Carlotta e il contante

di Giovanni Lazzaretti

Avevo in mente di trattare un altro argomento, ma una mail di Carlotta (nome di fantasia) mi ha tirato per i capelli.

«Qual è la fonte per dire che solo il 7% della moneta in circolazione è “contante”, banconote? Perché se solo una minima percentuale della moneta in circolazione è contante, significa che solo il 7% dell’evasione fiscale dipende dal contante (sì, lo so, è un parallelismo che fa ridere…). Ma allora: perché questa battaglia al contante, mascherata dalla volontà di combattere l’evasione? Grazie».

Mail preziosa, perché descrive l’impostazione mentale che è patrimonio comune degli italiani. Anche mio, prima che nel 1997 circostanze fortunate mi aprissero il mondo della nOmismatica.

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Perché Carlotta chiede la fonte di quel 7%, citato in articoli precedenti? Perché la percentuale l’ha evidentemente lasciata di stucco.

L’impostazione mentale che ci viene consegnata fin da bambini è più o meno questa: (1) la moneta è costituita dalle banconote e dalle monete metalliche (2) le banconote e le monete versate in banca alimentano i conti correnti (3) il denaro raccolto nei conti correnti viene poi prestato a chi ne ha bisogno.

Non è così. Era più o meno così la banca dell’epoca di Bretton Woods (1944-1971), ma da quando Nixon annullò la conversione dollaro-oro, da quando l’informatica si è diffusa ovunque, da quando sono saltate le leggi di separazione bancaria, il sistema bancario è diventato un’altra cosa: una macchina per la creazione della moneta.

Il dato del 7% è la fotografia fatta da qualcuno in un certo istante, e l’ho presa da uno dei tanti siti divulgativi. Ma in qualunque momento si può rifare la fotografia.

Il totale delle monete metalliche è noto, basta scaricare il bilancio dello Stato dal sito della Ragioneria, colonna delle Passività (nel 2016, ultimo bilancio che ho scaricato, erano 4.439.942). Il totale delle banconote circolanti è pure noto, basta scaricare il bilancio di Bankitalia, colonna delle Passività (nel 2016 erano 181.208.154.400). Il totale della moneta legale nel 2016 era quindi pari a 186 miliardi di euro circa.

In una economia minimale, priva di sistema bancario, quei 186 miliardi rappresenterebbero il risparmio totale degli italiani. Nel 2016 il risparmio degli italiani era invece, a spanne, 4.000 miliardi di cui 1.300 miliardi su depositi a vista. Il sistema bancario non potrebbe quindi mai “onorare” il suo debito coi correntisti, convertendolo in moneta legale a semplice richiesta. E il tutto perché altra moneta è stata creata dal nulla con altre metodologie che non sono l’emissione di moneta legale, ma sono la creazione di moneta tramite i prestiti stessi fatti dalle banche commerciali: moneta ad accettazione volontaria, ma di fatto tutti la usano e l’accettano.

Le banconote, rapportate ai 4.000 miliardi, farebbero il 4,65%. Rapportate ai 1.300 miliardi farebbero il 14,3%. Il 7% è quindi una percentuale di assoluta sicurezza. Una percentuale piccola piccola, visto che è la stessa Banca d’Inghilterra, in un suo bollettino trimestrale del 2014, ad affermare esplicitamente che «nell’economia moderna i depositi bancari sono per lo più creati dalle banche commerciali medesime».

A questo punto però Carlotta fa un altro passo: «se solo una minima percentuale della moneta in circolazione è contante, significa che solo il 7% dell’evasione fiscale dipende dal contante (sì, lo so, è un parallelismo che fa ridere…)».

Il parallelismo di Carlotta in effetti è erroneo; ma non fa affatto ridere, perché è rigorosamente vero: l’evasione non dipende dal contante, se non la micro-evasione; la quale però, paradossalmente, aiuta lo Stato perché si trasforma subito in nuove spese.

Vediamo in dettaglio. Il 7% di contante non significa che il 7% dei pagamenti avvenga in contanti. L’attuale governo si sta concentrando sui pagamenti dei punti vendita e qui il contante è usato nell’86% dei casi e per il 68% del valore. La fonte di questi dati è “Il contante in Italia”, pubblicazione di Bankitalia, gennaio 2019.

Qual è però l’assurdo mediatico che si viene a creare? (1) Tutti sanno ormai che il governo vuole stanare 7 miliardi di evasione (2) Nei dibattiti si parla solo di contanti e di carte (3) I telespettatori si convincono via via che quei 7 miliardi debbano essere trovati incentivando le carte e limitando il contante. Una penosa illusione.

Il testo di Bankitalia specifica che il pagamento medio in contanti è 13,57 euro. 7 miliardi di imposte da recuperare corrispondono, a spanne, a 14 miliardi di imponibile evaso. Se i 14 miliardi di imponibile li vogliono recuperare da scontrini, devono “stanare” 1 miliardo circa di scontrini non battuti. E’ ovvio che la cosa fa ridere, anche solo per i costi che comporterebbe: la grande evasione da ricercare è tutta un’altra cosa.

Venerdì sera Crozza derideva Di Maio per un filmato nel quale diceva più o meno queste stesse cose: «Non possiamo pensare di recuperare l’evasione dando la caccia all’elettricista o al bottegaio, c’è da cercare la grande evasione». E Crozza «Ma, Gigino, non si potrebbero fare entrambe le cose? Combattere la grande evasione e la piccola evasione?»

No, Crozza. Perché c’è un rapporto costi/benefici. Quanto costa ricercare la piccola evasione? Quanto costa allo Stato? Quanto costa a coloro che NON evadono? Perché ci si dimentica spesso che, per stanare il piccolo evasore, lo Stato tortura tutti i contribuenti. Tutti dovevano fare gli studi di settore, tutti devono fare i nuovi ISA, tutti hanno dovuto mettere su la fattura elettronica, tutti hanno dovuto cambiare o adeguare il registratore di cassa.

Invece la caccia al grande evasore è una battaglia mirata, in cui “annusi” una possibile macro evasione, fai indagini in quell’ambito senza stressare tutto il popolo, e, se sei in gamba, capisci i meccanismi e colpisci.

Lasciate stare il contante: con transazioni medie da 13,57 euro è proprio il caso di dire che non ne vale la pena. Anche perché la piccola evasione, l’ho già detto fino alla noia, si trasforma subito in nuova spesa.

 

Giovanni Lazzaretti

giovanni.maria.lazzaretti@gmail.com

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