Il Parlamento Europeo, i cetrioli e la Democrazia

di Guido Grossi

Cosa c’entra il Parlamento europeo con i cetrioli?
C’entra, c’entra, purtroppo!
Chi pensi che li faccia quei regolamenti che definiscono dettagliatamente e minuziosamente forma e dimensione standard, se non anche colore, consistenza e peso di ogni singolo cetriolo, affinché possa avere il diritto, lui, l’ortaggio lungheggiante, di entrare nei banchi dei supermercati nell’una, piuttosto che nell’altra delle diverse categorie (oppure, non poterci proprio entrare)?
Con tanto di etichetta: il premio ambito che certifica la “regolarità formale” del nostro cetriolo. Categorie indicate con precisione millimetrica in quelle etichette scritte piccole, piccole, e fitte, fitte, con tante di quelle sigle e numeri che dovresti essere un’enciclopedia ambulante per capire di cosa si tratta.
Chi altro pensi che li faccia, con mirabile competenza e perizia, quei Regolamenti, tradotti nelle ventisette lingue europee, se non, nientepopodimeno che, i Rappresentanti dei Popoli europei, riuniti in formale consesso, prima in commissione a Bruxelles, e poi in seduta plenaria, nel Parlamento di Strasburgo?
In realtà, la parola usata: “li faccia”, è vaga. Cerchiamo di approfondire.

Vediamo intanto chi le concepisce, quelle norme.
Senza entrare nei dettagli del processo legislativo, evidenziamo qualche aspetto rilevante.
A “concepire” certi regolamenti, ma anche a “scriverli in quei dettagli”, sono i famigerati lobbisti.
Non crederai mica che un parlamentare europeo si svegli la mattina con questo impulso irresistibile di scrivere una legge sulla dimensione dei cetrioli per il bene dei popoli europei, sperando magari di passare alla storia per ardire e lungimiranza! E che si metta poi come un matto a stilare articoli, commi, richiami e tutte quelle menate che riempiono ormai da decenni la degenerata legislazione delle democrazie occidentali, quelle “civili”, fondate sul principio di legalità in quanto opposto alla forza bruta.
Allora chi è un lobbista che concepisce e prepara quell’articolato?
Dicesi “lobbista” di persona profumatamente pagata che vive a Bruxelles con il compito specifico di tutelare gli interessi, eminentemente economici, di chi ha grossi interessi economici, grosso potere di convinzione, e lo esercita in modo “formalmente legale” (che vuoi di più: chi più “legale” di chi scrive leggi!) ma sostanzialmente illegittimo.
Perché sostanzialmente illegittimo? Ma dico: siamo pazzi a far scrivere le leggi ai potenti del mondo, così, sotto gli occhi di tutti?
Ma davvero pensiamo che un potente, con grossi interessi economici, possa stipendiare profumatamente un professionista per tutelare gli interessi dei popoli?
Perché facciamo tutti finta di essere ciechi?
Magari ti starai domandando: ma che gliene frega ai potenti del mondo della dimensione e della “regolarità” dei cetrioli? Intanto, parti dal presupposto che a me e te, popolo, non ce ne può importare di meno, d’accordo?
Ora immergiti nel processo produttivo, e immagina i suoi vari passaggi, partendo dal campo.
Togli per prima cosa dalla tua immaginazione quei quadretti idilliaci di contadinelle rosee che danzano fra erbe profumate, fiori e mucche felici.
Sostituisci con: substrato terroso reso sterile da arature, fresature, semine, concimi e pesticidi, diserbanti e altre sostanze artificiali (talmente tossiche che altri regolamenti, sempre assai minuziosi, descrivono come devono essere trattate senza mai toccarle con la pelle né respirarle), sparse con mezzi pesanti che schiacciano il terreno e impediscono all’ossigeno di scendere in profondità.
Sostanze che hanno il potere di distruggere ogni forma vivente. Fine di funghi, licheni, piccoli mammiferi, lumache, insetti, molluschi e l’infinita biodiversità che da milioni di anni ha saputo costruire la natura in armonia mirabile.
Però le possiamo mangiare (assieme ai cetrioli coltivati in quei campi). E che le possiamo mangiare, quelle sostanze assorbite dai cetrioli, lo “certificano” altri regolamenti, con tanto di prove allegate (prove? Chi le ha fatte? Chiedilo ad un parlamentare, chi le fa e chi le controlla).
La biodiversità nel terreno, per chi non lo ricordasse, è in grado di garantire alcune cose:
– una innata capacità di sopravvivenza delle piante (e di rigenerazione: le piante lo sanno che saranno “brucate”, e quindi si adattano a ricrescere);
– la collaborazione fra esseri viventi. Questo concetto suscita resistenza, in quanto la saggistica ci ha sempre mostrato una natura matrigna e competitiva, ma cum pétere vuol dire collaborare, tendere insieme verso lo stesso obiettivo che è vivere, non in eterno, ma vivere, in perenne trasformazione: ognuno dà e ognuno riceve, senza strafare;
– una sperimentatissima capacità di assimilazione di quei “prodotti naturali” da parte del nostro metabolismo: sono milioni di anni che ci “prendiamo le misure” con quella roba lì, avremo imparato qualcosa, no?;
– una capacità nutritiva eccezionalmente ricca, tanto più ricca quanto più ampia è la biodiversità nel terreno: hai idea delle sostanze che si trovano nell’humus, e solo nell’humus, che è vita in trasformazione perenne e che la chimica dell’agroindustria spazza via e distrugge, per sostituirlo con molecole poco più che sterili, tristemente povere e monotone? Ma davvero pensi di rimediare con gli “integratori alimentari”?

