Filippo Mazzei, il fervente difensore della libertà e dell’uguaglianza.

Di Maria Leonarda Leone

Medico, diplomatico, commerciante. Quest’uomo tuttofare fu sempre in prima linea per difendere le libertà dall’America del nord alla Francia ed alla Polonia, nel nome del razionalismo dell’Illuminismo.

Immaginate una tempesta, il tono che fa eco ad ogni fulmine. Ecco, Filippo Mazzei fu il fulmine delle più importanti rivoluzioni della sua epoca: americana, francese e persino polacca, partecipando alla redazione della prima costituzione in Europa. Uomo di tutte le lotte, curioso e razionalista come il suo secolo, quello dell’Illuminismo, Filippo Mazzei fu un personaggio eclettico, anticlericale, un genio capace di rinnovarsi in mille mestieri i più diversi gli uni dagli altri: medico, commerciante, diplomatico, giornalista, orticoltore (ovvero agricoltore) o ancora ciambellano del re.

Ultimo di 4 fratelli, venne al mondo all’alba del giorno di Natale dell’anno 1730 in un’agiata famiglia di Poggio a Caiano, ad una ventina di chilometri da Firenze. « Mi annoiavo molto, in me cresceva una sincera propensione all’attività, ero sempre in movimento e mia madre usava chiamarmi Fastidio », scrisse Filippo Mazzei nelle sue memorie. Ma nonostante i tentativi dei genitori, crescendo non si calmò, al contrario: a partire dal 1754, e sino alla fine del secolo, viaggiò senza sosta fra il Vecchio ed il Nuovo Mondo. E dovunque si trovò combatté, fece sentire la sua voce e scrisse per difendere la causa della democrazia.

Conoscete la celebre frase « Tutti gli uomini sono creati uguali; che sono stati dotati dal loro Creatore di taluni diritti inalienabili; che, fra questi diritti, vi sono la vita, la libertà e il perseguimento del benessere. ». Queste parole costituiscono il preambolo della Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti redatta nel 1776 da Thomas Jefferson, futuro terzo presidente americano. Due anni prima di figurare in questo testo fondamentale, delle parole molto simili « Tutti gli uomini sono per natura liberi e indipendenti » erano state scritte da Mazzei in un articolo firmato sotto lo pseudonimo Furioso e pubblicato sul giornale Virginia Gazette. Il testo era stato tradotto in inglese dal suo amico e vicino di casa Thomas Jefferson.

Da Poggio Caiano alla Virginia il viaggio era stato lungo e frammentato e solo nel 1773 Mazzei era arrivato in America. Era stato invitato da Benjamin Franklin, uno dei 56 futuri firmatari della Dichiarazione d’Indipendenza, dopo averlo incontrato a Londra. Al tempo il commercio era l’attività londinese dell’imprenditore toscano, impegnato in quello che oggi chiameremmo “import-export” del Made in Italy oltre che nel commercio di libri sulla filosofia degli illuministi.

Ma non esercitò sempre questo mestiere. In realtà quando era sbarcato a Londra nel 1755 Mazzei si era arrangiato insegnando l’italiano, abbandonando anche la sua professione di medico. Pur essendo stato escluso dai corsi di medicina « per essere stato sorpreso a fare la comunione senza essere a digiuno », era riuscito ad ottenere la laurea come chirurgo ed aveva lasciato la Toscana per diventare l’assistente di un medico ebreo chiamato Salinas, che aveva seguito fino a Smirne (in Turchia). Ma il desiderio di vedere nuovi luoghi era più forte del giuramento d’Ippocrate e, a 25 anni, si era imbarcato per Londra nel 1755. Diciotto anni più tardi, animato dalla stessa curiosità, ma anche dalle sue conversazioni « sulle varie turbolenze d’America » con Benjamin Franklin, si era trasferito oltre Atlantico. Vi si era recato carico non solo di entusiasmo, ma anche di piantine di viti, di olivi, di chicchi di mais e con alcuni operai toscani, con l’idea di creare un’impresa agricola in quel luogo che prometteva una grande disponibilità di terre ed un clima favorevole alle diverse piante della Toscana. Fu così che si trovò in Virginia, vicino di casa di Jefferson, ma anche nell’entourage di Washington, che sarebbe diventato, alcuni anni più tardi, il primo presidente degli Stati Uniti.

Attratto dalla vita politica locale, Mazzei abbandonò la zappa in favore della penna: scrisse degli opuscoli contro l’oppressiva dominazione inglese, fu volontario nella Guerra d’Indipendenza (che iniziò nel 1775) e, due anni dopo, fu mandato in Europa con lo scopo di trovare del denaro, delle armi e degli alleati per lo Stato della Virginia di cui era divenuto cittadino.
La sua prima vera missione all’estero fu un mezzo insuccesso e, essendo rimasto senza un ruolo preciso nei nuovi Stati Uniti d’America, li lasciò definitivamente nel 1785, per impegnarsi in un’altra rivoluzione, quella che stava per esplodere nel 1789 a Parigi.

Profondamente segnato e affascinato dalle idee di libertà e di uguaglianza che i rivoluzionari americani avevano elaborato durante la loro lotta per l’indipendenza, Mazzei volle capire se gli stessi principi avrebbero potuto essere applicati alla realtà europea; e il re di Polonia, Stanislao Augusto Poniatowski, che aderiva alle idee dell’Illuminismo, gli permise di mettere in pratica questa riflessione nominandolo rappresentante a Parigi. Mazzei abitò nella capitale francese fino al 1791, ma quando vide gli ideali rivoluzionari affondare nella violenza dei Giacobini (« Il partito fa del repubblicanismo e dell’anarchia, che fa paura agli amanti del buon ordine »), decise di partire. E questa non fu l’ultima delle sue delusioni politiche.

Si insediò quindi a Varsavia, alla corte di Stanislao dove, il 3 maggio 1791, fu promulgata la costituzione: la prima costituzione moderna d’Europa e la seconda al mondo dopo la Costituzione federale degli Stati Uniti (1787). Secondo i suoi autori, e Mazzei era un loro fervente difensore, questo documento andava a rinnovare la politica, la struttura sociale e l’economia della Polonia, liberandola dalle ingerenze dei suoi potenti vicini russi e prussiani. Vana speranza: quando la zarina Caterina II di Russia invase la Polonia, Mazzei, ciambellano di Stanislao, accusato dai nemici di essere un cospiratore rivoluzionario pro-giacobino, era già di ritorno in Italia. Mentre le truppe di Napoleone attraversavano la Penisola, continuò da Pisa a scrivere a Jefferson ed a seguire gli avvenimenti internazionali europei, ma con meno entusiasmo. Morì 3 anni e 2 settimane dopo aver finito di redigere le sue memorie, il 19 marzo 1816, « più come un monaco cappuccino che come un uomo di mondo », dichiarò sua figlia molto cattolica Elisabetta. Suo padre non avrebbe certamente apprezzato il paragone.

Tratto da :
https://www.radici-press.net/filippo-mazzei-fervent-defenseur-des-libertes/

Traduzione a cura di Davide Gionco

Lascia un commento