Il diritto all’energia pulita “a km zero” è realtà: le famiglie potranno diventare produttori di energia?

di Dario Tamburrano

L’utopia è diventata legge europea.

Fa parte della direttiva rinnovabili approvata definitivamente dall’assemblea plenaria del Parlamento Europeo ed è il frutto del nostro lavoro. Il prossimo traguardo è mantenere gli stessi diritti nella direttiva mercato elettrico e rivedere al rialzo nel 2023 il target di energia rinnovabile da raggiungere nel 2030

Adesso è realtà il diritto all’energia pulita “a km zero” per il quale ci siamo tanto battuti. Fa parte del testo definitivo (per ora disponibile solo in inglese) della direttiva rinnovabili, che è stato approvato martedì 13 novembre, dall’assemblea plenaria del Parlamento Europeo così come è stato concordato con il Consiglio UE, l’altro co-legislatore europeo.

La direttiva rinnovabili disciplinerà lo sviluppo del settore dal 2020 al 2030. Vi abbiamo lavorato in qualità di relatore ombra. Fra i tanti temi che essa copre, uno ci sta particolarmente a cuore: i diritti, ora finalmente riconosciuti, dei piccoli produttori e delle comunità per l’energia. Abbiamo sparso i semi di questi diritti ancor prima che il “pacchetto energia” contenente la nuova direttiva rinnovabili vedesse la luce: e adesso finalmente i frutti sono maturati. Un impegno durato 20 anni, ovvero da quando nel 1998 vidi il documentario di Beppe Grillo “Un futuro sostenibile”.
Quel racconto di libertà di una comunità (Schonau) che si voleva rendere indipendente dalla “schiavitù energetica” mi ha particolarmente motivato in questi due decenni affinché un’utopia divenisse legge. E così è stato.
Finora, la legislazione UE faceva riferimento ai diritti dei cittadini solo in quanto consumatori di energia: non in quanto ad autoproduttori. Donde gli ostacoli e le vessazioni che la generazione distribuita di energia rinnovabile ha dovuto subire. Con la nuova direttiva rinnovabili, il vento cambia in tutta l’UE. Essa infatti riconosce:

  • il diritto di tutti i cittadini ad associarsi per formare una comunità locale dell’energia
  • il diritto dei singoli e delle comunità ad autoprodurreimmagazzinareautoconsumare energia da fonti rinnovabili e a vendere quella in eccesso ad un prezzo pari almeno al valore di mercato, con la possibilità che la remunerazione sia più alta per tener conto del valore aggiunto che i piccoli produttori offrono alla società e all’ambiente
  • il diritto dei soci delle comunità per l’energia a scambiarsi l’energia rinnovabile
  • il principio-base secondo il quale l’autoconsumo non è soggetto ad oneri. Gli oneri potranno essere imposti dagli Stati UE solo a ben precise condizioni

E’ appunto il diritto all’energia pulita “a km zero”: quella che i cittadini e le comunità producono e consumano sul posto. Grazie ai diritti riconosciuti dalla direttiva rinnovabili, entro il 2030 i cittadini europei potrebbero soddisfare da soli il 19% della domanda di elettricità dell’UE, e il 45% entro il 2050.
La perfezione non è di questo mondo: e neppure della direttiva rinnovabili, che fissa al 32% il target di energia rinnovabile da raggiungere a livello UE nel 2030. Molto meglio del misero 27% contenuto nella proposta iniziale della Commissione Europea, ma troppo poco per arginare gli effetti del riscaldamento globale.
Secondo l’ultimo, drammatico rapporto IPCC, entro il 2030 è necessario diminuire del 40% le emissioni di gas serra che discendono dall’uso di combustibili fossili: altrimenti il riscaldamento globale supererà i due gradi e consegneremo in eredità ai nostri figli e nipoti una Terra praticamente invivibile.
La direttiva contiene una clausola in base alla quale nel 2023 sarà possibile rivedere, ma soltanto al rialzo, il target di energia rinnovabile da raggiungere entro il 2030. E’ il prossimo traguardo per il quale stiamo lavorando.

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