In natura gli esseri viventi si adattano all’ambiente, che è fatto anche di forme e di spazi. Un cetriolo che convive in un campo “naturale” con altre piante ed altri esseri viventi, non sarà mai “regolare”. Magari avrà “toccature”, ricordo di insetti che hanno provato ad assaggiarlo, magari sarà un po’ storto, avendo scelto di infilarsi in quello spazio angusto fra un carciofo e un peperone, di sicuro non è eguale al fratello, pur nato dalla stessa pianta.
Perché quella “irregolarità” ci turba, quasi istintivamente?
Per effetto del lavaggio del cervello (agisce a livello inconscio) che riceviamo da decenni e decenni di pubblicità, pagata dai potenti del mondo che producono cetrioli tanto perfetti quanto insipidi, poco nutrienti e potenzialmente tossici.
La pubblicità agisce in due modi:
Uno, ti fa apparire meraviglioso e desiderabile ciò che non lo è, proponendotelo in maniera ripetuta all’’infinito, con immagini colorate ed accattivanti, e personaggi famosi che si mostrano irresistibilmente attratti da quella ”merdina” industriale (se pensi a quanto vengono pagati, ti puoi spiegare l’ipocrisia);
Due, ti rende spaventosa e minacciosa l’alternativa: ed ecco malattie e batteri “cattivi” associati a tutto ciò che non è un frutto o un ortaggio lucido e tondo, prodotto in maniera sterile e proposto in un altrettanto sterile confezione da supermercato (fa mente locale alle pubblicità che, volente o nolente, ti sei sorbito in vita tua, e capirai).
Ora, aggiungi il Regolamento del Parlamento di Strasburgo.
Ravanello! Se ce lo dice l’Europa che un cetriolo industriale ed esteticamente perfetto è meglio di uno stortignaccolo naturale nostrano e campagnolo sarà vero, no?
Naturalmente, NO. Ma anche questo pensiero agisce nell’inconscio (come tutti i messaggi propagandistici): nutrito da tutti quei professori in giacca e cravatta che a tutte le ore del giorno e della sera ci hanno raccontato con serietà e convinzione, per molti decenni, usando radio, giornali e TV, che tutto ciò che viene dall’Europa è per definizione buono, è sicuro, è migliore. Ben pagati, ‘sti professori in tv!

