I persuasori occulti (Vance Packard)

Vance Packard, giornalista e studioso americano, nel suo libro I persuasori occulti aveva fatto luce sul mondo segreto della pubblicità prendendo in esame un aspetto della vita americana che l’autore definiva esotico. La nostra esistenza quotidiana è sottoposta a continue manipolazioni di cui non ci rendiamo conto. Con approcci scippati direttamente dalle scienze sociali e dalla psichiatria si influenzavano le abitudini di acquisto dei consumatori creandone ogni giorno di nuove.

Il libro fu pubblicato per la prima volta nel 1957 riscuotendo un enorme successo. Best seller per il New York Times per oltre un anno. Nonostante il tempo e i mutamenti del contesto sociale in cui viviamo possiamo trovare tra le sue pagine uno spaccato per capire le origini del male. I brand volevano che il popolo americano svuotasse gli scaffali di negozi e supermercati. Il mondo però aveva ancora in bocca il sapore ferroso di carri armati e sangue. La Seconda Guerra Mondiale era terminata e le società occidentali si apprestavano a conoscere il boom economico degli anni 50. Packard aveva cercato di avvertire gli americani di una nuova mutazione nella pubblicità. I persuasori occulti volevano insinuarsi nella mente del consumatore usando la stessa psicologia usata dai governi per spingere al massacro migliaia di giovani nel conflitto mondiale. Si son dati perciò a studiare perché le banche ci mettano paura; perché ci piacciono le nostre enormi automobili; perché vogliamo possedere una casa

 

Il disegno diabolico delle agenzie pubblicitarie

La merce sugli scaffali aumentava e i brand andavano moltiplicandosi. Ogni persona doveva accaparrarsi la sua quota. Non una qualsiasi però, una cucita apposta sulla sua personalità. Oggi lo sappiamo e giustifichiamo il vezzo consumistico come un processo controllato e soprattutto permesso e voluto. Quindi non stupirti che il tuo pensare controcorrente sia dovuto all’estro creativo o a stupefacenti residui di sostanze indiane che ti hanno aperto la mente. Comprati quel notebook, appiccica l’adesivo sulla macchina e non fiatare. L’evoluzione nel concepire il prodotto non solo come bene di consumo, ma come portatore di un’emozione, di uno status è il frutto degli studi di quegli anni. Non si comprano più arance, si compra vitalità. Non si comprano più automobili, ma prestigio.

Vance Packard era cresciuto in una società molto differente dalla nostra, una famiglia di contadini metodisti della Pennsylvania negli anni 20. A quel tempo i brand stavano mettendo radici costruendo una legittimità storica che consente oggi di parlarci con la verve del buon padre di famiglia.

 

Nessuna sfera della vita era al sicuro

Parliamo delle sigarette, il demone che oggi stiamo combattendo grazie ai vaporizzatori. I persuasori volevano che tutti ne avessero una in bocca. Intercettare il consumatore alla fonte distribuendo pacchetti gratuitamente nelle Università fu un buon inizio. Il machismo del cowboy di frontiera, che piaceva anche al pubblico femminile, fece poi il resto. La Marlboro aveva saputo costruire attorno al suo prodotto un immaginario inattaccabile fatto di virilità, maturità e potenza.

Anche il cibo assumeva una valenza particolare che si traduceva nella ricerca di sicurezza emotiva. Frigoriferi sempre più capienti e costosi richiamavano un istinto di protezione materno, una garanzia che in casa c’era sempre del cibo e la presenza di cibo nella casa rappresentava a sua volta, stabilità, sicurezza e affetto.

I persuasori occulti avevano anche scoperto che il maschio aveva bisogno di esprimersi attraverso un abbigliamento vivacissimo rompendo la routine dell’abito stereotipato. Iniziò così a prendere piede un’idea di stagionalità nel suo guardaroba. La leva decisiva per portare a compimento questo mutamento fu la donna. Le madri, le mogli, le amiche e le segretarie possono esercitare una fortissima pressione sugli uomini per indurli a vestire bene.

L’agente pubblicitario nei panni dello psichiatra

I prodotti erano da sempre sottoposti a studi ma prima di allora non si era mai messo il consumatore al centro della scena. I pubblicitari volevano conoscere le ragioni di acquisto.

I produttori di torte erano ad un punto morto. Bastava aggiungere solo un po’ di acqua, mettere nel forno e il dolce era bello che pronto. La casalinga veniva depauperata dal suo ruolo di casalinga. Ma le regine del focolare venivano da una lunga tradizione di preparazione di dolci e non volevano essere messe in disparte. Così il colpo di genio, complicare un poco la preparazione con l’aggiunta di un paio di ingredienti da aggiungere al momento giusto per rendere il rituale più autentico. Fu così che le vendite esplosero!

