Dieci anni dopo. I protagonisti della crisi del 2008 hanno pagato le loro responsabilità?

Condividiamo questo articolo di Matteo Cavallito pubblicato l”11.09.2018 sul sito internet
https://valori.it/i-protagonisti-della-crisi-oggi/

I big della grande finanza sono persone intoccabili, cadono sempre in piedi. Sono al di sopra delle leggi.


Molti sono caduti in piedi (con lauti profitti in tasca), qualcuno è caduto e basta. Ecco dove sono oggi gli uomini simbolo della grande crisi finanziaria.

Ted Kaufman, esponente democratico e membro della commissione senatoriale d’inchiesta sulla crisi, era abituato a fare appello alla logica. E proprio per questo, al pari di molti, cercava a quel tempo risposte che non poteva avere. I ragazzi di Goldman Sachs, argomentava, erano pur sempre uomini di Wall Street, e i ragazzi di Wall Street che lui conosceva, questo era certo, «erano tutti tipi svegli». Come possibile, si domandava dunque il senatore del Delaware, che non avessero intuito in anticipo lo scoppio della bolla immobiliare e la conseguente svalutazione dei titoli coperti dai mutui venduti ai loro clienti? Posto di fronte alla questione, in un’audizione dell’aprile 2010, il numero uno di Goldman Sachs Lloyd Blankfein replicò senza troppi indugi: «»Non penso – disse – che siamo così intelligenti».

Ted Kaufman, esponente democratico e membro della commissione senatoriale d’inchiesta sulla crisi, era abituato a fare appello alla logica. E proprio per questo, al pari di molti, cercava a quel tempo risposte che non poteva avere. I ragazzi di Goldman Sachs, argomentava, erano pur sempre uomini di Wall Street, e i ragazzi di Wall Street che lui conosceva, questo era certo, «erano tutti tipi svegli». Come possibile, si domandava dunque il senatore del Delaware, che non avessero intuito in anticipo lo scoppio della bolla immobiliare e la conseguente svalutazione dei titoli coperti dai mutui venduti ai loro clienti? Posto di fronte alla questione, in un’audizione dell’aprile 2010, il numero uno di Goldman Sachs Lloyd Blankfein replicò senza troppi indugi: «»Non penso – disse – che siamo così intelligenti».

I re della crisi: 10 anni, 10 storie

Game, set and match. Dicevamo? Le risposte invocate da Kaufman non sono mai arrivate e d’altra parte – ormai dovrebbe essere chiaro – nessuno avrebbe potuto fornirle. La crisi aveva colto (quasi) tutti di sorpresa disintegrando le certezze di ciascuno nel corso di una riunione di emergenza o – perché no? –  durante una surreale partita a carte. Il seguito è noto: critiche feroci, indignazione, una discreta gogna pubblica; ma anche maxi liquidazioni, nuovi incarichi e nuove avventure. Molti sono caduti in piedi, qualcuno è caduto e basta. Le storie dei protagonisti della grande crisi in ogni caso restano emblematiche. Quella che segue è la nostra personale galleria.

Alan Greenspan – Federal Reserve USA

Per 20 anni (1987-2006) è stato lo stimatissimo capo della Fed statunitense. Talmente convinto della capacità della finanza di autoregolarsi, dicono i critici, da aver tenuto basso il costo del denaro troppo a lungo, agevolando la bolla dei prezzi immobiliari. “Venerato durante il suo mandato alla Fed” ha scritto di lui Bloomberg, “Alan Greenspan è tuttora stimato per le sue visioni macro ma è assai meno apprezzato per le sue opinioni in materia regolamentare, già criticate all’alba della crisi per il loro carattere troppo morbido”. Dopo l’esperienza alla banca centrale ha lanciato la sua Greenspan Associates LLC, una società finanziaria che gestisce oltre 500 piani pensionistici.

 

Jimmy Cayne – Bear Stearns
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La testimonianza di Jimmy Cayne davanti alla Commissione Senatoriale USA
James “Jimmy” Cayne è stato la figura chiave della Bear Stearns, quinta banca d’investimento Usa e prima a fallire nel 2008. Famoso per aver ammesso di essere stato impegnato in una partita di bridge (sua grande passione insieme al golf) mentre la sua creatura iniziava ad essere aggredita sui mercati, se ne andò da amministratore delegato con 61 milioni di dollari in tasca. Pochi mesi più tardi ammise di avere un patrimonio netto di 400 milioni. Se lo gode tuttora.

 

Richard Fuld – Lehman Brothers

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La testimonianza di Richard Fuld davanti alla Commissione Senatoriale USA

484 milioni di dollari incassati tra stipendi, bonus e previ vari. È il bottino di Richard Fuld, il “Gorilla di Wall Street” che dal 2000 al 2007 fu CEO di Lehman Brothers. Allo scoppio della crisi rifiutò ogni responsabilità per la scelta della banca di puntare forte sui mutui subprime. Dopo Lehman, Fuld ha fondato la società di consulenza Matrix Advisors. La società è tuttora in espansione.

