I numeri veri, antidoto alla paura

di Giovanni Lazzaretti

I numeri vanno trattati bene: ti dicono tante cose, se vengono trattati bene.

Per “trattati bene” indico la volontà di usarli per far comprendere meglio la realtà al popolo. In TV appaiono spesso personaggi che li usano, speriamo in buona fede, per confondere le idee al popolo.

Prendiamo un classico: il rapporto debito/PIL. Quando uno parla del rapporto debito/PIL non ti sta fornendo dei numeri: ti sta fornendo dei numeri + una ideologia, l’ideologia che indica quel rapporto come se fosse un dato significativo.

Fornitemi il debito, fornitemi il PIL, e il rapporto debito/PIL riesco a calcolarmelo da solo: semmai potrebbero interessarmi altri dati, come il rapporto tra debito e risparmio degli italiani, o tra debito e disoccupazione.

I valori numerici assoluti sono essenziali: se non vengono esposti, c’è mascheramento e ideologia.

Ma, una volta ottenuti i valori numerici, ho la necessità di metterli in relazione con qualcosa, se voglio capire.

Immaginate Cristoforo Colombo nell’oceano il 6 ottobre 1492: registra di aver percorso 3652 miglia. Tante o poche? E chi lo sa? Sa solo che sono già 100 in più dei suoi calcoli, ma non sapendo la lunghezza del viaggio quel numero non gli dice nulla, dà solo panico all’equipaggio. 

Ma 6 giorni dopo Rodrigo de Triana vede la terra, ed ecco che i dati assumono tutto un altro sapore: la calma della conoscenza.

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Nessuno vuole minimizzare lo tsunami che si è abbattuto sugli ospedali lombardi e su gran parte del nord, per il covid. Ma adesso lo tsunami è passato, i reparti si svuotano, alcune tabelle sono disponibili, altre se ne possono creare: al panico dovrebbe sostituirsi la calma della conoscenza.

 

Il totale dei morti

Partiamo dal totale dei morti: 32.448 coi dati fino al 12 giugno. Sono tanti o sono pochi? Innanzitutto ricordiamo che sono numeri da vagliare da parte dell’Istituto Superiore di Sanità. 

Non so cosa arriverà a vagliare realmente l’ISS. Per ora leggo solo il numero di patologie nei deceduti: 3,3 (4,1% dei morti privi di patologie, 14,8% con 1 patologia e l’81,1% con 2 o più patologie). Finché non mi diranno esplicitamente che è un campione significativo di tutti i morti, posso solo affermare che quelle percentuali riguardano i 3.335 deceduti “per i quali è stato possibile analizzare le cartelle cliniche”.

Il numero 32.448 comunque possiamo affermare che è modesto. Rispetto a cosa? Rispetto al numero totale dei morti in Italia in un anno. Negli ultimi 10 anni lo scostamento tra il massimo di morti (649.061) e il minimo di morti (587.488) è stato di 61.573: quindi 32.448 morti, se uno non sapesse che nel 2020 c’è stato il covid, potrebbero addirittura perdersi nelle normali oscillazioni statistiche. Ci si accorgerebbe dell’anomalia solo analizzando i morti di Bergamo, di Brescia, e di altre città colpite dallo tsunami.

Nel 2019 ci sono stati 647.000 morti circa, 1.772 al giorno. I morti covid del 27 marzo spaventano (969, il 54% della media giornaliera) e descrivono lo tsunami, oggi stanno al 3% della media giornaliera e si perdono quindi nella media stessa.

 

I morti per fascia d’età, problema geriatrico mal gestito

Il rito delle 18 di sera per sentire “quanti morti” è totalmente privo di significato, se non metto quei morti almeno in relazione con la loro fascia d’età. La fascia d’età è l’unico dato utilizzabile, perché l’altro dato importantissimo (il numero di patologie) è troppo incompleto.

L’ISS dà i numeri assoluti, e già da soli evidenziano che il covid è un problema di noi pensionati: l’impennata di morti dalla mia età in avanti è paurosa.

Ma è ancora poco paurosa, perché, come dicevo, i numeri assoluti non bastano. A cosa devo rapportare i morti per fascia d’età? Quanto meno al numero di persone viventi in quella fascia d’età.

Confrontiamo la fascia d’età 0-69 con quella da 70 in poi.

0-69 anni = 96 morti covid per milione di abitanti.

70 in avanti = 2.685 morti covid per milione di abitanti, 28 volte tanto.

