I poteri finanziari? I colpevoli siamo noi!

di Davide Gionco

 

I poteri forti ed i problemi del mondo

Molti dei problemi del mondo di oggi dipendono dalle azioni dei gruppi di potere economico, i quali operano, legalmente o illegalmente, per aumentare la loro ricchezza ed il loro potere.

Le guerre?
La quasi totalità delle guerre è causata da interessi economici che qualcuno conta di trarre dal successo della guerra: controllo di materie prime, di terre fertili, dell’acqua. E, in ogni caso, ci sono i profitti della vendita di armi verso tutti i contendenti.

Le crisi economiche?
C’è chi guadagna quando l’economia cresce, ma c’è anche chi guadagna quando l’economia crolla, acquistando a prezzi di saldo aziende o immobili che, con la successiva ripresa economica riprenderanno valore e consentiranno cospicui guadagni.

Le privatizzazioni?
Cosa c’è di più redditizio che realizzare dei monopoli o degli oligopoli privati in servizi di cui la gente non può fare a meno?
La sanità, l’acqua, l’energia, le autostrade a pedaggio, le ferrovie, le telecomunicazioni…

La Grande Distribuzione Organizzata?
Quale modo migliore per creare un oligopolio di pochi soggetti in grado di imporre ai fornitori bassi prezzi, pagamenti a 6-8-10 mesi e bassi standard di qualità per stare nel budget richiesto?
Gli sfasamenti temporali fra incassi dai clienti e pagamento dei fornitori consentono di disporre di molta liquidità da investire nei mercati finanziari, realizzando grandi rendite senza i rischi di usare denaro preso in prestito.

Le banche che truffano i risparmiatori?
I risparmiatori come potrebbero mai accorgersi di piccoli aumenti delle spese di commissione, qualche euro l’anno che diventano milioni di euro per la banca?

La corruzione dei politici?
La distribuzione di prebende ai politici ed ai partiti consente di ricevere in cambio vantaggi di tipo fiscale o legislativo. E’ fra le leggi più vecchie del mondo…
E’ nota l’esistenza del famoso “Deep State”, lo stato profondo che prende le decisioni che contano e poi opera a livello nazionale ed internazionale per dare compimento alla decisione.

Potremmo continuare per ore e riempire pagine e pagine di situazioni in cui chi detiene il potere economico cerca di utilizzarlo per trarne sempre maggiori vantaggi.

Se il famoso 1% della popolazione è sempre più ricco, a scapito di tutti gli altri, è perché detiene molto denaro troverà sempre il modo di “investirlo” per guadagnare ancora più denaro a scapito di chi quel potere non ce l’ha.

Non è un caso che le famiglie più ricche di Firenze del XV secolo siano ancora oggi, dopo 6 secoli, fra le famiglie più ricche di Firenze.

 

Come sono organizzati i poteri forti economici

Le decisioni operative di questi operatori economici vengono sempre prese da un Consiglio di Amministrazione, con relativo presidente e amministratore delegato. I voti di maggioranza nel Consiglio di Amministrazione appartengono a chi detiene la maggioranza dei pacchetti azionari.
Gli amministratori in genere non sono persone particolarmente competenti sul tipo di business della società, ma sono persone che sanno di avere come unico mandato l’ottenimento della massima rendita economica per gli azionisti.

E’ molto raro che vi sia un rapporto diretto fra azionisti, intesi come piccoli investitori, e queste società.
I piccoli investitori, infatti, pur detenendo spesso la maggioranza delle azioni, sono numerosi e dispersi. Per questo motivo vengono costituite società di investimento intermediarie, che raccolgono le partecipazioni di piccoli e grandi azionisti, prendendo poi partecipazioni in altre società.

Il sistema è organizzato a “scatole cinesi” ovvero società, che controllano altre società, che a loro volta controllano altre società…

Alla fine ne risulta un’architettura finanziaria complessa, in cui non vi sono legami diretti fra gli investitori iniziali e coloro che, nel concreto, prendono le decisioni delle aziende che realizzano utili in modo “poco corretto”.
L’unica cosa che lega il piccolo investitore ai decisori è la richiesta di garantire il maggior rendimento possibile agli azionisti.

