Come operano i mercati finanziari, al di sopra delle scelte della politica

Condividiamo con voi questa intervista a Bruno Livraghi, il più importante trader italiano della City di Londra, in cui spiega con stupefacente realismo l’atteggiamento cinico dei “mercati” nei confronti dell’Italia e dalla situazione politica in evoluzione.

Il testo che segue è tratto dalla pagina internet
http://www.idiavoli.com/il-tredicesimo-piano/italia-lose-lose-situation/

(Cogliamo l’occasione per segnalare l’ottimo sito internet http://www.idiavoli.com/ in cui si descrive il mondo dell’alta finanza come realmente è.)

Le risposte di Livraghi riflettono il punto di vista degli investitori finanziari.

Da parte nostra abbiamo tentato di fornire una “traduzione” delle risposte dal punto di vista di un politico che volesse realmente curarsi degli interessi degli italiani e non dei “mercati”.

La realtà è che i “mercati” operano pragmaticamente facendo tutto ciò che le leggi e la classe dirigente di una nazione consentono loro di fare, indifferenti al coloro politico di chi governa.

Il quadro che ne emerge mostra peraltro quando lontana dalla realtà sia la rappresentazione che ci viene data dai mass media sull’operato dei governi e dei mercati finanziari, mentre la popolazione subisce gli effetti negativi delle continue “invasioni barbariche” dei “mercati” che hanno via libera nel rapinare il nostro paese.
Legalmente e con il benestare della classe politica.

Nel testo che segue:
I – Intervistatore
L – Livraghi
T – La nostra “traduzione” dal punto di vista degli interessi del popolo italiano

 


 

I – Livraghi, cosa succede in Italia? E cosa succede sul mercato italiano?

L – Il mercato scende, perché è finita la tregua, la politica nascosta per più di un anno torna ad alzare la testa.

T – Per più di un anno la politica italiana è stata assente e noi dei “mercati” potevamo operare nei nostri interessi, senza temere di essere messi in discussione dal potere politico in Italia.

I – Ma come? Si è votato il 4 marzo, c’è stata una campagna elettorale pesante e i partiti tradizionali si sono dissolti. Perché accade ora, se era già tutto chiaro due mesi fa?

L – Perché il risultato elettorale avrebbe potuto garantire uno stallo ben più lungo o soluzioni molto più pragmatiche, e invece adesso ci costringono a guardare meglio, ad analizzare la situazione, a immaginare scenari. Vede, trovarsi sotto i riflettori, oggi, è la cosa peggiore per l’Italia.

T – Da molto tempo potevamo fare i nostri affari nella certezza che nulla sarebbe cambiato. Oggi corriamo il rischio che il nostro business in Italia venga ridimensionato a causa di decisioni politiche, per cui ora stiamo a guardare per capire cosa succede.

I – Si spieghi meglio.

L – L’Italia era il miglior mercato da inizio anno: nonostante il risultato elettorale, l’assenza di un governo politico lasciava le mani libere agli investitori. Elliott aveva cominciato una serie di operazioni molto interessanti; lo scorporo della rete di Telecom poteva segnare l’inizio di operazioni strategiche su asset partecipati dallo Stato; la guerra ai capitali francesi poteva creare molteplici opportunità; i media erano pacificati; le fazioni erano molto meno agguerrite.
Ora la festa è finita, e siamo costretti a sapere cosa succede nella politica, siamo costretti a sapere chi sta con chi. Così, tutto diventa più complicato.

T – L’Italia era il luogo migliore in cui fare i nostri affari, grazie ad un governo che non poneva freni alle nostre attività speculative (a spese del popolo italiano).
In particolare la frammentazione della Telecom ci avrebbe consentito di impadronirci del monopolio di società prima partecipate dallo Stato, con la certezza di alti rendimenti.
La guerra ai capitali francesi era una opportunità per gli investimenti di provenienza anglosassone (come dire: noi iene avevamo la possibilità di sottrarre la zebra predata dal leone).
I media erano totalmente asserviti a questi giochi di potere, tenendo opportunamente l’opinione pubblica all’oscuro dei danni che gli italiani andavano a subire da queste operazioni.
Ora non siamo sicuri di avere campo libero come prima e dobbiamo trovare nuovi alleati all’interno del nuovo governo.

I – E quindi lei non è preoccupato dal programma, trapelato e poi smentito, dell’eventuale governo giallo-verde?

L – Ma la prego, noi ci occupiamo di cose serie. Quando sento blaterare di uscita dall’euro o di analisti preoccupati per i conti pubblici a causa del reddito di cittadinanza, mi viene da ridere…

T – Una eventuale uscita dall’euro o un eventuale reddito di cittadinanza non metterebbero in discussione le nostre attività speculative. Noi ci preoccupiamo solo di chi mette realmente in discussione i nostri interessi…

I – Ci aiuti a capire.