Spostiamoci indietro di una fascia, confrontiamo l’intervallo 0-59 con quelli da 60 in avanti

0-59 = 35 morti covid per milione di abitanti.

60 in avanti = 1.755 morti covid per milione di abitanti, 50 volte tanto.

Cosa c’è quindi di pauroso in questa analisi? E’ pauroso il salto “geriatrico” del covid.

Perché dimostra che il covid non è una pandemia, ma un problema geriatrico mal gestito.

 

Ma fa davvero paura?

Adesso bisogna che mi concentri sulla mia fascia, 60-69 anni, precisando che sono un maschio. La differenza di morte tra le femmine (24%) e i maschi (76%) non può essere trascurata.

I maschi morti di covid nella mia fascia sono 2.532, ossia 721 ogni milione di abitanti maschi da 60 a 69 anni.

Tanto o poco? Quale è il punto di riferimento? Il riferimento sono i morti “normali” della mia fascia d’età.

I maschi morti nella mia fascia sono stati (ultimi dati ISTAT, 2018) 35.847, ossia 10.210 per milione.

Ecco che il covid non fa più paura. Ogni 100 persone della mia fascia d’età 1,02 muoiono comunque nell’anno; se ci aggiungo il covid, fanno 1,09 morti. Non posso rovinarmi la vita per quello 0,07% di rischio extra.

E la signora ultraottantenne può avere il terrore per le 2.696 femmine per milione morte da covid? Può terrorizzarsi se dimentica che nel 2018 ne sono morte 59.930 per milione nella fascia 80-89, senza il covid.

Può terrorizzarla il morire sola, questo sì. Ma si riconferma quindi che il covid è stata una questione geriatrica mal gestita, anche dal punto di vista relazionale, non è stata una pandemia.

 

Perché insisto sui numeri

Perché insisto sui numeri? Perché, quando gli ospedali si svuotano e si dispone di tabelle, il rapporto costi/benefici deve essere tirato in ballo.

Prendete ad esempio l’apparato sanitario-burocratico che sto vivendo per il centro estivo della locale scuola materna: un protocollo di carte, vincoli, limitazioni, sanificazioni che sconcerta.

Posto che i genitori stanno fuori dalla scuola, all’interno abbiamo 50 bambini in età 3-6 (fascia 0-9, morti covid per milione = 1) e 14 dipendenti femmine in fascia d’età 20-59 (morte covid per milione = 23).

La vita normale pre-covid dava 331 morti per milione nell’età 0-9. E dava 1.045 femmine morte per milione nella fascia 20-59.

La sentenza è quindi: il covid dovrebbe essere l’ultimo dei nostri pensieri. Basta chiedere al ragazzino travolto sulle strisce l’altro giorno: rischio covid 10-19 anni = zero, ma è morto di altro.

Il costo imposto per difendere la comunità scolastica dal nulla è impressionante, e serve solo a mantenere lo stato di paura. 

Non posso investire cifre paurose sul nulla. Una volta insegnato ai genitori a non portare a scuola bimbi mezzi ammalati, una volta insegnato ai bambini a lavarsi spesso e bene le mani, una volta messo un impegno extra ordinario per la pulizia degli ambienti, è necessario dire: «basta, concentriamoci su altro».

Per ogni cosa «non ci sono i soldi». Adesso, per il nulla, ne spendiamo una caterva.

«E se poi capita qualcosa proprio nella tua scuola?» E’ una statistica: solo un matto potrebbe affermare drasticamente che al centro estivo della nostra scuola materna non accadrà nulla. Ma se il tuo coraggio non riesce a vincere percentuali di rischio di questo genere infimo, allora significa che hai scelto di non vivere: la paura sarà tua compagna per sempre. 

Poi un autista folle ti travolge il figlio sulle strisce e tragicamente ti ricordi come funziona la vita. Nessuna mascherina, nessuna sanificazione, può prevenire gli incidenti.

La riapertura dell’anno scolastico 2020-2021 sarà guidata dalla paura? Dio ce ne scampi.

 

Notiziole sparse

Venturi

A tre settimane dal suo addio all’incarico l’ex commissario ad acta Sergio Venturi riflette più ad ampio raggio sulle misure adottate in Italia per contenere i contagi. In una diretta Facebook organizzata dai Giovani democratici ha detto: “Se dovessi rifare un lockdown domani, non lo rifarei come l’abbiamo fatto. Non si può chiudere un intero paese quando non ce n’è alcun bisogno”.