Menzione particolare poi per un’analisi psichiatrica sugli stati emotivi che si accompagnano ad ogni fase del ciclo mestruale. Tutto per creare il messaggio pubblicitario perfetto per…una polvere istantanea per dolci.
I semplici questionari non sempre delineavano uno spaccato della realtà. I consumatori fornivano spesso risposte di comodo dipingendo spesso un’immagine che non gli apparteneva. Un siparietto di una vita reale romanzata, lontana da debolezze e paure. La costante preoccupazione degli intervistati era quella di passare di fronte al mondo per esseri sensati, intelligenti e razionali. Packard aveva capito che i consumatori dovevano essere sottoposti a studi più meticolosi. Era necessario entrare nelle loro teste per comprendere il processo alla base delle loro pulsioni di acquisto. I sondaggi e i focus group erano per Packard lo strumento più adatto. Non si trattava quindi di inserire fotogrammi in una pellicola per accendere un desiderio in modo subliminale. L’obiettivo era quello di acquisire informazioni dettagliate per produrre pubblicità sempre più efficaci.

I persuasori occulti sono ovunque

I consumatori dovevano essere indotti a riflettere distrattamente sulle emozioni connesse al prodotto. Alle tavole di Rorschach vennero preferite una serie di immagini che i pubblicitari intendevano adoperare nelle loro campagne. Le macchie bisimmetriche di inchiostro vennero così assoldate per la giusta causa del consumismo. Un test in particolare venne sperimentato per scoprire i veri motivi per cui la gente beve whisky. Si proponeva una serie di ritratti di possibili compagni di viaggio in treno. L’intervistato doveva scegliere chi avrebbe preferito fosse seduto accanto a lui. Naturalmente era ignaro del fatto che tutte le persone proposte erano in realtà affette da disturbi psichici.
All’epoca dei grandi illusionisti e prima della nascita della psicologia cognitiva si pensava che con la giusta parola si potesse aprire e controllare la mente di un individuo. Gioie, paure, angosce che galleggiavano nell’inconscio sarebbero deflagrate al momento giusto. Il prodotto non soltanto dev’essere buono ma deve esercitare una suggestione sui nostri sentimenti annidati nei recessi della psiche. Alla pubblicità insomma si attribuiva il potere di aggirare il raziocino delle persone e di cambiarne i gusti.

Sei quello che possiedi e aspettare che un prodotto si deteriorasse o che passasse lentamente di moda era un sacrificio che il marketing pubblicitario non era disposto più a sopportare. L’idea di un invecchiamento psicologico iniziò a circolare tra gli addetti ai lavori per far sì che ad esempio il cliente si vergogni a guidare la stessa auto per più di due o tre anni. Naturalmente il mercato automobilistico sperimentò altre tecniche di persuasione che possiamo trovare anche nelle pubblicità attuali. Basti pensare al concetto che quando compro un’automobile io dico, in un certo senso, voglio una macchina che mi definisca.

L’approccio scientifico stava producendo i suoi frutti e ben presto fu sperimentato anche durante le elezioni presidenziali del 1956. Packard non gradì che la manipolazione avvenisse a livello politico. Gli elettori indecisi cadevano sotto il fuoco incrociato di presunte dichiarazioni e pittoresche immagini dei candidati e delle loro mogli. Le fake news diciamo che ne sono in qualche modo la diretta conseguenza.

Concludendo…
Conosciamo benissimo gli inganni della pubblicità eppure i brand con i loro tranelli sono ancora pronti a farci aprire il portafoglio o meglio a digitare il secure code della carta di credito. Packard oggi sarebbe stato affascinato da come il web venga usato dalle aziende per raccogliere informazioni e mappare gli utenti.
Dalla pubblicazione del suo libro molto è cambiato e alcuni approcci descritti faranno certamente sorridere. Il nostro rapporto con il consumo però continua a resistere e i persuasori occulti, chiamando in causa Bianciardifaranno insorgere bisogni mai sentiti prima. Chi non ha l’automobile l’avrà, e poi ne daremo due per famiglia, e poi una a testa, daremo anche un televisore a ciascuno, due televisori, due frigoriferi, due lavatrici automatiche, tre apparecchi radio… A tutti. Purché tutti lavorino, purché siano pronti a scarpinare, a fare polvere, a pestarsi i piedi, a tafanarsi l’un con l’altro dalla mattina alla sera.

 

Tratto da:
https://www.dirtywork.it/blog/i-persuasori-occulti-appunti-sul-libro-di-vance-packard/

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