità di introdurre l’istituto della sfiducia costruttiva che sarebbe votata dalle camere in seduta comune, che come nel cancellierato/presidenzialista tedesco (sistema che la P2 propose di introdurre  in Italia), rende impossibili che il Parlamento sfiduci il governo a meno che non si sia in presenza di un altro governo già formato e pronto a prenderne il posto, ovvero ancora una volta nel segno del prioritario e  assoluto principio della “governabilità” a danno della rappresentatività di un Parlamento in cui, con la riduzione dei parlamentari, è stata tagliata la rappresentanza popolare come prima d’ora aveva fatto solo il governo Mussolini (prima ancora di introdurre il maggioritario).

In sostanza si procede – progressivamente aggravandolo – sotto il segno della riduzione della democrazia, nel nome di quel “eccesso di rappresentatività e di democrazia”, di “sovraccarico democratico”, denunciati dalla Trilateral del 73, da cui trasse le mosse il Piano P2 del 75 ed ancor più esplicitato da Huntington nel 77 in “La crisi della democrazia”, da cui origina la nozione stessa di “governabilità” che sarebbe gravata da un eccesso di partecipazione: tesi volta a presentare in termini solo apparentemente tecnici ma in realtà ideologici, un ritorno ad uno stato minimo proprio della “teoria pura dello stato” liberale.


Si esalta la democrazia, ma si continua a modificare l’unico organo che rappresenta il popolo

Naturalmente nessuno di tali “pezze” e provvedimenti è in grado di far recuperare al parlamento quel ruolo funzionale e politico eroso in questi ultimi vent’anni e che il taglio appena votato ha ulteriormente mortificato. Anzi, in un contesto come quello attuale, e soprattutto come quello che si prepara, alcuni di essi finirebbero per rendere ancora più deboli camera e senato nei confronti dell’esecutivo.

Per questo, quell’indicazione su eventuali interventi sulla struttura del rapporto fiduciario tra camere e governo appare ancor più inquietante. Come mai, mentre si esalta la democrazia, poi si continua a modificare l’unico organo dello stato che rappresenta direttamente il popolo?. Ma, al di là delle circostanze che operano sul piano simbolico, si devono considerare alcuni riflessi molto concreti che l’indebolimento del parlamento e alcune delle riforme annunciate a corollario avranno nella vita politica.


Conseguenze
Basti considerare che sarà molto più facile per le segreterie e capi e capetti dei gruppi politici – cosi detti partiti –  controllare militarmente i propri parlamentari ancor più di quanto accade oggi. Contemporaneamente, sarà sempre più difficile che possa esprimersi compiutamente e serenamente una dissidenza interna su singole leggi. In un paese nel quale a molti non dispiacerebbe l’irruzione nell’ordinamento del vincolo che leghi il parlamentare al suo gruppo politico e al “capo” di movimenti “personali”.

Infine, si prospetta la questione della legge elettorale. Sostiene la maggioranza che la diminuzione di deputati e senatori avrebbe effetti sul funzionamento delle leggi elettorali di camera e senato tali da compromettere la rappresentanza territoriale. Alcune regioni avrebbero una rappresentanza parlamentare non proporzionata al numero degli elettori. Rischi ci sarebbero anche per la rappresentanza delle minoranze. Per questo, entro dicembre dovrebbe essere presentato un progetto di nuova legge elettorale. E si dovrà procedere anche all’inevitabile ridefinizione dei collegi elettorali. Infine, già entro ottobre – secondo quanto annunciato – si provvederà a rendere omogenee le norme su elettorato attivo e passivo per camera e senato, che oggi prevedono età diverse per essere eletti e per poter votare.

Com’è evidente, al di là di questo, ci sono anche motivazioni di convenienza politica non dichiarate. E queste motivazioni sono quelle che riempiranno di contenuto certe affermazioni di principio. Così, la maggioranza è orientata ancora una volta, verso un sistema pseudo-proporzionale, cioè con sbarramento.

Nei prossimi mesi si vedrà se il percorso cominciato con il taglio dei parlamentari avrà anche una conclusione e, soprattutto, quale sarà. Di sicuro c’è che si rende esplicito ciò che già era noto: la posta prevista dall’accordo tra Pd e M5s, che aveva come obiettivo tenere la destra all’opposizione, è ora addirittura il sovvertimento della costituzione. Nella stessa direzione dei vari progetti di riforma costituzionale avanzati dal governo Berlusconi e dal governo Renzi che il popolo ha respinto a stragrande maggioranza, rispettivamente nel 2006 e nel 2016.


Tratto da: http://www.iskrae.eu/taglio-dei-parlamentari-mussolini-alla-p2/

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