Per Venturi, sono più’ efficaci lockdown “mirati in alcuni focolai particolarmente aggressivi”, così come fatto dalla Regione a Piacenza, a Rimini, e a Medicina, chiusa completamente per evitare che il contagio potesse arrivare con quella forza anche a Bologna. Insomma, “conviene intervenire nel piccolo, questa è la lezione che abbiamo imparato quest’inverno”. Però, “non ha senso la zona rossa dell’Italia. In alcune regioni abbiamo avuto solo qualche centinaio di casi, poteva avere senso impedire gli spostamenti da regioni molto ‘impestate’ alle altre, ma disturbare il regolare interscambio tra le regioni del sud mi è sembrato un po’ eccessivo”

Ottimo. Lo diceva qualunque persona normale, lo capiscono ora anche i vertici. Domanda: chi ha gestito la paura dei nostri vertici?

 

Brusaferro

«Laddove le superficie sono mantenute pulite il virus è facilmente inattivabile, ma dobbiamo stare attenti a non esagerare. Le disinfezioni possono provocare effetti indesiderati se usate in modo estensivo e intensivo. Perché un eccesso di disinfettanti arriva negli scarichi ed entra in un ciclo». Così il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) Silvio Brusaferro, durante l’audizione in Commissione di inchiesta sul ciclo dei rifiuti.

Io direi che gli effetti indesiderati ci sono anche prima di arrivare negli scarichi. Basta guardare i tappetini di insetti morti in alcuni negozi.

 

Clementi

Il professor Massimo Clementi, ordinario di Microbiologia e Virologia all’università San Raffaele di Milano, difende il collega Alberto Zangrillo, direttore della terapia intensiva dello stesso San Raffaele, che qualche giorno fa ha parlato di “Coronavirus clinicamente scomparso” in Italia. L’affermazione di Zangrillo si basa proprio su uno studio di Clementi: “Ci sono i dati, i numeri, è tutto scritto, tutto dimostrato – spiega Clementi in risposta alle polemiche nate per le convinzioni nette di Zangrillo – chi vuole metterlo in discussione deve sobbarcarsi l’onere di trovare un errore nel mio lavoro. E non lo troverà”.

“Ho preso cento pazienti della prima fase di epidemia e li ho paragonati a cento pazienti della seconda fase – spiega il professor Clementi – erano cento contagiati della prima metà marzo e cento della seconda di maggio: casi di cui fra l’altro sapevo tutto, perché conoscevo la loro storia clinica. Dopo aver costituito questi due insiemi di campioni omogenei li ho confrontanti”. Così ha verificato la minore virulenza del Coronavirus: “Se in un tampone del primo gruppo si rileva un indice di 70mila, nel secondo si aggirava intorno a 700. Una differenza stratosferica”. “Da inizio maggio nei nostri reparti non arrivavano più malati con sintomi gravi – dice ancora Clementi – il virus per sopravvivere non deve uccidere il suo ospite. Il cambiamento per ora è nell’intensità, ma non è ancora avvenuto sul piano genetico. Il virus tuttavia diminuisce la carica virale per adattarsi all’ospite”.

Lascio il testo agli esperti, memorizziamo solo che i tamponi positivi non sono tutti di uguale qualità. 

Tarro l’aveva detto in maniera tranquilla: «Il virus in estate sparirà. Ma le mascherine le abbiamo fatte produrre e ce le dovremo tenere».

 

Federazione Nazionale Ordini dei Medici (FNOMCEO)

La FNOMCEO continua a pubblicare un “Elenco dei Medici caduti nel corso dell’epidemia di Covid-19”. Attualmente sono 167, ma il titolo è stonatissimo. 

Questi non sono i “caduti”, sono semplicemente i “morti” di questo periodo: una parte sono davvero “caduti”, se vogliamo evocare la prima linea ambulatoriale/ospedaliera dove sono morti, ma una parte sono “morti” e basta, come normali cittadini.

Il medico è persona pubblica, ogni morte genera un necrologio o un articoletto. Anche se FNOMCEO non mette l’età, è facile trovarla: digitate tra virgolette il nome del medico, aggiungete le parole “medico” “morto” e trovate subito l’età.

Un medico in pensione di 78 anni può essere un caduto? La dottoressa di 90? Il medico di 96?

Numeri giocati male. Un medico ha avuto la pazienza di verificarli tutti, trovando tra i morti 76 pensionati con età media di oltre 77 anni.

