Esperimenti falliti di unioni monetarie: l’Unione Monetaria Latina

5 franchi francesi del 1868 e 5 lire italiane del 1874

Quando Platone propose una nomisma hellenikon, una moneta per gli scambi commerciali tra le polis, si scontrò con gli interessi particolari delle stesse. Fu solo con l’emergere di Roma che si svilupparono delle monete utilizzate per gli scambi commerciali tra diverse regioni del mediterraneo, europee e non solo: l’asse di bronzo, il denarius d’argento e, con l’Impero, l’aureus d’oro. Augusto contribuì a riordinare tale sistema monetario, concentrando la produzione di monete d’oro ed in parte d’argento a Lione, e fissando l’aureus a 7,80 grammi ed il rapporto tra oro ed argento a 12,5.

 

Dopo di lui, nei secoli successivi iniziarono graduali svalutazioni della moneta romana e, esaurite le miniere d’oro spagnole, la bilancia commerciale negativa fece uscire dall’Impero sempre più oro, destinazione Oriente. L’inflazione galoppante che ne derivò e le successive incursioni barbariche, che privarono l’Impero di molto metallo prezioso, contribuirono alla decadenza di Roma.

Dopo Roma, un sistema monetario unico, per quanto meno ordinato, lo rivedremo con Carlo Magno, che fu tuttavia costretto a basarlo su monete d’argento, i denari riecheggianti il denarius romano, essendo oramai l’oro molto scarso nell’area europea. Ad esso si aggiunsero, per pagamenti più consistenti, due unità di conto, il soldo (12 denari) e la lira (240 denari): questo triplice sistema monetario durerà sul suolo europeo fino alla rivoluzione francese.

Il denaro d’argento nei secoli si svalutò molto, tuttavia, e dal XIII secolo cominciarono a prendere piede le monete auree delle principali città commerciali italiane: il genoino di Genova, il ducato (o zecchino) di Venezia ed il fiorino di Firenze (nome poi ripreso da varie aree europee per le proprie monete). Queste tre monete italiche, da 24 carati, ispirarono le coniazioni auree di numerose nazioni europee.

Si dovette aspettare il 1795 e la rivoluzione francese, come dicevamo, per rimpiazzare la triade denaro-soldo-lira: in quella data si creò il franco, basato su un sistema monetario bimetallico (oro ed argento). Pur caduto l’Impero napoleonico, il sistema bimetallico francese basato sul rapporto tra oro ed argento a 15,5 venne ripreso, entro la metà dell’Ottocento, da Regno di Sardegna, Belgio e Svizzera: furono proprio questi quattro paesi, con sistemi monetari simili, che dopo numerose fluttuazioni del valore di oro ed argento raggiunsero un accordo e divennero i fondatori di un sistema monetario comune. Su spinta di Napoleone III, con la Convenzione di Parigi del 1865 questi quattro paesi (Francia, Italia, Belgio e Svizzera) diedero vita all’Unione monetaria latina. Si stabilì che le loro monete, pur con effigi diverse, fossero di dimensioni, valore intrinseco e valore nominale uguali.

Nel 1867, vi fu una riunione a Parigi tra 22 Paesi per sviluppare un sistema monetario comune, ma gli accordi fallirono. Nel 1868, al sistema dei quattro paesi aderì anche la Grecia. Numerosi altri paesi, europei ma anche del centro-sud America, pur non aderendo all’Unione adottarono tuttavia il medesimo standard.

Ispirandosi all’Unione monetaria latina, anche Danimarca, Norvegia e Svezia diedero vita, tra il 1873 ed il 1931, all’Unione monetaria scandinava che, a differenza dell’Unione latina, includeva anche la libera circolazione delle banconote. Le tre banche centrali diedero anche vita, nel 1885, ad un sistema di clearing trimestrale e regolato in oro, aprendosi reciprocamente conti correnti, senza interessi e commissioni.

Rinnovata nel 1885 e nel 1891, l’Unione monetaria latina, divenuta oramai quasi un monometallismo aureo, terminò di fatto con la prima guerra mondiale e legalmente nel 1925.

Forse quello che ci insegna la storia monetaria, europea ma non solo, è che per funzionare e godere della fiducia della collettività, la misura del valore (la primaria funzione della moneta) deve essere rappresentata da una sovrastruttura e da una struttura ben definita ed unitaria, a livello giuridico ed a livello rappresentativo. Non a caso già i romani nel III sec. a.C. posero la zecca sotto la tutela della Dea Moneta. La Res Publica romana, Augusto e l’Impero, Carlo Magno ed il Sacro Romano Impero, Napoleone e l’Impero…i sistemi monetari più duraturi, storicamente, non potevano prescindere da una forte e stabile connessione “superiore”, Fas e Ius al contempo, ma ben identificabile in una persona giuridica ed in una persona fisica e/o divina specifica.

Tratto da:

Antecedenti dell’euro: l’Unione monetaria latina

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