Esistono grandi società di investimenti, come Blackrock o Vanguard che hanno partecipazioni in moltissime imprese e che ne condizionano le decisioni in modo che siano il più redditizie possibile per gli investitori.

Come arrivano i fondi di investimento a Blackrock?

Un piccolo risparmiatore italiano decide di investire una parte dei propri risparmi per avere un rendimento maggiore dello zero che oggi offrono le banche.
Per questo motivo si reca presso una banca, la quale gli propone un “prodotto finanziario” che garantisce un rendimento dell’1,5% l’anno. L’investitore decide di acquistare il “prodotto”, in quanto reputa che si tratti di un buon investimento, con rischio accettabile. In questo modo potrà fare rendere i propri risparmi e guadagnarci qualche cosa.

La banca italiana raccoglie i fondi dei piccoli investitori e li cede ad un’altra società che si occupa di “collocarli” sui mercati. La banca ci guadagna dall’operazione uno 0,25% aggiuntivo.

La società incaricata di collocare i capitali italiani si rivolge a sua volta ad una società internazionale, che garantisce rendimenti migliori di altri, caricandoci un altro 0,25% per i propri guadagni.

Infine, magari dopo altri passaggi intermedi, i fondi arrivano a Blackrock, la quale per garantire gli utili propri e di tutta la catena precedente, piazza nei consigli di amministrazione di società di ogni genere (banche, materie prime, generi alimentari, energia, supermercati, autostrade, ecc.) delle persone di fiducia, capaci di garantire il massimo rendimento, magari non direttamente, ma in altre società che, a catena, hanno un controllo operativo su quelle imprese, sempre adottando la stessa filosofia della rendita finanziaria.

Non dobbiamo guardare a queste grandi società come singole società, più o meno buone o cattive.
Si tratta in realtà di un unico sistema, fatto di molte società tutte interagenti fra di loro e che operano per le stesse finalità e utilizzando lo stesso modus operandi.
Dopo di che, naturalmente, in alcuni casi degli amministratori dal volto umano possono eccezionalmente prendere decisioni non unicamente per ragioni di business, ma si tratta di casi limitati, che non modificano la tendenza generale del sistema nel suo insieme.

 

La libera circolazione dei capitali

Queste società che controllano altre società in cascata sono sempre delle multinazionali, in modo da potere realizzare investimenti nella nazione in cui, per motivi politici, fiscali e sociali, i rendimenti sono maggiori, il tutto grazie alla libera circolazione dei capitali, caposaldo del capitalismo contemporaneo e del WTO (World Trade Organisation), l’organizzazione mondiale del commercio.
Libero commercio significa automaticamente libera circolazione dei capitali, i quali viaggiano in senso inverso rispetto alle merci. In questo modo è sufficiente costituire una vendita di beni o servizi, anche fittizi, per giustificare lo spostamento di capitali da una nazione all’altra.

Spostare i capitali significa, ad esempio, chiudere uno stabilimento Embraco in Italia, per aprirlo in Slovacchia o in Cina. Lo fanno perché produrre in Slovacchia o in Cina costa di meno, senza riguardi per i posti di lavoro persi in Italia. Quando il lavoro sarà troppo costoso anche in Slovacchia o in cina, delocalizzeranno in Bielorussia o nel Laos.

La libera circolazione dei capitali è quindi fondamentale per garantire i massimi rendimenti, in quanto mette in concorrenza fra loro le varie nazioni. Chi prevede minori oneri sociali in favore dei lavoratori consente di ridurre il costo del lavoro e, quindi, di attrarre investimenti produttivi, naturalmente a scapito delle nazioni in cui la legislazione prevede una maggiore protezione sociale.
Lo stesso avviene per la protezione dell’ambiente: costa di meno produrre in un paese in cui si possono senza problemi nascondere rifiuti tossici o utilizzare diserbanti inquinanti rispetto a nazioni in cui l’ambiente è più tutelato.

La libera circolazione dei capitali consente anche di realizzare la famosa “ottimizzazione fiscale”. Le imprese incassano denaro nei luoghi in cui si svolge il loro business, dopo di che acquistano beni o servizi in modo da portare a zero gli utili, tassabili, nel paese in cui avviene il business. I proventi delle vendite di quei beni o servizi vanno a finire in altri paesi, in cui il trattamento fiscale è di maggior favore.
In questo modo queste società internazionali realizzano grandi utili, senza contribuire fiscalmente all’economia dei paesi in cui realizzano il proprio business.

