IL CAPITALISMO E’ ANDATO A MORIRE IN ARGENTINA

di Massimo Bordin

Il blocco dei salari, i tagli alle pensioni, i licenziamenti nel pubblico impiego, la fine dei diritti sociali… si, insomma, il capitalismo, hanno fatto fallire l’Argentina in modo definitivo. Per anni c’è stato spiegato che l’Argentina doveva andare in default perchè al governo c’era la neokeynesiana Kirchner, e invece, dopo pochi anni di governo liberista e proausterità, c’è andata con il liberista Mauricio Macri. I giornali, inutilmente prudenti, titolano ora di un’Argentina sull’orlo del default, e invece, quando uno Stato è costretto a chiedere miliardi di dollari al Fondo Monetario Internazionale – e in fretta e furia – si trova già in default, anche se non è quello tecnico del rimborso titoli.

I giornali in realtà non ne stanno parlando quasi per nulla; occorre andare a spulciare dentro i loro siti web o agenzie di stampa. Divertente l’Ansa, che pubblica come “notiziona” un’indagine per riciclaggio all’ex presidente Kirchner: un po’ come se in pieno terremoto irpino  del 1980, il Mattino di Napoli avesse pubblicato a 9 colonne che Mario Merola stava ingrassando.

Ma andiamo a vedere cos’è accaduto di preciso, visto che per il capitalismo (quello accademico-teorico) oramai siamo alla svolta. Sotto un profilo pratico il capitalismo così come lo abbiamo conosciuto (laissez faire, laissez passer) aveva cominciato ad agonizzare già nel 2008 quando, a causa dell’assenza di regole, i mercati avevano portato al disastro economico milioni di persone. Ora, con l’Argentina, tutto l’impianto teorico è pronto per il funerale.

Macri, tra gli applausi degli economisti di Chicago, in questi anni di malgoverno ha aggredito ferocemente il settore pubblico per contenere la spesa. Le classi dirigenti fedeli alla vecchia amministrazione peronista erano molto radicate e resistenti all’interno dell’apparato pubblico; dunque, Macri le ha cambiate. E fin qui ci sta, perchè ogni governante ha diritto di posizionare i suoi uomini migliori ai posti di comando, in quanto vincitore delle elezioni. Poi, però, i suoi uomini migliori sono diventati operativi, ed i risultati si sono visti. Eccome, se si sono visti.

Ad esempio, Macri ha tolto i sussidi alla spesa energetica, col risultato che le imprese medio-piccole (come quelle che ci sono nel nordest italiano, per capirsi) hanno perso domanda di produzione di servizi ed hanno cominciato a pagare – con i cittadini privati – bollette subito di sei volte più alte che in passato fino a che la situazione è completamente sfuggita di mano, con aumenti delle tariffe del 2000 per cento. Inoltre, in vasti settori del pubblico impiego (scuola in primis) Macri ha ridotto gli stipendi ed ha tagliato i fondi per la ricerca, mentre le pensioni non sono più state adeguate all’inflazione. L’inflazione, com’è noto, in Argentina è galoppante, con punte del 45 per cento annuo. Prima i salari avevano una forma di protezione (una sorta di “scala mobile) che è stata ora messa in discussione. Il protezionismo di Trump, ma soprattutto l’instabilità politica dovuta a scelte opposte al governo precedente non hanno portato in Argentina gli investimenti esteri, che erano la grande speranza del Presidente. Ovviamente, Macri incolpa di tutto il vecchio governo, ma ha ricevuto mandato a fine 2015, quasi 3 anni fa. Un tempo talmente abbondante che non ammette scuse di sorta, anche perchè l’Argentina “peronista” aveva retto meglio di tanti altri alla crisi economica del 2008.

Ora come ora per avere 1 dollaro in Argentina è necessario sborsare 37 pesos. Nel 2014, con la tanto vituperata Kirchener ne bastavano 10. Non è l’unica differenza: all’epoca gli economisti liberisti gridavano allo scandalo per un simile cambio: oggi che la situazione è di gran lunga più drammatica, fanno spallucce. Le meraviglie dell’economia neoliberista hanno portato il paese di Evita ad interessi al 60%, record mondiale per una banca centrale. Per i rentier del Sol de Mayo si tratta di una vera e propria pacchia: chi possiede terre e gode di rendite da capitale è più ricco di prima. Dunque, se guardiamo alle convenienze di pochissimi indiviui, il Capitalismo funziona benissimo. E’ quando si cerca di instillare l’idea che fa bene a tutta la collettività che si cade ormai nel ridicolo.

In rete non mancano gli idioti che commentano la cosa cercando di rigirare la frittata col sarcasmo: “con il sovranismo monetario possono stampare moneta…”, scrivono postando faccette.

Questo, però, è vero solo sulla carta perchè il governo è liberista e continua a dipendere dal dollaro in quanto l’economia argentina è esageratamente sbilanciata sull’esportazione di materie prime. Il prezzo delle materie prime è internazionale, mentre il prezzo di un paio di occhiali fatti dalla Luxottica, o di una moto Guzzi, dipendono molto di più dalla moneta utilizzata nello Stato ove quei manufatti si producono. L’Argentina vende carne e in cambio il mondo le offre dollari, l’Italia vende occhiali Persol e “fa lei” il prezzo in euro. La ricetta non può essere identica per le due economie. Inoltre, l’Argentina non monetizza il suo debito (non stampa), ma chiede prestiti internazionali o, al limite, cerca di piazzare inutilmente i suoi bond. Solo monetizzando il debito tramite le banche nazionali e convertendo parte della composizione del PIL, l’Argentina potrà trovare finalmente un po’ di stabilità economica. Certamente, ciò non potrà accadere con Macri, ingegnere di origini calabresi che si è letto troppi libri di favole.

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