 

John Thain – Merrill Lynch

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L’ex CEO di Merrill Lynch, John Thain, che fu costretto a cedere la banca a Bank of America nel 2008 a causa delle enormi perdite nel mercato immobiliare, è diventato amministratore del gruppo finanziario CIT fino a marzo 2016.
Nel settembre del 2017 è entrato a far parte del consiglio di amministrazione di Uber. Una nomina, la sua, che non ha mancato di far discutere. Nell’aprile 2018 ha fatto il suo ingresso in Deutsche Bank.

 

John Tiner – Financial Services Authority UK

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Intervista a John Tiner sulla crisi economica

John Tiner, capo della Financial Services Authority britannica, è diventato celebre per aver sostenuto che dovrebbero essere «i manager delle aziende e non le autorità regolamentari a identificare e controllare i rischi». Anche per lui una nuova vita di successo: prima membro del Comitato rischi di Credit Suisse, di cui è tuttora consigliere, in seguito, da maggio 2017, capo del gigante assicurativo Ardonagh Group.

 

Fred Goodwin – Royal Bank of Scotland

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Frederick Anderson Goodwin ha guidato Royal Bank of Scotland dal 2000 al 2008 sperimentando una clamorosa ascesa e un’altrettanto rumorosa caduta poi risoltasi con un maxi salvataggio pubblico. Nel mirino dei critici la strategia di espansione della banca che avrebbe portato, nel 2007, alla disastrosa acquisizione dell’istituto olandese ABN Amro, principale fonte di contagio dell’epidemia subprime. Dopo anni passati a giocare a golf lontano dai riflettori, Goodwin è salito nuovamente agli onori della cronache nel maggio 2017, quando 9mila azionisti di RBS lo hanno trascinato in tribunale per ottenere un risarcimento danni.

 

Lloyd Blankfein – Goldman Sachs

Alla guida di Goldman Sachs dal 2006, il newyorchese Lloyd Blankfein ha attraversato indenne oltre un decennio di vicende controverse. Tra queste la speculazione sulle materie prime alimentari, le perdite da trading causate al fondo sovrano libico e, soprattutto, la nota vicenda di AIG, il colosso finanziario dal quale Goldman aveva acquistato prodotti assicurativi che avrebbero “pagato” in caso di collasso dei mutui.

La banca, come emerso da un’inchiesta del New York Times, avrebbe speculato al ribasso sul mercato contribuendo così al crack della società per poi incassare i relativi premi assicurativi: 7 miliardi subito e altri 12,9 dopo il salvataggio pubblico della stessa AIG autorizzato dall’allora segretario al Tesoro, ed ex Ceo di Goldman, Hank Paulson. Ad ottobre lascerà l’incarico a David Solomon, manager nonché DJ part time con il nome d’arte di DJ D-Sol e il suo futuro resta incerto. La regola delle porte girevoli lo vorrebbe prossimo a un incarico pubblico ma la sua nota avversione a Donald Trump dovrebbe precludergli questa possibilità.

 

Steven Mnuchin – OneWest

La crisi può essere un’opportunità per fare grandi profitti. Lo sa bene Steven Mnuchin. Il manager è cresciuto alla Goldman Sachs e ora è Segretario al Tesoro di Donald Trump. Nel 2004 fonda la sua prima società finanziaria, la Dune Capital Management che nel 2009 acquisisce per 1,55 miliardi IndyMac, ex colosso dei mutui fallito dopo lo scoppio della bolla immobiliare. Sotto la gestione Mnuchin, la società cambia nome in OneWest andando incontro a un profondo processo di ristrutturazione anche grazie al pignoramento di decine di migliaia di abitazioni. La svolta arriva nel 2014, quando OneWest passa a CIT Group, la società dell’ex Merrill Lynch John Thain. È un affare da 3,4 miliardi di dollari che garantisce profitti enormi agli investitori.

 

Rodrigo Rato – Bankia

Si è conclusa nel febbraio 2017 con una condanna a 4 anni e mezzoper appropriazione indebita la parabola di Rodrigo Rato, il manager madrileno simbolo delle controverse commistioni tra politica e finanza. A tradirlo l’allegra gestione dei fondi di Bankia, istituto spagnolo collassato nel 2012 e salvato da un maxi intervento pubblico. Esponente di spicco del Partido Popular nonché ministro dell’economia e vice premier negli esecutivi di José María Aznar, Rato ha diretto il Fondo Monetario Internazionale tra il 2004 e il 2007. Nel 2016 il suo nome è circolato in relazione allo scandalo Panama Papers.

 

John Paulson – Paulson & Co.

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Il declino di John Paulson

Il finanziere John Paulson, nessuna parentela con l’ex Segretario al Tesoro Hank, è stato il vincitore indiscusso della crisi. Alla vigilia della tempesta, intuisce in anticipo la presenza di una maxi bolla immobiliare e inizia al scommettere al ribasso sulle società più esposte: la sua società – la Paulson – registrerà un maxi profitto da 15 miliardi. Lui, tra commissioni varie, ne incassa non meno di 3. Gli anni successivi, però, saranno caratterizzati da molte mosse sbagliate. Nel 2011, all’apice del successo, gli asset gestiti da Paulson valgono 36 miliardi di dollari; cinque anni più tardi il controvalore degli investimenti non arriva a 10 miliardi. Le notizie più recenti hanno confermato la tendenza.

 

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