Naturalmente le società che hanno venduto quei beni/servizi non sono le stesse che li hanno acquistati, detraendone i costi fiscalmente.
Ma non guardiamo alle singole società, guardiamo a chi detiene i pacchetti azionari di maggioranza.
Stiamo parlando di un unico sistema finanziario, in cui ci sono società che figurano come venditori ed altre che figurano come acquirenti.
L’ottimizzazione fiscale delle rendite avviene mediante un’azione complessiva che coinvolge diverse società, tutte riconducibili, in ultima istanza, alle società che gestiscono e fanno rendere i fondi d’investimento.

 

Le interazioni con la politica

Sono noti gli stretti legami fra la politica e la grande finanza: Mario Monti che passa da Goldman Sachs alla Commissione Europea e, poi, al governo italiano; Manuel Barroso che passa dalla Commissione Europea a Goldman Sachs; Enrico Letta che passa dal governo italiano al CDA di Abertis, società che gestisce le autostrade spagnole, legata al gruppo Benetton che gestisce Autostrade per l’Italia. Si potrebbe scrivere un libro con tutti questi “casi”.

Il fatto è che, non dimentichiamolo, le grandi società di investimento hanno come mandato la rendita degli azionari.
E le migliori rendite le si realizzano (l’Italia di Tangentopoli ne è maestra) interagendo con la politica, ottenendo rendite di posizione di ogni genere, scaricando i costi sulla collettività.

Insieme alla corruzione, che formalmente è illegale (ma spesso con leggi che impediscono di colpire concretamente il fenomeno), ci sono mille modi per ricompensare dei politici senza violare alcuna legge.
Ad esempio dando loro degli incarichi in altre parti del mondo, in una delle società della ragnatela di Blackrock & c., dopo che abbiano concluso il loro mandato politico. Questo avviene legalmente in tutto il mondo, anche nei paesi meno corrotti: tu politico favorisci il potere forte che ti contatta, sapendo che ne avrai dei vantaggi in seguito, ma anche sapendo che rischi di avere dei problemi, fin da subito, se non lo farai.
Nei paesi finanziariamente più ricattabili, come quelli privi di una propria moneta sovrana (ad esempio l’Italia o le colonie africane) i poteri forti utilizzano l’arma del debito per imporre i nomi di ministri o a porre veti su nomi ritenuti dannosi per gli interessi del sistema.

Le interazioni arrivano fino a provocare delle guerre in giro per il mondo, ad influenzare fortemente il governo degli USA (Deep State) in modo da imporre un embargo al Venezuala o da favorire un cambio di regime in Turkmenistan.
Fra gli amministratori delle mille società che devono assicurare delle rendite agli azionisti, e ricchi emolumenti agli amministratori, troveremo sempre qualcuno senza particolari remore morali e disposto a tutto pur di realizzare maggiori guadagni.

Il ruolo dei mass media

In questa strategia di potere il ruolo dei mass media è fondamentale.

Nel caso di mezzi di informazione privati (TV, radio, giornali, siti internet) il meccanismo è semplice: si controlla il consiglio di amministrazione della società e si impone la propria linea.
Nel caso in cui nascessero dei media indipendenti, questi dovranno comunque finanziarsi tramite la pubblicità, gestita sempre della stessa organizzazione del potere finanziario, per cui alla fine tutti si devono adeguare.

Nel caso di mezzi di informazione a finanziamento pubblico il condizionamento passa per il controllo del potere politico, secondo quanto descritto nel paragrafo precedente.

Il controllo dei mass media porta vantaggi diretti già dalla reclamizzazione dei beni e servizi venduti dal sistema, compresi i proventi pubblicitari.
Ma porta anche vantaggi indiretti, potendo controllare le notizie e la narrativa su quanto accade nel mondo, in modo da nascondere le condotte inaccettabili del sistema economico e in modo da favorire una cultura del consumo acritico funzionale agli interessi dei poteri economici.
Questo avviene non solo attraverso il telegiornali, m soprattutto attraverso i normali palinsesti, ai quiz, ai film, che hanno lo scopo di spingere dei modelli culturali favorevoli al sistema.

