Gustave Le Bon: “Le masse non hanno mai avuto sete di verità. Chi può fornire loro illusioni diviene facilmente il loro comandante”.

di Gustave Le Bon

 

Le folle non hanno mai avuto sete di verità. Dinnanzi alle evidenze che a loro dispiacciano, si voltano da un’altra parte, preferendo deificare l’errore, se questo le seduce. Chi sa illuderle, può facilmente diventare loro padrone, chi tenta di disilluderle è sempre loro vittima.

Nell’enunciare i fattori capaci di impressionare le folle, potremmo esimerci dal ricordare la ragione, se non fosse necessario sottolineare il valore negativo della sua influenza. Le folle non sono influenzabili dai ragionamenti, ma soltanto da grossolane associazioni di idee. Ecco perché gli oratori che sanno impressionarle fanno appello ai sentimenti e mai al raziocinio. Le leggi della logica razionale non hanno alcun effetto sulle folle. L’oratore che segue il suo pensiero e non quello degli ascoltatori perde, per questo solo fatto, ogni efficacia. Gli spiriti logici, avvezzi a ragionamenti ben concatenati ed alquanto stringati, non sanno rinunciarvi quando si rivolgono alle folle, e poi restano sempre sorpresi per lo scarso effetto dei loro argomenti.

Così, vagando costantemente ai limiti dell’incoscienza, subendo tutte le suggestioni, animata dalla violenza dei sentimenti tipici di chi non può fare appello a influenze razionali, sprovvista di spirito critico, la folla rivela tutta la sua straordinaria credulità. Per essa non esiste l’inverosimile, cosa della quale non dobbiamo mai dimenticarci se vogliamo comprendere con quale facilità si creano e si propagano le leggende e le voci più stravaganti. La nascita e la diffusione di tante leggende tra le folle sono il risultato non soltanto di questa totale credulità, ma anche delle prodigiose deformazioni che gli eventi subiscono nella immaginazione degli individui assieme radunati. La folla pensa per immagini, e l’immagine evocata evoca a sua volta una serie di altre immagini senza alcun nesso logico con la prima. La ragione indica l’incoerenza di simili immagini, ma la folla non la vede; e ciò che l’immaginazione deformante aggiunge all’avvenimento sarà da essa confuso con l’avvenimento stesso. Incapace di separare il soggettivo dall’oggettivo, la folla considera reali le immagini evocate nel suo spirito mentre quelle immagini hanno soltanto un’affinità remota con il fatto osservato.

Il potere di una parola non dipende dal suo significato, ma dall’immagine che essa suscita. La ragione è gli argomenti logici non riescono a lottare contro certe parole e certe formule.

Finora, il compito più preciso delle folle è consistito nella distruzione delle civiltà invecchiate. La storia insegna che quando le forze morali, armatura di una società, hanno perduto il loro potere, la dissoluzione finale è compiuta ad opera di quelle moltitudini incoscienti e brutali, giustamente definite barbare. Le civiltà sono state create e guidate finora da una piccola aristocrazia intellettuale, mai dalle folle. Queste ultime possiedono soltanto una potenza distruttiva. Il loro predominio rappresenta sempre una fase di disordine. Una civiltà implica alcune regole fisse, una disciplina, la capacità di abbandonare l’istinto per la ragione, una certa dose di preveggenza, un grado elevato di cultura, qualità inesistenti nelle folle. Grazie ad una potenza unicamente distruttiva, esse agiscono come quei microbi che accelerano le dissoluzione dei corpi malati o dei cadaveri. Quando l’edificio di una civiltà è tarlato, le folle ne provocano il crollo. È in questo momento che si manifesta il loro compito. Per un attimo, la forza cieca del numero diventa la sola filosofia della storia. Rassegnamoci a subire il regno delle folle, poiché mani imprevidenti hanno rovesciato una dopo l’altra tutte le barriere che potevano trattenerle.

Le folle hanno istinti conservatori irriducibili e, come tutti i primitivi, un rispetto feticistico per le tradizioni, un orrore inconscio delle novità capaci di modificare le reali condizioni di vita.


Tratto dal libro “Psicologia delle folle” di Gustave Le Bon

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