Chiedersi Il Perché Delle Cose: Agire Sulle Cause E Non Sui Sintomi

di Augusto Anselmo

Non ci si chiede più il perché delle cose. Nemmeno quelle più semplici. Tutti, oggi, si chiedono solamente cosa fare dinanzi ai continui problemi quotidiani che affliggono questa società e le persone che la popolano.
E tutti propongono le loro soluzioni, a base di ricette magiche.  
Una situazione tragicomica, perché come può essere possibile proporre delle soluzioni, se non sappiamo neanche qual è il problema?

E qui viene fuori un aspetto molto importante, caratterizzante, un analisi primitivista: ovvero, prima di chiederci che cosa fare, è importante che ci facciamo una domanda ancora più rilevante, più profonda, più intensa, che è: perché accade tutto questo?
Perché se noi ci chiediamo cosa fare senza prima esserci chiesti che cosa sta succedendo, noi non ce la possiamo prendere con le situazioni o con il problema, perché non lo conosciamo, noi ce la possiamo soltanto prendere con gli effetti del problema, cioè con i sintomi esteriori, con le manifestazioni del problema.
E qui c’è la fregatura. Perché ogni problema presenta dei sintomi esteriori, che non rappresentano la radice da cui scaturisce il problema, oltretutto i sintomi stanno dalla nostra parte, i sintomi sono il segnale di un corpo sofferente che ci dice che c’è qualcosa che non funziona, sono il segnale che c’è qualcosa che non funziona in un Sistema.
Se sul cruscotto della vostra automobile appare una spia rossa, che rappresenta il sintomo di un guasto, non ha alcun senso fare in modo di disattivare quella spia, senza intervenire sul guasto.
Se noi sopprimiamo il sintomo, non soltanto non risolviamo il problema a monte, ma ci precludiamo anche la possibilità di capire quale sia questo problema.
La cosa è tanto elementare quanto facile da interpretare.
Eppure tanta gente ha smesso di chiedersi il perché delle cose.
Ha smesso di capire, di andare a monte della questione, per capire la causa scatenante.
Chi di noi non riderebbe di quel tizio che entrando in casa e vedendo di aver dimenticato il rubinetto del lavandino aperto, si accorgesse dell’acqua tutta tracimata e invece di chiudere il rubinetto cominciasse soltanto a raccoglierla da terra con degli stracci e con dei panni?
L’acqua che scorre sul pavimento è il sintomo del problema, il rubinetto aperto la causa.
Se noi raccogliamo l’acqua senza chiudere il rubinetto, l’acqua continuerà a scendere e il problema si ripresenterà.
Semplice vero? Mica tanto!
Perché nel mondo in cui viviamo, siamo tutti condizionati a fare come quel tizio. E siamo talmente convinti di farlo bene, che lo facciamo anche con la nostra salute.
Di fronte al mal di testa, la nostra preoccupazione è togliere il mal di testa. Non capire perché ci è venuto il mal di testa.
Di fronte all’alzarsi della temperatura corporea, la nostra preoccupazione è abbassare la febbre.
Non capire perché la temperature si è alzata.
Se ci si forma un calcolo nelle reni, non ci chiediamo il perché, ma semplicemente come fare a toglierlo, estirparlo, a buttarlo fuori di noi.
Una volta che qualcuno ce l’ha preso e strappato fuori, per noi il problema è risolto.
Lo stesso vale per il nostro stile di vita.
Di fronte al crescere dei rifiuti urbani, la nostra preoccupazione è toglierli via da sotto il naso, non cercare di capire perché abbiamo cominciato a produrne così tanti.
Di fronte al crescere dell’inquinamento, la nostra preoccupazione è come sopprimerlo con trovate geniali.
E non capire perché abbiamo cominciato ad inquinare così tanto.
Di fronte all’arrivo di migliaia di migranti, i nostri dibattiti si focalizzano sul tenere i porti aperti o chiusi.
E non capire perché intere popolazioni decidono di migrare dalle loro terre. Dinanzi la nostra crescente sofferenza psicologica e sociale, la preoccupazione è quella di riempire tutto con nuovi spettacoli, nuovi divertimenti, nuovi influencer, nuove tette e nuovi culi, nuovi calciatori, e non cercare di capire perché stiamo così male.
Questa cecità, questo non chiedersi il perché delle cose, questo nostro modo di vivere ci ha messo su di una locomotiva che corre a velocità folle verso il dirupo, e non invece di capire perché siamo finiti su questa folle locomotiva, e che cos’è questa locomotiva, diamo colpa al dirupo che si avvicina sempre di più.
Così chiudiamo i finestrini per non guardare fuori, per far sì che tutto possa apparire tranquillo e visto che ci siamo, chiediamo sedili ancora più comodi e nuovi servizi in cuccetta.
Del resto, senza i perché si vive meglio, tutto è scontato, accettato senza domande, la vita scivola via “comoda”.
Non si rischiano nemmeno dubbi.
Senza chiedersi il perché delle cose si hanno solo certezze da condividere con altri soggetti che hanno le stesse certezze!
Certezze della cui origine è meglio non chiedere mai.
Tutte le soluzioni che il mondo civilizzato adotta per risolvere i problemi che esso stesso genera, sono dettati da questa prospettiva miope, ovvero, prendersela con i sintomi del problema invece che con le cause.
E quindi mettere una pezza qua e là, sopprimere questo o quest’altro effetto, riformare, aggiustare, attenuare… insomma, ci limitiamo a raccogliere l’acqua.
E più noi inventiamo stracci chimici, idranti elettrici, asciugatori nucleari, e più noi distruggiamo tutto.
E ci dimentichiamo che bastava, semplicemente, chiudere il rubinetto.

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