 

Chi è il colpevole

Ora che abbiamo compreso come funzionano i poteri forti dell’economia, possiamo intuire come vi siano certamente degli attori privilegiati, i famosi George Soros, Bill Gates, Jeff Bezos, Mark Zuckenberg, i quali più di altri hanno voce in capitolo nelle decisioni grazie alle loro grandi ricchezze.

Tuttavia non sono loro a mantenere in piedi questo sistema che possiamo certamente definire “diabolico”. Se non ci fossero milioni di piccoli investitori, con investimenti diretti o tramite fondi pensione integrativi o assicurazioni vita, che finanziano il sistema attendendo in cambio una rendita, questo sistema non potrebbe esistere nelle forme che oggi conosciamo.

Se ci ritroviamo con società internazionali che operano prive di qualsiasi responsabilità sociale ed ambientale, che guardano cinicamente e unicamente ai propri utili economici è perché si tratta di società che hanno ricevuto il MANDATO di comportarsi in questo modo, che hanno selezionato le proprie classi dirigenti in funzione di questo unico obiettivo.

I colpevoli siamo noi, sei tu che ritieni legittimo investire i tuoi risparmi acquistando dei “prodotti finanziari”, senza preoccuparti di come quei fondi verranno utilizzati e dei modi in cui le rendite verranno garantite.
Non intendiamo fare un’accusa personale e moralistica.
Molti di noi ritengono corretto investire i propri risparmi, sia in quanto nella nostra cultura occidentale, promossa e sostenuta dai mezzi di comunicazione di massa (vedi paragrafo precedente) è considerato un fatto legittimo e meritorio, sia in quanto tutto il sistema opera per svantaggiare economicamente coloro che non investono.
Se uno si guadagna da vivere con il proprio lavoro  è fortemente tassato. Se uno, invece, si guadagna da vivere tramite investimenti finanziari è molto più avvantaggiato.

 

Cosa fare per cambiare?

Per cambiare questo sistema in cui siamo totalmente immersi, economicamente e culturalmente, non si può pensare che basti votare un partito politico “onesto” che faccia la rivoluzione.
Nessun partito potrebbe in poco tempo cambiare la mente della gente che investe, né scontrarsi frontalmente con il sistema economico mondiale, capace senza remore di assassinare esponenti politici, di fare dei colpi di stato, di scatenare guerre contro i popoli che non intendono sottomettersi all’organizzazione.

La prima cosa da fare è colpire il sistema alle radici, sui suoi fondamenti culturali ed economici.

Prima cosa: ritorniamo con i piedi per terra e ricordiamoci che vera ricchezza sono i beni di cui disponiamo ed i nuovi beni e servizi che, tramite il nostro lavoro, produciamo per noi stessi e per gli altri.
Il denaro è uno strumento di misura della ricchezza, non è la ricchezza.
Quando guadagniamo del denaro senza avere prodotto qualcosa di utile, non stiamo misurando la ricchezza reale che abbiamo prodotto, ma stiamo rubando a qualcun altro, da qualche parte del mondo, quanto ha prodotto con il suo lavoro.
Quindi la prima azione concreta è cessare di fare investimenti finanziari in modo irresponsabile e senza preoccuparci delle conseguenze.
Possiamo investire in piccole iniziative in cui tutto è chiaro ed alla luce del sole. Oppure è meglio se cessiamo di investire i nostri risparmi, accettando delle piccole perdite o spendendoli, garantendo lavoro ad altre persone.

La seconda cosa da fare è realizzare una organizzazione dell’economia che sia basata sulla responsabilità sociale ed ambientale.
Lo possiamo fare operando in modo responsabile come consumatori, quando facciamo la spesa, o come imprenditori, quando produciamo beni e servizi.
Creando una organizzazione comune di consumatori e imprese responsabili ed operanti al di fuori dei circuiti finanziari possiamo dare vita ad una rete economica “sana”, in competizione con il sistema della grande finanza, fatto di consumatori irresponsabili, di imprese che sfruttano i lavoratori e che danneggiano l’ambiente, con la Grande Distribuzione Organizzata che canalizza tutti gli utili verso il sistema finanziario.

Un mondo migliore è possibile, ma dipende dalle scelte concrete di ciascuno di noi.

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