L – I governi si giudicano in base alla credibilità e alla loro forza relativa e contrattuale. E questo presunto governo nascerebbe zoppo, non ha nessuna speranza di garantire ciò che promette: le forze in campo sono asimmetriche ed è destinato a fallire senza ottenere nulla. Del resto, come può un esecutivo nascere in una prospettiva antagonista alle stesse istituzioni che tengono in piedi il Paese e che lo dovrebbero rappresentare? Eppure, la lezione greca dovrebbe esser servita, e attenzione, in Grecia partivano da basi teoriche ben più solide e radicali, oltre a una situazione molto peggiore.

T – I governi si giudicano sulla base della loro forza contrattuale. Questo governo non dispone del sostegno di alcun potere forte internazionale, né delle leve di controllo sull’economia interna, come la sovranità monetaria, né il controllo dei mass-media. Non avremo problemi ad impedire loro qualsiasi riforma significativa che metta in discussione il nostro potere.
Non è il consenso popolare a garantire la forza di un governo, ma il sostegno che noi offriamo in cambio degli spazi concessi alle nostre attività finanziarie.
La lezione che abbiamo inferto alla Grecia non deve essere dimenticata.

I – Alcuni giornali e commentatori mettevano in relazione la discesa dei mercati a una sorta di ritorno alla sovranità del Paese, ora in grado di scegliere la propria strada in autonomia.

L – Sì… È classico di un certo tipo di propaganda: ricordando il Candido di Voltaire, tifano per i crolli dei mercati come se un crollo andasse a intaccare le fortune dei milionari o della… “finanza globale”, come spesso viene definita. Sono ingenui, non capiscono che il mercato sono Loro, non siamo Noi, il mercato sono le loro pensioni, i loro risparmi, le loro scuole, i loro ospedali. Non capiscono che i capitali sono molto più rapidi degli esseri umani, e sono più aggressivi e più rapidi nel fuggire. Quello che chiamano mercato sono loro, è la loro stessa vita.

T – Oggi ogni azione pubblica è in mano ai “mercati”, la controlliamo noi: le pensioni, i risparmi, le scuole, gli ospedali.
Senza i nostri capitali, si ferma tutto.
In un attimo siamo in grado di portare altrove i capitali, lasciando l’Italia senza denaro per i pagamenti, sia lo Stato che i cittadini.
Noi siamo l’aria che respirate, senza di noi morite soffocati.
I segnali che i mercati vi mandano sono degli avvertimenti a non mettere in discussione tutto questo.

I – Sta parafrasando il titolo dell’ultimo film di Sorrentino?

L – Certo, Noi siamo come Silvio che osserva la corte intorno a lui, è incredibile la mancanza di consapevolezza che circonda il nostro mondo. Se i mercati crollano, noi siamo felici, perché ci illudiamo che si creino enormi opportunità, quando poi, in realtà, sta arrivando la Restaurazione, implacabile.

T – Il crollo dei mercati non intacca il nostro potere. In quel momento stiamo solo spostando altrove i nostri capitali, organizzandoci per riprendere il controllo del potere esattamente come lo abbiamo oggi.

I – Questo è cinismo, Livraghi…

L – Lo chiami pure “realismo capitalista”. Vede, il mercato, o meglio chi estrae valore dal mercato, è davvero post-ideologico e tifa per la sopravvivenza dell’ecosistema. Noi invece non giudichiamo nulla: la Cina comunista, ad esempio, per noi è fantastica, mentre Paesi con una radicata storia liberale ci fanno schifo. Le pare che ci preoccupiamo del reddito di cittadinanza, a favore del quale probabilmente a un certo punto ci schiereremo, o per qualsiasi altra ipotesi politica? Noi guardiamo alla sfera del possibile, le nostre decisioni sono basate su proiezioni di solidità, la politica deve lavorare per noi, proteggendo l’ecosistema da cui peschiamo ricchezza.

T – Noi non ci curiamo delle ideologie. “Pecunia non olet”, il denaro non puzza.
Non ci preoccupa se un governo sia di destra o di sinistra, non ci preoccupa un eventuale reddito di cittadinanza. Noi facciamo i nostri affari, i nostri interessi.
L’importante è che la politica non metta in discussione i fondamenti delle nostre azioni speculative, che ci offra certezze per i nostri investimenti, la necessaria protezione giuridica per poter fare affari.

I – E se invece saltasse tutto e non si arrivasse alla formazione del nuovo governo?

L – Lo scenario non cambierebbe molto, perché siamo in una lose lose situation. Questa maggioranza si è palesata. Quindi è possibile che accade, ma una bocciatura istituzionale la potrebbe addirittura rafforzare in vista delle prossime elezioni, il mercato diventerebbe ostaggio di un sondaggio infinito che durerebbe mesi. È chiaro che tutto può succedere e noi saremo sempre i più veloci a ribaltare le cose, a cominciare dalle nostre posizioni.

T -Noi siamo estremamente pragmatici.
Se non si formerà il nuovo governo, continueremo tranquillamente a fare i nostri affari tenendo gli occhi aperti, pronti a trattare con chiunque arriverà per tutelare al massimo i nostri interessi.

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