I DIRITTI UMANI E LO STATO DELLA CIVILTÀ Articolo 17. Diritto alla proprietà, non alla vita altrui

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Ciao, affrontiamo ora un articolo che si rivela di assoluta importanza per le fondamenta stesse della società e dello Stato di diritto, un tema su cui la comunità umana si è lacerata alla ricerca di un equilibro ancora lontano da raggiungere.

Vediamo di cosa si tratta.

Articolo 17

1. Ogni individuo ha il diritto ad avere una proprietà sua personale o in comune con altri.

2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua proprietà.

Come vediamo la sua formulazione è perentoria: sicuramente questo articolo affermava, nel 1948, un profondo senso di libertà ed una netta distanza da qualsiasi giustificazione “autoritaria” e/o ideologica, tendente a contrarre questa sacrosanta libertà individuale.

Possiamo tutti vedere le ingiustizie e gli eccessi derivanti dalla limitazione di questo principio: impedire o restringere grandemente il diritto alla proprietà ha sottomesso la creatività dell’uomo, il suo lavoro e la sua vita.

Le ideologie “classiste” che ponevano la questione della proprietà dei mezzi di produzione si sono sempre tradotte in regimi in cui anche le altre libertà erano negate.

Per converso, enormi sono i problemi sociali e individuali derivanti da un’affermazione della “proprietà privata” pressoché assoluta e non “mediata”: il “liberismo” che caratterizza l’Occidente sta determinando delle opposte e devastanti ingiustizie, anche se mascherate da libertà.

In effetti i sistemi politici cercano di trovare vari equilibri con il diritto, cosa finora riuscita parzialmente e in maniera incoerente.

Dobbiamo quindi definitivamente capire cosa c’è alla base di quanto affermato da questo articolo, senza però dimenticare il fatto principale: ogni diritto della Dichiarazione Universale deve necessariamente armonizzarsi ed attuarsi insieme agli altri 29.

Ad esempio, in questo caso occorre un equilibrio che tenga conto di almeno due altri punti: i diritti umani “2” e “29”.

La nostra Costituzione tenta questo equilibrio quando afferma testualmente all’Art. 42: “ … La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti … “.

Anche per l’attività economica, diritto strettamente connesso al tema della proprietà privata, la Costituzione afferma all’Art. 41: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.

Il problema è quindi quello di trovare un equilibrio “praticabile” nel diritto, considerando inoltre che la natura e l’estensione dei “fini sociali” potrebbe essere  arbitrariamente interpretata, allontanandoci così da una coerente e bilanciata attuazione del principio.

È quindi il sistema economico generale la vera questione, che deve situarsi necessariamente “a metà”, se così si può dire, fra comunismo e liberismo.

Oltre a ciò non possiamo non considerare l’altro elemento in gioco per quanto riguarda il diritto alla proprietà, che diventa di fatto il più importante: il denaro, e tutto ciò che con esso si permette e che da esso deriva.

Andiamo quindi con ordine, partendo proprio da questo ultimo fattore.

Poco denaro impedisce di avere proprietà, a volte di vivere, troppo denaro può dare moltissime proprietà, ma una grande concentrazione di capitali e la “speculazione finanziaria” possono formare poteri enormi in grado di influire sulla vita di troppe persone, società e nazioni intere.

L’emissione, il controllo e l’uso del denaro sono quindi fattori cruciali che investono non solo il diritto alla proprietà, ma arrivano alla sostanza del regime politico-economico in cui viviamo.

Nelle ultime decadi l’emissione del denaro ha subito due grandi cambiamenti: non è più collegata a riserve d’oro ed è quasi tutta demandata a banche centrali controllate da banche private, sempre più sganciate dal controllo della politica.

In questo modo, il crescente “debito pubblico” è diventato – come stiamo drammaticamente vedendo in Europa e nel nostro Paese con la continua crisi politico-economica – la giustificazione per controllare le economie e le politiche degli Stati nazionali, di fatto non più sovrani: una giustificazione che crollerebbe del tutto se gli Stati si riappropriassero del diritto ad emettere la propria moneta.

Si deve comprendere definitivamente che l’economia, la finanza e il denaro sono stati oggetto di enormi “complicanze”, deviazioni e meccanismi “intrappolanti” che hanno allontanato la persona dalla sua reale capacità di determinare la sua stessa vita: ogni persona ha, o dovrebbe avere, la libertà di potersi creare una vita degna di essere vissuta scambiando la sua produzione, il lavoro di cui è capace, con quello dei suoi simili.

Il denaro dovrebbe perciò essere una mera “infrastruttura” che permette gli scambi umani, emessa senza debito dall’organizzazione della comunità chiamata “Stato di diritto”.

