A debito o a fondo perduto?

di Francesco Cappello

Mes e altri strumenti di debito
Abbiamo già versato al MES (dal 2012, anno della sua prima istituzione) quasi 60 miliardi, presi a prestito sui mercati finanziari. Per onorare tali debiti, tra le altre cose, abbiamo tagliato la sanità pubblica rinunciando, a posti letto, personale sanitario, chiudendo o ridimensionando reparti di terapia intensiva, chiudendo centri di ricerca sanitaria di eccellenza come il centro di epidemiologia e sorveglianza.
Una delle possibilità, per affrontare la crisi sanitaria e la relativa spesa è che il governo ricorra, tra gli altri strumenti, anche al MES, chiedendo indietro in forma di prestito poco più di 30 (il 2% del PIL) di quei 60 miliardi che restituiremmo poi con i relativi interessi. Il sistema della moneta a debito pretende che si paghino, in questo caso, due volte gli interessi sulle stesse cifre.

L’accordo raggiunto dall’eurogruppo annuncia trionfalmente 500 miliardi con strumenti noti (MES, BEI, SURE) e 500 con titoli di stato europei ossia eurobond, che restano ancora in forma di proposta. Si tratta in tutti i casi di prestiti di diversa provenienza. In alcuni casi, peraltro, ancora allo stato di ipotesi (1).

Meglio a prestito o a fondo perduto?
La differenza tra denaro preso a prestito, da restituire con tempi contingentati e un tasso di interesse, e denaro a fondo perduto, che è la soluzione adottata dalle grandi banche centrali come la FED o la Banca d’Inghilterra, per affrontare l’eccezionalità della crisi è nota a tutti.
Ebbene tutte le ipotesi di finanziamento atte ad affrontare l’emergenza partorite dall’eurogruppo sono strumenti finanziari facenti ricorso a prestiti (moneta a debito). La Germania, si è, però, cautelata, trovando il modo di aiutare concretamente, con denaro a fondo perduto, famiglie e imprese, senza appesantire il proprio debito pubblico.

Creditori privilegiati
Quali siano le conseguenze dell’indebitare ulteriormente il nostro paese ricorrendo ai finanziamenti del MES, e agli altri strumenti finanziari concepiti dall’eurogruppo, lo capiremo dolorosamente quando risulterà chiaro che l’adesione ad essi provocherà una perdita di fiducia da parte di chi compra i nostri titoli di stato sui mercati finanziari, divenuti più rischiosi in quanto subordinati.
I nostri sforzi di debitori prevedono, infatti, che saremo obbligati ad onorare, prima di ogni altro debito, quelli contratti con il MES e gli altri strumenti di finanziamento. Questi nuovi creditori saranno necessariamente privilegiati rispetto ai soliti mercati finanziari. In più il ricorso a tali prestiti sarà una esplicita dichiarazione di difficoltà del nostro paese che i mercati finanziari non perderanno l’occasione di sfruttare.
Per continuare a rendere appetibili i nostri titoli ai coccodrilli della finanza internazionale, nella speranza di riuscire a continuare a finanziare il debito con ulteriore debito, saremmo costretti ad assicurare rendimenti più alti e prezzi di acquisto dei titoli, più bassi. Il risultato inevitabile sarà di far crescere la spesa per interessi che dovremo sostenere rischiando di bruciare, a causa dell’aumento dello spread, i trenta “denari” ricevuti… In definitiva una accelerazione pericolosissima del processo di depauperamento del nostro paese. Si consideri, infatti, che i nostri titoli di stato sono già stati classificati prossimi al livello spazzatura (junk bond).
La conseguenza degli eventi di cui sopra, insieme alla crisi economica di natura sistemica già in atto, se non prendessimo in tempo provvedimenti robusti e concreti, potrebbe indurre, in mancanza di un preventivo e deciso intervento della BCE, le agenzie di rating a declassificare (downgrading) i nostri titoli al livello più basso. Se questo dovesse accadere i criteri di rischio degli investitori li obbligherebbero a disfarsene rapidamente e al nostro paese non rimarrebbe che ricorrere alle altre linee di credito previste dal MES (dalla condizionalità light a quella heavy), e ai finanziamenti, tristemente noti, del FMI. Entrambe forme di finanziamento che prevedono piani di aggiustamento strutturale e commissariamento del nostro paese con conseguenze facilmente immaginabili.

Dobbiamo, viceversa, far ricorso, prima che sia troppo tardi, a tutti gli strumenti individuati nel piano di salvezza nazionale che prevedono la valorizzazione di strumenti di finanziamento endogeni, non a debito (2), in grado di sottrarci ai diktat dei mercati finanziari e garantire la ripresa dell’economia. È però importante far presto intervenendo in tempo, in modo da impedire la necrosi anche parziale del sistema produttivo, in grado di invalidare qualsiasi sostegno monetario, anche non a debito.

(1) Il MES nella forma light concederà, a chi volesse farne uso, prestiti a basso interesse per le spese sanitarie degli stati.
BEI e SURE, rispettivamente 200 miliardi per le imprese e 100 miliardi anti-disoccupazione; in entrambi i casi denaro dato in prestito.
I 400 miliardi del bazooka di Conte annunciati nei giorni scorsi, consistono in prestiti bancari alle imprese con garanzie fornite dallo Stato.

(2) a. Emissione di titoli di Stato a breve termine, garantiti e riservati esclusivamente al risparmio di operatori nazionali;
b. Emissione diretta da parte del MEF di biglietti di stato (o statonote), anche in versione elettronica;
c. Le istituzioni finanziarie pubbliche (Medio Credito Centrale, Cassa Depositi e Prestiti ecc.) vengono ampiamente ricapitalizzate e messe a rapporto diretto e stringente con il Governo per tutelare strutturalmente il risparmio pubblico e creare investimenti;
d. La trasferibilità di qualsiasi agevolazione fiscale (credito, detrazione, sconto, compensazione) tra tutti i soggetti giuridici residenti;
e. I Conti di Risparmio (CdR) pubblici, volontari e con somme trasferibili su piattaforma elettronica presso il MEF, aperti a tutti i residenti.

https://www.francescocappello.com

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