Torniamo alla biodiversità.
Ora, nota bene: la biodiversità è incompatibile con il latifondo e la monocultura.
La biodiversità è il contrario del latifondo e della monocoltura.
Latifondo, monocoltura, serre riscaldate, macchine e chimica (e la “regolarità” del prodotto artificiale che ne consegue automaticamente), sono gli strumenti del potere mondiale. Sono l’essenza della moderna industria agroalimentare.
Industria “sopra internazionale” (nel senso che sta al di sopra non solo delle nazioni, ma pure degli organismi internazionali) estremamente potente e ricca, che però ha un nemico, un avversario, il quale non lo sa, ma è molto più potente di quanto non si immagini: quel contadino dalle scarpe grosse che si ostina a coltivare cetrioli, carciofi e peperoni in mezzo a lattughe, aglio e prezzemolo, e ci lascia pure passare qualche gallina, che tanto concima e non ci sono erbicidi e pesticidi, perché quella roba lì se la mangiano anche lui ed i suoi figli, oltre al vicino ed al cliente al mercato, ed è bene che non sia tossica.
Biologico è poco: c’è la permacultura, l’agricoltura biodinamica, l’agricoltura semplicemente naturale, che più è lontana dall’’industrializzazione è più è vicina al potere immenso della biodiversità.
Il popolo “consumatore” ha … “mangiato la foglia”. La “merdina” industriale non la mangerebbe, se potesse scegliere.
Ed ecco i Regolamenti di Bruxelles: pensati per impedirci di scegliere. Per ostacolare la scelta, per renderla scomoda, difficoltosa, poco economica. La “merdina” industriale che viene dall’altra pare del mondo, dopo aver inquinato cieli e mari, quasi te la regalano: non costa niente, nei discount.
Regolamenti pensati dall’agroindustria per ostacolare in tutti i modi possibili e immaginabili un processo che è oramai inarrestabile: alle “cavolate” della pubblicità non ci crede più nessuno (vabbè, diciamo che sono sempre meno le persone che ci cascano), ed il prodotto “naturale” piace. Piace da morire.
È per questo che deve essere rigorosamente escluso dai banchi dei supermercati, e demonizzato, ed esorcizzato, il pericoloso prodotto naturale, stortignaccolo e saporito.

ATTENZIONE: per poterlo produrre in maniera diffusa, tocca spezzare i latifondi. Abolire le monocolture. Lasciar morire dell’asfissia che merita la potentissima industria agroalimentare “sopra internazionale”.
Capisci il pericolo? Deve morire. 10, cento, mille lobbisti,valgono bene una messa. Sanno essere convincenti.
Ora, una domanda seria: domandati in nome di cosa stai difendendo l’idea che di “questa” Europa, non ne possiamo fare a meno?.
Domandati: quale è il senso di un Parlamento che ha IL DIVIETO, scritto nei Trattati, di “concepire”, elaborare ed approvare leggi a favore dei popoli in materie importanti, perché deve chiedere “il permesso” alla Commissione Europea, ma può occuparsi di questi regolamenti, sotto i nostri occhi impotenti?
Se per caso hai pensato che sono necessarie grandi Istituzioni politiche sopra nazionali, per difenderci meglio dal potere delle multinazionali (qualcuno in giro la vice l’ha messa, e la alimenta), osserva la realtà.
Cortesemente, DISILLUDITI: le Istituzioni grandi e lontane sono il paradiso delle multinazionali: le hanno concepite loro: sono a misura di lobbista.
E se infine è la paura dell’inflazione, della liretta, dei politici nazionali che non sono bravi a governare, che ti blocca, beh, che altro ti posso dire: ti meriti il cetriolo industriale!

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