Tale “infrastruttura” dovrebbe essere generata dallo Stato – sovranità monetaria – per i fini sociali che gli competono da Costituzione e diritti umani, e dovrebbe essere ottenibile da ogni essere umano con la sua propria sovranità monetaria chiamata “lavoro”, in qualsiasi forma esso si espliciti.

Finché la cultura e la comunità non capiranno gli inganni economico-finanziari cui siamo soggetti, la nostra libertà e dignità sarà sempre più assoggettata a tutte le finzioni e complicanze che si celano sull’argomento monetario, ed a tutte le improprie libertà che con esso si permettono: l’accumulo di crediti, di moneta o di suoi “equivalenti finanziari” per usi speculativi dovrebbe essere semplicemente vietato.

Tassarlo non sarebbe sufficiente, in questa ottica, in quanto non impedirebbe il formarsi dei cosiddetti “fondi di investimento” in mano a società finanziarie private, oggi così potenti da determinare le sorti di mercati, società e Stati.

Se la politica riuscisse a liberare e semplificare il tema della “proprietà del denaro” nell’ottica qui espressa, la comunità umana farebbe un enorme passo avanti verso un’attuazione più giusta, corretta ed “etica” del diritto di proprietà: se avessi molto denaro potrei anche acquisire molte proprietà personali, ma non potrei con esso condizionare la vita e le sorti di altri miei simili, di Stati, aziende e società, se non per partecipazione diretta alla gestione o al loro trasparente, controllato e limitato finanziamento.

Bloccata la speculazione rimarrebbe il tema, non meno importante, riguardante la proprietà in relazione ad un determinato “mercato”: troppo spesso vediamo fusioni, accorpamenti ed acquisizioni tra soggetti appartenenti ad uno stesso mercato od a mercati collegati, che vanno così a formare un soggetto più grande, potenzialmente in grado di turbare la lealtà concorrenziale dei mercati interessati.

Le autorità “anti-trust” danno troppo spesso pareri positivi ad operazioni che determinano la nascita di colossi in grado di influenzare pesantemente l’area di loro competenza, altre collegate e le legislazioni interessate per arrivare, grazie ad una sostanziale mancanza di trasparenza della politica, ad influenzare la politica stessa degli Stati.

Con la stessa logica si dovrebbe impedire il formarsi di società multinazionali detentrici di grandi e variegate attività commerciali, che stanno operando per arrivare, addirittura, ad essere legalmente più potenti degli stessi Stati nazionali.

Altro tema molto importante è la tendenza della politica, evidentemente sempre meno capace e sempre più corrotta, a privatizzare “beni comuni” e servizi di pubblica utilità: regalare al “privato” beni e servizi è un fenomeno che va di pari passo con quanto accade con la moneta e che, a livello globale ed a ben vedere, avvantaggia un numero assai ristretto di logge, lobby, società, famiglie e persone.

In conclusione: è sin troppo permesso esprimere il diritto alla proprietà in maniera del tutto scollegata dalla necessità di promuovere ed attuare lo stesso diritto per tutti, influendo così negativamente su tutti gli altri diritti per tutti.

Cercare di “regolare” la questione con la tassazione è del tutto fuorviante e ingiusto, perché un’eccessiva fiscalità toglie risorse alla società civile che invece potrebbe stampare la giusta quantità di moneta che dovesse necessitare al Paese: in presenza di sovranità monetaria da parte dello Stato una normale e non soverchiante tassazione sarebbe solo una delle “leve” – leva fiscale – con cui la comunità regola l’inflazione ed altri parametri e non, come spesso accade ora, un ingiusto “esproprio” di risorse ed “erosione di possesso”, che al contrario dovrebbe essere garantito dal diritto umano in questione.

È perciò dovere politico e civile chiarire tale diritto in tutte le sue “manifestazioni”, al fine di preservare la libertà, la vita, la sicurezza e la dignità di ogni persona e la piena attuazione di tutti i suoi diritti umani.

Quando ci propongono di giocare sul mercato finanziario investendo una parte dei nostri risparmi in maniera “intelligente”, ricordiamoci che stiamo regalando munizioni ad eserciti finanziari che non hanno altra etica se non quella del profitto e della conquista, economica e politica.

Prima di regalare il nostro voto controlliamo cosa si afferma e cosa si vuol fare della proprietà privata, di quella dei beni e dei servizi pubblici, dell’economia, della finanza, della moneta: sapremo immediatamente da che parte stanno e come andranno le nostre vite.

 

Massimo Franceschini, 29 maggio 2018

Questo il bellissimo video relativo all’Art. 17 dell’associazione no-profit: “Gioventù per i Diritti Umani

Questo il link del mio libro, che è un programma politico basato sui Diritti Umani

 

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