 

Seconda ondata

Se uno afferma che ci sarà una seconda ondata, lascia interdetti. E perché mai dovrebbe esserci? 

Malattia piede/bocca dei bovini, Mucca Pazza, Aviaria, Suina, SARS, MERS, non mi sembra abbiano avuto delle “seconde ondate”.

A meno che uno non voglia fare il complottista e dire che i virus della seconda ondata sono già pronti nei contenitori da 800 nanometri di diametro e verranno sparsi apposta. Ma io non sono un complottista, ed escludo l’ipotesi.

Se comunque dovesse arrivare la seconda ondata, spero che la vivremo in maniera diversa.

(1) Adesso le mascherine e le protezioni per il personale sanitario ci sono. E speriamo che siano sempre produzioni italiane.

(2) Adesso lo sappiamo che la morte avviene principalmente per trombi, non per una generica polmonite.

(3) Adesso lo sappiamo che bisogna curare a casa, evitare il ricovero, evitare l’arrivo in terapia intensiva.

(4) Adesso conosciamo quel mix di protocolli sul campo che si sono formati un po’ in tutta Italia, mentre l’ufficialità televisiva continuava a evocare il vaccino. Clorochina, eparina, cura al plasma, sostanze naturali preventive, potranno essere catalogate con calma.

(5) Adesso i letti alla Fiera di Milano sono pronti.

(6) Adesso sappiamo che la chiusura totale non serve a niente, serve al massimo la chiusura mirata.

(7) Adesso dovremmo essere in gran parte immunizzati, se torna LO STESSO virus. Se ne torna un altro, non servirebbe nemmeno il vaccino.

(8) Adesso faremmo subito le autopsie. O no?

(9) Adesso spremeremmo la Cina per dire davvero e subito cosa sanno.

(10) Adesso ci fideremmo dei medici italiani in corsia, più che dell’OMS e dei personaggi televisivi.

(11) Adesso terremmo la gente all’aria aperta per rafforzare il sistema immunitario.

(12) Adesso terremmo nel giusto conto i modelli matematici a medio-lungo termine: hanno lo stesso valore delle previsioni del tempo a lungo termine, cioè zero. Sono matematicamente corretti in base ai parametri che hanno a disposizione, e che purtroppo non sono tutti. Un sito li definisce «uno sparo nel buio matematicamente coerente, ma uno sparo nel buio, e come tale avrebbero dovuto essere considerato».

Direi che dodici punti sono sufficienti per la “seconda ondata”.

 

Aggiornamento dati

La infografica settimanale dell’11 giugno dell’Istituto Superiore di Sanità non è ancora uscita; siamo ancora fermi al 4 giugno 2020, dove si segnalavano 32.448 decessi di cui 16.172 (49,8%) in Lombardia. Età media dei deceduti: 80 anni (uomini 79 anni, donne 85 anni). Differenza tra età di malattia e età di decesso: 20 anni.

Numero medio di patologie nei deceduti: 3,3 (4,1% dei morti privi di patologie, 14,8% con 1 patologia e l’81,1% con 2 o più patologie). ATTENZIONE: questo dato non riguarda il totale dei morti, ma solo i 3.335 deceduti “per i quali è stato possibile analizzare le cartelle cliniche”.

Queste le patologie considerate: Cardiopatia ischemica, Fibrillazione atriale, Scompenso cardiaco, Ictus, Ipertensione arteriosa, Diabete mellito-Tipo 2, Demenza, Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva, Cancro attivo negli ultimi 5 anni, Epatopatia cronica, Insufficienza renale cronica, Dialisi, Insufficienza respiratoria, HIV, Malattie autoimmuni, Obesità.

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Dalla Protezione Civile rileviamo che i malati in terapia intensiva avevano raggiunto il picco il 7 aprile con 3.792 casi di cui 1.305 in Lombardia; al 12 giugno sono 227 casi di cui 97 in Lombardia.

Tamponi effettuati: 4.514.441 – Casi testati: 2.784.196

Decessi di età inferiore a 50 anni: 365 – Decessi di età inferiore a 40 anni: 84 (62 con gravi patologie preesistenti, 14 senza patologie, 8 senza informazioni).

Nota sulle donne. 

In apparenza muoiono 41,3% donne e 58,7% uomini per covid, ma questo è solo perché nella fascia d’età da 70 in su le donne sono 1.600.000 più degli uomini. Nella popolazione fino a 69 anni (dove donne e uomini sono in pareggio) la percentuale di donne morte è il 24% e di uomini il 76%.

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